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giovedì 29 ottobre 2015

Sturmtruppen

Dàgli a Douthat! Dopo il Sinodo, ecco il maccartismo dei cattolici liberal

L’italiano Faggioli all’assalto del columnist conservatore


Papa Francesco al Sinodo (foto LaPresse)
Roma. Attempati “progressisti” dati per sconfitti che si prendono la rivincita sui giovani avversari wojtyliani e ratzingeriani. Vescovi africani che difendono l’antica fede dell’Europa dall’assedio dei colleghi tedeschi e italiani. Un papa gesuita in guerra con quella che fu la Santa Inquisizione. Paladini del matrimonio indissolubile che si ritrovano accusati di farisaismo, quando “nel vangelo erano i farisei a giustificare il divorzio, ed era Gesù a rifiutarlo”.
Queste e altre curiose “ironie” della situazione si è permesso di cogliere Robert Douthat in un “op-ed” uscito il 18 ottobre, in pieno Sinodo, sul New York Times. Ma all’elenco stilato dal columnist cattolico conservatore della bibbia liberal americana mancava ancora quella che probabilmente è la madre di tutte le ironie: i cattolici “del dialogo” che brigano per vedere i loro avversari imbavagliati e ridotti al silenzio.

ARTICOLI CORRELATI Appello per un sinodo laico Francesco e lo strappo di Palermo Francesco spiegato con Voltaire Gli argomenti teologici del gesuita Martin per scomunicare Douthat Nozze gay. E discutiamone, no?E’ stato proprio l’articolo di Douthat contro il presunto “Complotto per cambiare il cattolicesimo” a scatenare nel fronte progressista l’inaudita brama di censura. Un paio di giorni fa è uscita sul blog collettivo Daily Theology una lettera aperta con la quale un drappello di intellettuali cattolici americani, pur senza arrivare a esigere espressamente l’espulsione del corpo estraneo, ricordano al direttore del New York Times che Douthat “non ha alcuna qualifica professionale” per scrivere di questi temi, né tanto meno per “accusare altri membri della Chiesa di eresia, ora velatamente, ora apertamente”, e lamentano che “la sua visione del cattolicesimo” è troppo “soggetta a una narrazione politicamente faziosa che ha molto poco a che fare con ciò che il cattolicesimo è realmente”. “Non è questo che ci aspettiamo dal New York Times”, concludono gli appellanti. La lista dei sottoscrittori è in continuo aggiornamento (ieri le firme erano più di 40), ma oltre al fatto che il concetto di eresia non appare mai nell’articolo incriminato di Douthat, né nella variante “velata” né in quella “aperta”, ad aggiungere ironia all’ironia è la presenza tra i promotori dell’anatema del professore Massimo Faggioli, storico del Cristianesimo alla University of St. Thomas di Minneapolis, blogger vaticanista dell’Huffington Post (versione .it), una sorta di giovane Melloni transatlantico, il classico intellettuale intervistato da Repubblica quando occorre elencare “tutti i nemici di papa Francesco”. Il nome di Faggioli appare in calce alla lettera subito sotto a quello del teologo gesuita John O’Malley, e il bello è che lo studioso ferrarese, sedicente “cattolico di scuola Vaticano II e democratico”, passa il tempo a diffondere su “varie riviste e quotidiani, italiani e non”, tesi speculari e opposte a quelle di Douthat, senza troppo badare all’asetticità politica della narrazione.

A uno così dovrebbe far piacere che il conservatore Douthat denunci l’esistenza di un “complotto” guidato dal Papa in persona per rivoltare la fede come un calzino, in sostanza accreditando col bollino del New York Times le teorie sul magistero di Bergoglio diffuse fin dall’inizio del pontificato da un certo mondo intellettuale. Invece, come ha notato il blogger conservatore Rod Dreher, la “gang Faggioli-O’Malley” ha preferito inaugurare la stagione del “maccartismo cattolico progressista” processando pubblicamente il presunto nemico di Francesco e contestualmente condannandolo per aver scritto “ora velatamente, ora apertamente” idee che non ha mai scritto. Ma poi – domanda Dreher – anche se Douthat avesse effettivamente accusato qualcuno di eresia, “so what?”. “L’eresia è un tema costante nel cristianesimo, lo è da sempre. Mi devo essere perso le lettere in cui questa combriccola protesta per i commenti dei colleghi cattolici liberal di Douthat Maureen Dowd e Frank Bruni contro Benedetto XVI e contro qualunque cosa abbia a che fare con l’ortodossia cattolica”.
di Benedetto Moretti | 28 Ottobre 2015 ore 13:43

Gli argomenti teologici del gesuita Martin per scomunicare Douthat

Fino all’intervento di padre James Martin S. I., quella fra il columnist del New York Times Ross Douthat e il professore di Teologia Massimo Faggioli non era che una schermaglia teologica a mezzo Twitter. L'intervento del prelato ha però portato la questione a un livello più profondo con un lungo intervento sulla rivista dei gesuiti americani, America
di Mattia Ferraresi | 29 Ottobre 2015 ore 10:43
Papa Francesco con padre Antonio Spadaro (foto LaPresse)
Fino all’intervento di padre James Martin S. I., quella fra il columnist del New York Times Ross Douthat e il professore di Teologia Massimo Faggioli non era che una schermaglia teologica a mezzo Twitter. L'intervento del prelato ha però portato la questione a un livello più profondo con un lungo intervento sulla rivista dei gesuiti americani, America.

