Oggi l’Italia è Gondor
Molti lettori di questo articolo sicuramente conoscono il mondo creato da J.R.R. Tolkien ne Il Signore degli anelli e qualcun altro ne conoscerà almeno la pur non fedelissima versione cinematografica di Peter Jackson.
Come tutte le grandi opere anche questo racconto epico contiene significati esoterici o profetici molto profondi e attuali anche se non ci è dato sapere perché, se per un ingresso iniziatico dello stesso autore a importanti livelli di Coscienza oppure semplicemente perché la sua opera è sfuggita al controllo dello scrittore producendo significati che nemmeno Tolkien si sarebbe immaginato [1].
Ad ogni modo il regno di Gondor costituisce il cuore geografico e politico del mondo fantastico di Tolkien, la Terra di Mezzo, intorno a cui ruota il ritorno all’antico ordine tradizionale e comunitario contro il nuovo ordine materialista, modernista e, diciamolo pure, industrialista del malvagio signore Sauron e del suo nero dominio di orchi, Mordor, l’anti-Gondor.
Ma a dispetto del suo retaggio prestigioso e dell’importante ruolo di cui è rivestita, Gondor è un regno in crisi. È un regno senza sovrano, retto da una dinastia di sovrintendenti, in attesa del ritorno di un re che ripristini i valori, i principi e il ruolo della nazione. Gondor è anche un paese in profonda crisi demografica, in cui da tempo si fanno pochi figli a partire dalle classi nobili e il popolo preferisce vivere ricordando i fasti del passato anziché lavorare per rinnovarli.
Ma la crisi di questa nazione non nasce per caso. Le ragioni di questa sofferenza trascendono la materia e affondano le proprie radici in una sorta di legge del contrappasso, del karma, dal momento che l’antico re di Gondor, Isildur, si è lasciato tentare dal potere dell’Anello, vale a dire dai disvalori della modernità, dell’individualismo, della potenza e della produzione, incarnando quel Nemico che lui e il suo regno avrebbero dovuto combattere. Per aver rinunciato al proprio naturale ruolo di protettore della Luce nel mondo, Gondor è finito per secoli nell’Oscurità.
Per spazzare via ogni brace di speranza e forza ancora accesa sotto le ceneri della secolare decadenza, Mordor, al culmine della sua guerra generale di sottomissione per imporre il proprio nuovo ordine, decide di colpire con il massimo della violenza Gondor, l’ultimo riferimento intorno al quale gli uomini avrebbero potuto riorganizzarsi e sperare di avere un futuro.
Ma non è solo dal Male vero e proprio che Gondor deve difendersi ma anche da altre forze che la combattono contro il proprio stesso interesse e nell’ingenua illusione di emanciparsi e di poter condividere il potere con Mordor. Gli Esterling e gli Haradrim, pur essendo umani, si alleano con Mordor contro Gondor, ma non per malvagità. Ciò che devia queste persone è la mancanza di coscienza, di conoscenza, consapevolezza. Sono stati ingannati, manipolati dalla propaganda e dalle parole velenose di Sauron e non sanno in fondo di essere dalla parte sbagliata e non immaginano di essere solo degli strumenti che verranno rottamati a cose fatte senza alcuna gratitudine da parte dell’Oscuro Signore.
Certamente mai Tolkien avrebbe pensato che i panni della sua Gondor sarebbero stati indossati proprio dalla nostra Italia, ma la situazione simbolica che ha descritto, e che oggi si ripete così fedelmente, rappresenta una profezia vera e proprio e non un semplice averci preso per caso.
Come Gondor l’Italia è un paese dall’antichità gloriosa ma proprio al culmine del suo splendore ha fallito nella missione civilizzatrice sotto l’egida di Roma iniziando a incarnare i disvalori che avrebbe dovuto combattere come il mercantilismo, l’individualismo e l’imperialismo fine a se stesso [2]. Per la legge del karma, una nazione che rinunci al proprio compito civilizzatore è condannata a subire per secoli l’inciviltà altrui, cosa troppo evidente nel nostro paese oggi.
Come Gondor l’Italia è da troppo tempo un paese senza un re, senza una classe dirigente saggia, equilibrata e che sappia agire in modo disinteressato per il bene comune.
Come Gondor l’Italia, di fronte alle umiliazioni e ai torti subiti, cerca conforto nel ricordo dell’antica gloria o nell’ammirazione che ancora oggi milioni di persone nel mondo nutrono per le bellezze e la cultura del nostro paese, senza che gli italiani siano però capaci di tornare a promuovere nel mondo questo immenso bagaglio di illuminazione e meno ancora di farlo proprio, di introiettarlo e incarnarlo nel proprio vivere quotidiano e comunitario.
Come Gondor l’Italia è un paese in calo demografico e incapace di provvedere alle proprie esigenze al punto da dover appaltare a capitali e aziende straniere produzioni e servizi e affidandosi a masse di immigrati disperati per quei lavori che una popolazione buontempona non vuole più fare o non può più fare per la semplice mancanza demografica di lavoratori.
Ma l’Italia è un paese diverso e ancora, sotto le ceneri, arde qualche brace che potrebbe rinnovare un fuoco ben più potente e invertire il corso delle cose, bloccare l’imposizione del nuovo ordine mondiale sull’antico ordine della comunità e della tradizione.
Novella Gondor, l’Italia è finita nel mirino di Mordor, del sistema capitalista, perché a differenza degli altri paesi progrediti è ancora affezionata, non importa se con sincerità o in qualche caso per ipocrisia, alle famiglie in cui vi sono il padre, la madre, i figli, mentre chi vuol vivere una propria vita di coppia diversa lo può fare ma senza pretendere di dissacrare impunemente, scimmiottandola volgarmente, la famiglia vera.
