ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 26 novembre 2015

Monsignore: in nome di quale Dio?

Ma Jahvé e Allah non sono lo stesso Dio
Jahvè
Due giorni fa stavo tornando a Roma in macchina quando la radio ha trasmesso i discorsi pronunciati al funerale di stato celebrato in onore della ragazza assassinata in una discoteca di Parigi, mentre una banda rock suonava il suo pezzo forte: Kiss the Devil (“Io amo il diavolo e canterò la sua canzone, io amerò il diavolo e la sua canzone”, “Io amerò il diavolo, io bacerò la sua lingua, io bacerò il diavolo sulla sua lingua”).
Ho sentito un rappresentante musulmano affermare che in fondo fra il Dio di Israele (Jahvè) e il Dio dei musulmani (Allah) non c’è troppa differenza. E, devo dire, sono rimasta allibita. Perché questa affermazione è falsa.

L’Occidente, e l’Italia in modo tutto particolare, nel secondo dopoguerra ha subito una martellante campagna di diffamazione della Chiesa cattolica e della storia cattolica, definite entrambe oscurantiste, violente, intolleranti, colpevoli di ogni tipo di iniquità, incivili. Per dimostrare come la campagna anticattolica abbia colpito nel segno basta pronunciare alcune parole (“crociate, inquisizione, Giordano Bruno, Galilei”) per far sì che ogni italiano, ogni cattolico, si copra di vergogna e ammutolisca.
Le calunnie diffuse contro Cristo e la sua Chiesa sono state ovviamente accompagnate dall’esaltazione di altri modelli di culture e di religioni. In particolare l’islam. Per decenni abbiamo compianto i fedeli di Allah aggrediti dai violenti crociati che li hanno barbaramente uccisi e cacciati dalle proprie case. 
In queste righe mi limito a sottolineare come in realtà fra il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Dio di Maometto le distanze siano incommensurabili. Jahvé ama il suo popolo di cui è padre (tutti i libri biblici definiscono Dio così) e sposo (basti vedere il libro di Osea e il Cantico dei cantici). Il Dio degli ebrei “È colui che è” (Jahvè) e gli uomini sono fatti a sua immagine e somiglianza e quindi, innanzi tutto, sono, hanno un’individualità, una libera volontà, una personalità. Una differenza qualitativa fra maschi e femmine è poi negata alla radice perché: “A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”.
Un sacerdote di grande cultura e profonda sensibilità, Gianni Baget Bozzo, qualche anno fa ha scritto sull’islam parole illuminanti. Eccone alcune: “La creazione è un concetto fondamentale del Cristianesimo proprio come realtà altra da Dio, anche se in Dio ha la sua origine e il suo fondamento. Per l’islam la creazione esiste solo come produzione costante della volontà divina: Dio è l’unica causa di tutti gli eventi. Il concetto di natura non ha quindi alcuna parte nel pensiero islamico, che non riconosce – differentemente dal Cristianesimo - alcuna autonomia alle causalità create”. Nella religione islamica, a rigore, il problema del male non si pone, come non si pone il problema del libero arbitrio: male è l’infedele, “un nulla che si ribella contro l’unica causa del suo esistere”. Un nulla che deve essere annientato: “È questa la sottile forma di nichilismo che pervade il pensiero islamico e che, non a caso, ha trovato nelle azioni annichilenti, cioè nelle azioni di guerra, la sua forma propria di azione civile e sociale. Al tempo stesso, l’annullamento, la morte in battaglia, è il modo con cui il musulmano entra nello spazio secondo della creazione che non è, come per il Cristianesimo, la vita in Dio, ma solo un’esistenza premiata”. 
In una delle più belle piazze che la creatività cristiana abbia costruito, davanti alla splendida chiesa in cui è custodito il corpo di San Marco, abbiamo assistito, senza che le pietre urlassero il loro sdegno, all’equiparazione fra il Dio degli ebrei (il Dio di Gesù Cristo) e il Dio di Maometto.

