ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 26 ottobre 2015

La nuova dottrina delle “attenuanti”

IL SINODO È FINITO. LE “SINODATE” ANCHE?

È finalmente finito il sinodo ordinario sulla famiglia, non senza prima aver introdotto la nuova dottrina delle “attenuanti”
Immaginiamo di ascoltare quale sottofondo le parole di Mina in “parole, parole, parole, soltanto parole, parole” d’amor…, per comprendere quanto di sentimentalismo, la nuova dottrina del momento, ha impregnato e accompagnato ogni mirabile sforzo nella conclusione dei lavori del Sinodo 2015 (cliccare qui per leggere la relatio finale).
È finita per ora! E sarebbe da cantare il Te Deum… a proposito, una volta si cantava al termine delle grandi assise sinodali, ma già, questa è la chiesa dell’ “ammmmore” e della tenerezza, il Te Deum la offuscherebbe!

Ma come è finita? Non certo come hanno intitolato i mass-media e c’era da aspettarselo: silenzio assoluto sui temi fondamentali quali il “no” deciso all’unanimità sulle unioni omosessuali e il fatto che nessuna decisione è stata presa a riguardo della comunione ai divorziati-risposati.
Un “no” deciso anche a riguardo dell’uso dei contraccettivi di ogni specie e risma ed anzi, c’è stato un inaspettato (ma era certamente da noi sperato) appoggio e sostegno sia all’Humanae vitae di Paolo VI quanto allaFamiliaris consortio di Giovanni Paolo II e dove leggiamo testualmente:
43. Il Beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia.In particolare, con l’Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita:«l’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. […] L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori» (HV, 10).
44. Nella Lettera alle famiglie Gratissimam Sane e soprattutto con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come “via della Chiesa”, ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna, ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società.
Dunque le linee fondamentali per una corretta pastorale restano quelle gettate e segnalate in questi grandi documenti, anche a dispetto di certi preti che ultimamente hanno lavorato sodo contro, ingannando molti lettori sulla presunta “superata” disciplina della Chiesa incisa in questi testi e generando molta confusione.
Non pochi presunti “vaticanisti” hanno scoperto l’acqua calda. Per loro la novità del Sinodo sta nel fatto che i Vescovi, finalmente, hanno inventato una nuova dottrina, quella delle ATTENUANTI.
Ma le “attenuanti” la Chiesa le ha sempre tenute in considerazione tanto che, non per nulla, ha da secoli  istituito il Tribunale detto prima della Sacra Rota. Il punto da approfondire sarebbe allora valutare in che modo la Chiesa ha fatto uso di questo Tribunale ieri e di come lo sta usando oggi. Quali e dove gli usi e gli abusi e fino a che punto la Chiesa può spingersi.
Dal canto suo il testo finale sinodale dice:
82. Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere.
Non è una novità è la strada che la Chiesa ha sempre tenuto in considerazione.
Ma è ovvio che il passaggio da questo Tribunale, per i risposati che volessero accedere alla Comunione, è obbligatorio semplicemente perché la Chiesa non può sostenere due matrimoni.
Resta allora il problema di quei matrimoni che il Tribunale reputa validi, cosa fare con i risposati le cui seconde nozze restano illecite e ricadono nel sesto comandamento?
Qui le parole dei Padri sinodali e del papa si sciolgono in uno tsunami di grandi proporzioni: il “caso per caso”, le attenuanti, l’ammmmore, la misericordia come se prima, in passato, avessimo avuto una Madre cattiva e matrigna mentre oggi abbiamo finalmente una Madre misericordiosa….
La loro colpa è anche nell’uso di un linguaggio assolutamente inadatto a comprendere la portata della legge di Dio e alla disobbedienza di questa. Si ha paura di dire le cose come stanno e il papa continua ad accusare di rigidità quanti usassero le parole contenute nella Dottrina per spiegare a queste persone come stanno realmente le cose. Ed è certo che modificare l’uso del linguaggio finisce inevitabilmente per nascondere la dottrina o metterla a tacere, con i risultati che stiamo appunto vedendo.
Ma i Padri sinodali hanno difeso la HV e la FC, dunque le chiacchiere mediatiche o dei vari vaticanisti di turno, stanno a zero.
Quando si cita o si difende un Documento lo si intende nella sua integrità e i padri lo hanno detto che nella FC ci sono “le linee fondamentali per la pastorale della famiglia”. Non si tratta perciò di un solo paragrafo, ma di tutto l’insieme.
Il n. 53 del testo finale sinodale, dice:  “Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; GS, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione…”. LA GRAZIA DELLA CONVERSIONE… questo è l’approdo dell’accompagnamento e del cammino per queste persone a cui si riferiscono i padri sinodali.
La confusione, cari Padri, nasce dall’aver abbandonato quel saggio consiglio del Nostro Signore Gesù Cristo: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno…” (Mt.5,37), che sapeva senza dubbio quel che diceva e che per aver obbedito la Chiesa si è trovata bene in campo dottrinale in questi duemila anni mentre, è inutile nasconderselo, i problemi di oggi che non sono solo di natura sociale e culturale del nostro tempo, hanno origine anche dal nuovo linguaggio del mondo che è quello della politica corretta, quello della paura di cosa poi diranno i mass-media, quello del “se dico così” almeno continueranno a darmi l’ottoxmille, quello del compromesso con il mondo.
Come conclusione delle nostre riflessioni vogliamo condividervi quelle di un “nonno di strada” che esprime cinque punti semplici e nodali di cui uno indiscutibile,apparso qui su La nuova bussola quotidiana.
Riportiamo qui solo alcuni punti che facciamo completamente nostri:
  1. Non sento, in questo periodo, l’invito primario a convertirsi a Cristo, anche e forse soprattutto quando si parla di famiglia.
  2. In questo contesto pluriforme, non sento più parlare della virtù della castità, neppure da parte di tanti padri sinodali. Hanno forse vergogna della integralità di Cristo, di fronte ad un mondo che assume altri criteri molto più sbrigativi e istintivi? Stanno forse dimenticando che è possibile a Dio ciò che sembra impossibile agli uomini?
  3. Giustamente questo giornale ha rilevato che nel Sinodo pare che si parli molto poco del peccato originale, senza del quale non si capiscono tante cose. Teniamo  presente, ad esempio, che la maggioranza dei divorziati non ha nessuna intenzione di comunicarsi dopo la rottura del matrimonio. Ho l’impressione che, su questo specifico tema, molti non abbiano a cuore la “misericordia”, ma altro.
  4. Ma oggi è molto difficile sentire parlare di sacrificio, oltre che di peccato originale. Probabilmente, qualche teologo inorridirà di fronte a quanto ho qui espresso. Pazienza, sono pronto a correggermi. Solo sul punto n. 1 non si può discutere, anche se è quello più messo sotto silenzio.
Te Deum laudamus, dunque, anche questa è finita, ad ogni giorno basta la sua pena, andiamo ora a raccogliere i cocci per riportare in prima linea il valore del contenuto dottrinale del Vangelo per la salvezza delle nostre anime e di quelle del nostro prossimo.