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Lascia il cardinal Caffarra: uomo di fede e di preghiera. E cominciano le calunnie

zuppi
Carlo Caffarra lascia per scadenza del suo mandato la diocesi di Bologna. Dopo la morte del cardinal Biffi, uomo acuto, colto, ironico, capace di dialogare con tutti, senza la paura di esprimere il pensiero della Chiesa, la città felsinea perde, anche se non del tutto, il suo amato successore.
Chi ha conosciuto il giovane sacerdote Caffara lo ricorda come un prete devoto, che sostava davanti al tabernacolo
dopo la comunione, in preghiera. E’ sempre rimasto così: un uomo di fede profonda, radicato nel soprannaturale; un uomo di dottrina, scelto da Giovanni Paolo II per dirigere l’Istituto sulla famiglia da lui voluto; un uomo capace di ascoltare e di lasciar convivere, nella sua diocesi, anime cattoliche molto diverse.
La “sinistra” ecclesiale, sotto di lui, ha avuto lo stesso spazio che hanno avuto Cl, Opus dei o le altre realtà. Ha voluto essere il vescovo di tutti, senza mai schierarsi. Quando lo ha fatto, è stato perchè costretto dai fatti a non tacere, nella città in cui l’Arcigay organizza manifestazioni sacrileghe, o un senatore vanta di aver ottenuto un bambino tramite un utero in affitto.
In una città governata da un Pd rosso fuoco, Caffarra non ha mai cercato lo scontro aperto, ma non per questo ha taciuto, pur sapendo che, con un po’ di silenzio, avrebbe guadagnato potere e prestigio.
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Per tutto questo i commenti che si leggono in questi giorni, da parte di alcuni soliti vaticanisti di Vatican Insider(vedi immagine in cima, e quella immediatamente sopra), impegnati a costruire il mito di una palingenesi (1), lasciano allibiti: si cercano di presentare implicitamente Biffi e Caffarra come uomini “di potere“, come espressione di una Chiesa vecchia e intrallazzona rispetto a cui è l’ora di “voltare pagina“; come uomini di parte e di chiusura. Si tratta di una falsificazione vergognosa.
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 Tanto più che il successore di Caffarra, presentato come l’uomo “giovane, social e sobrio“, come il “prete di strada“, quasi Caffarra fosse stato sempre anziano, chiuso e poco sobrio, mondano e arrogante, appartiene, lui sì, ad un mondo fortemente legato alla politica: Mons. Zuppi è infatti vicino a quella Comunità sant’Egidio che ha sempre cercato un solido rapporto con il potere, partecipando in prima fila anche a esperimenti politici fallimentari come il governo di Mario Monti (non propriamente uomo “giovane, sobrio, social e di strada”), di cui Andrea Riccardi, anima di sant’Egidio, è stato uno dei suggeritori (nella foto sotto: Riccardi e Monti).
andrea-riccardi-mario-monti
Sappiamo che il cardinal Caffarra è uomo di fede e di preghiera: sopporterà con pazienza le ingiurie di coloro che, ora che se ne va, lo archiviano con gioia, e pregherà perchè il suo successore, mons. Zuppi, sia altro da quegli eccelsiastici che si riempiono la bocca delle parole che il mondo desidera, per piacere al potere e ai giornali. 
1) La lettura che molti giornali continuano a dare, di una nuova Chiesa, di una nuova Pentecoste, di una Chiesa dei poveri contrapposta ad una dei ricchi e  del potere, non ha alcun fondamento, se non quello di cercare in questo modo di buttar via il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI su vita, famiglia, rapporto ragione-fede ecc… Mons. Zuppi non rappresenta questa incredibile novità, ma solo la discontinuità ideale con Biffi e Caffarra (e con i vescovi dell’Emilia Romagna che avevano indicato al papa un altro vescovo, ma non sono stati ascoltati, forse in nome della collegialità). Già Assistente Ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, Zuppi è stato nominato da papa Benedetto XVI Vescovo Ausiliare della diocesi di Roma nel 2012.
 Per Sant’Egidio e il potere:
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2015/10/lascia-il-cardinal-caffarra-uomo-di-fede-e-di-preghiera-e-cominciano-le-calunnie/


Il cardinale di Toronto critica Wuerl e Rosica per aver accusato i vescovi conservatori di non amare questo papa.