L’Italia, la nuova Gondor, è finita nel mirino della Mordor capitalista perché a differenza dei paesi evoluti del resto d’Europa i propri cittadini preferiscono ancora commerciare maneggiando il buon vecchio denaro sonante. Un denaro a monte infettato da un’emissione che genera debito pubblico, certo, ma che ancora, come insegnano le storiche crisi bancarie e finanziarie dal ’29 alla Grecia, costituisce l’ultimo strumento di controllo del cittadino sul sistema monetario e da la percezione della propria capacità di ottenere beni e servizi in cambio del denaro guadagnato. Tutto questo senza che qualche Occhio (quello di Sauron, nel mondo di Tolkien, o quello onniveggente della massoneria nel nostro sistema) pretenda di scrutare fin dentro le nostre tasche per “spegnerci” elettronicamente al momento opportuno, quando diventiamo troppo scomodi.
L’Italia viene investita dalle nere orde di Mordor perché a differenza degli altri paesi moderni avrà sì un debito pubblico immenso, ma le sue famiglie all’antica possiedono un risparmio privato che è oltre quattro volte tanto [3] e che fa impallidire la capacità di risparmio e di affrontare il futuro di altri stati decantati e presi come modello. Un tesoro enorme che le banche e le grandi aziende (per motivi di controllo le prime, a garanzia degli investimenti pubblici le seconde) non possono lasciare sotto l’esclusivo controllo dei loro legittimi possessori.
E ancora, l’Italia è attraversata in lungo e in largo da chiese stupende ma anche dagli antichi templi pagani di Roma e della Magna Grecia. Magnifici edifici che sono lì a ricordare ciò che Mordor vorrebbe farci dimenticare, ossia che l’uomo non coincide con la sua scorza corporea ma ha una natura diversa che trascende la materia e qui in Italia questa tensione, questa ricerca di spiritualità, è sempre stata fortissima.
Come Gondor, l’Italia non deve affrontare solo l’urto frontale con le orde di orchi di Mordor. Ma anche la minaccia di altre forze, spesso interne, che per disinformazione e manipolazione si sono unite al nemico combattendo contro il proprio stesso interesse una battaglia altrui. Il pensiero non può non correre a tutti coloro che, in buona fede ma ingenuamente, aderiscono alle pressioni mediatiche ed economiche esterne per rendere prioritario lo smantellamento della sovranità nazionale (quel che ne resta) a favore del protettorato europeo piuttosto che la distruzione della famiglia e l’estensione dei dispositivi di controllo personali.
All’inizio dell’assalto di Mordor alle bianche mura di Minas Tirith, la capitale di Gondor, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla sopravvivenza di quest’ultima. Uno sterminato, nero esercito di orchi riempiva la piana del Pelennor di fronte alla città, presidiata da pochi e disorientati difensori senza una guida valida.
Il destino dell’ultima, tenue fiaccola di civiltà sembrava segnato.
Ma la fine della battaglia avrebbe narrato un esito diverso e così sarà per l’Italia, la nostra amata patria.
Perché mentre orde senza fine di orchi (orde orcobaleno?) davano l’assalto sentendosi la vittoria già in tasca, il Bene stava preparando la contromossa. IRaminghi, che per secoli avevano custodito gli antichi valori e la forza, a dispetto dell’esilio e della condanna sofferti, si sono preparati e radunati per combattere proprio come oggi persone e gruppi in tutta Italia, attaccati e censurati, si organizzano per farsi trovare pronti all’appuntamento con la storia. I cavalieri di Rohan, che il Nemico non sapeva essere ancora in grado di combattere, stavano giungendo in soccorso come oggi altri paesi al mondo stanno combattendo il sistema con le armi e sono pronti a schierarsi con l’Italia.
Come gli orchi di Mordor oggi i più, completamente privi di coscienza e obbedienti solo alla voce dell’Anello, dell’unico sistema di ingiustizia che sono in grado di concepire, riderebbero se gli si rivelasse che la loro sconfitta è prossima perché ai loro occhi non vi è alcun segno immediatamente visibile.
Il compito dei Raminghi oggi è quello di cucire i confusi segnali di risveglio di questa nostra terra tanto disprezzata e sbeffeggiata per quella sua arretratezza che è invece la sua forza, una terra che per esprimere il meglio delle proprie potenzialità, che risalgono all’alba dei tempi, non ha bisogno di essere rinnegata e derisa, ma amata, come gli ultimi difensori hanno amato Gondor nell’ora più buia.
Allora coloro che sostengono il Bene sorprenderanno se stessi e potranno riscrivere queste parole, non più fantastiche, ma storiche.
Erano stati uccisi tutti, eccetto quelli fuggiti in cerca della morte, o destinati ad affogare nella rossa schiuma del Fiume. Ben pochi tornarono a Morgul o a Mordor, e nella terra degli Haradrim non giunse che una lontana storia: l’eco della collera e del terrore di Gondor.
[1] Escludiamo naturalmente che tutto questo sia avvenuto per “caso”.
[2] Mutuati nel corso dei secoli dai cartaginesi e dai regni ellenistici.
[3] Più di 8.000 miliardi di euro di risparmio privato contro 2.000 di debito pubblico.
http://www.ildiscrimine.com/oggi-litalia-e-gondor/
Cristianesimo e reincarnazione: storia di un’allucinazione moderna.
Cristianesimo e reincarnazione: storia di un’allucinazione moderna.
E’ vero che i primi Cristiani avrebbero predicato la cosiddetta “dottrina della reincarnazione” e che sarebbe stata la Chiesa gerarchica –per un qualche motivo- ad eliminarla successivamente daldepositum fidei?
Ed è vero altresì che i Vangeli, canonici e apocrifi, conterrebbero passaggi più o meno evidentemente riferentesi all’idea di reincarnazione?