Danilo Quinto. Verità e menzogne

Il mio primo pensiero va a coloro che dovranno offrire a Dio la loro sofferenza per i peccati commessi dai membri del Sinodo e dal suo dominus, Bergoglio. Anche coloro – gli 80 - che hanno detto no alla decisione di cambiare la legge divina, hanno responsabilità immense. Avrebbero dovuto proclamare pubblicamente l’eresia. Altro che votare. E avrebbero dovuto farlo da molto tempo.
I piani di Bergoglio erano chiari sin dal primo giorno del suo pontificato. Sin dalle parole del suo saluto in piazza San Pietro. Quel giorno, rinunciò al Sia lodato Gesù Cristo, il saluto che da sempre i Papi rivolgono a chi li ascolta e si affidò ad un più informale e confidenziale Buonasera. Si spogliò del suo nome, sottraendo l’ascolto del termine – Papa - che formalmente e sostanzialmente, da duemila anni, identifica i successori di Pietro. L’esordio del saluto fu emblematico e contenne il nucleo originario del programma che si sarebbe da quel momento sviluppato: il richiamo nettissimo al Concilio Vaticano II. Usò tre volte il termine mondo. «Preghiamo per tutto il mondo», disse. Quando chiese che il popolo pregasse il Signore per lui – come se egli fosse un leader, per giunta democratico e si trovasse di fronte ad un’assemblea democratica, in ricerca di un consenso democratico e non fosse invece tramite del rapporto tra Dio e gli uomini - s’inchinò nei confronti di quel popolo. S’inchinò al mondo. Diede la benedizione «a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà» e si definì quattro volte Vescovo di Roma, consegnando alla collegialità ed alla sinodalità il primato del Papa e sancendo una frammentarietà, di per sé opposta all’unità ed espressione dell’azione del diavolo.
Quanti Vescovi e Cardinali dissero una sola parola «vera» su questi soprusi?

