ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 29 ottobre 2015

Destrutturazione

FRANCESCO E LO STRAPPO DI PALERMO


Il rischio di una destrutturazione divisiva che si indovina in una chiesa in turbolenta trasformazione. Tra vescovi scavalcati dal Papa e aggressioni dei cortigiani militanti del nuovo papato ai columnist non allineati
La nomina a sorpresa come vescovo di Palermo, fuori dalla terna proposta dai vescovi cointeressati, di un parroco cinquantatreenne di sicura osservanza lercariana e dossettiana è indizio di qualcosa di importante. 
Giacomo Lercaro, fuori dalle caricature che ne fecero un cattocomunista, fu carismatico e spavaldo difensore di una visione profetica della chiesa come chiesa dei poveri e per i poveri. Il cardinale Biffi, suo successore a Bologna, visse gli ultimi anni da emerito nella residenza da Lercaro costruita come opera missionaria, e ne parlava come di un uomo di Dio pur essendo lontanissimo dalla sua concezione pastorale e teologica (basti pensare che il provocatorio e spregiudicato e liberissimo antimoralista Biffi scrisse un opuscolo per sostenere che Cristo, maestro di giustizia di misericordia e di povertà, era tuttavia ricco e amico dei ricchi senza scandalo o problema). Don Dossetti fu asceta e politico impegnato nel tentativo, che fallì, di trasformare il Concilio, come perito giuridico di Lercaro, in un potere costituente e di rifondazione ecclesiastica (Dossetti è l’uomo per antonomasia dell’ermeneutica della rottura e della discontinuità conciliari, quella messa in discussione dall’interpretazione di Benedetto XVI nel discorso alla Curia romana). Quindi nessuno scandalo, il nuovo vescovo di Palermo non è un cavallo di Caligola, ma il suo nome porta con sé una carica connotativa particolare e un segno di metodo da capire, anche perché alla nomina si è arrivati per effetto del consiglio di un circuito o di una côterie anch’esso molto particolare (Alberto Melloni, Pino Ruggieri, Nunzio Galantino e l’operoso reverendo padre Spadaro, tra i pochi altri che hanno suggerito con successo lo scavalcamento delle indicazioni vescovili). Va bene che il Papa Francesco eserciti in piena indipendenza i suoi poteri, salvo obiezioni canonistiche che qui adesso non sono pertinenti, ma lo strappo di Palermo ha un suo volto un po’ truce alla luce di altri strappi.
ARTICOLI CORRELATI  Chi sono i nuovi vescovi di Bologna e Palermo scelti da Francesco  Dàgli a Douthat! Dopo il Sinodo, ecco il maccartismo dei cattolici liberal  Francesco spiegato con VoltaireCortigiani militanti del nuovo papato, numerosi intellettuali cattolici americani, come ricordava ieri Benedetto Moretti ai lettori di questo giornale, hanno sottoscritto un appello intollerante contro il columnist non allineato del New York Times, Ross Douthat, imputato di lesa santità per aver esercitato la sua libertà laica di opinione in contraddittorio con le linee pastorali e teologiche del pontificato. L’attacco è ad hominem, e ha toni intollerabilmente censori. Ora, scavalcare i vescovi e aggredire opinionisti cattolici non allineati, magari in nome della tolleranza, della misericordia e della libertà di coscienza, può essere un’aspirazione di settori del clero e del laicato impregnati di una cultura di rifondazione della fede e della prassi pastorale e teologica della chiesa, che identifica in Francesco il suo araldo. Ma è lecito considerare che il Papa gesuita dovrebbe portare un’attenzione prudente a certe pratiche. Il rischio di una destrutturazione divisiva della chiesa cattolica, nel segno di una rivoluzione dall’alto che campeggia come aspirazione nei media del mondo secolarizzato, porta con sé la possibilità di un esito, se non autoritario e non comunionale, per lo meno intollerante e brusco nei mezzi impiegati. Con conseguenze opache. Nell’intervista già celebre al direttore di Civiltà cattolica padre Spadaro S. I., Francesco raccontò la propria esperienza di religioso e di pastore in Argentina, tra la provincia gesuitica e le diocesi in cui operò, come segnata da una brutalità di tratto di cui si rammaricava: bisogna ascoltare di più, circoli più larghi, e prendersi il tempo giusto per la decisione, così disse nel rimpianto di aver disegnato di sé, con atti troppo spicci, l’immagine addirittura di un pastore della “destra cattolica”. Quell’immagine non dovrebbe essere sostituita dal suo opposto simmetrico, il Papa ha funzioni, e un munus, che richiedono universalismo nella conduzione non meno che nella ricezione dei suoi atti sovrani. E poi, per quanto il grande teologo e predicatore Bossuet fosse nemico dei gesuiti, ebbe la magnanima e caustica ironia di definire i soldati di sant’Ignazio come “maestri di benevolenza”. La storia dimostra che questa benevolenza è stata esercitata up to a point, e spesso si è trasformata nel suo contrario. Vogliamo ricominciare? E questa volta dal vertice carismatico di una chiesa in turbolenta trasformazione?

