Papa Francesco fra Roncalli e Bob Dylan: i tempi cambiano, cambiamo anche noi
Il papa non cita esplicitamente il il grande folk singer americano, eppure i due dicono la stessa cosa. E dal sinodo sembra uscire una Chiesa che non è più un monolite ieratico e clericale, arroccato dentro i corridoi della Congregazione per la dottrina della fede
(Matt Rourke-Pool/Getty Images)
«I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente». Il messaggio che il papa ha scelto di diffondere a poche ore chiusura ufficiale del sinodo, non poteva essere più chiaro: il processo di rinnovamento è solo al suo inizio, il cammino in qualche modo è segnato perché, come cantava Bob Dylan mezzo secolo fa, “I tempi stanno cambiando e la vostra vecchia strada sta rapidamente invecchiando” (The times they are a changin'); e anche per Bergoglio è tempo di andare avanti, nel segno del Vangelo.
Il papa non cita il il grande folk singer americano, eppure i due dicono la stessa cosa. Un'opinione pubblica abituata ad associare alla Chiesa e quindi al Papa il passo ben meditato e la parola accorta, rimane spiazzata da Francesco che, quando sembra sul punto di rallentare, riparte in quarta senza curarsi troppo degli effetti collaterali; tanto più nel momento in cui vede sorgere ostacoli intorno a sé o viene attaccato con mezzi leciti e meno leciti. È un Papa a metà fra Bob Dylan e Giovanni XXIII - «ascoltiamo i segni dei tempi»; un Papa obiettivamente in grado di parlare a un linguaggio differente da tutti i pontefici che l'hanno preceduto, radicato nella modernità, nelle sue culture, nei messaggi di pace, di cambiamento e di giustizia che hanno percorso il mondo dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri.
È un Papa a metà fra Bob Dylan e Giovanni XXIII, obiettivamente in grado di parlare a un linguaggio differente da tutti i pontefici che l'hanno preceduto, radicato nella modernità
«Dobbiamo cambiare – ha affermato il Papa nella tradizionale omelia pronunciata Santa Marta - saldi nella fede in Gesù Cristo, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi». «Siamo liberi – ha aggiunto - siamo liberi per il dono della libertà che ci ha dato Gesù Cristo. Ma il nostro lavoro è guardare cosa succede dentro di noi, discernere i nostri sentimenti, i nostri pensieri; e cosa accade fuori di noi e discernere i segni dei tempi. Col silenzio, con la riflessione e con la preghiera». «I tempi cambiano – ha detto ancora – ed è proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi. Cosa significa una cosa e cosa un’altra. E fare questo senza paura, con la libertà». I cristiani, ha spiegato, non si devono conformare, non devono essere conformisti. Parole dissonanti rispetto alle involute retoriche cui il Vaticano ci ha abituati in questi anni; qualcosa è successo, allora, i tempi stanno cambiando anche Oltretevere,pure se ci sono difficoltà e resistenze.
«I tempi cambiano ed è proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi»
papa Francesco
E se nel frattempo la bufala del chirurgo giapponese che avrebbe visitato Bergoglio diagnosticandogli un tumore – per carità benigno ma al cervello - si sgonfia miseramente come un farsa mal riuscita; Francesco e i suoi collaboratori però, hanno ben registrato il messaggio mandato attraverso questa sorta di bomba carta mediatica: d’ora in avanti gli oppositori del papa le proveranno tutte. Tuttavia chi vuole fermare il processo di rinnovamento della Chiesa portato avanti da Bergoglio - un mutamento non solo istituzionale che invece interessa da vicino società e culture di mezzo mondo - dovrà muoversi davvero in fretta, perché il vescovo di Roma è un Usain Bolt della fede, e mentre ancora si staranno commentando pensosamente i risultati del sinodo, lui sarà già in Africa.
La bufala del chirurgo giapponese che avrebbe visitato Bergoglio diagnosticandogli un tumore si sgonfia miseramente come un farsa mal riuscita
Fra pochi giorni infatti Francesco l’argentino andrà in Kenya, Centrafrica e Uganda (dal 25 al 30 novembre), poi aprirà un Giubileo della misericordia durante il quale la sua indicazione di una Chiesa aperta e in dialogo col mondo, in contesa col potere e schierata dalla parte dei poveri, verrà potenziato e moltiplicato; ma non per questo verranno meno i riferimenti alla tradizione di una fede profonda, popolare e radicata ancora fra milioni di persone, e anzi quella fiamma che in tanti luoghi e periferie del Pianeta si sta spegnendo appunto nel conformismo, sarà rivitalizzata. Inoltre va sottolineato come la facoltà data dal papa ai sacerdoti di ogni Paese di assolvere dal peccato di aborto durante l'anno santo, è una strappo assai più profondo di qualsiasi comunione ai divorziati risposati discussa nell'assise sinodale.
