Tempo di agire
Tempus faciendi, Domine: dissipaverunt legem tuam (Sal 118, 126).
L’ostinazione nella disobbedienza alla legge di Dio provoca un insensibile accecamento della mente e un correlativo indurimento del cuore: si comincia col trovare “buoni motivi” per sospenderne l’applicazione in circostanze particolari; poi, con il moltiplicarsi di tali circostanze (spesso dovuto proprio alla sospensione della legge) il rispetto di essa appare sempre più come un’imposizione contraria al bene delle persone, finché le legge stessa, in modo più o meno aperto, finisce con l’essere rigettata in nome della misericordia. Si dimentica così che Dio ha dato i Suoi comandamenti per amore dell’uomo e per la sua salvezza, onde guarirlo dalle conseguenze della prima prevaricazione e ricondurlo sulla via del bene. È fuor di dubbio che l’uomo abbia bisogno della grazia per poter adempiere la legge divina; ma non possiamo certo dire che il Salvatore non la riversi di continuo e in sovrabbondanza su chiunque vi ricorra con le dovute disposizioni e non vi ponga ostacolo.
Questo discorso così semplice, purtroppo, suona oggi terribilmente complicato alle orecchie della maggior parte dei fedeli e, malauguratamente, anche a quelle di molti sacri ministri. Per troppi anni, del resto, si è pervicacemente proceduto sulla via della trasgressione, così da trasformarla in regola. Legge, grazia, obbedienza, peccato… sono ormai termini di una lingua sconosciuta che, qualora ricorrano nei testi biblici o liturgici – pur tradotti in vernacolo – vengono sfrontatamente espunti o modificati per non offendere le delicate orecchie di chi ancora, eventualmente, facesse caso a ciò che si legge nella Liturgia. È un caso esemplare di sordità volontaria: come recita il proverbio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Tale sordità dell’anima è un fenomeno che tanto più si acuisce quanto più si tenti di porvi rimedio: finché il soggetto non modifica la volontà ribelle, infatti, continua a rinforzare le proprie difese intellettuali – per quanto difettose – allo scopo di respingere gli argomenti di chi prova con carità a mostrargli il problema.
«Rendi insensibile il cuore di questo popolo, fallo duro d’orecchi e acceca i suoi occhi, sicché non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore, né si converta in modo da essere guarito» (Is 6, 10). Paradossale missione del profeta! Più egli parla, più il male si aggrava, poiché, per non dover ammettere che la sua parola è vera, il popolo si indurisce sempre più nella propria chiusura alla verità – e questo è già un terribile castigo che si infligge da sé. Poi, però, anche il castigo della divina giustizia si abbatterà su di esso, perché avrà volutamente trascurato il tempo favorevole che la divina misericordia gli aveva concesso: «Le città devastate rimarranno senza abitanti, le case senza uomini e la campagna deserta e desolata. Ne rimarrà una piccola parte, come una quercia alla cui caduta ne resta il ceppo» (cf. ibid., vv. 11.13). Saranno scusati dal fatto che la loro sorte sarà stata favorita da un falso profeta che giustifica la loro ostinata disobbedienza? No, perché Dio invia l’empio con la sua diabolica potenza d’ingannoappunto a quanti rifiutano la verità e acconsentono all’iniquità (cf. 2 Ts 2, 8-12); come dire: se ci cascano è per colpa loro.
Ma quel ceppo superstite, ovvero quel piccolo resto, sarà finalmente progenie santa. Bisogna quindi far tutto il possibile per trovarsi inseriti in esso. Chi ha aperto gli occhi sull’empio inganno è già, per grazia di Dio, sulla buona strada; ma molti stentano ancora a riconoscerlo proprio a causa della loro fede semplice e retta, la quale non riesce ad ammettere che nella sede suprema sia insediato un iniquo. Le mie viscere si straziano al pensiero di queste persone buone che soggiacciono alla frode, di questi piccoli che non vorrei mai scandalizzare, onde non essere gettato in mare con una macina al collo… Non parlo di quanti utilizzano notevoli qualità intellettuali e competenze culturali facendo salti mortali per “normalizzare” la situazione con tentativi disperati di spiegare ciò che non è giustificabile; parlo di tanti parenti, amici e conoscenti innamorati di un personaggio che sa corrispondere alla perfezione ai desideri profondi di ciascuno.
«Narraverunt mihi iniqui fabulationes: sed non ut lex tua» (Sal 118, 85). La soluzione del dilemma, come sempre, si trova nella Parola sacra: gli iniqui possono pure raccontare tutte le chiacchiere che vogliono, ma i loro discorsi, nella misura in cui sono contrari alla legge di Dio, vanno rigettati senza il minimo tentennamento. Ecco dunque come aiutare le persone rette, ma ingenue, a prendere coscienza dell’inganno: confrontando semplicemente le uscite del grande leader e dei suoi degni cortigiani con quanto afferma la Sacra Scrittura; la discontinuità – se non l’opposizione – salterà immediatamente agli occhi. Non c’è bisogno, a questo scopo, di aver studiato teologia; anzi, quanti lo hanno fatto sono i più refrattari alla cura, giacché la loro mente è deformata da una sottile quanto invasiva tecnica di mistificazione della verità. I semplici, invece, sanno benissimo che la Parola divina non ha alcun bisogno di essere “aggiornata” in base alla mutata situazione sociale così da esser “liberata” dai condizionamenti culturali del passato, dato che contiene una verità immutabile, capace di salvare uomini di ogni civiltà e di ogni epoca.
È tempo di agire, Signore, perché hanno violato la tua legge. Devi agire tu stesso, Padre santo, dando i primi salutari avvertimenti circa i terribili castighi che incombono sull’umanità peccatrice – visto che quelli in corso non valgono a scuotere le coscienze. Deve agire la nostra Madre e Regina immacolata inviando i Suoi eletti messaggeri, quelli che san Luigi Maria Grignion de Montfort preconizzò come apostoli degli ultimi tempi. Devono agire i Tuoi figli fedeli, raccogliendosi come un piccolo esercito di valorosi che Ti riportino le anime vacillanti e sbaraglino l’errore con la loro preghiera e testimonianza. Poco importa che siano poco numerosi: «Non c’è differenza per il Cielo tra il salvare per mezzo di molti e il salvare per mezzo di pochi, perché la vittoria in guerra non dipende dalla moltitudine delle forze, ma è dal Cielo che viene l’aiuto» (1 Mac 3, 18-19). Tempus faciendi, Domine. Tempus faciendi, fratres.
Pubblicato da Elia
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