ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 settembre 2015

L'ultrapolitico?

I valori diversi di papa Francesco
Papa Francesco
Ognuno darà certamente valutazioni diverse, ma su una cosa difficilmente non si potrà convenire: i contenuti e l’approccio mostrati da papa Francesco in questa prima parte della visita negli Stati Uniti sono decisamente originali. Incontrando il presidente Obama, parlando al Congresso degli Stati Uniti e nell’intervento davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite, non ha scelto un argomento di riflessione da cui far scaturire una serie di applicazioni pratiche (lo stesso conduttore di Tv2000 confessava di non riuscire a trovare una chiave di lettura del lungo discorso all’Onu).
Ha invece messo in fila una serie di problemi per i quali ha indicato una strada da seguire e ha chiesto un impegno preciso. Su alcuni di questi problemi c’è stata certamente una maggiore insistenza, argomenti particolarmente cari al Papa – immigrazione e ambiente su tutti, anche con novità che andranno riprese nei prossimi giorni – ma ne ha toccati molti altri: povertà, libertà di educazione, libertà religiosa, pace, giustizia, vita, famiglia.
A proposito di questi ultimi, è interessante notare come li abbia affrontati evitando di entrare in esemplificazioni che avrebbero potuto creare reazioni negative. Ad esempio, parlando al Congresso di rispetto del diritto alla vita si è soffermato sulla richiesta di abrogazione della pena di morte. Argomento certamente sensibile negli Stati Uniti, dove per motivi storici e culturali anche una larga fetta di cattolici è a favore, ma ha evitato accuratamente di parlare di aborto sebbene sia in corso al Congresso una vera e propria battaglia sui fondi da destinare alle cliniche abortiste di Planned Parenthood dopo l’esplosione dello scandalo della vendita degli organi dei feti abortiti. E malgrado l’amministrazione Obama sia il principale sponsor del diritto universale all’aborto. Stessa cosa all’Onu, seppure le sue agenzie siano le principali responsabili di quella “colonizzazione ideologica” che papa Francesco ha denunciato più volte, anche in riferimento alla definizione di famiglia. 
A questo proposito, il Papa ha ricordato la centralità della famiglia ma quasi per inciso, senza mai affondare il colpo come è avvenuto invece su altri temi. All’Onu ha definito la famiglia «cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale», ha ricordato che nella natura c’è anche la distinzione tra uomo e donna, ma non ha neanche pronunciato la parola gender né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all’Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo.
Certamente sarà molto più esplicito nell’Incontro mondiale delle famiglie, ma è chiaro che nell’affrontare i grandi del mondo, su questi temi molto sensibili la linea scelta è quella del tono soft, del dire senza dare l’impressione di farlo, e puntare più sui gesti che sulle parole. E vorrebbe che anche i vescovi statunitensi facessero altrettanto. Interessante da questo punto di vista leggere insieme i due discorsi rivolti rispettivamente al presidente Obama e ai vescovi.

Da tempo c’è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l’obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria). È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo (significativo che "fuori programma" il Papa sia andato a trovare le suore che hanno fatto causa a Obama). Ebbene, nel discorso al presidente, Papa Francesco ha toccato sì il tema della libertà religiosa, ma senza soffermarsi troppo; poi però ha ammonito i vescovi invitando a non fare della Croce «un vessillo di lotte mondane». Anche qui non è entrato nei dettagli, ma tutti hanno capito il messaggio: anche se li aveva ringraziati per l'impegno a favore di vita e famiglia li ha anche ripetutamente invitati alla modalità del dialogo e aveva anche detto che compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi». 
È questo un passaggio chiave che si può prestare a diverse interpretazioni. Tuttavia è del tutto improbabile che parlando di «dottrine complesse» si riferisse al dogma della Trinità o della verginità di Maria, questioni certamente non facili da spiegare. Più immediato pensare che sia la riproposizione di un giudizio dato più volte in questi anni di pontificato, ovvero la necessità di puntare sull’annuncio semplice di Cristo e non sulle conseguenze morali, sui valori. Non per niente l’espressione “princìpi non negoziabili” è sparita in questo pontificato. 
Resta però il fatto che nei discorsi al Congresso e all’Onu il Papa ha apparentemente contraddetto questo monito: nessun riferimento a Gesù Cristo o alle Scritture, ma tanti temi “politici”, tante conseguenze morali. Di un altro segno però: poveri, immigrati, ambiente. Forse una via più facile per apririsi la strada nel cuore della gente e anche dei leader politici. Forse. Ma certamente «l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi» è un tema che merita ulteriori spiegazioni.
di Riccardo Cascioli 26-09-2015
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-i-valori-diversi-di-papa-francesco-13927.htm