di Angela Pellicciari 26-11-2015
LA ROTTAMAZIONE DELLA VERITÀ





La tragica, sanguinosa vicenda terroristica islamica, che ha sradicato e Parigi, il 13 novembre scorso, 134 vite, lungi dall’indurre la stampa cattolica a considerazioni e riflessioni più consentanee alla funzione propria, che è quella di diffondere, in questi casi dolorosi, un messaggio di pietas per le vittime e l’innalzamento del pensiero a Dio per la salvezza delle loro anime, lungi da tutto ciò, la stampa cattolica si è impantanata in un vortice di retorica luttuosa e di sociologica analisi legata al solo dato di cronaca con un compianto  di tipo laico, privo, cioè, di quell’attenzione che si deve riservare alle cose che pertengono al destino spirituale ed ultimo dell’uomo, come è la morte e il successivo passaggio nell’eternità.
Non abbiamo sentito o letto riflessioni o commenti in cui ci si metteva al corrente che nel locale parigino, uno storico teatro, il Bataclan, quella sera si esibiva un complesso, diciamo musicale, denominato “Eagles of Death metal” il cui filone rockettaro, come dice il nome stesso, percorre tematiche dure, tenebrose, trasgressive e sataniche. E, infatti, quella sera, l’esordio della manifestazione si caratterizzava con una canzone in cui, senza veli o allusioni, ma palesemente, i componenti del complesso tessevano un inno al demonio, un invito a comparire, e a quel ritmo fragoroso, le centinaia di persone colà presenti, si agitavano, danzavano e si muovevano.
Il demonio, invitato e sollecitato, si è materializzato nella figura di tre assassini islamici che gli hanno immolato le vittime. Un rito satanico in cui è previsto che al moloch siano offerti olocausti umani.

No. Avvenire, organo della CEI e lo stesso Osservatore Romano si sono astenuti dal farci sapere quale fosse stata l’atmosfera in cui si era consumata la tragedia, un’atmosfera tipica delle discoteche ove non aleggia profumo di Dio ma stagna l’odore dell’edonismo più sfrenato che solo una cultura relativistica e libertina può definire come innocente passatempo o, addirittura, un diritto. Tanto più, come abbiamo sopra scritto, in quel teatro imperversava l’innodia satanica più aperta e strillata.
Che le discoteche moderne sìano luoghi privilegiati ove il demonio semina e raccoglie non è, per il cattolico, cosa nuova soprattutto quando è Satana stesso a dichiararlo. Ascoltiamolo nella trascrizione di un esorcista:
Le discoteche!. . . che bello. . .sono i  miei palazzi d’oro dove attiro le migliori speranze della società, che io faccio mie, distruggendo le loro anime e i loro corpi. . .quante migliaia e migliaia ne porto con me con l’alcool, con la droga e col sesso. . .oh, che continua mietitura. . .Le ho affidate a tanti politici, i miei fedeli servi, a consacrati. . .Io sono il vero re del mondo, e non già il vostro Dio che io ho crocifisso” (Pellegrino Ernetti: La catechesi di Satana – ed. ridotta, Il Segno, 2008 pag. 69).

Ora, non è sufficiente, per il cattolico, aver espresso l’orrore per l’evento terroristico e aver pianto per la morte di tanti innocenti, perché ineludibile è domandarsi a quale destino ultraterreno saranno andate incontro le anime dei poveri trucidati che, nel momento di esaltare Satana, hanno attraversato il varco di sola andata nell’aldilà, perché, per il cattolico,  primaria preoccupazione è la “Salus animarum”.

Questa è la cronaca, scarna e vera, di quell’evento di cui non c’è possibilità alcuna di smentita, e del successivo meccanismo mediatico, e questa è la riflessione a cui pervenire.

Ora, tra le vittime di quella sera, si annovera quella di una giovane italiana, la veneziana Valeria Solesin, ventottenne ricercatrice all’Università “La Sorbona”.  Era, quella sera, con i tanti che assistevano all’esibizione blasfema del gruppo “heavy metal”, le cosiddette “Aquile della morte metallica”. L’atmosfera, ricordiamo, era quella che si può immaginare: musica gnostica, tripudio, canti, chiacchiere e partecipazione canora. Un mondano carpe diem, un vivere l’hic et nunc.