Sono domande che possono risuonare bizzarre alle orecchie di chiunque abbia minimamente approfondito la storia del Cristianesimo e delle sue dottrine, ma essendo ormai tali questioni divenute di pubblica diffusione sul web o presso certe trasmissioni televisive molto seguite –dove improvvisati metafisici e teologi imperversano davanti ad un pubblico tanto entusiasta quanto poco preparato- ci è sembrato utile produrre questo articolo per definire la questione nella maniera più esaustiva e, ci auguriamo, più comprensibile a tutti.
“Reincarnazione? Non una dottrina indiana ortodossa, è solo una credenza popolare”. Parola di indù
Prima di approfondirne l’eventuale legame con la tradizione cristiana, ci sembra però utile definire meglio cosa si intenda per “reincarnazione”: cosa tutt’altro che semplice, visto che ogni singolo “reincarnazionista” sembra averne un’idea del tutto personale, spesso incompatibile con quella di altri. In sintesi, potremmo definire la reincarnazione come l’idea che un’anima individuale umana possa o debba, dopo la morte del corpo, rimanifestarsi in altri corpi umani (o animali) allo scopo di purificarsi dalle sue azioni o, come piace dire oggi nella galassia New Age, per “accumulare esperienze” o per “evolversi”.
E tuttavia, a questo proposito, proprio uno dei più grandi studiosi indù del XX secolo, Ananda Coomaraswamy, ha affermato con molta chiarezza che «la reincarnazione, intesa comunemente come un ritorno di anime individuali in altri corpi qui sulla terra, non è una dottrina indiana ortodossa ma soltanto una credenza popolare»[1]. Dietro l’immagine popolare e “favolistica” della reincarnazione, dunque, il linguaggio di certe tradizioni orientali sembrerebbe più che altro indicare metaforicamente sia le trasformazioni dell’anima individuale dopo la morte fisica, sia soprattutto l’idea della “trasmigrazione” dell’Essere -o del Sé divino presente, per la dottrina indù, in ogni creatura- attraverso gli indefiniti stati dell’essere e le innumerevoli forme viventi in cui la Divinità si “manifesta”, per cui, come afferma il grande metafisico indù Śaṅkara , «solo il Signore è il vero trasmigratore»[2].
Questo non impedisce, naturalmente, che soprattutto al giorno d’oggi vi possano essere numerosi indù che “credano nella reincarnazione” nel senso più letteralistico; e tuttavia, come spiega Frithjof Schuon -uno dei più illustri orientalisti del XX secolo, studioso del Vedānta e delle dottrine buddhiste conosciute personalmente in anni di frequentazioni personali nelle terre d’Oriente- «che molti Indù interpretino attualmente il simbolismo della trasmigrazione secondo la lettera prova soltanto un decadimento intellettuale(…). Del resto, anche nelle religioni occidentali, i testi sulle condizioni postume non devono essere compresi alla lettera: il fuoco dell’inferno, per esempio, non è un fuoco fisico, il seno d’Abramo non è il suo seno corporeo, il festino di cui parla Cristo non è costituito da cibi terrestri, benché il senso letterale abbia i suoi diritti»[3].
Dopo tali premesse, il nostro discorso sulla reincarnazione potrebbe anche finire qui; ma essendo questo uno studio di carattere storico e sociologico più che metafisico o filosofico, siamo invece costretti a seguire lo sviluppo che l’ideologiareincarnazionista ha avuto anche –e diremmo soprattutto- in Occidente almeno a partire dalla fine del XIX secolo. Da questo punto di vista, é certamente un merito del più grande conoscitore europeo delle tradizioni orientali, il francese René Guènon[4], quello di aver messo in luce, senza possibilità d’equivoco, i passaggi storici attraverso cui quelle che erano inizialmente solo “fiabe pedagogiche” orientali hanno invece dato origine, negli ambienti occultisti, pseudo-esoterici e neospiritualisti occidentali, all’idea di reincarnazione che ancor oggi furoreggia nella cultura popolare[5].
Il reincarnazionismo moderno, infatti, si sviluppa non prima della seconda metà del XIX secolo negli ambienti spiritisti e teosofici francesi e britannici i quali, imbevuti dell’ “evoluzionismo” filosofico tipico di quel tempo, vedevano di buon’occhio una teoria “spiritualistica” la quale, abolendo l’idea della Grazia divina e sostituendo l’idea stessa di Eternità con quella di un indefinito progredire di vite nel tempo, potesse risultare sia più “consolatoria” dell’aut aut tra salvezza e perdizione affermato dalle religioni monoteiste, sia più adatta e “consona” alla mentalità “progressista” moderna e all’idea del “miglioramento indefinito” affermatasi nell’800 in Europa. In sostanza, il reincarnazionismo non sarebbe altro che uno dei tanti “frutti” di quella stessa temperie culturale che ha contemporaneamente dato origine ad altre ideologie quali il “progressismo” in ambito sociale e l’evoluzionismo darwiniano nel contesto “scientifico”.
Gli spiritisti francesi di metà 800, infatti –quasi tutti di fede socialista anche se non ancora marxisti- vedevano nella “reincarnazione” una possibile risposta e una “consolazione” rispetto a quella questione sociale che li assillava: nascere in una classe sociale piuttosto che in un’altra, da questo punto di vista, doveva evidentemente dipendere dai meriti o demeriti accumulati in un’altra vita…
Ma è soprattutto con le dottrine della Società Teosofica che il reincarnazionismo doveva diventare “ideologia di moda” delle elite spiritualeggianti e radical-chic ante litteram dell’Occidente, divenendo anzi, come afferma brillantemente Guenon, “l’unico e vero dogma” dell’eterogeneo e relativistico mondo dell’occultismo moderno. Sviluppatasi a partire dalle attività della bizzarra e funambolica “madame” Elena Petrovna Blavatsky –tedesca d’origine ma sposata ad un militare russo, vagabonda tra Vicino Oriente, Inghilterra e Stati Uniti e ferita alla Battaglia di Mentana dai fucilieri dell’odiato Stato Pontificio- la Società Teosofica diverrà, infatti, la vera fucina di quel melting pot di elementi religiosi giustapposti e mal-digeriti di cui al giorno d’oggi la cosiddetta New Age rappresenta solo la versione più “popolare” e massmediatica.