Il Papa non ha capito nulla dell’America

Nel Paese del "meno Stato, più libertà" ha inneggiato al socialismo. Là dove a colpi di capitalismo diminuisce la povertà, ha svilito l'unico modello di sviluppo possibile. L'hanno chiamato "falso profeta", ché gli Usa non sono solo Obama
EL PAPA Y OBAMA SE REUNIERON EN PRIVADO DURANTE 50 MINUTOS
Papa Francesco fin dal suo insediamento ha voluto dare un carattere ultrapolitico al proprio pontificato. I problemi sociali ed economici del pianeta sono affrontati a getto continuo e discussi in profondità (si fa per dire) in encicliche, interviste, libri, confronti, dibattiti e discorsi. La soluzione proposta è sempre la stessa: più potere ai governi e agli Stati e meno agli individui. Il nemico è ormai stato individuato in questa economia che uccide (titolo del suo libro) e la soluzione starebbe nell’uccidere l’economia, almeno nella sua forma attuale, per sostituirla con un po’ di agricoltura di sussistenza e chissà cos’altro. Se Karl Marx è sempre accusato di esser stato ben parco di indicazioni sulla società futura, sul comunismo, vi è da dire che l’anticapitalismo post-marxista, alla Francesco è ancor più vago sulle alternative. La rivolta contro l’esistente e la ragione, che si spinge fino all’adozione delle tesi ambientaliste più radicali e banali è costante, ma le alternative non esistono proprio. La critica papalina dell’aria condizionata, ad esempio, è considerata peculiarmente ridicola in America, un Paese nel quale un’umanità finalmente prospera è riuscita a ripararsi per la prima volta nella storia sia dal freddo sia dal caldo, fatto che tutti indistintamente ritengono un progresso.
Di questa economia che uccide il papa sta adesso visitando il cuore pulsante, il centro nevralgico del cieco dominio del capitale. In breve, Francesco sta guardando l’abisso. Seppur governata ormai da molto tempo da una élite culturale e politica che in cuor suo nutre sentimenti e pensieri in sintonia con quelli del papa argentino, l’America è ancora estremamente refrattaria a riconoscere che ciò che la ha resa la società di maggior successo della storia sia in realtà un’aggressione ai poveri del pianeta, alle risorse altrui, alla giustizia planetaria e via discorrendo.
Papa Francesco ha parlato al Congresso in seduta plenaria e ieri ha parlato alle Nazioni Unite. Il messaggio non è stato particolarmente diverso, in quanto il Santo Padre conosce un’unica litania: quella dei mali del capitalismo. Al Congresso, dopo la piccola captatio benevolentiae – nella forma di un richiamo a “the land of the free and the home of the brave” (“la terra degli uomini liberi e la patria dei coraggiosi”, la chiusura dell’inno nazionale americano) – il papa ha iniziato su una china assai scivolosa. Secondo lui, la “ricerca del bene comune è il principale scopo della politica”. Poco oltre egli si è lasciato andare ad un’esaltazione dell’ideale rousseuiano di comunità: “La politica è l’espressione del nostro irresistibile bisogno di vivere come una sola persona, nel tentativo di costruire uno dei più alti beni comuni: quello di una comunità che sacrifica gli interessi particolari per condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi beni, i suoi interessi e la sua vita sociale”.
Il papa auspica senza mezzi termini la costruzione di una comunità politica al di sopra degli individui e alla quale sia dato il pieno potere di decidere sull’allocazione ottimale delle risorse. Questa visione ha un nome: “socialismo” e il fatto che sia ancora poco popolare in America è il principale motivo che la rende il paese più ricco del mondo. In America, infatti, concezioni dello stato e della comunità quali quelle propagandate del Papa sono assai rare e patrimonio di piccole frange estremiste. In fondo, lo stato sarà pur necessario, ma rimane un problema, poiché la libertà è per molti americani una condizione inversamente proporzionale alla dimensione dell’attività governativa. Meno governo, maggiore libertà. America latina ed Europa sono in varia misura maggiormente in sintonia con il socialismo pontificio e questo spiega anche la loro distanza dall’America in termini di successo economico. Va infatti detto con grande chiarezza: la dottrina economica e sociale di questo papa è stata provata in ogni sua forma e produce solo vari gradi di povertà e indigenza.
Il passaggio sulla costruzione della comunità quale bene comune supremo è stata l’apertura al tema del giorno: quello dei profughi, ossia i migranti, i quali, si sa, secondo la dottrina del papa dovrebbero essere lasciati liberamente entrare in ogni Paese. E qui evidentemente il suo anticapitalismo ci lascia con molte domande alle quali non si può proprio rispondere. Come mai tutti sognano di andare in America, se il suo sistema economico è demoniaco e disumano? E perché mai gli americani dovrebbero accogliere i nostri fratelli poveri trascinandoli in un mondo di danaro, sfruttamento e peccato? Se il capitalismo è così terribile nei confronti dei poveri, perché i diseredati del mondo intero sognano solo di andare nella patria del capitalismo?
Per il Papa, la ricetta di condotta è chiara come la linea che separa i buoni dai cattivi: occorre aiutare fattivamente i governi a redistribuire le ricchezze. Chi distribuisce la ricchezza è fra i buoni e chi la produce fra i cattivi. Chiunque lavori con impegno, impieghi altre persone, produca ricchezza si deve oggi sentire molto lontano da una Chiesa che, almeno al proprio vertice, perdona tutti i peccatori tranne i produttori di ricchezza.
Se il loro patrimonio è oggetto della costante aggressione dei governi, l’attacco alla loro dignità da parte del Pontefice è ben più grave. Un “chi son io per giudicare?” non è mai stato pronunciato nei confronti di tutti quei milioni individui che in ogni luogo si alzano e si dedicano tutto il giorno con abnegazione ad atti di “capitalismo” fra adulti consenzienti. Ma è proprio alla loro creatività e al sistema che la proteggeva (il capitalismo) che dobbiamo tutto: dall’allungamento della vita, alla diminuzione costante della povertà e dell’indigenza, ai vaccini, ai raccolti abbondanti e in grado di sfamare sempre più persone a costi sempre più bassi. Non esistono diversi modelli di sviluppo. Ne esiste uno solo: proprietà privata dei mezzi di produzione della ricchezza, libero scambio, governo limitato. Più ci si discosta da questo e più ci si impoverisce.
Ieri il giudice e giornalista americano Andrew Napoletano, un cattolico devoto, concludeva con queste amare parole la sua analisi: il papa “è un falso profeta che sta conducendo il suo gregge in un luogo pericoloso nel quale vi è più pianificazione centrale e meno libertà individuale”. Non lasciatevi quindi abbagliare dal consenso generale che lo accompagna: sta suggerendo ai governi di fare ancor di più di quello che è ormai il loro core business: distruggere libertà e ricchezza.
Papa, Senato Usa, aborto...
Hanno osannato il Papa in seduta comune, al Congresso degli Usa. E il giorno dopo, tanto per dimostrare quanto avessero capito il suo messaggio, i senatori hanno affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno.
Hanno osannato il Papa in seduta comune, al Congresso degli Usa. E il giorno dopo, tanto per dimostrare quanto avessero capito il suo messaggio, i senatori hanno affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno.   