Premettiamo la nostra “pietas” cristiana con cui, già all’annuncio della strage, rimettemmo alla misericordia del Signore le anime di quei 134 morti, giovani e non giovani.
Premettiamo il nostro cordoglio umano perché anche noi, come tanti, abbiamo assaggiato l’aspro morso della morte prematura e tragica di un familiare. Premettiamo la solidarietà alle famiglie delle vittime perché sappiamo quanto consolante possa essere la presenza e la vicinanza della comunità umana. Comprendiamo anche, come, nel vortice del dolore e della commozione popolare, la mediaticità – giornali e tv – abbiano concesso ampio spazio alla figura di questa giovane.
Comprendiamo ancora, pur non approvandola, la decisione dei suoi genitori di aver voluto un rito funebre laico dacché questa loro figlia era cresciuta e stata educata nell’gnosticismo, in assenza di un qual che sia credo religioso.
Tutto vogliamo comprendere di quanto, in questi giorni, è stato detto e scritto su questa sventurata giovane e sulla sua tragica morte, perfino, diciamo perfino della sua elevazione a modello ed esempio di moderna e sana gioventù, parte visibile e notevole di questa “società del divertimento” (Peter Ahne: La festa è finita – ed. Marsilio 2004)), in cui non c’è, naturalmente, posto per il Signore. Ma il cattolico si domanda cosa ci possa essere di esemplarità in una morte accidentale seppur tragica, priva, come è stata quella di Valeria, di motivazioni forti e pedagogiche.
Tutto comprendiamo pur con fatica. Come invece non comprendiamo perché all’immigrato ucraino Anatolij Korol, ucciso  mentre cercava di difendere da un rapinatore il personale di un supermercato (Corriere del Mezzogiorno, 29/8/2015), non sia stato riconosciuto l’atto eroico, con funerale di Stato, parata dei tanti notabili  e con una medaglia d’oro al merito.

Tutto comprendiamo, ma non la presenza, al rito laico, del patriarca di Venezia Francesco Moraglia, in sincretistica compagnìa di un imam e di un rabbino, così come desiderato dal padre della defunta. La Basilica di San Marco era alle spalle del feretro e nella Basilica il patriarca avrebbe dovuto, al Signore prigioniero nel Tabernacolo, innalzare la sua preghiera di suffragio, avrebbe dovuto reiterare l’invocazione “a subitanea morte libera nos Domine” perché non è lecito ma dissacrante, presumere che in tale poltiglia  interreligiosa, incoerente e innaturale, si possa pregare l’unico e vero Dio.
Ed infatti, le parole del Patriarca di Venezia sono state intonate a sentimenti di dolente umanesimo e di condanna verso una cultura di morte “che ci sgomenta perché indegna dell’uomo, ma che ci fortifica nell’opporci ad essa con ogni nostra forza sul piano culturale, spirituale, umano” e poi l’invettiva contro gli assassini: “Come avete potuto? In nome di Dio, cambiate il vostro modo d’essere”.

Monsignore: in nome di quale Dio? Nel suo ammonimento leggiamo la corrente dottrina che considera come unica la divinità delle tre religioni monoteistiche. Noi rifiutiamo questa falsità perché siamo convinti e certi che Dio vero è “cattolico”, è la Santissima Trinità.

