ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 3 novembre 2015

«Centum emendabis»?

HABEMUS CORVI

La mano dura di Francesco. Da oggi chi sbaglia paga

Bergoglio vuole far capire che le regole vanno rispettate. Ma anche dare un segnale alla Curia insofferente alle sue idee


«Unum castigabis, centum emendabis», è all’insegna di questa massima latina, la cui traduzione è «castigane uno, ne correggerai cento», che Bergoglio ha impresso la linea dura con i provvedimenti giudiziari nei confronti di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, per mettere fine, da un lato, allo stillicidio di documenti che fuoriescono dalle stanze e dagli uffici più riservati della Santa Sede e dall’altro, alle continue critiche della Curia sul suo pontificato. Da oggi chi sbaglia paga e questo Papa vuole dimostrare che le regole vanno prima di tutto rispettate, altro che deriva progressista, come lo vogliono far passare. Per Papa Francesco, un gesuita con le sembianze dolci di un francescano, ma che poi rimane sempre un gesuita, deve essere stata una decisione tormentata, visto che nei primi mesi di pontificato aveva scioccato il mondo dicendo «chi sono io per giudicare?».
Ma la misura era ormai colma ed in realtà l’arresto di monsignor Balda è stato principalmente e soprattutto un segnale alla Curia romana e ai molti circoli cattolici insofferenti sempre di più al «metodo Bergoglio» per quanto riguarda la trasparenza degli uffici economici, le nomine ed alcune prese di posizione sulla dottrina. Ma come è arrivato Balda in Vaticano? Membro della Fraternità della Santa Croce, ramo sacerdotale dell’Opus Dei, si era fatto apprezzare per aver organizzato la giornata della gioventù a Madrid a fianco del cardinale spagnolo Antonio Rouco Varela, che gli aveva spalancato le porte di numero due della Prefettura degli affari economici, guidata dal cardinale «bertoniano» Giuseppe Versaldi, con il quale però si è messo subito in contrasto.
La violazione del computer di Libero Milone, nominato revisore generale alle dirette dipendenze del Papa, con il potere di accesso a tutti i bilanci compresi quelli delle basiliche, una sorta di Raffaele Cantone, il presidente dell’authority anti corruzione, è stato solo l’ultimo episodio di una catena impressionante di violazioni che forse sono state sottovalutate. A partire dalla fuga di documenti del segretario di Ratzinger. Fino alla e foto e agli audio del Papa Francesco durante gli esercizi spirituali in luoghi protetti. Solo da poche settimane è stato introdotto un protocollo rigido per cui chi incontra il Papa in modo riservato deve lasciare in appositi armadietti smartphone e apparecchiature elettroniche a differenza del passato, in cui il Santo Padre, per la gioia dei fedeli, soprattutto quelli dal sud America, permetteva di farsi ritrarre. Ma per capire la clamorosa svolta bisogna partire dall’inizio di quest’anno, cioè quando monsignor Balda diceva di aver ottenuto un’udienza da Papa Bergoglio lamentando una mancata collaborazione nel suo delicato incarico all'interno delle strutture finanziarie vaticane, tanto da aspettarsi addirittura pieni poteri in una riorganizzazione generale che da lì a poco sarebbe stata definita. A sentire i sussurri dei sacri palazzi, da quel momento Balda si è sentito onnipotente ed ha iniziato un'opera di delegittimazione di cardinali, monsignori ed alti funzionari, finendo per vigilare su questioni aperte nel tempo e che coinvolgevano anche personalità religiose legate a Benedetto XVI. Una guerra senza quartiere. Come se non bastasse, ha cercato anche di selezionare altri revisori che lo potessero affiancare in quest'opera di restyling delle finanze d'oltretevere. Più volte si è vantato di incontrare, in circoli frequentati prevalentemente da laici dell'Opus Dei, anche l’arcivescovo George Ganswein, prefetto della Casa Pontificia, considerato sempre un punto di raccordo tra Papa Ratzinger, di cui è stato fedele ed invidiato segretario particolare, e lo stesso Papa Francesco. Ciò che ha fatto scattare l'allarme rosso nella Gendarmeria Vaticana sembra sia stata una comunicazione riservata partita dalla Curia di Firenze, diretta con il pugno duro dal Cardinal Giuseppe Betori alla Segreteria di Stato, dove da mesi il sostituto per gli affari generali, monsignor Angelo Becciu, seguiva con apprensione i movimenti del prelato spagnolo. A maggio Balda avrebbe celebrato una messa solenne a Santa Maria Novella e parlato in quell'occasione addirittura a nome del Papa, cosa del tutto fuori ogni canone, per poi uscire allegramente dalla sagrestia in abiti laici. Da quel momento viene attentamente monitorato, e il suo stile di vita, tra concerti e auto di lusso, vivisezionato. Lui stesso si sente ormai circondato quando si accorge che anche il vecchio cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló, Presidente della commissione di vigilanza sullo Ior, non risponde più al telefono. E si arriva all'8 giugno, giorno in cui come revisore generale della Santa Sede viene nominato a sorpresa, dopo un'istruttoria riservata fatta personal mente dal Segretario di Stato Pietro Parolin e avallata ovviamente dal Santo Padre, Libero Milone, un uomo tutto d'un pezzo che ha fatto gran parte della sua carriera alla Deloitte. Fino a quel momento monsignor Balda ha sperato che nel nuovo statuto dell'ente religioso venisse inserita per lui la figura del Prelato, ma Milone, che è navigato e prudente, dopo una serie di incontri capisce che il prelato è ormai una scheggia impazzita all'interno della struttura e decide quindi di togliergli ogni accesso informatico, licenzia anche dodici impiegati a lui vicini per isolarlo completamente. È a quel punto che Milone si rende conto che il suo computer è stato violato ed immediatamente attiva gli uffici della gendarmeria, che già da mesi lo tenevano sotto controllo. Che rapporto aveva Balda con la Chaouqui? In un primo momento di collaborazione e amicizia, ma certamente negli ultimi mesi lei era molto critica sul suo operato, tanto da poter dimostrare di averlo fatto presente anche a persone del cerchio magico del Papa. Resta ora da capire, rispetto a quanto ha scritto ufficialmente il Vaticano, chi e se ha trasmesso documenti riservati agli autori Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi per i loro libri in uscita nei prossimi giorni. Ma c'è pure da chiedersi se la fuga di documenti è stata così grave, perché muoversi con così tanto ritardo? Forse qualcuno all'interno del Vaticano aveva interesse a rallentare l'inchiesta? O magari qualche circolo autorevole premeva sul Papa per soprassedere? Anche questa volta Bergoglio ha spiazzato tutti in Curia, e nelle lobby attorno al Vaticano hanno capito che si fa sul serio e che il tempo delle aperture è davvero finito.
Luigi Bisignani

