ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 28 ottobre 2015

Si comincia dal piccolo?

USA: il piccolo scisma in atto.
Secondo un rapporto del Pew Research Center  meno della metà dei cattolici USA considera peccato i rapporti omosessuali, risposarsi senza sentenza di nullità del matrimonio precedente, coabitazione e contraccezione.

Secondo un rapporto del Pew Research Center   meno della metà dei cattolici USA considera peccato i rapporti omosessuali, risposarsi senza sentenza di nullità del matrimonio precedente, coabitazione e contraccezione. 
La maggior parte dei cattolici USA (il 62 per cento) pensa che la Chiesa dovrebbe permettere ai divorziati risposati senza annullamento di ricevere la Comunione. E solo il 35 per cento dei cattolici Usa ritiene che risposarsi dopo un divorzio senza che il precedente matrimonio sia stato annullato costituisca un peccato. Il 49 per cento invece ritiene che non sia un peccato.  

Il 21 per cento dei cattolici ritiene che il semplice fatto di divorziare sia peccaminoso, mentre il 61 per cento è di opinione contraria. Un quarto dei cattolici USA adulti è divorziato, e circa il 9 per cento sono risposati. Solo un quarto di essi (il 26 per cento) ha detto di aver ricevuto una sentenza di annullamento dalla Chiesa. Molti di questi cattolici, secondo la ricerca, non ritengono necessario cercare una sentenza di nullità. Una risposta di questo genere è stata data dal 43 per cento.  

 La ricerca del Pew Research Center rileva che molti cattolici che secondo la Chiesa non potrebbero accostarsi ai Sacramenti ricevono l’ostia almeno qualche volta quando vanno a messa. Nel campione non erano presenti abbastanza divorziati-risposati per stabilire dati sicuri separati per la categoria, e allora sono stati messi insieme ai cattolici che vivono con un partner fuori del matrimonio. In questo gruppo il 34 per cento si comunica a ogni messa. Il 29 per cento non si comunica, e il 5 per cento non va a messa. 
MARCO TOSATTI


http://www.lastampa.it/2015/10/28/blogs/san-pietro-e-dintorni/usa-il-piccolo-scisma-in-atto-PDxHrWDX8wY7ahYL44iZfM/pagina.html