La stampa cattolica ha evitato queste riflessioni. Viltà, conformismo, ignoranza?
Vogliamo aggiungere un’appendice che mette in evidenza come non tutte le morti e non tutti gli attentati sìano uguali. E ci riferiamo a quel vero e proprio oscuramento mediatico calato, dopo un paio di giorni di cronache, sul precedente e più violento atto terroristico aereo in cui 224 persone, di nazionalità russa, di eguale e di pari dignità a quelle del Bataclan, erano perite precipitando nella solitudine silenziosa del deserto del Sinai.
Nessuno ha dichiarato “Io sono Mosca”, nessun “social forum” ha diffuso il logo con la sagoma della basilica di San Basilio, nessuna banda ha suonato l’inno nazionale “Russia, nostra terra sacra”, nessun patriarca cattolico ha presenziato alle esequie delle vittime, dei pochi resti che è stato possibile racimolare.  Tutto s’è prodotto nello spazio di due- tre giorni e poi il Nulla.
Questa è l’Europa postcristiana, questa è la Gerarchìa postconciliare.


di L. P. 
Il patriarca Moraglia al funerale civile
Un post scriptum al “Fuori moda” di ieri

di Alessandro Gnocchi

Pubblicato il 25 novembre su Riscossa Cristiana






Caro Paolo,

permettimi di aggiungere un post scriptum  al “Fuori moda” di ieri dedicato alla questione dell’americanismo. Non completerei il mio lavoro senza una considerazione sul funerale di Valeria Soresin, a proposito del quale tu hai già detto ciò che serve. Per ciò che riguarda la questione americanista, bisogna notare che quella cerimonia è la perfetta esemplificazione della “religione civile” americana esportata nel cuore dell’Europa (ex) cattolica.

Come si è tenuto a ribadire anche da parte della famiglia della giovane uccisa al Bataclan di Parigi , non si è trattato di una cerimonia “laica”, che in tal caso sarebbe divenuta “esclusiva”, ma di una cerimonia “civile”, e quindi “inclusiva”. Ma “inclusiva” di chi e di che cosa? “Inclusiva” di tutti gli uomini, di tutte le idee, di tutte le fedi che accettano la supremazia della “religione civile”, l’unica in grado di garantire e regolare la convivenza tra le fedi minori. “Venezia, tre religioni in piazza per Valeria” titola oggi “Repubblica”, e lo stesso dicono tutti gli altri giornali. Proprio così, “in piazza” come manifestanti qualsiasi a “dire no” all’uomo nero.

Detto questo, caro Paolo, vorrei ribadire il tuo sconcerto a proposito della partecipazione alla “cerimonia civile” del patriarca di Venezia Francesco Moraglia. “La vostra cultura” ha detto il patriarca rivolto agli assassini “ci fa inorridire”. Non è certo un esercizio di grande originalità e nemmeno, bisogna dire, di grande coraggio.
A me fa inorridire molto di più il fatto che un successore degli apostoli, pur di salire alla ribalta offerta dalla “religione civile”, abbia accettato di oscurare la fede in Gesù Cristo come unico salvatore.
Mi fa inorridire che abbia avallato l’elezione a martire di una ragazza uccisa durante un concerto senza che neppure se ne rendesse conto.
Mi fa inorridire che si sia ridotto ad accendere il granello d’incenso davanti all’altare della “divinità civile”.
Caro Paolo, non riesco più neppure a vergognarmi di pastori come questi, che producono sacerdoti come quello che dice le eretiche scempiaggini di cui hai dato conto nel tuo articolo di ieri. 

Non riesco a vergognarmi perché, evidentemente, parlano di un’altra chiesa e si rivolgono a un’altra chiesa di cui io non faccio e non voglio far parte.
Se i martiri sono quelli morti al Bataclan, e presto li troveremo sul calendario ecumenico di Bose, evidentemente quelli che hanno versato il sangue per non tradire Nostro Signore sono stati derubricati a reperti da museo e, secondo questi pastori e questi sacerdoti che accettano di comportarsi come se Dio non esistesse, hanno versato il loro sangue invano o, quanto meno, ora il loro sangue non serve più.
Insomma, c’è del metodo in questa follia.Per finire, caro Paolo, permettimi di notare che Francesco Moraglia era arrivato a Venezia su nomina di Benedetto XVI: un ratzingeriano doc che avrebbe portato a termine il lavoro restauratore iniziato da Scola, nel frattempo volato sulla cattedra di Milano nell’illusione di trasferirsi presto su quella di Pietro. Mentirei se mi dicessi sorpreso, perché questa Chiesa forgiata nel fuoco debole del Vaticano II può solo produrre questi tristi spettacoli, qualsiasi siano le etichette.
In effetti, Moraglia sta completando il lavoro di Scola, a cui era tanto caro il concetto di meticciato, e il risultato è propriamente questo. Che lo faccia in chiave bergogliana ora che il padrone è cambiato non deve stupire. Ma, credimi, per il funerale di Valeria Soresin, Moraglia si sarebbe trovato allo stesso posto, alla stessa ora, a dire le stesse cose e a bruciare lo stesso granello d’incenso alla “divinità laica” anche sotto Ratzinger.
Cosa vuoi, anche i pastori, devono campare.