Il Papa ne arresta due

Retata contro i "corvi". Monsignor Balda e la pr Chaouqui accusati di aver divulgato documenti riservati della Santa Sede

Dal mese di maggio la Gendarmeria vaticana teneva d'occhio entrambi: dopo l'ok del magistrato e soprattutto dopo il via libera di Papa Francesco, son scattate le manette per i nuovi presunti «corvi» del Vaticano.
Per lo spagnolo Mons. Lucio Angel Vallejo Balda e per l'italo-egiziana Francesca Immacolata Chaouqui, l'avventura vaticana al fianco di Bergoglio si è conclusa nel peggiore dei modi, dentro una camera di sicurezza, con l'accusa di aver sottratto e diffuso documenti riservati sulle finanze vaticane. Se Vallejo ha passato ieri la seconda notte in cella, Chaouqui è tornata a casa dove ad attenderla c'era il marito Corrado Lanino: dopo la convalida dell'arresto è stata rilasciata perché ha collaborato con i magistrati. Avrebbe ricostruito agli investigatori d'Oltretevere la dinamica di quanto accaduto, fornendo anche delle prove cartacee a sostegno delle proprie tesi. «Preghiamo per lei, ne ha bisogno», aveva confidato già alcuni mesi fa Bergoglio ad un amico che lo aveva raggiunto a cena a Santa Marta: nelle ultime settimane Francesco era stato informato passo dopo passo sugli sviluppi delle indagini, sapeva i nomi di chi lo aveva tradito e aveva chiesto chiaramente: «Si agisca secondo giustizia, senza paura». Per questo anche ieri il Papa è stato subito informato delle ultimissime novità e del fatto che l'operazione della Gendarmeria vaticana fosse andata in porto, dopo un lavoro certosino durato mesi. Proprio su Francesca Chaouqui, che si è presentata spontaneamente al comando della «polizia vaticana», gli investigatori della Santa Sede avevano già aperto dei fascicoli in passato per delle vicende che avevano irritato anche il Papa.
Nell'aprile 2014, ad esempio, dopo esser finita l'anno prima, nell'agosto 2013, sulle prime pagine di tutti i giornali per i tweet al veleno contro l'ex Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, contro l'ex ministro Giulio Tremonti (da lei mai riconosciuti) e contro Papa Benedetto XVI («È affetto da leucemia»), la pr calabrese, insieme al monsignore, aveva organizzato un «party» sulla terrazza della Prefettura degli affari economici (la sede di lavoro di Vallejo) con messa e buffet per festeggiare la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. «È stato un tradimento bello e buono» tuona un cardinale di Curia, che indica come presunto movente del nuovo Vatileaks delle mancate nomine all'interno della Segreteria dell'economia, il super-ministero voluto da Papa Francesco e nato, nel febbraio 2014, come frutto dei lavori di una commissione d'inchiesta sulle finanze vaticane di cui avevano fatto parte i due arrestati. Il monsignore in particolare, che era arrivato in Vaticano nel 2011 grazie all'intervento del cardinale spagnolo Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo emerito di Madrid e uno dei più strenui oppositori di Bergoglio) era stato escluso dal giro di nomine: quando nacque la Segreteria, infatti, il cardinale australiano George Pell, scelto dal Papa come prefetto, aveva fatto al Pontefice il nome del monsignore spagnolo per ricoprire l'incarico di segretario generale. Bergoglio però, in quell'occasione, aveva risposto al porporato con un secco no, «Non è conveniente», avrebbe detto, facendo presagire per il sacerdote un ritorno in Spagna, nella propria diocesi, al termine del suo mandato presso la Prefettura degli affari economici.
A far ricadere i sospetti sui due all'interno delle sacre stanze era stata anche la testimonianza indiretta di un anziano cardinale che già alcuni mesi fa si era premurato di far sapere «ai superiori» che alcuni documenti della commissione di cui erano membri Vallejo e Chaouqui erano misteriosamente spariti nel nulla. E in quell'occasione il porporato aveva chiesto «maggiore prudenza» nella gestione di «documenti così importanti».