La facoltà data dal papa ai sacerdoti di ogni Paese di assolvere dal peccato di aborto durante l'anno santo, è una strappo assai più profondo di qualsiasi comunione ai divorziati risposati discussa nell'assise sinodale
La scommessa del sinodo è poi vinta in una direzione fondamentale: la Chiesa non è più un monolite ieratico e clericale, arroccato dentro i corridoi della Congregazione per la dottrina della fede. I vescovi infine hanno ritrovato la parola e hanno raccontato una realtà diversissima da Paese a Paese, da continente a continente. L’Africa, additata spesso come la componente più conservatrice del sinodo, ha portato in realtà con sé contenuti potenzialmente esplosivi: come dovrà infatti regolarsi la Chiesa con temi come lapoligamia (40 Paesi africani su 53 la ammettono), i matrimoni clanici e d'interesse, lelunghe convivenze prematrimoniali e i matrimoni a tappe decisi dalla famiglie, la famiglia allargata e via dicendo? E che senso ha la nuova disciplina sulla nullità matrimoniale – che pure agevola le separazioni - in territori dove bisogna fare due giorni di viaggio per arrivare nella città in cui si trova, forse, il tribunale ecclesiastico? Il diritto canonico in Africa e in Europa può essere il medesimo? Come affrontare i temi dei diritti delle donne? Molte domande tenute sotto il tappeto per troppo tempo sono venute fuori. Nel frattempo i cardinali tedeschi hanno trovato un accordo per evitare che le divisioni fossero troppo dirompenti.
l diritto canonico in Africa e in Europa può essere il medesimo? Come affrontare i temi dei diritti delle donne? Molte domande tenute sotto il tappeto per troppo tempo sono venute fuori
I proporati Walter Kasper e Gerhard Muller – capofila rispettivamente di progressisti e conservatori all'interno del sinodo - hanno fatto un passo indietro e, sotto la guida autorevole dell'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn – rinunciando alle reciproche intransigenze - hanno trovato una soluzione intermedia. La dottrina rimane intatta, ma i vescovi devono poter discernere nelle diverse situazioni, sia pur con prudenza, anche quando si tratta di decidere se dare o meno la comunione a una coppia di divorziati e risposati civilmente, badando soprattutto alla sincerità e alla fede dei coniugi che chiedono il sacramento. È questa la strada un po' contorta che il sinodo potrebbe trovare per uscire dall’impasse dei muri contrapposti, poi l'ultima parola spetta al papa. Ma di certo la sostanza che sta emergendo è un’altra: la Chiesa è unità nella diversità e quest'ultima ormai richiede risposte diverse ai singoli problemi posti da un angolo all'altro del mondo. A tenere inseme tutto è quindi il Vangelo non le istruzioni della Dottrina della fede.
La scommessa del sinodo è poi vinta in una direzione fondamentale: la Chiesa non è più un monolite ieratico e clericale, arroccato dentro i corridoi della Congregazione per la dottrina della fede
È stato infine il giovane cardinale di Montevideo, Uruguay, l'arcivescovo Daniele Sturla, a far cadere qualche luogo comune e a spiegare come le questioni sollevate riguardino in primo luogo i poveri e non solo un’Europa sazia in cui la famiglia tradizionale è in crisi. È nelle periferie, ha detto l'arcivescovo, nelle fasce sociali più emarginate, che possiamo trovare una ragazza, una giovane donna, madre magari di due o tre figli avuti con uomini diversi. Questa donna non può essere giudicata o condannata, è a anche a lei che dobbiamo parlare.
http://www.linkiesta.it/it/article/2015/10/23/papa-francesco-fra-roncalli-e-bob-dylan-i-tempi-cambiano-cambiamo-anch/27907/
La Chiesa non nasce dal basso
La Chiesa non nasce dal basso
24-10-2015
Il riferimento al sensus fidei è emerso di frequente durante il lungo percorso di questo Sinodo sulla Famiglia. E’ emerso nelle richieste di “ascoltare” le varie situazioni della vita in ordine ai temi in discussione. E’ emerso dalle risposte ai questionari diffusi nelle diocesi e non sempre impostati in modo corretto. E’ emerso dalle raccolte di firme a proposito di questa o di quest’altra richiesta. Si ha però l’impressione che non sempre sia stato adoperato nel senso teologicamente corretto.