di Giuliano Ferrara | 28 Ottobre 2015 ore 19:42 Foglio
http://www.simofin.com/simofin/index.php/religione/8360-francesco-e-lo-strappo-di-palermo

Da Palermo a Bologna, Francesco intacca la geografia immobile della Chiesa

Nel segno di don Pino Puglisi e delle periferie, quelle del mondo e delle nostre città; papa Francesco ha piazzato un pesante ‘uno-due’ con le nomine dei nuovi arcivescovi di Palermo e Bologna intaccando finalmente la geografia immobile della Chiesa italiana, ferma nel passato e fino ad oggi incapace di optare in modo visibile per il cambiamento indicato da Bergoglio. Corrado Lorefice e Matteo Zuppi vanno quindi a guidare due diocesi importanti e prestigiose, dal sud al centro-nord del Paese; forse con un po’ troppa enfasi sono stati subito definiti “preti di strada” per indicare l’esperienza coltivata nelle parrocchie e poi nel contatto con ambienti sociali dominati dall’instabilità sociale e politica, dalla povertà, o più semplicemente dal rapporto con realtà complesse. Perché in effetti il prete di Modica, in provincia di Ragusa, don Corrado Lorefice, è anche uno studioso, ha approfondito figure come quella don Puglisi – il sacerdote palermitano ucciso dalla mafia e beatificato per volontà di papa Francesco – di Giuseppe Dossetti e di Giacomo Lercaro, il vescovo – guarda caso di Bologna – che nel 1968 condannò i bombardamenti dell’esercito americano in Vietnam, suscitando clamore a livello mondiale tanto da indurre Paolo VI da destituirlo dalla guida della diocesi emiliana.
Lorefice è amico di don Luigi Ciotti ed è in sintonia con il Segretario generale della Cei voluto da Bergoglio, monsignor Nunzio Galantino. Appena è diventata ufficiale la notizia del suo incarico palermitano, monsignor Lorefice ha detto: “Dopo la nomina ho pensato subito a don Pino Puglisi, la colpa è sua”.“Palermo – ha aggiunto – è la città più grande della nostra isola ha una bella tradizione di testimonianza cristiana e mi riferisco come figura emblematica a don Pino Puglisi con il quale ho collaborato. Come città degli uomini è segnata dalla fatica, dalla sofferenza ma anche dal peccato”.
Ne è passato quindi di tempo dall’omelia del cardinal Lercaro, e intanto alla Cattedra di San Petronio si sono susseguite personalità il cui profilo restauratore era dominante: dal cardinale Giacomo Biffi, al cardinale Carlo Caffarra, quest’ultimo conservatore e tradizionalista, oppositore di papa Francesco negli due sinodi per la famiglia, esponente di una Chiesa chiusa in sé stessa, dogmatica, poco incline alla trasparenza. A Bologna ora arriva monsignor Matteo Zuppi, da sempre nella Comunità di Sant’Egidio il cui impegno per la pace, il dialogo interreligioso ed ecumenico, la vicinanza concreta ai poveri, sono caratteristiche essenziali. E Zuppi, oltre ad aver lavorato come prete nelle popolose periferie romane, ha contribuito allo sviluppo delle iniziative della Comunità in Africa, sia sul fronte della solidarietà che su quello della mediazione in alcuni dei conflitti più sanguinosi che hanno sconvolto il continente.