HABEMUS CORVI

Veleni, morti e misteri Benvenuti in Vaticano

Dentro le mura leonine non solo fede e religione. Dal caso Orlandi all’arresto del maggiordomo del Papa

I primi «corvi» spuntano tre anni fa con l’arresto di Paolo Gabriele, l'aiutante di camera di Papa Ratzinger, arrestato per aver trafugato documenti riservati e lettere private del Santo Padre. Da Vatileaks si dipana un’inchiesta riservata affidata a due cardinali, dei cui esiti Benedetto XVI informa l’appena eletto Papa Bergoglio. In quelle carte si parlerebbe di collaboratori infedeli di Sua Santità. L’arresto del maggiordomo del Papa è subito considerato il punto di partenza delle indagini sugli altri «uccellacci neri» svolazzanti in Vaticano. Ed infatti poco dopo un nuovo corvo fa pervenire a Repubblica tre documenti riservati e una lettera in cui si spiega che Paolo Gabriele è solo un «capro espiatorio», seguita dall’invito a «cacciare i veri responsabili» dal Vaticano. Ed è ancora sulla stampa che un anonimo «delatore piumato» riferisce che il maggiordomo del Santo Padre è solo uno dei venti corvi in azione. Nel settembre del 2013 Francesca Chaouqui, arrestata ieri per la fuga di documenti riservati dal Vaticano, mette le mani avanti affermando che gli attacchi subìti per dei suoi tweet contro l’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone e alcune foto osè pubblicate online provengono da «sciacalli» desiderosi di farla fuori dopo la sua nomina nella Commissione sui dicasteri economici della Santa Sede. Lo stesso Bertone, nel 2011, riceve una lettera anonima con minacce di morte che avvia una nuova caccia al corvo nei sacri palazzi. «Spie nere» a parte, dentro le Mura Leonine gli scandali sono sempre stati di casa e spesso hanno avuto al centro l’Istituto Opere Religiose, meglio noto come Ior, la Banca vaticana in passato guidata da quel Monsignor Marcinkus il cui nome si intreccia con la sparizione di Emanuela Orlandi, il crack del Banco Ambrosiano, la morte del suo presidente, il «banchiere di Dio» Roberto Calvi trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, e quella del faccendiere e criminale Michele Sindona, avvelenato col caffè. Di recente, a parte altre inchieste su soldi e prelati, in carcere è finito monsignor Nunzio Scarano, ex contabile dell'amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, accusato di truffa, corruzione, calunnia e concorso in riciclaggio. Tornando più indietro nel tempo, emerge che dentro le Mura vaticane si è anche sparato. La sera del 4 maggio 1988, infatti, un neocomandante delle Guardie svizzere, Alois Estermann, viene trovato morto, ucciso a colpi di pistola, nel suo appartamento. Accanto a lui, anch’essi morti, la moglie Gladys Meza Romero e il vice caporale Cedric Tornay. La versione ufficiale parla di un raptus di follia di Tornay. Quando si citano Chiesa e Vaticano, inoltre, è impossibile dimenticare la sepoltura del boss della Banda della Magliana Renatino De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma. Risale, invece, all’agosto scorso il ritrovamento del corpo senza vita dell’ex arcivescovo polacco Domingo Jozef Wesolowski. L’alto prelato era in attesa del processo per gravissimi reati: abusi sessuali su minori, possesso di materiale pedopornografico, ricettazione. Risuonano, poi, nelle orecchie di fedeli e non le parole di Krzysztof Charamsa, il teologo che prestava servizio presso la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, sospeso dal sacerdozio dopo il suo coming out.
Ed è recente anche la notizia sul presunto giro di prostituzione gay alla Casa generalizia dei Carmelitani, in grado di creare non poco imbarazzo oltre le Mura Leonine. Infine, è di soli pochi giorni fa la violazione, in Vaticano, del computer del revisore generale incaricato di supervisionare conti e bilanci di tutti gli organismi finanziari della Santa Sede. Ieri è stata la volta di «Vatileaks 2».
Luca Rocca

La Chiesa non cambia, Francesco tradito come Benedetto XVI 

Che in Vaticano avessero libera circolazione tanti diavoli travestiti da angeli lo avevamo capito da un pezzo. Non ci fossero stati, probabilmente Papa Benedetto XVI non si sarebbe dimesso e, sospetta qualcuno, Papa Luciani non sarebbe stato prematuramente accolto in Paradiso. Del resto, i complotti sono all’ordine del giorno in ogni corte e quella papale non fa eccezione. Nessun stupore dunque per l’arresto di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, ex numero uno della commissione per la riorganizzazione delle finanze vaticane: dove c’è il denaro ci sono anche gli interessi e gli intrighi. Né sorprende il secondo arresto, quello della Pr Francesca Immacolata Chaouqui, accusata di spifferare i segreti vaticani ai giornalisti, passando loro carte riservate. Se si nomina una Public relation woman in una commissione che maneggia carte e contabilità segrete, c’è come minimo da mettere in conto che qualche confidenza la faccia. Del resto le Pr sono pagate per comunicare, non per scomunicare. (...)