E così nacque il reincarnazionismo “cristiano”
L’ideologia del Teosofismo si caratterizza per un continuo riferimento “ideale” alle dottrine dell’Oriente –che in realtà la Blavatsky conosceva molto superficialmente- nella pretesa di poterle coniugare con l’evoluzionismo filosofico e l’ideologia progressista occidentale, il tutto in costante polemica contro il Cristianesimo storico, accusato tra le altre cose di aver “rinnegato” l’autentica dottrina dell’iniziato Gesù… E tuttavia, malgrado il deciso anti-cristianesimo, una parte del “deposito ideologico” del Teosofismo finirà fatalmente per tracimare in ambienti che, al contrario, pretenderanno di rifarsi ad un preteso “occultismo o pseudo-esoterismo cristiano”.
E’ a partire dalla fine del XIX secolo, infatti, che fioriscono come funghi correnti e movimenti che “strizzano l’occhio” al Cristianesimo o almeno alla figura di Gesù, “colorando” di riferimenti cristiani elementi in gran parte ripresi dal Teosofismo o da correnti analoghe: tra questi, ricordiamo soprattutto il Martinismo[6], sedicente “organizzazione iniziatica” creata in realtà nel 1881 dall’occultista francese Papus, al secolo Gérard Encausse, e l’Antroposofismo, che si ispira alle variopinte e sincretiche dottrine del filosofo tedesco Rudolf Steiner, critico ex-aderente della Società Teosofica -della quale, tuttavia, manterrà alcuni riferimenti “ideali” quali appunto la fede nella reincarnazione- e il cui principale continuatore è stato l’italiano Massimo Scaligero –al secolo Antonio Massimo Sgabelloni[7].
All’interno di questo eterogeneo ambiente, per altro, troveranno posto anche personaggi che affermeranno di rifarsi non solo ad un generico e vago “cristianesimo”, ma che riterranno di poter coniugare le proprie idee occultiste –tra cui, in particolare, proprio la reincarnazione- con la fede e la prassi cattoliche. Tra questi sono da ricordare un Tommaso Palamidessi, occultista toscano di formazione antroposofica, che “riscopre” il Cristianesimo attraverso lo studio dei Padri della Chiesa e della tradizione esoterica esicasta dell’Oriente Ortodosso, pur travasando nel suo personalissimo “sistema” filosofico anche la reincarnazione (era tra l’altro convintissimo di essere stato, in una vita precedente, il padre della Chiesa Origene…); e Paolo Virio (al secolo Paolo Marchetti), uomo di formazione martinista, cognato di Massimo Scaligero e discepolo di un altro “occultista cristiano”, il conte Umberto Alberti di Catenaia (Erim)[8], nel cui sistema di pensiero caratterizzato da un forte sincretismo la reincarnazione riusciva a coesistere con una sincera adesione alla pratica cattolica e persino con la devozione verso Padre Pio.
E’ solo con l’esplosione della “cultura New Age” successiva agli anni 60, tuttavia, che il reincarnazionismo “cristiano” si diffonde a livello più popolare, riempendo riviste e siti di improvvisate “esegesi” dei Testi Sacri nonché di costanti accuse alla Chiesa la quale, fra le innumerevoli malefatte costantemente attribuitele, avrebbe anche avuto quella di aver nascosto –evidentemente per loschi fini- la verità sulle nostre “vite precedenti”.
Ma… dov’è che la dottrina cristiana accetterebbe la reincarnazione?
La più grande difficoltà contro cui si sono sempre dovuti confrontare i reincarnazionisti “cristiani”, tuttavia, è l’assoluta (e naturalmente ovvia) mancanza di riferimenti scritturali alla reincarnazione. Se certi testi sacri orientali, infatti -magari interpretati nel senso piùletterale e popolaresco- potrebbero in effetti indurre in certi tipi di equivoci, per quanto riguarda i testi sacri dei monoteismi abraminici, Vangeli in primis, questo è decisamente più difficile. Se c’è una cosa, infatti, sulla quale Cristiani, Musulmani e anche Israeliti sembrano ritrovarsi all’unanimità è proprio sulla visione generale dell’escatologia e del post-mortem: Giudizio di Dio, eventuale purificazione, Inferno, Paradiso e, alla fine dei tempi, Resurrezione dei Corpi -nella quale, a scanso d’equivoci, l’essere umano non assume un’altra individualità o un altro corpo, ma giunge piuttosto alla pienezza della sua identità personale, spirituale, psichica e persino fisica[9]; in tutto questo, la cosiddetta reincarnazione non sembra avere spazio alcuno.