L’ultima trovata dei progressisti: difendere la dottrina significa essere contro il papa. Il cardinale Collins respinge le accuse al mittente. 
Traduzione di “Cristianesimo Cattolico” per i nostri lettori.
di Pete Baklinski (28-10-2015)
Il cardinal Thomas Collins, arcivescovo di Toronto, ha criticato il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, e il portavoce del Vaticano per la lingua inglese, padre Thomas Rosica, dopo che i due hanno lasciato intendere che i vescovi fedeli alla dottrina “non amano questo papa”.

Il card. Collins
Il card. Thomas Collins

“Non so dove il cardinale Wuerl o padre Rosica vogliano andare a parare”, ha detto Collins da Roma durante un’intervista radiofonica con ilToronto Star la scorsa settimana. “Il Santo Padre”, ha aggiunto il prelato canadese, “è stato molto chiaro: se qualcuno ha delle cose da dire, le dica. Questo non significa opporsi al Papa. È ridicolo! Che cosa avremmo dovuto fare, stare tutti zitti?”.
Collins è uno di quei padri sinodali che hanno firmato una lettera a papa Francesco in cui si esprimeva preoccupazione per la direzione presa dal sinodo sulla famiglia. Ha detto che stava semplicemente compiendo il dovere di un cardinale, cioè dare “consigli sinceri ed onesti al Papa” quando ha messo il suo nome sulla lettera.
Il cardinale Wuerl, in un’intervista alla rivista americana dei gesuiti, America Magazine, ha duramente criticato coloro che hanno firmato quella lettera. “Mi chiedo se queste persone che stanno parlando, talvolta di nascosto, altre volte girandoci attorno”, ha accusato il prelato di Washington, “mi chiedo se a loro piaccia questo Papa”.
Il Toronto Star ha riferito di aver ricevuto le osservazioni del card. Wuerl da una email di P. Rosica, sacerdote basiliano e fondatore dell’emittente Salt and Light Television, insieme con questo messaggio: “Condivido pienamente la valutazione del cardinal Wuerl”.
Padre Rosica è stato criticato durante il sinodo perché, durante i briefing, i suoi riassunti degli interventi dei padri sinodali erano chiaramente dalla parte dei progressisti. In una delle prime conferenze stampa, per esempio, Rosica ha sottolineato con forza soprattutto gli interventi di quei vescovi che vogliono ammorbidire il linguaggio della Chiesa sul peccato dell’omosessualità.
“Deve esserci una fine al linguaggio di esclusione e una forte enfasi sull’abbracciare la realtà così com’è. Non dobbiamo aver paura di situazioni nuove e complesse”, ha detto Rosica. “Il linguaggio di inclusione deve essere la nostra lingua, sempre considerando possibilità e soluzioni pastorali e canoniche”.
Durante una trasmissione di EWTN, Robert Royal, editorialista diTheCatholigThing.org, ha notato che i commenti di Rosica “hanno preso tutti di sorpresa, perché sembrava venire dal nulla. Nessuno degli altri portavoce di altre lingue aveva menzionato una sensibilità di linguaggio per gli omosessuali”.
La lettera riservata firmata da tredici cardinali, consegnata a papa Francesco il 5 ottobre, è stata resa pubblica dal vaticanista Sandro Magister il 12 ottobre.
La lettera ha sollevato preoccupazioni circa “elementi problematici” nel documenti di discussione del sinodo, l’Instrumentum Laboris, nonché circa le nuove procedure sinodali, definite come “prive di trasparenza e di autentica collegialità” e di non essere “il vero e tradizionale spirito e scopo di un sinodo”, infine circa come “le nuove procedure sembrano progettate per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse”.
Tra i firmatari ci sono: il cardinale australiano George Pell, membro del consiglio dei cardinali per gli affari economici, il tedesco Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale americano Timothy Dolan, arcivescovo di New York.
John Henry Westen, giornalista di LifeSiteNewsin un editoriale della scorsa settimana, ha definito “eroica” la decisione del cardinal Collins di mettere il suo nome nella lettera al Papa.
“L’atto eroico del cardinale Thomas Collins, arcivescovo di Toronto, di firmare la lettera dei tredici cardinali indirizzata al Papa in cui si esprime grave preoccupazione per la manipolazione al sinodo, gli avrà senz’altro causato molta sofferenza. L’ho incontrato in un ristorante romano e sembrava molto stanco. Gli ho detto semplicemente grazie e gli ho offerto preghiere in sostegno della sua attività in difesa della vita e della famiglia”, ha scritto.

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