Bergoglio ha sviluppato il suo programma e i suoi piani con grande abilità e maestria. In ogni circostanza e in ogni situazione. Quando si è fregiato di essere stato l’autore dell’accordo politico tra Stati Uniti e Cuba, senza dire una sola parola sui diritti delle persone violati da sessant’anni dal regime dei Castro o quando ha detto della Madre di Dio, durante un’omelia a Santa Marta: «Era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore! “Tu, quel giorno – questo è quello che abbiamo letto – mi hai detto che sarà grande; tu mi ha detto che gli avresti dato il Trono di Davide, suo padre, che regnerà per sempre e adesso lo vedo lì!”. La Madonna era umana! E forse aveva la voglia di dire: “Bugie! Sono stata ingannata!”». Quando ha detto a Pannella, «le sono accanto» e alla Bonino «tenga duro» o quando ha chinato il capo davanti alla tomba del fondatore della Turchia moderna, il venerato Padre della Patria Kemal Atatürk, sterminatore di popoli interi. Quando, di coloro che sgozzano i cristiani, ha detto: «Io non do mai per persa una cosa. Non so se si può dialogare con lo Stato Islamico, ma io non chiudo mai una porta. La mia porta è sempre aperta» o quando, durante la Messa celebrata a Lampedusa, si è rivolto «ai cari immigrati musulmani che stasera stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l'augurio di abbondanti frutti spirituali». Quando nella casa di Shimon Peres ha affermato: «Io ringrazio lei per le sue parole e la sua accoglienza e con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova beatitudine. La dico oggi a me in questo momento. Beato quello che entra nella casa di un uomo saggio e buono. Io mi sento beato. Grazie di vero cuore» o quando ha accettato il dono di una Croce con falce e martello, simboli dell’egualitarismo criminale, stalinista e comunista, nemico principale di Cristo, come fece ben intendere la Madonna nella sua apparizione di Fatima. Quando ha ricevuto più volte in Vaticano Gustavo Gutiérrez, il maggiore teologo della Teologia della Liberazione, considerata da più di trent’anni né più né meno che un’eresia o quando ai rappresentanti dei Movimenti Popolari, ha detto: «Qui ci sono cartoneros, riciclatori, venditori ambulanti, sarti, artigiani, pescatori, contadini, muratori, minatori, operai di imprese recuperate, membri di cooperative di ogni tipo e persone che svolgono mestieri più comuni, che sono esclusi dai diritti dei lavoratori, ai quali viene negata la possibilità di avere un sindacato, che non hanno un’entrata adeguata e stabile. Oggi voglio unire la mia voce alla loro e accompagnarli nella lotta (…) Cari fratelli e sorelle: continuate con la vostra lotta, fate bene a tutti noi» (…). Gesù Cristo ha proposto una lotta contro le ingiustizie del mondo o ha predicato la conversione delle anime dal peccato? Quando ha dedicato un’intera enciclica al tema dei condizionatori d’aria e delle pale eoliche, mentre ha definito «ossessioni» l’aborto e il divorzio. Quando ha affermato che la Chiesa non deve essere una «fabbrica di impedimento ai sacramenti» o quando ha detto che «Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo», mentre è Gesù che ordina (Mt, 6-33): «Cercate prima il regno di Dio e la Sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù». Quando ha indetto un «Anno Santo della Misericordia» e in tutti i suoi discorsi, è ricorso alla cosiddetta «dottrina della misericordia», che da alcuni decenni - come dimostra il pensiero di Urs Hans von Balthasar («L’Inferno c’è, ma potrebbe anche essere vuoto, perché la misericordia di Dio è infinita come il suo perdono») – cela la verità di fede dell’inferno eterno o quando dice di desiderare «una Chiesa povera e per i poveri!», utilizzando la figura di San Francesco, che non ha mai lottato contro la povertà, ma ha visto Dio nella povertà e nella povertà (spirituale) ha annullato la sua persona precedente. Quando ha detto che egli non crede nel Dio cattolico.
Quanti Vescovi e Cardinali hanno detto una sola parola «vera» su questi oltraggi al Vangelo, alla dottrina e alla tradizione della Chiesa?
Le parole di critica o non vi sono state o sono state fievoli, banali. Per paura e per viltà. Il risultato del Sinodo sulla comunione ai divorziati risposati ha sancito questa realtà. La negazione di una norma introdotta dal Figlio di Dio è stata ratificata dal Sinodo, ma già decisa da Bergoglio, almeno un anno e mezzo fa. Non è un dono di Dio, come egli dice. È un dono del Concilio Vaticano II. Quindi, un dono massonico e diabolico.
Nell’aprile dell’anno scorso, Julio Sabetta, che abita a San Lorenzo, una località della provincia di Santa Fe, nel centro-est dell'Argentina, scrive su Facebook che gli era successa «una delle più belle cose della mia vita, dopo la nascita delle mie figlie»: una telefonata del Papa, in risposta a una lettera che sua moglie gli aveva scritto nel settembre scorso. Sabetta spiega che la moglie voleva un consiglio perchè, essendo divorziata, non poteva prendere la comunione e «voleva sapere come fare, perchè sentiva che se la prendeva stava rompendo una regola della Chiesa». Sette mesi dopo, il telefono è squillato e il Papa le ha chiesto scusa per il ritardo della sua risposta e ha spiegato alla donna che «è una questione che stiamo trattando in Vaticano, perchè il divorziato che prende la comunione non sta facendo nulla di male». L'uomo ha poi raccontato che sua moglie, con cui vive da 19 anni e dalla quale ha avuto due figlie, aveva scritto al Pontefice esprimendogli il desiderio di ricevere l'Eucarestia. In un’intervista successiva, la donna spiega che il Papa gli avrebbe detto di avvicinarsi alla comunione «senza problemi». «Mi ha detto», aggiunge, «di andare a prendere la comunione in un’altra parrocchia».
Il «caso per caso», con relativo «discernimento», deciso dal Sinodo, era stato già deciso da Bergoglio un anno e mezzo fa. I Motu Propri dello scorso mese di settembre, con i quali è stato introdotto il divorzio cattolico – con il silenzio-assenso di tutti i Vescovi e Cardinali – vanno nella medesima direzione.
Che aggiungere? Nel libro che ho dedicato al Papa, dopo aver riportato le precisazioni di Padre Federico Lombardi sulla telefonata alla signora argentina («Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del Papa Francesco. Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del Papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della Sala Stampa. Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione. È perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa»), commentavo: «Se il Vicario di Cristo sceglie di avere ‘rapporti personali’, nella dinamica di questi rapporti non si può comportare come si comportano di solito gli uomini. Non può consumare ‘vizi privati’, lasciando spazio ad un’altra sede per esercitare le ‘pubbliche virtù’. Non può agire in base ad una doppia verità o a una doppia morale, come candidamente (e maldestramente) lascia intendere il suo portavoce. Non può suggerire alla donna argentina divorziata di recarsi a ricevere da un altro sacerdote l’Eucaristia senza proporre la Verità, di cui è testimone e custode, in quanto primo Defensor fidei. Il Papa – non solo questo Papa, ma il Papa – può avvicinare le persone solo come faceva Gesù: per convertirle. Il Papa deve annunciare il Vangelo e confermare la fede e la dottrina tramandata da duemila anni dalla Chiesa Cattolica. Può fare solo questo e deve farlo nel rispetto della fede e della dottrina. Altrimenti, si tratta di apostasia».
Devo, ora, fare una integrazione o precisazione, consideratela come volete: Bergoglio non agisce in base una doppia verità o ad una doppia morale. La sua verità e la sua morale sono estranee all’insegnamento del Vangelo e di Gesù Cristo.
Danilo Quinto
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2015/10/danilo-quinto-verita-e-menzogne.html