Questa difficoltà, tuttavia, non ha scoraggiato i reincarnazionisti più zelanti, che per bypassare tale difficoltà sono ricorsi essenzialmente a tre espedienti:
– Il primo rimedio è anche il più semplice: la reincarnazione nei Vangeli c’era, anzidoveva esserci, ma la “Chiesa”, ad un certo punto e per chissà quali motivi, deve averla espunta dai testi originali. E’ la soluzione più facile e più diffusa negli ambienti occultisti ogni qual volta si voglia attribuire all’insegnamento del Cristo un qualche propria idea che, si afferma, doveva essere presente nel messaggio originario di Gesù. In qualche caso, se necessario, si potrà trovare supporto alle proprie tesi in qualche testo “conservato” negli archivi segreti del Vaticano (testi che nessuno naturalmente ha mai avuto la possibilità di consultare, eccetto …chi ne parla), quando non piuttosto in uno degli innumerevoli “vangeli” ottenuti sotto seduta spiritica o comunicati dai Superiori Sconosciuti di turno se non dagli alieni…
– Il secondo rimedio è il vero e proprio falso storico (modello Dan Brown, per intenderci): una delle “fole” che gira maggiormente sul web, ad esempio, afferma che nella Chiesa dei primi secoli fosse viva la credenza nella reincarnazione, e che la “condanna” definitiva delle teorie reincarnazioniste sarebbe stata operata dal concilio Costantinopolitano II del 553. In particolare, per giustificare tale tesi, si fa riferimento ad un sinodo di Costantinopoli indetto nel 543 dal patriarca Menas, nel quale si approvò una serie di condanne contro la dottrina di Origene. E tuttavia, è evidente che i numerosi divulgatori di questa teoria non si siano mai preoccupati di leggere questo testo, nel quale in nessun modo si tratta della reincarnazione -per il semplice fatto che tale idea non era professata da nessuno dei cristiani a cui il Concilio si poteva rivolgere, ortodossi o eretici che fossero- Origene in primis. I canoni invece si occupavano della questione della “preesistenza delle anime” (ma nient’affatto di presunte “vite umane precedenti”) e dell’Apocatastasi (ovvero di quell’ipotesi teologica, ancor oggi diffusa nell’Oriente Cristiano, che contempla la possibilità di una “ricapitolazione” finale di tutti gli esseri in Dio, la quale metterebbe fine perciò stesso anche agli stati infernali). Dove vi si trovi, in tutto questo, l’idea di “reincarnazione” nessuno lo sa: nemmeno quelli che, sul web o altrove, ne scrivono con tanta sicurezza.
E se …reinterpretassimo i Vangeli?
L’ultimo espediente per far rientrare a forza la reincarnazione nel Cristianesimo è stato quello di reinterpretare qualche passo dei Vangeli: cosa nella quale gli occultisti sembrano aver dato fondo a tutta la capacità possibile di arrampicarsi sugli specchi. I passi dei Vangeli che, da questo punto di vista, vengono incessantemente riportati da innumerevoli siti e testi come “prova” del presunto reincarnazionismo presente nel messaggio di Gesù, sono essenzialmente due:
– Il primo è quello del Vangelo di Giovanni in cui Gesù parla con Nicodemo:
«Gli rispose Gesù: “In verità, se un uomo non nasce di nuovo, non può entrare nel Regno di Dio”. Gli disse Nicodemo: “Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Gli rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da spirito, non può entrare nel Regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto» (Giovanni, ).
E tuttavia, il discorso di Gesù, con molta chiarezza, rimanda ad una “rinascita spirituale” –cosa ribadita persino in maniera esplicita di fronte alle obiezioni di Nicodemo: Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. L’interpretazione reincarnazionista di questo passaggio, pertanto, è talmente in contraddizione con il testo stesso da sfiorare l’assurdo.
– L’altro passo di cui si dilettano i reincarnazionisti è quello che riguarderebbe la presunta “reincarnazione” del Profeta Elia in Giovanni il Battista:
«Se volete accoglierlo, (Giovanni Battista), egli è l’Elia che sarebbe venuto» (Matteo, 11,4)
Secondo questa neo-interpretazione, dunque, il profeta Elia si sarebbe reincarnato nel Precursore; ma in realtà, per comprendere questo passaggio, bisognerebbe sapere cosa rappresenta Elia nella tradizione ebraica, ed Elia è, innanzitutto, il simbolo stesso della Profezia –come Mosè lo è della Legge: da questo punto di vista, il primo dei profeti (Elia) non può che ricollegarsi spiritualmente all’ultimo (Giovanni). Inoltre, Elia è uno dei pochi personaggi dell’Antico Testamento di cui si dice che furono “portati in Cielo con il corpo” (assunti): per la tradizione ebraica, dunque, Elia in realtà non è mai morto e non si vede, pertanto, come la sua “anima” avrebbe potuto post-mortem “reincarnarsi” in un’altra individualità umana. Del resto, nel Vangelo di Giovanni, è proprio il Battista a negare esplicitamente di “essere” Elia:
«Sei tu Elia? Giovanni rispose, Non sono io…Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia» (Giovanni I, 21-23)
In realtà, la spiegazione di tutta la questione si trova, espressa con chiarezza, nel Vangelo di Luca quando si parla dell’annuncio della nascita del Battista:
«E convertirà molti dei figli d’Israele al Signore, loro Dio. Ed andrà davanti a lui nello spirito e potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti» (Luca I, 16-17)
– Giovanni Battista, dunque, non è Elia reincarnato, ma …viene con l’assistenza dello spirito di Elia. Del resto, nell’episodio della Trasfigurazione presente in tutti e quattro i Vangeli Canonici, Gesù incontra Elia nella sua condizione gloriosa e immortale insieme a Mosé sul Tabor e …senza nessun riferimento a Giovanni il Battista.
I Vangeli Apocrifi parlano di reincarnazione?
A questo punto però, di fronte all’impossibilità di giustificare la reincarnazione a partire dai Vangeli Canonici, occultisti e “newagers” fanno normalmente appello agli Apocrifi: e così, basta fare un veloce giro sul web per vedere sedicenti “gnostici cristiani” appellarsi alla tradizione apocrifa “emarginata e oppressa” dalla Chiesa, per cercare pezze d’appoggio alle proprie opinioni.