Quella del “senso della fede” o, meglio “senso soprannaturale della fede”, propria di “tutti i fedeli” e che non può errare è una nozione teologica di grande importanza. Il Catechismo della Chiesa cattolica la definisce più volte. I paragrafi 91, 92 e 93 dicono, tra l’altro che «La totalità dei fedeli non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo quando, dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di costumi». I paragrafi 785 e 889 ne ribadiscono il contenuto di inerranza e il paragrafo 250 afferma che i Primi concili definirono le verità della fede cattolica «aiutati dalla ricerca teologica dei Padri della Chiesa e sostenuti dal senso della fede del popolo cristiano». Il Concilio ne aveva parlato nel paragrafo 10 e 12 dellaLumen gentium.
L’argomento è di quelli “sottili”, che è facile intendere malamente se si dimentica che qui si parla della fede come virtù teologale soprannaturale, se si intendono i fedeli come singoli individui e non come membra del Corpo di Cristo, se lo si associa ad una visione sociologica del “popolo di Dio” e se si identificano i fedeli con le persone numericamente esigue che partecipano attivamente alle attività ecclesiali e frequentano abitualmente le curie e gli uffici pastorali. Se chiedessimo il parere ai presidenti di tutti i consigli pastorali della Chiesa italiana circa la comunione ai divorziati risposati o sulla liceità morale dei metodi contraccettivi non otterremmo granché che abbia un qualche collegamento con il sensus fidei.
L’Istruzione Donum veritatis della Congregazione per la Dottrina della fede del 24 maggio 1990 dice che «le opinioni dei fedeli non possono essere puramente e semplicemente identificate con il sensus fidei. Quest’ultimo è una proprietà della fede teologale la quale, essendo un dono di Dio che fa aderire personalmente alla Verità, non può ingannarsi. Questa fede personale è anche fede della Chiesa, poiché Dio ha affidato alla Chiesa la custodia della parola e, di conseguenza, ciò che il fedele crede è ciò che crede la Chiesa. Il sensus fidei implica pertanto, di sua natura, l’accordo profondo dello spirito e del cuore con la Chiesa, il sentire cum Ecclesia».
In parole più semplici, il sensus fidei non ha niente a che vedere con le inchieste, i questionari, le interviste, le indagini sociologiche, le rilevazioni statistiche su come la pensano i fedeli della Chiesa cattolica su questo o quest’altro tema teologico o di costume. Tra l’altro sarebbe piuttosto difficile identificarli, dato che la fede di cui si cerca il senso è un dono soprannaturale che di solito i fedeli non hanno stampato sulla fronte. I primi Concili ecumenici, le cui conclusioni, come dice il Catechismo, sono state sostenute «dal senso della fede del popolo cristiano», non avevano fatto ricerche demoscopiche sulle opinioni dei fedeli cattolici, né lo hanno fatto i Pontefici proclamando lungo la storia i vari dogmi della nostra fede, espressione di quanto la Chiesa aveva da sempre creduto e, quindi, anche del sensus fidei.
L’appello al sensus fidei di solito si accompagna all’idea di una Chiesa “dal basso”. Dal basso o dall’alto sono espressioni anche queste sociologiche. Una cosa mi sembra sicura, che la Chiesa è stata costituita da Gesù Cristo ed è animata dal Suo spirito secondo la volontà del Padre. Non sono i fedeli a fare la Chiesa, piuttosto è la Chiesa a fare i fedeli. Prima c’è la Chiesa e poi i fedeli: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti». La Chiesa non nasce dall’assemblaggio di elementi di base ad essa preesistenti. Quando si pensa a questo, si corre sempre il pericolo di pensare che la rivelazione di Dio passi prima di tutto nel “popolo” oppure nei “poveri”, oppure negli “ultimi” intesi però in una accezione sociologica. Se non dentro la Chiesa e per la Chiesa tutte queste categorie non hanno significato teologico ma solo materiale, un puro fatto empirico, altro che sensus fidei.
Si capisce che collegato con questo discorso è la tendenza ormai diventata una specie di dogma, di partire sempre non dalla parola di Dio, ma dalla situazione, come in una perpetua inchiesta “dal basso”. La priorità assegnata alle scienze sociali ci sta portando fuori strada. Sarebbe ora di rivedere questo metodo “induttivo” ormai pedissequamente seguito. Se non illuminato dalla luce di Cristo ogni fatto empirico è solo un fatto empirico.
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