La Chiesa tedesca mostra già i frutti venefici del Sinodo

Zdk
Gli ambienti cattolici– o sedicenti tali –, in Germania, sono sempre un’ottima cartina di tornasole, per capire dove vada il progressismo ecclesiale spinto. Complice la lingua pressoché sconosciuta, purtroppo in Italia giungono poco le loro notizie, che rappresentano tuttavia un osservatorio privilegiato in tal senso.
Ecco, dunque, di nuovo, il Zdk, il Zentralkomitee der deutschen Katholiken, offrire con un proprio comunicato-stampa a bilancio del Sinodo, un’interessante e completa sintesi del pensiero kasperiano – cui, non a caso, tale organismo è dichiaratamente vicino – e delle sue prospettive. Utilissimo, per capire ora come intenda muoversi, a conferma dei timori già da tante, autorevoli voci espresse all’indomani della relazione finale.
Dunque, sin dall’inizio, il presidente dello Zdk, Alois Glück, ha chiarito come il Sinodo sia stato, a suo giudizio (e non solo suo…), un evento destinato a «fissare gli standard del futuro», nonché a «cambiare la Chiesa Cattolica, ben oltre la questione del matrimonio e della famiglia». Anzi, specifica come fosse dai tempi «del Concilio Vaticano II» che «non si facesse più esperienza» di momenti – oltre tutto «innescati dal Papa» in persona , ove «i Vescovi, assieme agli Ordini religiosi ed ai laici», potessero scontrarsi in modo «tanto intenso, aperto e controverso» sulle vie che la Chiesa è chiamata ad intraprendere. Glück trova tutto questo esaltante, al punto da riuscire – non si sa come – a scorgere nelle divisioni e nelle «polemiche» i «principi di una Chiesa unita», biasimando i «massicci tentativi di distruggere» tutto questo, ovviamente imputati a quanti siano rimasti davvero fedeli alla Dottrina cattolica.
Ma il passaggio più emblematico del comunicato ufficiale emesso dallo Zdk è il seguente: «Il Sinodo ha una porta spalancata verso una nuova cultura della discussione nella Chiesa». Si afferma, cioè, in modo esplicito come quanto vissuto in Vaticano abbia dato piena cittadinanza al dubbio, alla critica, alla contestazione non sull’opinabile, bensì sui fondamenti dettati dalla Sacra Scrittura come Parola di Dio, dal Magistero e dalla Tradizione. I “disobbedienti” sono stati insomma in qualche modo legittimati. Non solo, Glück evidenzia come abbian trovato rifugio e scudo nelle stesse parole del Pontefice, il quale aveva chiesto di fare in modo che «dottrina e pastorale entrassero maggiormente nella realtà quotidiana», ponendo la Chiesa in atteggiamento «di ascolto e di servizio». Di più: l’eterodossia oggi si sente forte al punto da esser convinta di poter addirittura scalzare l’ortodossia, sempre citando papa Francesco, in particolare il suo discorso di chiusura del Sinodo, laddove afferma: «L’esperienza del Sinodo ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono». Frase ovviamente subito interpretata dai kasperiani a proprio uso e consumo.
Ed è ancora papa Francesco il riferimento, in particolare il suo discorso fatto in Aula Paolo VI per il cinquantesimo del Sinodo, definito «una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare»: «Il cammino della Sinodalità – precisa – è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», per poi rilanciare una «salutare decentralizzazione», non ritenendo opportuno «che il Papa si sostituisca agli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori». Tutte cose, che han dato grande slancio ed euforia al presidente dello Zdk (ed a molti altri), ora sbilanciatosi nel ritenere addirittura che «nessuno possa più fermare tale dinamica. Nelle sue aperture papa Francesco offre al suo progetto di riforma la possibilità di avanzare», trasferendo «ogni principio generale nella rispettiva cultura», evidentemente vedendo in ciò una sorta di carta bianca affinché ciascuno faccia quel che gli pare: «Si tratta – prosegue infatti – di un chiaro mandato alle Chiesa locali, affinché, in modo indipendente, coraggioso ed in accordo coi fedeli, ricerchino i percorsi su sessualità, convivenze, matrimonio e famiglia in accordo con la Dottrina della Chiesa», ma da viversi «nei rispettivi ambienti culturali». E’ la parcellizzazione dell’insegnamento cattolico, la sua disgregazione a livello atomico, d’ora in poi di fatto adattato ed adattabile alle singole situazioni soggettive, così da poter zittire quanti finora tentassero d’arginare l’eresia, appellandosi giustamente a Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione.
Il comunicato, ovviamente, in chiusura tira subito le somme concrete di tutto questo, individuando nel documento finale del Sinodo «la via, attraverso cui render possibile ai divorziati risposati una piena partecipazione ai Sacramenti della Chiesa». Il che significa che la Germania proseguirà nell’errore e nell’indisciplina gravi, cui sinora si era in gran parte attenuta disobbedendo.
Il presidente Glück promette d’impegnare l’intero Zdk a fare in modo che, da loro, si proceda in questa direzione. Una corrente di pensiero eterodossa ed alla deriva, tale da trovar qui la propria testa d’ariete, benché sia diffusa anche altrove, come dimostrano Francia e Svizzera. Da secoli non si dovevano fare i conti con un movimento di questo tipo, oltre tutto avallato dai vertici ecclesiastici: ora, però, è di nuovo questa la realtà con cui confrontarsi. Occorre rimboccarsi le maniche, lavorando nella certezza di quel «non praevalebunt», che rassicura: l’esito sarà quello di sempre ovvero del trionfo della retta Dottrina, del trionfo di Cristo.

Festa grande al "Fatto Quotidiano" per le nomine arcivescovili di Bologna e Palermo

