ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 22 gennaio 2016

Opera di Dio

La Messa tridentina Le origini apostolico-patristiche di Suor Maria Francesca Perillo



La Messa "tridentina" non è stata inventata da san Pio V né dal Concilio di Trento, ma risale ai tempi apostolici. La Liturgia, infatti, non è l'espressione d'un sentimento del fedele, ma è la preghiera ufficiale della Chiesa; è Dogma pregato. Essa racchiude qualcosa di eterno non costruito da mano umana. «Ecce ego vobiscum sum», dice Cristo alla sua Chiesa (Mt 28,20).

Introduzione

Con l'espressione "Messa tridentina" o "Messa di san Pio V", si suole indicare la celebrazione del rito secondo il cosiddetto Vetus Ordo, ossia anteriore alla riforma liturgica post-conciliare. Si tratta di due espressioni improprie, poiché, se è vero che il papa san Pio V promulgò un Messale a seguito del Concilio di Trento in realtà non fece altro che fissare e circoscrivere sapientemente un rito già in uso a Roma da secoli. Esso risaliva, nei suoi elementi essenziali, almeno a mille anni prima, precisamente al papa san Gregorio Magno. Da quest'ultimo pontefice viene anche il nome, più corretto ma non esauriente, di rito gregoriano. Non esauriente perché da san Gregorio Magno, come vedremo, il rito risale ai tempi apostolici per riannodarsi infine all'Ultima Cena e al Sacrificio cruento di Nostro Signore Gesù Cristo, di cui ogni Messa è costante ripresentazione ed incruenta attualizzazione.
È stato giustamente osservato che la Messa, come pure il Breviario antico, non ha autore poiché di gran parte dei suoi testi non si può dire quando abbiano avuto origine e quando abbiano trovato una collocazione definitiva. Ciascuno perciò «percepiva che essa era qualcosa di eterno enon costruito da mano umana» (M. Mosebach). È certo, infatti, che il Messale Romano - come afferma il beato Ildefonso Schuster - rappresenta nel suo complesso «l'opera più elevata e importante della letteratura ecclesiastica, quella che riflette più fedelmente la vita della Chiesa, il poema sacro al quale han posto mano cielo e terra».

« Il nostro Canone - afferma Adrien Fortescue - è intatto, come tutto lo schema della Messa. Il nostro Messale è ancora quello di san Pio V. Dobbiamo ringraziare che la sua commissione sia stata così scrupolosa da mantenere o restaurare l'antica tradizione romana. Essenzialmente il Messale di san Pio V è il Sacramentario Gregoriano, modellato sul libro gelasiano che a sua volta dipende dalla collezione leonina. Troviamo le preghiere del nostro Canone nel trattato De Sacramentis e riferimenti al Canone stesso nel IV secolo. Così la nostra Messa va indietro, senza cambiamenti essenziali, all'epoca nella quale per la prima volta si sviluppò dalla Liturgia più antica. [...] nonostante i problemi irrisolti, nonostante i cambiamenti successivi, non esiste nella Cristianità un altro rito così venerabile come il nostro».

Prima di addentrarci nello specifico del tema, ci par opportuno ricordare e riaffermare alcuni principi fondamentali della sacra Liturgia che sembrano esser caduti nell'oblio con conseguenze così aberranti da ridurre le sacre Sinassi a celebrazioni «etsi Deus non daretur». Il che significa de facto la morte della Liturgia.

Il primo principio è che la Liturgia non è, non è mai stata né potrà mai essere, l'espressione del sentimento del fedele nei confronti del suo Creatore. Essa è invece l'adempimento da parte del fedele di un suo dovere nei confronti di Dio, ch'egli deve esprimere conformemente agli stessi insegnamenti divini. È il cosiddetto ius divinum, ossia il diritto di Dio ad essere adorato come Egli ha stabilito. La Liturgia non è una qualsiasi preghiera che il fedele rivolge spontaneamente a Dio, bensì "la" preghiera ufficiale della Chiesa: non v'è in essa nulla da inventare, né da innovare, né da adattare. «La Liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante, né della comunità» (enciclica Ecclesia de Eucharistia n. 52). Essa non è «l'espressione della coscienza di una comunità, del resto sparsa e mutevole».

In forza di ciò, la Liturgia cattolica non è e non può essere "creativa". Non lo può essere per la semplice ragione che non è un prodotto umano, ma opera di Dio, come ha ribadito a più riprese il Santo Padre. È interessante evidenziare a questo riguardo come già nel I secolo la Liturgia - benché ancora allo stato primitivo - avesse un proprio ordine che i cristiani ritenevano risalente a Cristo stesso. Il Fortescue nota che fin dal suo nascere la preghiera dei primi cristiani non è mai consistita in incontri organizzati a proprio piacimento.

