ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 4 dicembre 2015

Non ci resta che piangere..

Ecco il volto della chiesa bergogliana: il caso del vescovo di Padova

Si chiama monsignor Cipolla e perciò fa piangere. Le lacrime, infatti, sgorgano inevitabili ascoltando il vescovo di Padova parlare del presepe. Dice semplicemente: «Rinunciamoci». Proprio così: «Rinunciamoci». Mentre l’Italia si batte per difendere le proprie tradizioni, mentre i cittadini si stringono attorno alla mangiatoia di Gesù Bambino e persino molti non credenti riscoprono il valore di quella capanna che fa parte della nostra storia, ancor prima che della nostra fede, il monsignore di fresca nomina si prende il lusso di buttare tutto a mare. La capanna, la mangiatoia, San Giuseppe, Maria, il Bambinello. Tutti insieme in pattumiera per «salvare la fraternità, la pace e l’amicizia». Dal che si desume che ricordare la nascita di Gesù sarebbe un pericoloso attentato alla fraternità, alla pace e all’amicizia. Parola di vescovo, per quanto Cipolla.

Ha detto proprio così, il prelato prescelto da Papa Francesco. E lo ha ribadito perché fosse chiaro. «Per mantenerci nella pace, nella tranquillità e nelle relazioni fraterne io non avrei alcun problema a fare un passo indietro su tante nostre tradizioni».
Testuale. Avanti, allora, che aspettate? Mettete Gesù in cantina, nascondete i Re Magi, fate sparire pastorelli e la stella cometa: quello che conta, per un cristiano, è la «relazione fraterna» con l’imam, inginocchiarsi davanti ai predicatori di Corano e soprattutto difendere la tranquillità, come piace al vescovo.
Del resto non è questo il messaggio di nostro Signore? Andate e predicate la tranquillità. Soprattutto non disturbate i fedeli di Maometto con questa storia del Vangelo, il Battesimo, la Cresima, la Comunione, il segno della croce, Pater Nostro e Ave Maria. Tutta roba di cui vergognarsi, si capisce. Bisogna «fare un passo indietro» per non irritarli troppo. Scusate se siamo nati cristiani. Non lo faremo più.
Il fatto che a dirlo sia un vescovo è assai confortante, non vi pare? Adesso ci aspettiamo il prossimo messaggio di monsignor Cipolla: evitate di celebrare il Natale, potrebbe infastidire il muezzin. Non suonate le campane, che disturbano la recita delle sure. Le processioni? Vietate. I crocifissi? Nascosti. Le chiese? Abbandonate. Anche questa basilica del Santo, per dire, deve stare proprio lì, a Padova, con tutta quella evidenza? Non sarà che qualche islamico barbuto se ne avrà male? [...].

L'articolo di Mario Giordano mette in evidenza una triste realtà: quella di una Chiesa cattolica occupata da codardi e indegni sacerdoti che evidentemente sono stati posti dove sono per perseguire un obiettivo ben preciso: radere al suolo tutto ciò che è cattolico, distruggere quella preziosa ed essenziale eredità che ci ha lasciato Gesù Cristo: il Suo insegnamento riguardante la vita, la nostra vita, per poter raggiungere l'eternità del Paradiso.
Basta rileggere gli Atti degli Apostoli per trovare cosa significhi testimoniare Gesù Cristo, basta pensare al martirio dinanzi al quale gli Apostoli (e tanti santi) non sono fuggiti pur di non rinunciare a proclamare la Verità. Il coraggio della Fede: ecco il loro "segreto". Ciò che manca alla quasi totalità dei prelati di oggi: loro hanno scelto la "misericordia bergogliana" e le derive sedevaticansecondiste, con il risultato che è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Mons. Cipolla ne è un tipico e davvero triste esempio.
Preghiamo per la conversione di questi falsi pastori.
La Redazione        
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=1332