Grande festa, almeno a giudicare dall'articolo linkato al "Fatto Quotidiano"  per le nomine dei due nuovi Arcivescovi di Palermo di Bologna.
Circa l'elevazione dell' Ecc.mo e Rev.mo Monsignore Matteo Zuppi, del Clero Romano, eletto oggi Arcivescovo Metropolita di Bologna e 112° Successore di San Petronio, finora Vescovo titolare di Villanova e Ausiliare di Sua Em.za il Cardinal Vicario di Roma ci siamo espressi, con riferimenti esclusivamente "ecclesiali" suMessainlatino.
Per quanto riguarda Mons.Corrado Lorefice, Arcivescovo eletto di Palermo, è stato apprezzato quanto il nuovo Presule ha detto in un'intervista al TG2 delle 20,30 : "Ho cercato sempre di servire la Chiesa e soprattutto la parte più preziosa (i poveri)".
In linea teorica e "romantica" piace  l'idea che siano dei veri parroci  a guidare una Diocesi e non sempre i soliti "carrieristi" cioè coloro che si sono distinti nelle amicizie preziose con i detentori veri del potere ecclesiastico ( che spesso coincide con quello laico - sempre potere è-).
Non facciamo un'elencazione delle strade comode percorse dai carrieristi per conquistare una sede vescovile: magari qualcuno, che è un degno Vescovo, si potrebbe offendere per aver citato il suo precedente luogo di lavoro...
Viene  però da sorridere quando abbiamo letto sul Fatto questa frase: "Teologo molto stimato, Lorefice è autore anche di un libro su “Dossetti e Lercaro: la Chiesa povera e dei poveri” in cui analizza gli interventi del “progressista” cardinale di Bologna negli anni Sessanta in cui il porporato chiedeva con forza al mondo ecclesiale di tornare al Vangelo delle origini spogliandosi del lusso e della mondanità della corte papale. Temi e lotte oggi al centro del pontificato di Francesco."
Speriamo che i Redattori e i Lettori del Fatto Quotidiano non credano veramente a queste favolette indegne persino per essere raccontate ai bambini degli asili.
Ma davvero nessuno al Fatto si interroga su CHI ha presentato al Papa il nominativo del Parroco di Modica sponsorizzandone la sua promozione Arcivescovile e Primaziale ?
Davvero qualcuno crede che il Papa, un qualsiasi Papa, possa scegliere, salvo casi particolarissimi, un Vescovo?
Non è vero che questo Papa ha spezzato  le intriganti e contorte scorribande curiali (tutte di stampo conciliare) : le ha solo sostituite con altre di diverso colore...secondo i propri gusti...
Prima c'era un Papa rispettoso ( anche troppo) degli equilibri curiali ora ce n'è uno che vuole imporre la sua linea mediante la scelta di collaboratori/consiglieri spregiudicati come lui.
Il vero principe governa così.
Il vero despota si comporta in questo modo.
Può piacere o non piacere ma così è.
E' la logica del Gattopardo che prevale beffardamente sul buon senso ecclesiale : noi stiamo assistendo all'ennesima piècesdell'attuale théâtre de marionnettes et clowns ( olim Chiesa Cattolica Romana)
Pubblicato da Andrea Carradori 

Chi sono i nuovi vescovi di Bologna e Palermo scelti da Francesco

Sulla cattedra che è stata di Carlo Caffarra dal 2003, il Papa ha scelto Matteo Maria Zuppi, sessantenne vescovo ausiliare di Roma dal 2012 e già assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio. A Palermo ha mandato il giovane don Corrado Lorefice


Matteo Maria Zuppi, nuovo arcivescovo di Bologna
Roma. Il 9 novembre si aprirà a Firenze il Convegno ecclesiale nazionale che darà alla chiesa italiana la linea per il prossimo decennio, con le priorità e direttive nell’èra di Francesco. A pochi giorni dall’appuntamento che vedrà lo stesso Pontefice recarsi nel capoluogo toscano, il Papa ha fornito un primo segnale dell’orientamento che intende dare alla conferenza episcopale italiana – che aveva già avuto modo di scuotere un paio di mesi dopo l’elezione al Soglio di Pietro durante la professione di fede in San Pietro – nominando i nuovi arcivescovi metropoliti di Bologna e Palermo. Sulla cattedra che è stata occupata prima da Giacomo Biffi dal 1984 e poi da Carlo Caffarra dal 2003, Francesco ha scelto Matteo Maria Zuppi, sessantenne vescovo ausiliare di Roma dal 2012 e già assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio dal 2000 al 2012. Strettissimo collaboratore di Andrea Riccardi, all’inizio degli anni Novanta fu tra i mediatori nella grave crisi politica scoppiata in Mozambico, la cui soluzione positiva gli valse la cittadinanza onoraria del paese africano.