Grazie per aver ospitato questo supplemento

Che la guerra ci sia stata ordinata, lo dicono altri segnali, che spero non vi saranno sfuggiti. Quella certa Valeria, una privata cittadina morta ammazzata durante il concerto al Bataclan, viene seppellita con funerale di Stato, alla presenza sinistra del capo del medesimo Stato, il lugubre Mattarella, la ministra della Guerra; bandiere ammainate, le bande che intonano inno di Mameli e la Marsigliese, “le tre religioni monoteiste” coi rispettivi rabbini, imam e quell’altro a benedire la bara. E’ l’anticipazione grottesca della liturgia del Milite Ignoto, quella che i marpioni ufficiali contano di ripetere fra qualche milione di morti più tardi.

tratto da:
http://www.maurizioblondet.it/litalia-in-guerra-ma-non-ha-niente-da-mettersi/



LETTERA AL PATRIARCA DI VENEZIA FRANCESCO MORAGLIA

Signor Patriarca Moraglia, poteva risparmiarci anche la “moragliata”.
«Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua…. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?  E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?  Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,34-38).

Vogliamo allora scrivere questa “Lettera aperta” al Patriarca di Venezia.

Mons. Francesco Moraglia è patriarca di Venezia dal 31 gennaio 2012.
Monsignor Francesco Moraglia è patriarca di Venezia dal 31 gennaio 2012.