La doppia nomina, dicevamo, rappresenta una svolta nello scenario ecclesiale italiano. Nella prima fase del pontificato infatti, papa Francesco ha dato spazio a nomine cardinalizie ‘periferiche’ – Montenegro ad Agrigento, Bassetti a Perugia, Menichelli ad Ancona – ma non ha toccato di fatto il sistema di potere costruito dal cardinale Camillo Ruini e poi proseguito sotto il pontificato ratzingeriano, ora qualcosa si muove. Il tutto avviene per altro alla vigilia del Convegno ecclesiale di Firenze, in programma dal 9 al 13 novembre, durante il quale la Chiesa italiana farà il punto su sé stessa. E se fino ad oggi quella parte di vescovi che si sentivano in sintonia con il papa, guardavano però con qualche timore alla loro sotto-rappresentazione a livello nazionale nelle grandi diocesi, ora l’equilibrio del vecchio ordine si è spezzato.
Palermo e Bologna sono due sedi importanti, potenzialmente due sedi cardinalizie, che, sommate alle ‘porpore’ assegnate da Francesco a vescovi di ‘provincia’, cominciano a disegnare un nuovo quadro d’insieme e a rompere la resistenza quasi sempre passiva di una conferenza episcopale, quella italiana, lontana dal riformismo di Bergoglio, almeno nei suoi esponenti più visibili. Di più: d’ora in avanti gli ‘italiani’ che in Vaticano sono fedeli al papa, dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin al Prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale Beniamino Stella – molti dei quali di provenienza diplomatica – potranno d’ora in avanti saldarsi in un discorso unitario con i nuovi vescovi italiana di nomina bergogliana, cominciando a costruire una mappa originale e inedita per il cattolicesimo italiano. D’altro canto anche l’ala conservatrice dell’episcopato sembra aver trovato un leader naturale nel cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, intraprendente, colto, capace di muoversi con abilità in marosi e momenti difficili. A Milano il Papa andrà fra l’altro il prossimo mese di maggio. Allo stesso tempo il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, resta al suo posto mentre la sua leadership nell’episcopato italiano si indebolisce sempre di più.
http://www.articolo21.org/2015/10/da-palermo-a-bologna-francesco-intacca-la-geografia-immobile-della-chiesa/


Distruzione delle Chiese : Signore, pietà di noi ci sentiamo impotenti e addolorati, distruggono le case dei nostri cuori!

Aiuto, non riesco a trattenere le lacrime ed nel mio petto, il cuore si contorce di dolore (Cit.)
Terríbilis est locus iste: hic domus Dei est et porta coeli: et vocábitur aula Dei.  
Quam dilécta tabernácula tua, Dómine virtútum! concupíscit, et déficit ánima mea in átria Dómini. 
  
Locus iste a Deo factus est, inæstimábile sacraméntum, irreprehensíbilis est. Deus, cui astat Angelórum chorus, exáudi preces servórum tuórum.

Adorábo ad templum sanctum tuum: et confitébor nómini tuo. 

In Francia, un laicismo esasperato combinato con il fanatismo dell’accoglienza, sta portando a questo:

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Fonte : VoxNews
Pubblicato da Andrea Carradori

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