IL RETROSCENA

Vatileaks, la pista di una vendetta contro Papa Francesco

L'analisi del computer e del telefono di monsignor Lucio Vallejo Balda in realtà è servita solo per confermare un quadro già delineato. Perché riporta Fiorenza Sarzanini in un retroscena sul Corriere della Sera la sensazione è che i "corvi" non abbiano mai smesso di volare. Anche se Vallejo e Francesca Chaouqui erano stati scelti da Papa Francesco in realtà le verifiche di questi ultimi mesi avrebbero individuato legami con i protagonisti dell'inchiesta sulla fuga di notizie di tre anni fa che portò allora all'arresto del maggiordomo di Ratzinger Paolo Gabriele ma che lasciò nell'ombra chi lo aveva coperto e aiutato. Insomma, parliamo diuna rete di traditori, in parte sotto controllo e per i quali potrebbero presto scattare dei provvedimenti.
Il sistema informatico della Santa sede ha tre livelli di sicurezza. Il primo, "Michele", protegge le comunicazioni papali e della Segreteria di Stato. Il secondo, "Raffaele", che è quello violato, riguarda gli uffici ritenuti di media segretezza: la Cosea e il computer del revisore generale delle finanze del Vaticano, Libero Milone, che sovrintende i conti e i bilanci della Santa Sede. Il terzo, Gabriele, proteggi gli uffici più bassi, come quelli aperti al pubblico. Durante gli accertamenti della gendarmeria, guidata da Domenico Giani, sarebbe emerso che fino a poco tempo fa il web master di questo terzo livello era il marito della Chaouqui, ora passato con lo stesso ruolo alla clinica Santa Lucia. Pare che le suore americane di Borgo Sant'Angelo, massime esperte di hackeraggio, avrebbero dato una mano nelle indagini. E pare che alcune carte falsesiano state inserite nel sistema proprio per scoprire l'identità delle spiee i loro contatti esterni.
Quello che si cercherà di capire nei prossimi interrogatori della Chaouchi è il movente della fuga di notizie. Una delle ipotesi riguarda la vendetta contro papa Francesco da parte di chi si è sentito messo da parte. Il giro di poltrone nella Santa sede infatti non è piaciuto a molti. Alla guida della Segreteria della Cosera è stato nominato il cardinale australiano George Pell e il suo vice designato era proprio Vallejo Balda.Il quale ha poi scoperto di essere stato rimpiazzato con il maltese Alfred Xuereb. La pista della vendetta non esclude però il fatto che in Vaticano c'è chi vuole impedire una revisione vera dello Ior che potrebbe svelare chi continua a usare i conti cifrati dell'Istituto e ricostruire il percorso del denaro trasferito su depositi segreti in Italia e all'estero.

Palchi sui tetti per la Canonizzazione, quando la Chaouqui fece infuriare il Pontefice


Parola d’ordine: esserci. E se poi l’ambientazione è di quelle che solo Roma può offrire, tanto meglio. Duecento selezionatissimi ospiti, giornalisti, neopotenti, imprenditori, monsignori e ambasciatori hanno assistito ieri alla canonizzazione dei due papi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, dall’alto. Invitati dalla prefettura degli Affari economici del Vaticano che per l’occasione ha aperto al pubblico la propria terrazza con vista mozzafiato. 
San Pietro lì davanti e sotto migliaia di fedeli con le loro storie, le bandiere, gli applausi, l’emozione.
A fare gli onori di casa Federica de Blasi e Francesca Chaouqui, la lady della commissione affari economici. Alle 7 e 30 del mattino il palchetto predisposto per l’evento è già pieno di eleganti signore emozionate. Arriva Bruno Vespa con la moglie Augusta, non ci sono più sedie vuote.


