L'immutabilità di Dio e l'assurda mutazione di alcuni ambienti ecclesiali
Missa afro-brasileira |
Ho
profonda commiserazione (nel senso letterale del termine) verso tutti i
credenti delle diverse confessioni cristiane che, a contatto con
ambienti ecclesiali rovinati, sono in crisi e non sanno cosa fare...
Ovviamente i miei occhi sono, in particolare, su due realtà: quella cattolica e quella ortodossa.
Il
mio non è un atteggiamento ecumenistico nel senso banale del termine,
come non è ecumenistico questo blog: cerco di cogliere da varie realtà
quanto c'è di positivo e ho diffidenza verso le situazioni negative.
Come
le malattie attaccano il corpo umano, indifferente alla razza, così le
patologie ecclesiali attaccano quegli ambienti che se ne fanno attaccare
senza badare alla loro denominazione confessionale.
Un corpo esposto all'aria fredda senza alcuna protezione anche
se non è ancora malato si ammalerà quasi certamente. Un fenomeno
analogo avviene pure in un ambiente ecclesiale: se andiamo contro la
tradizione antica, più o meno ubriachi di novità e privi di criterio
spirituale, sappiamo che ci esponiamo e da ciò deriveranno tutte le
patologie ecclesiali.
Al di sopra di tutto, c'è il buon Dio nella sua eterna immutabilità,
immutabilità che non significa staticità ma perenne flusso di vita e di
amore, fondamento e “cemento” dell'universo.
La
Chiesa nella sua bella tradizione ci ha insegnato ad accostarci a
questa sorgente, a porgere il cuore in modo da poterne essere riempiti.
Questa tradizione è, in sintesi, un'istruzione che rimonta a tutti
quegli insegnamenti apostolici non scritti che hanno fatto divampare il
fenomeno del monachesimo dei primi secoli.
Un'eco di questi insegnamenti l'ho stasera trovato in una frase pronunciata dall'arcivescovo di Atene, Hiermonimos:
La saggezza celeste “venendo da Dio ci rende altri uomini; al contrario la saggezza del mondo non ha alcuna relazione con la saggezza che viene dall'Alto”,
saggezza posseduta dai santi asceti.
Splendida frase, in un tempo in cui si confonde drammaticamente la
saggezza umana con quella divina e si abbassa la Chiesa al solo livello
della semplice comprensione umana.
Dio è immutabile e chi lo intuisce riporta le cose nel giusto ordine
allontanandosi, dunque, dall'odierna idolatria in cui gerarchi
ecclesiali di gran rilievo assumono un linguaggio da animatori sociali o
da sindacalisti scambiando questo con la saggezza evangelica.
Il fatto che Dio sia vivo e che sia sempre lo stesso, mantenendo sempre
identico il percorso lungo il quale lo si può incontrare, dovrebbe
essere di straordinario conforto, soprattutto oggi.
Questo, deve accompagnarsi con la precisa consapevolezza che persone e ambienti ecclesiali oramai marci devono essere abbandonati, se è possibile.
Non ha senso mescolarsi in situazioni pericolose nelle quali si mette a
repentaglio la propria pace e sicurezza interiore.
Non ha neppure senso “sgridare” ambienti e persone che errano:
insisteranno nell'errore con maggior pervicacia, ci renderanno la vita
impossibile e non tireremo fuori un ragno da un buco da costoro mentre
saremo noi a perderci, perdendo pure la propria salute.
La cosa migliore è lavorare su se stessi e con quei pochi che possono capire.
Anche qui faccio un esempio, ma senza citare la fonte per ovvie ragioni.
Diversi
anni fa entrò in un seminario cattolico diocesano dell'Italia del nord
un ragazzo dalla vita singolare: poco tempo prima, era stato allievo di
un guru indù in India dove praticava diverse “filosofie” religiose,
perfino quelle tantriche, non rifiutando, pare, di assumere qualche
droga.
Il tizio ad un certo punto si allontanò dal suo guru e fece ritorno in
Italia su uno scassatissimo volo charter. “In quel volo ogni pagina
della Bibbia da me letta – mi confessò più tardi – mi parlava della
reincarnazione”.
Con
questa “esperienza di vita” entrò nel seminario diocesano. Fu
immediatamente amato dal clero che doveva “formarlo”: vedevano in lui il
sacerdote ideale del futuro, un uomo aperto a tutte le esperienze e
culture.
Costui non tardò neppure a farsi conoscere da tutti (quindi pure da me):
non amava alcun riferimento cattolico tradizionale ed era
d'impostazione molto populista (= il popolo è il depositario dei valori
genuini, il popolo è il vero interprete del vangelo). Per giunta, non
aveva dimenticato il suo passato da indù: si ritirava nella cappella per
praticare nottetempo i mantra!
Il clero locale giungeva ad idolatrarlo. Costui superò (Dio sa come!)
gli esami di teologia, probabilmente non capendoci gran che, e fu
ordinato prete. Nella cerimonia di ordinazione attirò la simpatia dello
stesso vescovo perché, nella parlata locale, lo chiamò semplicemente con
il suo nome, dandogli del tu, un po' come si fa con un vecchio compagno
di classe in un'osteria.
Qualche
anno dopo, lo incontrai in una messa episcopale mentre sfoggiava una
vistosa collana di denti d'orso. Meravigliato, gli chiesi a che gli
serviva tale gingillo: “Me l'hanno regalata in Brasile. – disse – Ogni
dente d'orso è un amuleto contro un demonio diverso. Se me la tengo
addosso sono protetto, così mi hanno insegnato”.
Quando raccontai il raccapricciante fatto ad un monaco benedettino di Fontgombault, costui, scandalizzato, giustamente reagì esclamando: “Ça c'est du paganisme!”.
Questi fatti sono sufficienti a descrivere il personaggio ma sono pure sufficienti a comprendere l'ambiente ecclesiale che lo ha accolto e, con viva gioia, l'ha ordinato prete cattolico.
Dopo qualche anno costui abbandonò il sacerdozio, si sposò e fece un certo numero di figli. “Bene – dissi io – almeno in questa nuova veste non farà più danno”.
Come
al solito avevo una visione troppo rosea della realtà: stasera ho
scoperto che costui è “missionario laico” in Brasile e rappresenta
ancora la stessa arcidiocesi che un tempo lo ordinò. Dunque l' “amore”
tra questa diocesi e il personaggio continua calorosamente: similis cum similibus
e c'è sinceramente da chiedersi di cosa sarà mai insegnante costui, dal
momento che assorbe con estrema convinzione qualsiasi superstizione
popolare...
Morale
della favola: andare a rimproverare tale personaggio e gli ambienti
ecclesiali che lo supportano, in nome di un'ortodossia, di una morale,
di un ordine logico e sensato, di una disciplina ecclesiale, non ha
proprio senso. Come un contenitore fesso non è in grado di trattenere
l'acqua, così costoro non sono in grado di trattenere una buona
dottrina.
Allontanarsi da costoro significa semplicemente non partecipare alla loro malattia spirituale. Questo principio è valido verso qualsiasi persona o ambiente ecclesiastico destabilizzante.
Allontanarsi da costoro significa semplicemente non partecipare alla loro malattia spirituale. Questo principio è valido verso qualsiasi persona o ambiente ecclesiastico destabilizzante.
Lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti...
Ecco i veri frutti del conciliabolo vatsecondo : il disfacimento della fede nel vero Dio e l'accoglimento , la propagazione e il proselistismo eretico a partire dalle più alte sfere . Oggi è la festa dell' Immacolata Concezione preghiamola che ci aiuti tutti. Santa giornata. jane
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