Natale e la debolezza dell’Europache a quei valori non crede più

Rispetto per l’Islam? È falso. Ma quel gesto racconta ciò che abbiamo perduto

Vittorio Messori 



Forse scandalizzerò qualcuno confessando che non riesce, a me, di scandalizzarmi per le gesta politicamente corrette di un preside di provincia, di un signore commoventemente ligio al conformismo egemone. Quello dominato da una sorta di raptus maniacale: la vigilanza ossessiva per «non offendere» alcuno.
Per stare al nostro preside: nonostante le sue precisazioni, resta il fatto che far finta di niente a Natale, solennizzando invece a gennaio una neutrale «Festa dell’Inverno», gli sembra un contributo al rispetto per le altre culture e alla integrazione degli immigrati musulmani. C’è da annoiarsi: capisco la sorpresa dello sprovveduto professore per l’eco mediatica suscitata da una sortita di cui abbiamo visto e ogni giorno vediamo qualche esempio. Per un esempio tra tanti: quante maestre, di elementari se non di asilo, hanno distillato simili propositi edificanti in assemblee grondanti buonismo e li hanno resi pubblici? È ormai cosa da «breve», per dirla in gergo giornalistico, roba da pagine di cronaca dei quotidiani locali.
È tedioso dover spiegare per l’ennesima volta che l’effetto di simili iniziative non consiste nella gratitudine degli islamici, con aumento della stima per noi, tanto generosi. L’effetto sta, al contrario, nella conferma del loro disprezzo per gente pronta a nascondere le proprie tradizioni, anche religiose, per una piaggeria gratuita, per giunta non richiesta.
Chi mai tra noi — si dicono — chi mai rinuncerebbe al rispetto del digiuno anche per un unico giorno di Ramadan? E questi, invece, si affannano a nascondere pure la ricorrenza della nascita del loro Messia, che per giunta scambiano per il Figlio di Dio, per non dar fastidio a noi e ai nostri figli a scuola o all’asilo? Ma allora ha ragione l’imam quando, in moschea, ci dice che questa Europa che fu cristiana ormai è atea ed è pronta a passare la mano all’umma, la comunità di noi credenti veri.
Tengano innanzitutto presente, i presidi di provincia e, in genere, i portatori di generosi sentimenti, che ogni musulmano — quale che sia la sua miseria economica o la sua posizione sociale, anche infima — guarda il cristiano dall’alto in basso, certo della sua superiorità in ciò che conta: la conoscenza e l’adorazione dell’unico, vero Creatore dell’universo. Maometto muore esattamente sei secoli dopo la morte di Gesù. Questi è degno di ogni onore, il suo nome sia in benedizione, ma solo perché, come penultimo profeta, è venuto ad annunciarci l’arrivo dell’ultimo, definitivo profeta, colui al quale l’arcangelo di Allah ha dettato, parola per parola, la Rivelazione piena. Nella discendenza di Abramo vi è una scala ascendente: la Torah degli ebrei, il Vangelo dei cristiani e — infine — il Corano degli islamici. I quali, dunque, stanno al vertice e guardano con compassione noi, credenti in Cristo, noi attardati, noi fermi a un anacronistico gradino inferiore.
Anche per questo lo scambiare per rispetto il nascondimento della nostra identità religiosa, è visto come una conferma della vergogna che proviamo nell’essere fermi a un Dio dimezzato , senza conoscere Allah. Per chi, come per questi popoli, ciò che innanzitutto conta è la dimensione religiosa, il vero sottosviluppo è il nostro, la nostra ricchezza economica non vale nulla a confronto della loro ricchezza di possessori della verità definitiva. Nessun islamico consapevole accetterà un dialogo alla pari con i cristiani , per lui inutile (che cosa ha ancora da sapere, nel Corano essendoci tutto?) ed anche umiliante, essendo quelli fermi a Gesù, dunque a un livello ben inferiore per coloro che ascoltano la testimonianza di Muhammad.
C’è, ripeto, un sospetto di noia nel dovere ricordare — magari a persone di cultura come gli insegnanti — realtà elementari che dovrebbero essere ben note. In ogni caso, sia chiaro: per quella che Vico chiamava «l’eterogenesi dei fini» (le buone intenzioni che, messe in pratica, producono effetti rovesciati rispetto alle attese) il rinunciare alle nostre prospettive e alle nostre tradizioni non porta alla pace. Può portare, invece, alla guerra: non solo a quella del risorto Califfato, ma anche a quella di altre parti dello sconfinato mondo islamico. Mondo sempre più convinto che — nella nostra incuranza religiosa — vi sia la conferma che siamo pronti alla resa, maturi per l’islamizzazione, con le buone o con le cattive. E, in questo, va pur detto, non avrebbero del tutto torto.