FOTO 2 di 12

E che problema c’è? Il tetto diventa il palcoscenico migliore: monsignor Lucio Angel Vallejo, segretario generale per la riforma affari economici del Vaticano si improvvisa aiutante, via con le sedie di scorta: il giornalista di Porta a Porta si arrampica sul tetto sfidando l’altezza: «Per me è una giornata particolarmente emozionante - ammette - ricordo quando 37 anni fa stavo in questa stessa piazza e sentì pronunciare il nome di un giovane polacco che oggi è diventato santo».
La fede non conosce ostacoli. Si arrampica anche la giornalista Maria Latella, Roberto d’Agostino, lo segue Marco Carrai, uno degli uomini più vicini al premier Renzi con la fidanzata filosofa Francesca Campana Cammarini. L’atmosfera è intensa. Fa freddo, comincia a piovere, pochi convenevoli, c’è un silenzio irreale. Via via anche i tetti più piccoli si trasformano in palchetti d’onore.
In prima fila c’è Lorena Capoccia, presidente di Assidai, il neo presidente dello Ior, Ernst von Freyberg. E poi Vito Cozzoli, capo gabinetto del ministero dell’Industria, Donato Iacovone, ad di Ernst&Young, Antonio Preziosi, ex direttore del Giornale Radio Rai e Sergio Morandi, amministratore delegato diMedoilgas Italia. E’ uno spettacolo unico al mondo, da qualunque parte lo si veda.
di Veronica Cursi
Le FOTO di Francesca Chaouqui che hanno imbarazzato il Papa 
Francesca Chaouqui in un dettaglio della foto pubblicata
 dal sito ultra cattolico Gloria Tv che ha
 messo in imbarazzo Papa Francesco 
ROMA – La fuga di notizie che ha portato Francesca Immacolata Chaouqui in carcere nelle segrete del Vaticano è probabilmente solo l’ultimo gradino di una scala mobile in discesa che ha portato la bellissima calabro marocchina di 33 anni dal trionfo del favore del Papa Francesco alla prigione. C’è un precedente scabroso, che risale al 2013, quando da qualche parte nel mondo uscirono delle foto di Francesca Immacolata Chaouqui a torso nudo e abbandonata nelle braccia di un altrettanto bel giovanotto indicato da un sito ultra cattolico come il suo “boyfriend”. Non precisa se si tratti del regolare marito. Il sito, Gloria Tv, è considerato dalla National Catholic Review come uno strumento di propaganda della estrema destra cattolica, tradotto in varie lingue fra cui spiccano tedesco e polacco. Ha un canale Youtube su cui si può godere del canto del Dies Irae. La foto mostra solo il volto di Francesca Immacolata Chaouqui e del boyfriend; lei vezzosamente e anche un po’ allusivamente tiene una lunga ciocca di capelli fra i denti. Blitz riproduce soltanto il volto della donna, la foto completa della coppia è sul sito ultra cattolico Gloria Tv, che soprannomina la Chaouqui “Hottie Biscotti“, un dolce che ha l’apparenza di un pan pepato o di mega cantucci ma morbidi. Il titolo del post è: “Is Hottie-Biscotti ruffling Vatican feathers?”, fa arruffare le piume del Vaticano. Lo scandalo è evidente e la destra cattolica lo ha sfruttato per puntare il dito sulla incapacità di Papa Francesco di scegliere gente adeguata a governare la Chiesa. Da qualche parte devono essere uscite foto ben più piccanti, se l’Associazione americana Go Topless, nel 2013, le ha tributato un plauso per essere l’unica donna del Vaticano a avere mostrato il petto nudo. Questa onorificenza non è inclusa nel suo curriculum pieno di meriti, ma non è sfuggito a Sandro Magister, il più acuto, informato e indipendente osservatore di cose di religione, non solo cattolica. Magister ha citato Go Topless, è stato ripreso da un altro sito cattolico, The eponymous flower a sua volta ripreso da Gloria Tv. Aveva proprio ragione mons. Vincenzo Paglia quando voleva fare chiudere il sito di Magister… Gloria Tv è crudele: “Col suo look da film star, capelli fluenti e giacca di pelle provocatoriamente aperta a metà, Francesca Chaouqui costituisce una figura che contrasta accanto ai vecchi che reggolo la Chiesa cattolica. Ma quando la ventisettenne (siamo nel 2013 ma comunque le levano qualche anno) consulente di pubbliche relazioni fu nominata in una commissione chiave del Vaticano, la mossa fu salutata come un simbolo della determinazione di Papa Francesco di portar dentro sangue nuovo”. E via con la citazione di Go Topless: È venuto il momento di finirla con millenni di valori “morali” repressivi imposti dalla Chiesa cattolica. Diritti costituzionali di parità di petto nudo (topless) vuol dire vera separazione fra Chiesa e Stato”. Sandro Magister rilancia anche una piccante allusione al rapporto che unisce Chaouqui a mons. Lucio Angel Vallejo Balda, di 21 anni più grande di lei e con lei arrestato nella “mini retata” di Halloween: “Una bizzarra riprova della familiarità tra i due è venuta il 15 gennaio da uno spettacolo dato al Teatro Parioli di Roma dal titolo: “Colpevole o innocente? Sir Winston Churchill”. A recitare la parte di Marion Holmes, segretaria dello statista inglese, era lei, Chaouqui, acconciata come nella foto sopra, scattata dal valente Umberto Pizzi. Mentre dietro le quinte e nel foyer c’era un euforico monsignor Vallejo Balda, anche lui immortalato dall’obiettivo di Pizzi al fianco della sua protetta. La cronaca della serata, con le foto e i nomi degli altri interpreti (da Chicco Testa a Stefano Dambruoso, da Andrea Romano a Myrta Merlino), è informiche.net, il blog dell’omonimo centro culturale e politico fondato e diretto da Paolo Messa”.  
La Repubblica