Ecc. Rev.ma, Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia,
dire basiti è poco, ma il suo “discorso” ai funerali “laici”(sic!) non ci sono proprio piaciuti e, come cattolici seppur laici, abbiamo il dovere di dire come stanno le cose, e di rimanere vigili quando, chi dovrebbe vigilare, perde la bussola e si allea con il mondo.
La saggezza antica dice che “un funerale non si nega a nessuno” perciò, sia ben chiaro, che non abbiamo nulla contro “un funerale” specialmente se non cattolico perché ben sappiamo che ogni essere umano è costato caro prezzo, quindi non ci vengano attribuite intenzioni completamente estranee a quanto diremo anche perché preferiamo seguire il consiglio del vero Maestro e Signore Nostro Gesù Cristo +, Colui che ha pagato a caro prezzo la nostra libertà e salvezza (e diciamolo tutto intero questo Nome glorioso, visto che ora si teme di fare il Suo Santo Nome in pubblico per non dispiacere gli uomini): “Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; poiché il di più vien dal maligno” (Mt 5,37).
Veniamo al dunque suggerendo di leggere l’articolo di Renato Farina su Il Giornale – vedi qui –  ne riportiamo un passo assolutamente da condividere:
“Le motivazioni però di questo gesto pubblico meritano di essere discusse, anche perché la testimonianza di dignità data da questi genitori rischia di trasformare in dogma il loro giudizio. Il padre Alberto ha spiegato: «Non abbiamo voluto un funerale cattolico perché mia figlia non ha avuto una educazione religiosa, ma non ho contrarietà rispetto a una benedizione o all’intervento di un imam». Ha aggiunto: «Volevamo qualcosa che non fosse di proprietà di qualcuno, che non fosse divisivo, ma aiutasse a unire». Come dire: la colpa delle divisioni, e alla fine, quello che favorisce il terrorismo, è l’identità dichiarata, è la croce. La croce divide. Non esiste religione di Stato, il cattolicesimo non lo è più.
Ma qui siamo ad una nuova religione di Stato, il cui segno è di non avere segni. Ciò che unisce, deve essere secondo quanto dice Alberto Solesin privo d’identità. Ne deriva che l’unica identità accettabile è la rinuncia ad amare proprie certe cose, certi segni, una tradizione, una fede. No, non è giusto. È l’oicofobia (*), l’odio della nostra casa, tanto più se in essa sta appeso un crocifisso. Secondo questa religione di Stato laica sempre più maggioritaria avrebbero ragione coloro che pretendono di togliere dalle aule scolastiche il crocifisso. Invece noi siamo questo crocifisso. Anche chi non lo prega ne è costituito. E nei gesti pubblici è molto triste che sia additato persino nel dolore comune come simbolo di divisione”.
Ecc.za rev.ma, o forse preferisce il più umile termine Padre Moraglia,
ma ci rendiamo conto a che cosa si è prestato? Lei e l’Imam siete stati messi sullo stesso piano perché, a questo padre di famiglia, colpito negli affetti più cari, è indifferente chi benedice, non ha contrarietà perché non gli interessa, è solo rispetto per Lei, e Lei in cambio ha fatto a meno di dire la verità ad un funerale.
Lei ha mentito a queste persone, caro Padre, ha mentito ad una piazza gremita, Lei di proposito non ha fatto il Nome di Colui che è padrone della vita e della morte, di Colui al quale questa anima si è presentata.
Lei ha mentito per paura! Ha avuto più coraggio un laico giornalista di Lei.
Sì, cita il Salmo e nel Suo flebile discorso dice: ” l’uomo è questo fiore che, nonostante il vento che sradica, permane. Il salmo, poi, ricorda che c’è qualcosa che non viene meno: l’amore, l’amore di Dio che è “da sempre” e sa bene che “noi siamo polvere”… ma l’amore di Dio va accolto e non rifiutato! Non viene meno questo Amore, verissimo, ma neppure Lei può sostituirsi a Dio e mentire alla Famiglia facendogli quasi pensare che la Figlia, perché uccisa in modo drammatico, sia quasi canonizzata!
Siamo polvere, siamo vasi di creta, la Bibbia contiene un mare di espressioni poetiche per definire la nostra miseria, ma qui c’è palese un rifiuto netto dei Genitori alla Bibbia e allora ci viene da chiederLe: perché citare il Salmo, perché usare questo termine generico “Dio” e censurarsi nel fare il Nome di questo Dio che ha una identità propria e che ha detto chiaramente che chi non crederà sarà condannato? (Mc 16,16)
Di che cosa ha avuto paura?
La Chiesa eleva il pio suffragio per l’anima immortale del defunto, nella speranza della sua eterna salvezza, e ne onora con una degna sepoltura il corpo esanime, nell’attesa della sua risurrezione. Tale certezza nella risurrezione, perché Gesù Cristo è risorto pagando il riscatto anche per quell’anima, fa delle esequie una celebrazione di vita e di profonda serenità, pur nell’amarezza delle lacrime per il distacco e apre i credenti all’attesa di un rinnovato incontro con chi vive e ci aspetta lassù…
Queste sono le parole che un Patriarca, un Vescovo, un Sacerdote, un parroco, deve dire, a chiunque, specie se invitato a dire qualcosa anche se non si tratta di un funerale cattolico, altrimenti è meglio non andare.
E invece Lei cosa dice? il nulla: “Ci spiace non potervi aiutare come vorremmo. La vostra dignità ci sorprende e fa riflettere”.
A noi non sorprende affatto e non ci fa riflettere la scelta di un padre che è stato coerente fino alla fine con le sue idee che non ha voluto cambiare neppure davanti alla morte: «Non abbiamo voluto un funerale cattolico perché mia figlia non ha avuto una educazione religiosa…», a noi sorprende e fa riflettere la scelta della Sua posizione nel piegarsi alle nuove regole del mondo.
Perché sia chiaro, un conto è rispettare le scelte di un padre, altra cosa è piegarsi a delle richieste che nessuno Le ha imposto, neppure questo padre colpito negli affetti più cari.