Il Senato ha votato per superare l’ostruzionismo dei democratici contro il the “Pain Capable Unborn Child Protection Act”. La votazione si è svolta il giorno dopo che papa Francesco aveva parlato davanti a rappresentanti del popolo americano; e in un momento in cui l’opinione pubblica è scossa dalla pubblicazione di dieci video girati di nascosto in cui i responsabili “Planned Parenthood”, il gigante dell’aborto Usa e nel mondo, parlano dei guadagni ottenuti vendendo organi di bambini abortiti, alcuni dei quali estratti mentre il cuore ancora batteva. Occhi e gonadi fra i più pregiati.  

Non è stato sufficiente l’appello del leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell: “Quello a che chiedo a ogni collega è questo: guardate nel vostro cuore, e aiutateci a ergerci per la vita la più innocente”. Per bloccare l’ostruzionismo dei Democratici, e passare direttamente al voto erano necessari 60 voti: ne sono stati ottenuti 54, contro 42. Tre democratici e due repubblicani hanno cambiato campo.  

E comunque il presidente degli Usa, Barack Obama, strenuo difensore di Planned Parenthood ha minacciato di usare il veto presidenziale, nel caso di un’approvazione della legge. Probabilmente il Papa non l’ha saputo, ed è meglio così; una delusione di meno. E poveri vescovi americani, rimproverati per usare termini duri. Ma sono in buona compagnia. Quella di San Paolo; che in fondo da un punto di vista pastorale sembra non fosse uno sprovveduto, eppure ogni tanto non risparmiava certo le parole.
MARCO TOSATTI 
26/09/2015

3 commenti:

  1. Peron, peron, peronpomperon peron. O no ?.

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  2. Ma è possibile che il papa non si renda conto che viene utilizzato dai vari capi di stato per farsi belli e giusti a spese di Gesù . jane

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    1. Temo proprio che sia possibile, e che per questo l'abbiano eletto....

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