(Paolo Rodari) L' inchiesta è partita nel maggio scorso, dopo che su alcuni media erano stati pubblicati carte e documenti riservati della Commissione referente sulle strutture economico- amministrative della Santa Sede (Cosea), istituita dal Papa nel luglio 2013 e successivamente sciolta dopo il compimento del suo mandato. Presto le indagini si sono strette attorno a monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, ex segretario della Commissione, e a un membro di essa, la pierre italiana Francesca Chaouqui. La gendarmeria vaticana per mesi ha lavorato forte dell' appoggio incondizionato del Papa il cui lavoro per la riforma della curia romana, spiega a Repubblica un suo stretto collaboratore, «mira sì a eliminare corruzione e malaffare, ma non lo fa tradendo il segreto interno a cui sono obbligati tutti i dipendenti». Fra l' altro, continua il monsignore, «chi ha diffuso le carte che poi, a quanto si sa, sono diventate oggetto anche dei due libri di Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, l' ha fatto evidentemente per ambizione personale o, forse, per vendicarsi per una carriera mancata». Lo snodo decisivo dell' indagine è arrivato soltanto pochi giorni fa, grazie alla denuncia avanzata dal Revisore generale della Santa Sede, Liberio Milone, di un furto avvenuto nel suo ufficio. Quello stesso ufficio di cui - che non sia semplicemente una coincidenza non è stato chiarito ed è infatti ancora oggetto d' interrogatorio - Vallejo Balda è oggi segretario. La denuncia in ogni caso ha permesso alla gendarmeria di acquisire nuove prove, ampliare lo spettro delle indagini e, anche grazie al sequestro di materiale informatico e l' ausilio di intercettazioni telefoniche, arrivare ai due arresti. «Francesco non è per nulla sconcertato o preoccupato per gli arresti. Piuttosto è intenzionato ad andare fino in fondo, a non fermarsi, se necessario anche allargando il raggio d' azione dell' indagine ad altre personalità interne ed esterne», spiega un capo dicastero della curia romana assiduo frequentatore di Santa Marta. «Nella sua predicazione in questi tre anni di pontificato non a caso è stata ripetuta con insistenza una denuncia più di altre, quella del carrierismo ecclesiastico. Non è un mistero per nessuno che qualche frizioni si sia creata quando Francesco dovette nominare il segretario della nuova segreteria per l' economia. Un posto di prestigio a cui senz' altro Vallejo Balda ambiva ». Era il febbraio del 2014 quando il cardinale australiano George Pell disse al Sole 24 Ore di essere intenzionato a far diventare Vallejo Balda segretario della nuova segreteria per l' economia. A sorpresa, tuttavia, il Papa gli preferì uno dei suoi segretari particolari, monsignor Alfred Xuereb. Qui qualcosa si ruppe nei rapporti fra Pell e Vallejo e, più in generale, nei rapporti fra Vallejo e il mondo delle finanze vaticane evidentemente da lui ritenuto inadeguato e, di più, controproducente rispetto all' opera di pulizia iniziata da Francesco. Bergoglio non ha mai avuto nulla di personale contro Vallejo. Anche se, evidentemente, un certo attivismo del monsignore spagnolo, seguace ma non membro dell' Opus Dei, e anche della stessa Chaouqui, deve averlo indispettito. Molto, a loro sfavore, ha giocato l' organizzazione di un party sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici in via della Conciliazione con lo scopo di offrire a personalità politiche e del jet set italiano ed estero la possibilità di assistere da una postazione privilegiata alle canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Era il 15 aprile 2014. Su quella terrazza Chaouqui faceva gli onori di casa e Vallejo Balda distribuiva ai presenti la comunione in un bicchiere di cristallo. Dopo la pubblicazione delle foto dell' evento, gli organizzatori cercarono di sostenere che il vero ideatore del party fosse il cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della Prefettura. Ma un' inchiesta interna scagionò il cardinale. Vallejo Balda e Francesca Chaouqui vennero portati nella Cosea da una nomina pontificia. Ma, come spiega lo storico Aberto Melloni, «ci sono meccanismi per queste scelte interne: si pensa che il Papa scelga pure il colore dei gerani in Vaticano, ma in realtà ci sono dei meccanismi». In sostanza, Francesco si è fidato di qualcuno che all' interno della curia romana ha spinto per le due nomine. La curia romana, infatti, è una realtà variegata. E, come spiega ancora Melloni, «al suo interno ci sono anche pappagalli, corvi, gufi e uno scarso numero di pecore». Nel corso del suo pontificato Bergoglio ha senz' altro imparato di chi potersi fidare e di chi no, ma lo ha fatto anche in virtù di qualche errore commesso. Nel 2012 la prima puntata di Vatileaks evidenziò una guerra interna che andava anche oltre la figura dell' ex maggiordomo papale Paolo Gabriele. Allora personalità ecclesiastiche interne alla Santa Sede usarono di alcuni media per informare all' esterno di come Benedetto XVI fosse contornato da collaboratori da loro giudicati incapaci e insieme arrivisti, interessati a tornaconti personali e non al bene della Chiesa. Oggi la situazione è differente. Francesco non è un Papa debole o suggestionabile. E chi ha fatto uscire i documenti sembra averlo fatto più per spiccioli interessi personali, anche se ammantati dalla convinzione di aiutare il Papa: «Occorre evitare l' equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa », ha detto non a caso ieri padre Federico Lombardi. L' equivoco, nei prossimi giorni, sarà evitato anche da un possibile allargamento delle indagini. Francesco, infatti, non vuole in merito alcun rilassamento.