Ma in realtà –e lo diciamo subito a scanso d’equivoci- nessuno di tali neo-gnostici sembra essere capace di citare passi credibili a sostegno delle proprie tesi, e questo per semplice motivo: perchè non esiste alcun brano degli Apocrifi che possa essere credibilmente interpretato in chiave reincarnazionista (e non potrebbe essere altrimenti, visto che tale dottrina non è mai stata professata dai Cristiani, ortodossi o eretici che fossero). Il riferimento agli Apocrifi –come in altri casi di “leggende metropolitane”, quale ad esempio quella del “matrimonio” fra Cristo e la Maddalena…- non è che un escamotage per confondere le acque, ed è spiegabile essenzialmente con una ragione piuttosto banale: gli Apocrifi sono tantissimi e pochissime sono le persone che possono dire di conoscerli bene, per cui è facile attribuire ad essi ogni tipo di dottrina possibile e immaginabile, a patto di rimanere “sul vago” e di giocare –e il caso di dirlo- sulla disinformazione e sull’ignoranza propria e altrui.
In conclusione, possiamo serenamente affermare che i riferimenti alla reincarnazione presenti nei Vangeli Apocrifi sono gli stessi presenti nei Canonici: ovvero, non ve ne sono. A meno, naturalmente, di non voler addurre a pezze d’appoggio i soliti riferimenti al Battista che sarebbe Elia o di non voler giocare a travisare ogni riferimento alla “resurrezione” o alla “rinascita”, come già fatto nel caso dei Vangeli Canonici…
La reincarnazione, dunque, non ha nulla a che vedere col Cristianesimo (e, se è per questo, nemmeno con le tradizioni orientali rettamente intese): ma se qualcuno volesse rimproverarci di aver sprecato tempo e fatica per ribadire quella che, in ultima analisi, è un’ovvietà, risponderemmo volentieri che al giorno d’oggi, nel clima di caos intellettuale e spirituale in cui siamo immersi, quella di ribadire le ovvietà sembra essere diventata una priorità assoluta.
D’altronde, siamo anche ben coscienti che il “fascino della reincarnazione”, nella mentalità di molti moderni, è destinato a sopravvivere oltre ogni ragionevole dubbio, e questo per fattori molto banali: nel mondo della non-identità, infatti, certe “bizzarrie” come il ritenere di essere stato, in un’altra vita, un faraone, un lucumone o un profeta, possono piacere; così come, per un ragazza, l’immaginare che l’uomo incontrato la mattina al bar e prontamente portato al letto la sera stessa possa essere stato, in un’esistenza precedente, il proprio principe…
Ma c’è un altro aspetto della questione che teniamo a mettere in chiaro, e che opera un distinguo netto tra l’atteggiamento tradizionale di fronte all’esistenza e quello dei moderni.
Abbiamo infatti accennato, all’inizio dell’articolo, a quegli Orientali che, magari peccando di “letteralismo” o di una certa ingenuità, interpretano in chiave “reincarnazionista” certi passi dei loro testi sacri; ebbene, è anche necessario precisare che per tali Orientali (Induisti, ma soprattutto Buddhisti) la “reincarnazione” è intesa pur sempre come “una tragedia”, un’evenienza drammatica, in quanto rappresenta il fallimento di quel “dono prezioso” che è l’esistenza umana e il rifluire nel samsara che è il dominio della sofferenza e della morte. E’ questo, infatti, il vero senso della “fiaba pedagogica” della reincarnazione la quale, come tutte le “fiabe” tradizionali, ha sempre una sua “morale” o meglio un suo senso profondo. La ragion d’essere e la sana provocazione, in questo caso, sarebbe quella di chiedersi: un uomoche vive come una bestia, dopo la morte cosa diventerà? E un essere umano che non è stato degno del dono dell’umanità, cosa troverà di sé alla fine di questo breve percorso terreno?
Nella cultura occidentale, al contrario, la reincarnazione è divenuta sinonimo di un vago “progresso indefinito”, dell’illusione fatale e deresponsabilizzante di avere “molte vite” e indefinite possibilità di “esperienza” (come se l’accumulare esperienza, a qualsiasi livello, potesse colmare lo iato infinito che esiste tra noi e l’Assoluto); un invito, dunque, al relativismo, alla banalizzazione dell’istante presente che è, esattamente, l’antitesi d’ogni Spiritualità. Si può dunque affermare che la “reincarnazione” sia, al giorno d’oggi, la (pseudo)dottrina che meglio incarna il nulla esistenziale e spirituale dell’uomo contemporaneo.