Non era obbligato ad andare anzi, poteva dire a questo padre affranto: “Non comprenda male le mie intenzioni, ma non verrò a questo funerale perché io sono un Vescovo e non un politico. Guardi, mentre voi starete in piazza a fare il funerale laico, io starò con il mio clero in ginocchio davanti al Tabernacolo, davanti a Gesù Cristo il quale, che lei creda o meno, è Colui che sta accogliendo in queste ore l’Amina di sua figlia…”.
Lei, caro Patriarca, ha fatto la scelta peggiore, ed è per noi immenso dolore e forte delusione. Lei si piega alla politica corretta, ma esprime parole forti quali: “In nome di Dio, cambiate il vostro modo d’essere! Iniziate dal cuore, abbiate questo coraggio! Sì, si tratta del coraggio di dire: abbiamo sbagliato tutto. Chiedete perdono! Chiedere perdono è la dignità dell’uomo…”.
Belle parole ma rivolte a chi? Anche questi sono morti… Chiedere perdono a chi poi? ad un dio generico o a quel Dio Crocefisso del quale però non ha avuto il coraggio di fare il Nome santo e benedetto?
Inizia dal cuore è vero, ma se non è formato e i formatori hanno paura di dire in piazza la Verità… hanno paura di fare quel Nome santo e benedetto, come arriveranno mai a dire perdono?
Forse il Patriarca Moraglia crede davvero che l’ateismo o il sincretismo di questo padre che, con orgoglio, ha detto che alla figlia non hanno dato alcuna educazione religiosa, sia meno devastante – per noi cristiani – di questi altri che uccidono con le bombe?
C’è modo e modo di uccidere qualcuno, e c’è modo e modo di morire, Lei dovrebbe saperlo meglio di noi che adesso saremo accusati di essere insensibili per quel che abbiamo detto, ma soprattutto per aver messo Cristo al centro, sì al centro anche di un funerale laicista perché, al di là di come la pensano gli atei o i sincretisti, noi crediamo davvero che solo Gesù Cristo è VIA, VITA E VERITA’, altrimenti perché è andato vestito pure da Patriarca, poteva andarci in borghese, tanto oggi va di moda e così non si urtano le coscienze di chi non crede in Cristo.
Lei in questo funerale laicista e di piazza, caro Patriarca, ha negato, ha nascosto, ha censurato – scegliete il termine che volete – ad un vasto pubblico presente: la Via, la Verità e la Vita verso la quale questa Anima è andata.
Ecc.za e amato Patriarca,
la delusione del Suo comportamento è davvero tanta.
Nella conclusione afferma che: “insieme alla Chiesa che è in Venezia, con tutte le confessioni cristiane presenti in questa città…”, quasi fosse ora il portavoce anche dei non cattolici, di fatto è stato onorato il ruolo di Patriarca che ricopre nella città, peccato che Lei non abbia onorato, pubblicamente, quel Crocefisso che ha un Nome, Gesù Cristo + e che le ha dato quel ruolo.
Ci siamo permessi molto con Lei in questa Lettera aperta, ma lo abbiamo fatto con l’affetto di figli feriti ed umiliati dalla Sua scelta, una scelta di partecipazione alla quale nessuno l’obbligava, ci permetta di concludere con un pensiero forse un poco cattivello, ma siamo persone sincere.
Facevamo davvero a gara nel desiderare che il Papa le donasse quella porpora cardinalizia che ritenevamo Lei meritasse, ma questa storia ci ha aperto gli occhi. Nel chiederci del perché di questo ritardo, forse ora lo comprendiamo.
Chissà, forse la porpora le giungerà ora dopo la “moragliata” che ha fatto… o forse per colpa di questa non le arriverà più, il tempo lo dirà e noi comprenderemo allora tante altre cose di cui abbiamo scritto molto in questo blog.
Ci ripensi Patriarca Moraglia e, per farlo, La lasciamo con le parole di due Donne Dottore della Chiesa.
In questa con quelle parole di Santa Ildegarda, Dottore della Chiesa, quando scrisse al Papa Anastasio IV:
«O uomo accecato dalla tua stessa scienza, ti sei stancato di por freno alla iattanza dell’orgoglio degli uomini affidati alle tue cure, perché non vieni tu in soccorso ai naufraghi che non possono cavarsela senza il tuo aiuto?
Perché non svelli alla radice il male che soffoca le piante buone?
Tu trascuri la giustizia, questa figlia del Re celeste che a te era stata affidata.
Tu permetti che venga gettata a terra e calpestata…
Il mondo è caduto nella mollezza, presto sarà nella tristezza, poi nel terrore…
O uomo, poiché, come sembra, sei stato costituito pastore, alzati e corri più in fretta verso la giustizia, per non essere accusato davanti al Medico supremo di non aver purificato il tuo ovile dalla sua sporcizia!
Uomo, mantieniti sulla retta via e sarai salvo. Che Dio ti riconduca sul sentiero della benedizione riservata ai suoi eletti, perché tu viva in eterno!».
E a terminare con Santa Caterina da Siena dove sollecita il mondo laico a servire Dio:
«Aiutate a favoreggiare, e a levar su l’insegna della santissima croce; la quale Dio vi richiederà, a voi e agli altri, nell’ultima estremità della morte, di tanta negligenza e ignoranzia, quanta ci si è commessa, e commette tutto dì. Non dormite più (per l’amore di Cristo crocifisso, e per la vostra utilità!), questo poco del tempo che ci è rimaso; perocché il tempo è breve, e dovete morire, e non sapete quando. Cresca in voi un fuoco di santo desiderio a seguitare questa santa croce, e pacificarvi col prossimo vostro. E per questo modo seguiterete la via e la dottrina dell’Agnello svenato, derelitto in croce; e osserverete i comandamenti»
(Santa Caterina da Siena – Lettera CCXXXV – Al Re di Francia).
E qui i Pastori:
«Oimè, oimè, disavventurata l’anima mia! Aprite l’occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l’anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che ‘l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. (…)
Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l’onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro».
[Lettera 16 (XVI) di Santa Caterina da Siena al card. Di Ostia, citata da Paolo VI nella Proclamazione della Santa a Dottore della Chiesa il 4.10.1970].
__________
(*) oicofobia: la paura di vedere invasa la propria sfera privata da parte di terzi, senza un manifesto benestare del soggetto interessato.