ARTICOLI CORRELATI La battaglia nella chiesa di Francesco La grande balla del complotto contro il PapaA Palermo, Bergoglio ha mandato il giovane don Corrado Lorefice, parroco cinquantatreenne di San Pietro a Noto e lì vicario per la pastorale. In entrambi i casi, il Papa ha rifiutato – come la prassi ammette – la terna originaria di candidati che la congregazione per i Vescovi gli aveva sottoposto dopo il lento iter di consultazioni tra il clero locale. Il profilo scelto da Francesco per le due sedi che la tradizione vorrebbe cardinalizie (tradizione che il Pontefice argentino ha già fatto capire che di non considerare troppo) è inequivocabile: non professori né diplomatici di carriera, ma preti cosiddetti di strada che camminano con l’odore delle pecore. Nel suo primo messaggio di saluto alla diocesi bolognese, Zuppi ha citato mons. Romero quando disse che “il vescovo ha sempre molto da apprendere dal suo popolo”. L’invito è a mettersi “assieme per strada, senza borsa e bisaccia, con l'entusiasmo del Concilio Vaticano II, per quella rinnovata pentecoste che Papa Benedetto si augurava”. L’anno giubilare della misericordia imminente diviene l’occasione per dire che “Gesù non condanna ma usa misericordia ‘invece di imbracciare le armi del rigore’, come diceva Giovanni XXIII. Infatti senza ascolto e senza misericordia si finisce tristemente per vedere, come continua Giovanni XXIII, ‘certo sempre con tanto zelo per la religione’, ma solo ‘rovine e guai’”. Don Lorefice ha dedicato, oltre all’attività pastorale a Modica, volumi sul beato Pino Puglisi e soprattutto sul cardinale Giacomo Lercaro e su colui che questi scelse come proprio perito di fiducia al Concilio, don Giuseppe Dossetti. Libri in cui centrale sono i contenuti dell’intervento programmatico e dal sapore profetico tenuto da Lercaro il 6 dicembre 1962 nel corso della trentacinquesima congregazione conciliare: “Chiesa e povertà”, l’auspicio affinché la povertà fosse “l’unico tema di tutto il Vaticano II”.

Non si tratta di scelte a sorpresa, se si considerano le nomine decise da Francesco negli ultimi mesi per la chiesa italiana. La scorsa estate, ad esempio, aveva mandato a Padova un parroco di Mantova, mons. Claudio Cipolla, anche qui andando a pescare fuori dalla regione ecclesiastica del Triveneto. La linea è chiara: scuotere la chiesa italiana, mescolare le carte, troncare carrierismi e ambizioni di presuli che speravano di intraprendere “scalate alla cattedra”, magari arrivando fino alla porpora. Le due nomine odierne confermano poi che Bergoglio è assai propenso a non compiere troppi trasferimenti di sede, mostrandosi in sintonia con il pensiero fatto proprio qualche lustro fa dal cardinale Bernardin Gantin, per quattordici anni prefetto della congregazione per i Vescovi, in un’intervista alla rivista 30 Giorni: “Quando viene nominato, il vescovo deve essere per il popolo di Dio un padre e un pastore. E padre lo si è per sempre. E così un vescovo, una volta nominato in una determinata sede, in linea di massima e di principio deve rimanere lì per sempre. Sia chiaro. Il vescovo che viene nominato non può dire ‘sono qui per due o tre anni e poi sarò promosso per le mie capacità, i miei talenti, le mie doti’”.
di Matteo Matzuzzi | 27 Ottobre 2015 

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/10/27/chi-sono-i-nuovi-vescovi-di-bologna-e-palermo-scelti-da-francesco___1-v-134288-rubriche_c191.htm
Bbc, Charamsa ha scritto a Francesco (contro Ratizinger): per i cattolici gay la Chiesa un inferno
28 ottobre 2015, Marta Moriconi
Bbc, Charamsa ha scritto a Francesco (contro Ratizinger): per i cattolici gay la Chiesa un inferno
I media nazionali non ne parlano ancora, mentre sul sito della Bbc è la prima notizia (anche perché il sacerdote polacco è al passo con i media): si parla di una copia della lettera di dimissioni di Monsignor Charamsa inviata a Papa Francesco rilasciata proprio alla BBC e scritta lo stesso giorno dell'annuncio, in cui critica la Chiesa che "perseguita" e causa "sofferenze incommensurabili" ai cattolici omosessuali e alle loro famiglie.