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NOTE
[1] A.Coomaraswamy, Sapienza orientale e cultura occidentale, Ed. Rusconi, Milano 1975, p. 498
[2] La metafisica e l’escatologia indù sono di una complessità straordinarie ed è quindi difficile riassumerle in pochi passaggi senza correre il rischio di banalizzarle. Per quanto riguarda la questione che qui ci interessa –ovvero la dottrina della Trasmigrazione (non reincarnazione)- il presupposto essenziale da comprendere è che, nella visione indù, ogni realtà è in qualche modo “illusoria” e passeggera: persino il Dio personale, il Signore che da origine ai mondi, Brahma Saguna, è in qualche modo solo una manifestazione del Divino non-manifestato e non qualificato (Brahma Nirguna). Pertanto, gli stati dell’essere che le religioni occidentali chiamano “Paradisi” sono considerati “perenni” ma non “eterni”, elevati ma non “assoluti”, in quanto anch’essi destinati, alla fine, ad essere riassorbiti nell’Assoluto (Mahapralaya, o Grande Riassorbimento). In questa prospettiva, tutti gli esseri sono destinati ad un continuo cambiamento di forma e di stato che viene indicato simbolicamente come “rinascita”, trasmigrando da uno stato all’altro dell’essere (ma non ritornando ad uno stesso stato, cosa che rende impossibile, in realtà, qualsivoglia “reincarnazione”). Per quanto riguarda quello Stato Eccezionale dell’essere che è l’Uomo, la dottrina indù riconosce che esso è lo Stato Centrale, ovvero la manifestazione e la porta verso cui ritornare alla Divinità (nel linguaggio monoteista si direbbe propriamente l’Immagine di Dio): le sue possibilità, dunque, sono ben diverse da quelle di ogni altro essere. Per quanto riguarda la costituzione dell’uomo, inoltre, bisogna fare un distinguo fra l’ātma, che è l’essere spirituale, ovvero “il raggio” della Divinità che si manifesta in noi, e iljivan o jivan–ātma, che è propriamente l’anima individuale che ha origine al momento del concepimento. Nella prospettiva indù, l’obbiettivo più alto che un essere umano possa raggiungere attraverso il cammino spirituale è la Liberazione, ovvero il riassorbimento cosciente in Brahma che gli permette di giungere alla libertà assoluta e incondizionata, essendo tutti gli stati dell’essere –persino quelli paradisiaci- comunque e in qualche modo “limitati”, non fosse altro che dalla persistenza di una natura ancora “individuale”. Chi non ha conseguito la Liberazione perfetta può comunque, dopo la morte, giungere a quello che, con linguaggio occidentale, potremmo chiamare la “salvezza” e accedere alla condizione “paradisiaca”, ma a patto di aver seguito una via religiosa; viceversa, l’essere che fu umanosi troverà sprofondato nelle dimensioni infernali, dove l’anima individuale si perderà e “dissolverà” e l’ātma tornerà a rimanifestarsi (rinascere) in altre forme diverse e comunque non-umane. La cosiddetta reincarnazione intesa alla lettera, dunque, è da considerarsi nell’autentica prospettiva indù una mera impossibilità: l’anima individuale, infatti, qualora non venga riassorbita nella Liberazione (e in tal caso, si parlerà di liberato-vivente ojivan–mukta) o “salvata”, si annienta (e quindi non può in alcun modo rimanifestarsi), mentre l’ātma non tornerà comunque a rimanifestarsi in forme umane, ma si “perderà” negli stati inferiori (quello che, simbolicamente, è espresso con l’immagine della “rinascita fra gli animali”). Quello che forse può sorprendere maggiormente un occidentale è che persino la condizione paradisiaca (Brahma-loka o Satya-loka) è simbolicamente indicato dagli indù come una “rinascita sulla terra”: e questo perché con l’espressione “terra” non si indica affatto solo la condizione terrena propriamente detta, ma la condizione umana in toto(per fare un parallelismo con l’escatologia monoteista, potremmo dire che anche i beati del Paradiso, almeno fino ad un certo livello, sussistono in una condizione “umana” e “individuale” –per quanto incomparabilmente più elevata e piena della nostra attuale- per cui anch’essi, se visti in prospettiva assoluta, si trovano in una condizione “terrestre”). Anche nel Buddhismo Amitābhaḥ, la condizione di chi, pur non avendo raggiunto il perfettonirvāṇa, ha seguito una via di devozione, è quella di “rinascere” nella “terra” pura. (Per approfondimenti, si consiglia: R. Guenon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta, Ed. Adelphi; F. Schuon, Forma e sostanza nelle religioni, Cap. 18 “I due paradisi”, pp. 239-251, Ed. Mediterranee).
[3] F. Schuon, Unità trascendente delle religioni, Ed. Mediterranee, Roma 1997, p. 106
[4] René Guenon, sicuramente il più complesso e credibile rappresentante del pensiero esoterico nell’età moderna, al di là delle sue scelte e percorsi personali (che in prospettiva cattolica possono essere condivisibili o meno), ha sicuramente il merito di aver approfondito come nessun altro le dottrine orientali e, grazie a tali conoscenze, è sicuramente colui che più d’ogni altro ha contribuito a diradare le nebbie di quegli equivoci e di quelle incomprensioni diffuse al contrario dal mondo occultista e neospiritualista moderno (e di cui la “reincarnazione” è solo una fra i tanti).
[5] Da questo punto di vista, un punto di riferimento essenziale è: R. Guenon, L’errore dello spiritismo, Ed. Adelphi; dove si analizzano sia gli errori della dottrina reincarnazionista, sia le tappe della sua diffusione in occidente.
[6] Nel Martinismo, si ritrovano elementi ripresi in vario modo dalla tradizione magico-ermetica europea accostati a riferimenti cristiani e ad altri di origine teosofico-spiritista (come appunto la reincarnazione). E’ uno dei più tipici esempi di quei pastiche sincretistici nati a cavallo tra XIX e XX secolo in tutto l’occidente. Caratteristica di tutti questi gruppi, peraltro, è la pretesa dei loro creatori di aver attinto ad antichissime tradizione e a “filiazioni iniziatiche” ininterrotte che giungerebbero loro dalla notte dei tempi (Egitto, Templari, epoca delle Crociate, ecc.). Naturalmente, tali pretese non reggono mai ad una pur minima indagine di carattere storico o documentaristico.
[7] Nell’opera di Scaligero, più ancora che in quella del suo “maestro” Steiner, i riferimenti al Cristo sono costantemente accostati ad elementi di derivazione occultistica o anche orientale. La visione “cristica” di Scaligero, tuttavia, ha poco a che vedere con il Cattolicesimo, che il filosofo romano considerava al contrario una “forma trascorsa della tradizione” non più adatta alla temperie spirituale dei nostri tempi.