L' ombra dei precedenti

Il Sole 24 Ore
(Carlo Marroni) È la stessa cella, nel palazzo della Gendarmeria dove fu recluso un altro illustre "corvo" della storia del Vaticano. E il reato imputato è lo stesso: furto di documenti. Vatileaks, l' incubo del precedente pontificato stende la sua ombra sinistra anche su quello di Francesco. Continua pagina 8 di Carlo Marroni E in quella camera di sicurezza da due giorni si trova il monsignore spagnolo Vallejo Balda, già potente delle finanze vaticane, profondo conoscitore del mondo bancario e industriale, accusato dello stesso reato che vide il maggiordomo di Ratzinger, Paolo Gabriele, minare le basi stesse del papato e contribuire alla sua storica rinuncia, un atto passato alla storia. Nuovo scandalo dai contorni nebulosi, dalle possibili complicità ancora nascoste, dalla portata effettiva ignota. Ma la storia sembra la stessa che ormai faceva parte dell' immaginario di quanto accadde Oltretevere e che ora esplode di nuovo. Un nastro che si riavvolge e sembra che attorno a Francesco tornino a volare davvero i "corvi", come si verificò con una drammatica rappresentazione plastica sotto i suoi occhi quella fredda domenica mattina del gennaio 2014 in piazza San Pietro, quando una colomba da lui liberata divenne dopo pochi attimi vittima di un rapace. È stato ribattezzato fin troppo facilmente Vatileaks-2 il nuovo scandalo che ha fatto scattare di nuovo le manette dentro le mura, come accadde tre anni fa e poi ancora nel 2014 per l' ex nunzio apostolico a Santo Domingo accusato di tremendi reati di pedofilia. Oggetto dell' indagine oltre al prelato una giovanissima consulente italiana di pubbliche relazioni che al monsignore vicino all' Opus Dei era strettamente legata da tempo. Due persone che frequentavano il mondo delle pr e della finanza, organizzavano eventi mondani un po' da generone romano (censurati direttamente dal Papa) ed erano con tutta evidenza al centro di un reticolo di interessi che poi è rapidamente evaporato, il tutto condito con una sovraesposizione mediatica esplosa addirittura con alcuni tweet dove si parlava di malattie gravi del pontefice, poi ricusati. Il copione si ripete: la Gendarmeria arresta, il promotore di giustizia indaga, un processo sarà celebrato con le accuse di trafugamento di documenti riservati, e in qualche modo quindi un atto di alto tradimento verso il Papa, a cui i due arrestati (anche se la donna è tornata in libertà) hanno giurato fedeltà e professato in pubblico sostegno convinto. I fatti devono essere accertati, e quindi ci sarà un procedimento e ulteriori indagini, ma sono molti gli aspetti oscuri di una vicenda che sta scuotendo il Vaticano dalle fondamenta, non tanto per la sorpresa (da tempo c' erano sospetti sulla diffusione di documenti da parte di almeno uno dei due) quanto per la decisione giudiziaria impressa dalla Segreteria di Stato e approvata personalmente dal Papa, che di Vatileaks-1 ha una conoscenza indiretta e in buona parte appresa direttamente da Benedetto XVI e dai famosi documenti consegnatigli nella grande cassa bianca a Castel Gandolfo. Già, perché il tema al centro del caso sono dossier della Santa Sede su soldi e affari, ma lo spaccato che emerge dal nuovo affaire è quello di un pezzo di Curia e di alte gerarchie che stanno più o meno silenziosamente cercando di sabotare il percorso di Bergoglio, e usano mezzi efficaci e figli dei tempi. All' epoca dei Borgia si utilizzavano altre armi, oggi si gioca di sponda con i media, che sulle mura leonine hanno costantemente i fari accesi. C' è un filo rosso che lega lo scandalo di ieri, con conseguenze che si vedranno nei mesi a venire, con quanto accaduto durante il Sinodo della famiglia, segnato dal falsi scoop sul tumore al cervello di Francesco (notizia da tutti smentita e in assenza di prove), della lettera vera da parte di 13 cardinali che avanzavano dubbi addirittura sulla legittimità della scelte del Papa - alcuni dei quali dei capi dicastero - o della sparata del monsignore gay, che addirittura lavorava all' ex Sant' Uffizio, tanto per inquadrarne il ruolo, che ha fatto coming out con un tempismo da esperto di marketing. Mezzi impropri, denunciati con coraggio dallo stesso Bergoglio, che hanno inquinato i pozzi vaticani e hanno contribuito a creare attorno al papa gesuita un clima di accerchiamento di palazzo che non risponde per nulla alla sua reale presa sui fedeli. Che dalla commissione di riforma degli enti fossero usciti dei documenti era cosa nota, e andava avanti da tempo. Nulla di strano, accade da sempre che dalle mura, permeabili più di quanto si pensi, filtrino indiscrezioni, anche in questo pontificato. Ma il caso in questione appare come un piano sistematico, che fa fare alla vicenda un salto di qualità e getta dubbi su eventuali reti di complicità che trovano brodo di coltura tra gli stessi strati ecclesiastici che giudicano con molta severità la pastorale del Papa. Una concatenazione di eventi rende Vatileaks-2 potenzialmente più dirompente del primo. Con Benedetto XVI già visibilmente debole, di fatto lo scandalo del maggiordomo era o è sembrata essere la punta emersa di una guerra tra i vertici della Santa Sede che si combatteva in vista di un non lontano termine del papato, oltre che per il controllo delle finanze (e infatti risale a quei giorni anche la crisi dello Ior con il licenziamento del presidente). In questo caso invece c' è un pontefice non giovane ma forte, in salute e pienamente alla guida della Chiesa, che sta indirizzando su una via della "conversione". Insomma, un attacco con finalità che non paiono troppo celate. E il rischio più alto forse arriva proprio da chi si professa in modo plateale un ultrà del nuovo corso e poi ne mette in luce i mancati