Ma diverse sono le accuse.

Monsignor Charamsa, che presso la Congregazione per la Dottrina della fede ha ricoperto un ruolo importante, ha prima criticato quella che ha definito l'ipocrisia del Vaticano nel vietare preti gay, e poi ha rappresentato un clero pieno di omosessuali. E Papa Francesco? Non ha ancora risposto. 

Forse dire che dopo un "lungo e tormentato periodo di discernimento e di preghiera", aveva preso la decisione di "rifiutare pubblicamente la violenza della Chiesa verso omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali e intersessuali gente", non merita risposta? 

Ma il 43enne insiste: invita "tutti i cardinali gay, vescovi gay e preti gay ad avere il coraggio di abbandonare questa Chiesa insensibile, ingiusto e brutale". Dice che non può più sopportare "l'odio omofobico della Chiesa, l'esclusione, l'emarginazione e la stigmatizzazione delle persone come me", la cui "i diritti umani sono negati" dalla Chiesa.
Ma c'è anche strategia nella lettera. Il prete continua a ringraziare Papa Francesco - che pensa abbia un atteggiamento più indulgente rispetto ad alcuni dei suoi predecessori - per alcune delle sue parole e dei gesti nei confronti delle persone omosessuali.

Krzysztof Charamsa spiega poi che le parole del pontefice saranno utili quando tutte le dichiarazioni della Santa Sede che sono offensive e violente contro gli omosessuali verranno ritirate.
E non manca un'esortazione alla Chiesa perché annulli una decisione presa del suo predecessore, il Papa emerito Benedetto XVI, che firmò un documento nel 2005 che proibisce agli uomini con tendenze omosessuali profondamente radicate il sacerdozio. 

E poi l'endorsement agli LGBT cattolici che "hanno diritto alla vita familiare, anche se la Chiesa non vuole benedirla".

E attenzione, si intende pure di politica l'ex sacerdote: il Vaticano non deve mettere pressione agli Stati che hanno legalizzato il matrimonio uguale o dello stesso sesso. 
E addirittura esprime timori circa l'impatto del suo coming out nei confronti della madre in Polonia, "una donna di fede incrollabile", dicendo che non ha alcuna responsabilità per le sue azioni.

Tanta, troppa carne al fuoco. E la carne si sa è debole. 
http://www.intelligonews.it/articoli/28-ottobre-2015/32261/bbc-charamsa-scrive-a-francesco-contro-ratizinger-per-i-cattolici-gay-la-chiesa-un-inferno