Discernimento: i limiti dei confessori


La Chiesa ha sempre fatto discernimento, ma nei confessionali ci sono dei limiti voluti da Dio che nessuno può superare, altrimenti si commette sacrilegio.
Innanzitutto va detto che il numero 86 della relazione finale approvata ieri al Sinodo dei Vescovi, che quasi la totalità dei media sta presentando come la possibilità data al confessore di concedere, dopo un discernimento, la possibilità di accesso alla comunione eucaristica , non parla di comunione, ma di “una più piena partecipazione alla vita della Chiesa” (il che non significa accesso ai sacramenti).

Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II

Non è stata dunque accolta la proposta del circolo di lingua tedesca che parlava esplicitamente di accesso ai sacramenti; ancora, sempre nel numero 86 si indicano chiaramente i limiti che i confessori non potranno varcare, pena l’agire arbitrariamente fuori dall’insegnamento della Chiesa e più precisamente si indica a tale proposito il numero 34 della Familiaris Consortio: “Dato che nella stessa legge non v’è gradualità (cf FC, 34) questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa”.
Andiamoci a rileggere dunque il numero 34 della Familiaris Consortiorichiamato esplicitamente dal testo sinodale:
… Anche i coniugi, nell’ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un incessante cammino, sostenuti dal desiderio sincero e operoso di conoscere sempre meglio i valori che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà retta e generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta “legge della gradualità”, o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno divino, sono chiamati alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino con animo sereno, confidando nella grazia divina e nella propria volontà» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la conclusione del VI Sinodo dei Vescovi, 8 [25 Ottobre 1980]: ASS 72 [1980] 1083). In questa stessa linea, rientra nella pedagogia della Chiesa che i coniugi anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina della Humanae Vitae come normativa per l’esercizio della loro sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le condizioni necessarie per osservare questa norma…

Francesco

Detto questo i limiti del confessore son ben chiari: non può comportarsi “come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse”.
Per aver l’assoluzione i divorziati-risposati devono rispettare integralmente i precetti del Signore ed ottemperare a quanto la Familiaris Consortio chiedeva al numero 84:
La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).

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