risultati, o in nome della misericordia genera le condizioni affinché si creino centri di potere che sfuggono al controllo del Papa. C' è un complotto all' ombra di San Pietro? Non è forzato pensare che ci siano delle mani che tirano le fila: anche la scoperta della violazione del computer del Revisore generale dei conti è storia di qualche giorno fa, e non lascia dubbi che le due vicende possano essere in qualche modo collegate. Ora si parla di registrazioni fatte di nascosto durante le riunioni: non c' è quindi solo un passaggio di carta da parte di chi - se le accuse fossero provate - è stato estromesso da incarichi successivi, ma un disegno preventivo, studiato a tavolino. Del resto da tempo la Gendarmeria stava acquisendo materiale sensibile ed effettuava intercettazioni, sulla scorta di sospetti fondati. Se l' opposizione fa parte del gioco in questo caso il gioco si è fatto duro e il Papa ha imposto mano ferma, non per difendere il suo potere, ma la sua Chiesa.
Corriere della Sera 
(Fiorenza Sarzanini) Qualche giorno fa monsignor Lucio Angel Vallejo Balda si è rivolto a un avvocato. La gendarmeria vaticana gli aveva appena sequestrato computer e cellulare, evidentemente l'alto prelato ha capito di essere ormai in trappola. Del resto l'indagine avviata sei mesi fa sulle intrusioni nel sistema informatico della Santa Sede aveva già consentito di individuare i canali di accesso e i destinatari dei documenti riservati degli uffici finanziari della Santa Sede, compresi alcuni atti della Cosea, la Commissione referente per lo studio dei problemi economici e amministrativi, di cui lui e la sua presunta complice Francesca Chaouqui facevano parte. 
L'analisi del pc e del telefono di Vallejo è servita per fornire gli ultimi riscontri investigativi a un quadro già delineato. E subito dopo sono scattati gli arresti. I vecchi «corvi» La sensazione è che i «corvi» non abbiano mai smesso di volare. Perché è vero che il monsignore e Chaouqui sono espressione del nuovo corso in quanto scelti da papa Francesco. Ma le verifiche svolte in questi mesi avrebbero individuato legami con personaggi già emersi nell' inchiesta sulla fuga di notizie che tre anni fa fece finire in carcere il maggiordomo di papa Benedetto XVI Paolo Gabriele con l' accusa di aver trafugato carte riservate dall' ufficio del pontefice, lasciando però nell' ombra coloro che lo avrebbero «coperto» e aiutato a veicolarli all'esterno. Una vera e propria «rete» di traditori, alcuni dei quali sono adesso sotto controllo e nei cui confronti potrebbero scattare provvedimenti. E forse non è un caso che l'avvocato Giulia Bongiorno, difensore della Chaouqui, voglia precisare che «la mia cliente non ha ammesso alcuna responsabilità, sta semplicemente raccontando alcuni fatti di cui è a conoscenza e altri che la riguardano direttamente». 
Altri sotto controllo 
Il sistema informatico della Santa Sede ha tre livelli di sicurezza chiamati in codice come gli arcangeli. Il primo, denominato Michele, è quello più alto e protegge le comunicazioni papali e quelle della Segreteria di Stato. Il secondo, Raffaele, riguarda gli uffici ritenuti di media segretezza e comprende proprio quelli violati: la Cosea e il computer del revisore generale delle finanze del Vaticano, Libero Milone, che ha il compito di sovrintendere i conti e i bilanci delle società della Santa Sede. Il suo è un ruolo estremamente delicato visto che ha completa autonomia per quanto riguarda i controlli da effettuare e risponde direttamente ed esclusivamente al pontefice. Il terzo, Gabriele, è invece connesso agli uffici più bassi, compresi quelli aperti al pubblico. Nel corso degli accertamenti affidati agli uomini guidati dal capo della gendarmeria Domenico Giani sarebbe emerso che fino a qualche tempo fa il web master di questo terzo livello era il marito di Chaouqui, ora passato con lo stesso ruolo alla clinica Santa Lucia. Un aiuto fondamentale all'indagine sarebbe arrivato dalle suore americane di Borgo Sant'Angelo, massime esperte di attività contro le azioni di hackeraggio. E adesso si attende quello che potrà accadere perché tra i documenti veicolati ci sarebbe anche qualche «esca». Carte false inserite nel sistema proprio per scoprire l' identità delle spie e i loro contatti esterni. I nuovi verbali Nei prossimi giorni Chaouqui dovrà essere nuovamente interrogata dal promotore di giustizia Gian Piero Milano e dal suo aggiunto Roberto Zannotti. Dopo aver ricostruito il percorso degli atti, si sta infatti cercando di scoprire il movente della nuova e clamorosa fuga di notizie. Una delle ipotesi riguarda la vendetta contro papa Francesco da parte di chi si è sentito messo da parte. Quando la Cosea ha concluso i lavori sono stati istituiti la Segreteria e il Consiglio per l'Economia. Alla guida della Segreteria è stato nominato il cardinale australiano George Pell e il suo vice designato era proprio Vallejo Balda, che nella primavera scorsa aveva anche rilasciato interviste proprio per anticipare il suo programma di lavoro. Salvo scoprire qualche giorno dopo di essere stato scartato e al suo posto era stato scelto il maltese Alfred Xuereb. Fuori dai giochi anche Chaouqui, alla quale da qualche tempo era stato addirittura vietato l'ingresso nella città del Vaticano. Vendetta dunque, senza però escludere che sullo sfondo si continuino a muovere coloro che vogliono impedire una revisione vera dello Ior, l'operazione trasparenza che potrebbe svelare davvero chi ha utilizzato e continua ad usare i conti cifrati dell' Istituto. Soprattutto ricostruire il percorso del denaro trasferito su depositi segreti in Italia e all' estero facendo rimanere riservata l' identità dei titolari.

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