Lo dimostra con evidenza solare la prima lettera di san Clemente ai Corinti in cui si legge:

«1. Dobbiamo fare con ordine tutto quello che il Signore ci comanda di compiere nei tempi fissati.
2. Egli ci prescrisse di fare le offerte e le liturgie, e non a caso o senz'ordine, ma in circostanze ed ore stabilite.
3. Egli stesso con la sua sovrana volontà determina dove e da chi vuole siano compiute, perché ogni cosa fatta santamente con la sua santa approvazione sia gradita alla sua volontà.
4. Coloro che fanno le loro offerte nei tempi fissati sono graditi e amati. Seguono le leggi del Signore e non errano.
5. Al gran sacerdote sono conferiti particolari uffici liturgici, ai sacerdoti è stato assegnato un incarico specifico e ai leviti incombono propri servizi [Gli Ordini minori aboliti da Paolo VI, Ministeria quaedam -ndr]. Il laico è legato ai precetti laici» (cap. XL).

Sin dal I secolo v'è dunque nel Culto Divino un ordine ben stabilito ed una gerarchia che si ritengono provenire dal Signore.

In secondo luogo la Liturgia si àncora nella Tradizione, che è fonte della Rivelazione al pari della Sacra Scrittura. «La Liturgia - afferma il grande liturgista dom Guéranger - è la medesima Tradizione al suo più alto grado di potenza e solennità»; è «il pensiero più santo della sapienza della Chiesa per il fatto di essere esercitata dalla Chiesa in unione diretta con Dio nella confessione (di fede), nella preghiera e nella lode». La Liturgia, in altri termini, è il Dogma pregato.

I nemici della Chiesa conoscono a fondo questo principio. Essi sanno bene che il popolo di Dio è istruito, anzitutto, dalle e nelle sacre Sinassi. Demolite quelle, è demolita la Fede.

Con sguardo profetico dom Guéranger aveva compreso che l'odio della Liturgia cattolica è un comune denominatore dei vari novatoressuccedutisi nel corso dei secoli, i quali per attaccare il Dogma cattolico iniziano la loro feroce opera di distruzione dalla Liturgia. «Il primo carattere dell'eresia antiliturgica - scrive - è l'odio della Tradizione nelle formule del culto divino. Non si può contestare la presenza di tale specifico carattere in tutti gli eretici, da Vigilanzio fino a Calvino, e il motivo è facile da spiegare. Ogni settario che vuole introdurre una nuova dottrina si trova necessariamente in presenza della Liturgia, che è la Tradizione alla sua più alta potenza, e non potrà trovare riposo prima di aver messo a tacere questa voce, prima di avere strappato queste pagine che danno ricetto alla fede dei secoli trascorsi. Infatti, in che modo si sono stabiliti e mantenuti nelle masse il luteranesimo, il calvinismo, l'anglicanesimo? Per ottenere questo non si è dovuto far altro che sostituire nuovi libri e nuove formule ai libri e alle formule antiche, e tutto è stato consumato».

La Tradizione è anteriore alla Sacra Scrittura e abbraccia un campo assai più vasto. Essa è una fonte della Rivelazione distinta dalle Sacre Scritture, fonte che merita la medesima fede (così il Concilio di Trento e il Concilio Vaticano I). San Vincenzo di Lérins (†450 ca) riteneva come genuina tradizione apostolica ciò che soddisfaceva contemporaneamente a tutte e tre le seguenti condizioni: Quod semper, quod ab omnibus, quod ubique, ossia ciò che è stato creduto in ogni tempo, da tutti i fedeli e in ogni luogo.

La Tradizione è presente nella Liturgia, che contiene le preghiere e i riti del culto pubblico e dei Sacramenti. Non a caso sin dai primi decenni del 400 si trova citata la massima "legem credendi lex statuat supplicandi", e cioè la preghiera liturgica (lex supplicandi) sia fonte (statuat) di cognizione teologica (legem credendi).

1 commento:

  1. Chissà se il Signore avrà gradito la messa che il mio parroco ha celebrato facendo portare bambolotti tricicli e carrelli della spesa giocattolo sull'altare per la messa dei bambini dell'asilo.... chissà... oppure chissà se avrà gradito l'adorazione eucaristica con tanto di biciclette e tricicli sfreccianti davanti all'ostensorio mentre un catechista dall'ambone declamava il programma della serata all'oratorio con tanto di menù e requisiti per le torte da portare... chissa...

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