2 commenti:

  1. Ricordiamoci che tutto quello che è accaduto a venezia è la conseguenza di quel "funesto incontro di pace" del 8 giugno 2014 ai giardini vaticani dove bergoglio ha detto al rabbino e all'iman presenti:
    "Vi ringrazio dal profondo del cuore per aver accettato il mio invito a venire qui per invocare insieme da Dio il dono della pace. Spero che questo incontro sia un cammino alla ricerca di ciò che unisce, per superare ciò che divide."
    Dopo quel giorno è ovvio che tutti i sacerdoti che vogliono piacere al mondo e all'uomo bergoglio, e purtroppo non a Nostro signore Gesù Cristo, si sentono in diritto di imitare bergoglio e comportarsi come moraglia, che non riesco più a definire patriarca di venezia e forse neanche cattolico come la maggioranza dei prelati che si dichiarano cattolici, ma in realtà sono solo strumenti, se non associati della massoneria.
    p.s. dimenticavo di aggiungere che in quel funesto 8 giugno 2014 ai giardini vaticani, quando pregò l'iman sunnita palestinese disse al loro "dio":
    "Tu sei il nostro patrono, dacci la vittoria sui miscredenti", citando la sura II del corano.

    saro

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  2. forse dimenticano le Parole di Gesù"Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio."quanto è grave che un suo ministro si "presti" con la sua presenza a mettere confusione nei fedeli.....

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