In effetti, quale Natale come nascita di Cristo può difendere un Occidente — europeo e nordamericano — che ha da tempo provveduto a cancellarne il nome? Da anni è scorretto, inaccettabile, un Merry Christmas, sostituito dunque da un Season’s greetings. E che cosa ha a che fare il bambino di Betlemme con il vecchio, obeso Babbo Natale della Coca Cola? Che c’entra colui che ripeté «beati i poveri» con il trionfo commerciale della fine di dicembre? Che dire (i siti su Internet ne sono pieni) del malizioso abbigliamento intimo proposto alle donne per un sesso tutto speciale per festeggiare la notte in cui, dicevano una volta, il Messia venne alla luce?
In fondo, siamo giusti: perché prendersela troppo con il rappresentante di una scuola dove insegnanti e allievi — alla pari dei loro compagni dell’intero Occidente — in gran parte hanno gettato alle spalle il senso e il messaggio di questa Nascita? In nome di quali «valori» dovremmo schierarci a difesa, noi, cittadini di una Europa che ha rifiutato di riconoscere che le sue radici stanno — non solo, certo, ma in gran parte — in quei venti secoli di storia trascorsi dal parto di Maria nel villaggio di Giudea?
C’è, in vicende come questa , molto déjà vu. Ma non manca di certo pure l’ipocrisia.
Vittorio Messori
http://www.corriere.it/opinioni/15_dicembre_02/natale-debolezza-dell-europa-a7a2d494-9877-11e5-b53f-7d962950-98cf-11e5-85fc-901829b3a7ed.shtml#
Così Bergoglio fu avvisato su Chaouqui
Papa Francesco fu avvisato dei potenziali rischi conseguenti alla nomina di Francesca Immacolata Chaouqui alla Cosea, la Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa Sede, da un dossier riservato scritto da tre frati “detective” impegnati in ricerche di archivio a Terni. A rivelarlo è Fabio Marchese Ragona in un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Panorama uscito ieri, in cui si ricostruiscono conoscenze e passaparola che hanno fatto arrivare il nome di Chaouqui fino a Papa Francesco.
LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO
È stato fatto un errore. Vallejo è entrato per la carica che aveva e che ha avuto fino ad ora: era il segretario della Prefettura degli Affari economici. Come è entrata lei: non sono sicuro, ma credo di non sbagliare se dico che è stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali“. Dopo settimane di silenzio su Vatileaks 2, Papa Francesco ha parlato del processo ai presunti corvi in Vaticano durante il viaggio di ritorno dall’Africa. La nomina di Chaouqui, ha spiegato il Pontefice, sarebbe la conseguenza delle parole spese da Vallejo Balda per elogiarla, simili a quelle dette dal monsignore a Panorama nell’agosto 2013: “Conosco Francesca meglio dei miei collaboratori, è una persona straordinaria“, ha ricordato Marchese Ragona, che aiutano a capire la vicinanza tra i due in quel periodo.
COME SI SONO CONOSCIUTI CHAOUQUI E VALLEJO BALDA
È stato lo stesso Balda a spiegare nel suo memoriale come ha conosciuto Francesca Immacolata Chaouqui, l’esperta di relazioni esterne entrata poi nella Cosea. Chaouqui, racconta Balda, gli fu presentata “nei primi mesi del 2013″ dal cardinale Tauran, amico della contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, presidente della Fondazione I Messaggeri della Pace e nobildonna assai prossima alla Chaouqui, che l’ha definita in molti suoi scritti come una sorta di maestra di relazioni. E, spiega Vallejo Balda, lui il nome della giovane signora l’ha fatto “anche in considerazione dell’indicazione del cardinale Tauran” (leggi il ritratto completo del cardinale).
Il rapporto di amicizia tra i due si “sarebbe trasformato poi in una sorta di dipendenza” da parte di Balda, si legge su Panorama, culminato poi nel rapporto sessuale che lo stesso Balda ha indicato nel suo memoriale, così come ha sottolineato il suo pentimento subito successivo.
IL RUOLO DELLA CONTESSA E DEL CARDINALE
Ancora prima di arrivare alle orecchie di Vallejo Balda il nome di Chaouqui viene fatto dalla contessa Marisa Pinto Olori del Poggio al cardinale Tauran, con cui la contessa, sempre secondo il memoriale di Balda, sarebbe “da trent’anni è in rapporti stretti e affettuosi” e che la contessa “teneva al guinzaglio come un cagnolino”. La contessa, però, avrebbe dichiarato sì di conoscere “Francesca”, ma di non averla introdotta in Vaticano: “C’è entrata da sola”.
GLI APPROFONDIMENTI DI FORMICHE.NET:

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