Zuppi, le idee del nuovo arcivescovo di Bologna su Roma, gay e conservatori

"La Chiesa non deve essere un museo" ammonisce monsignor Zuppi. Che parla di Roma come di una "città orfana e umiliata" e appoggia "fortemente" iniziative ecclesiali aperte agli omosessuali
Incarna alla perfezione lo stile bergogliano il nuovo arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Maria Zuppi. Sessant’anni, già assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio e con un pedigree da parroco romano (qui un suo ritratto), è uno di quei pastori prediletti da Papa Francesco, di quelli che “hanno l’odore delle pecore” tanto sono abituati a stare in mezzo al loro gregge fatto soprattutto di poveri e diseredati.
QUANDO LA CHIESA DIVENTA UN MUSEO
In linea con il pensiero di Jorge Mario Bergoglio, monsignor Zuppi da sempre predica una Chiesa in uscita verso gli ultimi. Lo si intuisce bene riascoltando le parole pronunciate il 27 ottobre 2012 a una conferenza in una parrocchia romana dal titolo “Uniti in Cristo per una nuova evangelizzazione”. Parlando di comunità ecclesiali “imprigrite” alle quali “non va” di mettersi di nuovo in cammino, don Matteo (così lo chiamano tutti a Roma) metteva in guardia sul rischio di autoreferenzialità e chiusura della Chiesa. “Ci piace sicuramente di più stare tra di noi, pensarsi con un mondo intorno che non capiamo più e che non ci capisce più, e quindi sentiamo come la necessità di essere noi stessi, proteggendoci dal mondo, differenziandoci dal momendo”. Tuttavia, in questo modo – incalzava – “la Chiesa diventa un museo”.
BASTA CONSERVATORI, SERVONO MISSIONARI
Riprendendo uno scritto del giovane Joseph Ratzinger durante gli anni del Concilio Vaticano II, monsignor Zuppi in quella conferenza ricordava come “in quelle occasioni spesso si è polarizzata la discussione tra conservatori e progressisti”. Ma la vera cesura secondo lui stava – e sta tuttora – tra “i conservatori che chiudono la Chiesa e si dividono dal mondo, e chi invece – e questa è la vera scelta – vive in una preoccupazione missionaria, cioè di vivere non per se stessi con il rischio della conservazione in cui sei te stesso ma poi finisci”. Pure Gesù nel Vangelo, ricordava don Matteo, ammonisce: “Chi conserva la propria vita la perderà”. “Quando la Chiesa vive per se stessa finisce, diventa un club, un gruppo di autosostegno. La vera differenza quindi è tra conservatori e missionari”.
L’AFFONDO SU ROMA “ORFANA E UMILIATA”
Grande amico dell’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, che proprio ieri alla notizia della sua nomina si è sperticato in elogi, monsignor Zuppi non sembra però nutrire gli stessi sentimenti nei confronti dell’attuale primo cittadino (dimissionario) Ignazio Marino. Non che si sia azzardato a criticarlo apertamente, dato che fino a ieri ricopriva il delicato incarico di vescovo ausiliare di Roma; però in una sua intervista del 5 ottobre scorso alla rivista Città Nuova del movimento dei Focolarini non è andato per il sottile parlando di una “città orfana e umiliata”, soprattutto dopo le vicende di Mafia Capitale. “C’è un desiderio di riscatto della città che va aiutato e deve trovare una traduzione più generale: è da questo che bisogna ripartire per evitare che la città continui in una condizione di smarrimento e di orfananza, come ha detto il papa al convegno diocesano di Roma. La città è orfana”. Indicando poi “accoglienza e solidarietà” come le due priorità su cui puntare per il rilancio della città, monsignor Zuppi ha aggiunto: “Consiglierei a tutta la classe politica e a chi ha un ruolo di governo di non umiliare ulteriormente la città tradendola e di avere al contempo molta umiltà e molta visione. Se ho la visione ma non ho l’umiltà del lavoro finisco per perdermi e mi concentro nel piccolo interesse, ma anche l’umiltà deve avere la visione e cioè uno sguardo avanti per capire il senso del proprio lavoro”.
QUELL’INIZIATIVA APERTA AI GAY DA LUI “FORTEMENTE APPOGGIATA”
Come riferito dal portale GesuitiNews della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù, monsignor Zuppi in qualità di vescovo ausiliare per il settore centro di Roma è stato un sostenitore dell’iniziativa “Chiesa casa per tutti” avviata nella parrocchia di San Saba e da lui “fortemente appoggiata”. Si trattava di un “invito a ritrovarsi per condividere la propria esperienza spirituale con altri, a partire dalla condizione che ciascuno vive: laico o religioso, anziano o giovane, omosessuale o etero, single o sposato, convivente o divorziato”. Tale progetto è stato presentato dal padre gesuita Pino Piva il 3 ottobre scorso al Centro Pellegrini Santa Teresa Couderc di Roma nell’ambito della conferenza internazionale “Le strade dell’amore – Istantanee di Incontri cattolici con le persone Lgbt e le loro famiglie”, promossa dal Global Network of Rainbow Catholics, rete mondiale di organizzazioni che chiedono inclusione e riconoscimento all’interno della Chiesa cattolica per le persone Lgbt e le loro famiglie. A fare accendere i riflettori dei media su questo appuntamento, all’interno del quale rientrava pure il racconto dell’iniziativa di San Saba “fortemente appoggiata” da Zuppi, era stato il teologo già officiale della Congregazione per la Dottrina della fede monsignor Krzysztof Charamsa, con l’annuncio ai quattro venti della sua omosessualità e la presentazione pubblica del suo compagno proprio nel giorno del Global Netqork of Rainbow Catholics, al quale il sacerdote polacco aveva detto di voler partecipare. Il tutto alla vigilia del Sinodo sulla famiglia.

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