[8] Umberto di Catenaia (soprannominato Erim) fu un personaggio di formazione martinista, anche se transitò per qualche tempo negli ambienti magico-ermetici di Kremmertz (al secolo, il napoletano Ciro Formisano, creatore di una schola hermetica che si pretendeva derivasse direttamente dall’antico Egitto), che poi abbandonò rabbiosamente, accusando il Kremmertz di essere un satanista di fatto. Sarà Erim ad “iniziare” i Virio alla cosiddetta “via binomiale” o alchemico-sessuale. A tal proposito, Massimo Scaligero, lo descriveva come un personaggio bizzarro e ossessionato dal sesso, forse (aggiungeva lui) “a causa del fallimento di talune pratiche operative” di magia sessuale (cfr: http://www.ecoantroposophia.it/2014/05/materiali-studio/hugo-de-pagani/tre-scritti-di-massimo-scaligero-su-p-m-virio/).
[9] La dottrina della Resurrezione dei Corpi, a nostro parere, sarebbe tenuta in maggior conto e credibilità qualora si partisse da una visione della materia meno “materialista” di quella moderna e più legata, al contrario, al concetto tradizionale di Sostanza. Da questa prospettiva, si evincerebbe come, in realtà, la nostra materia “terrestre” sia solo una modalità della Materia in quanto tale, addirittura una sua “cristallizzazione” limitante come mette in luce simbolicamente la Tradizione Ebraica riguardo alla Resurrezione, dove il seme (Luz) inaridito dell’individualità umana sboccia come un fiore al sopraggiungere della Rugiada Divina.
http://antimassoneria.altervista.org/cristianesimo-e-reincarnazione-storia-di-unallucinazione-moderna/http://antimassoneria.altervista.org/cristianesimo-e-reincarnazione-storia-di-unallucinazione-moderna/
L’evoluzione della comunicazione della scienza: comunicare l’ateismo.
BY ENZO PENNETTA ONSu Pikaia, il portale dell’evoluzione, si parla di come comunicare la scienza. Un articolo largamente condivisibile.
Ma allora perché si continua a comunicare l’ateismo?
“Ottime notizie dall’Islanda: un recente sondaggio tra i giovani d’età inferiore ai 25 anni non ha rilevato alcuna traccia di creazionismo tra gli islandesi. Infatti, il 93,9% ritiene che la Terra e gli altri pianeti si siano creati in seguito al Big Bang e solo il 6,1% non ha opinione a riguardo. Lo 0% ha invece dichiarato che il nostro pianeta sia stato creato da Dio.”
Queste poche righe costituiscono l’articolo di Andrea Romano col quale su Pikaia il 26 gennaio scorso è stato proposto un link ad una testata islandese che riportava la notizia.
Notizie nientemeno che “ottime” vengono considerate quelle che provengono dall’Islanda, notizie che mostrano invece una sconcertante ignoranza: gli islandesi non conoscono la filosofia. Ritenere infatti alternative tra loro creazione e Big Bang è un errore grossolano, come saprebbero anche quegli islandesi se avessero studiato epistemologia: la scienza non si occupa e non può occuparsi di cause finali e metafisica, quindi mai creazione e Big Bang potrebbero escludersi a vicenda.
Non molto meglio vanno le cose in un articolo del numero 69 di Focus EXTRA pubblicato a fine 2015 a firma di Marco Ferrari (con la collaborazione di Michele Bellone), dove si legge che:
Complicato è anche capire il fatto che l’intero processo evolutivo non ha un fine ultimo, spiega solo quello succede alle specie in un determinato momento loro storia, togliendo di fatto l’uomo dal suo piedistallo di “vertice della creazione”.Il punto cruciale è proprio questo: poiché l’uomo ritiene di essere la specie migliore e più perfetta di tutte quelle che ci sono sulla Terra, non può in cuor suo accettare di essere solo parte di un processo evolutivo che prodotto milioni di altre forme viventi e avrebbe potuto avere altri esiti se le cose fossero andate in un altro modo. L’uomo, quindi, per l’evoluzione non è inevitabile.Il mito della creazione è molto più tranquillizzante dell’evoluzione per selezione naturale. Per questo, ancora una parte consistente delle popolazioni dei Paesi occidentali (per esempio almeno un terzo degli Stati Uniti), non accetta la teoria preferendo credere a un mito.
Anche in questo caso si giunge a conclusioni indebite su argomenti che esulano dalla competenza della scienza, e ancora una volta è opportuno ricordare cosa diceva un grande darwinista, Jacques Monod, Nobel per la medicina e autorità indiscussa del darwinismo degli anni ’70 nel suo libro “Il caso e la necessità” dove a pag. 25 (ed. Oscar Mondadori):
La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato di oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza ‘vera’ mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali […]
Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Questo stesso passo era stato impiegato in un articolo su CS per contestare posizioni analoghe di negazione di un finalismo in natura assunte su Micromega quando nel numero 8/2015 troviamo scritto:
Insomma siamo alla solita, grande, confortante, edificante e del tutto infondata e irrazionale, narrazione finalistica dell’evoluzione..
La confusione tra piani incommensurabili di mondo fisico e metafisica, di scienza sperimentale e coscienza, sembra essere diffusa nell’ambito darwinista, e questo è un grande danno alla scienza stessa che viene piegata a finalità che non le appartengono.
Finché questa confusione tra scienza e fede verrà perpetuata da coloro che dovrebbero stigmatizzarla e contrastarla, a ben poco serviranno articoli sulla buona comunicazione della scienza, largamente condivisibili ma disattesi nei fatti.
http://www.enzopennetta.it/2016/02/levoluzione-della-comunicazione-della-scienza-comunicare-lateismo
Le incredibili origini degli UFO e degli alieni
– A cura di Daniele Di Luciano –
Come promesso in questo post, è arrivato il momento di rispondere alle domande:
– Quando è nato il “fenomeno” U.F.O./alieni?
– Da chi è partito?
– Perché si è diffuso?
(…Che poi sono le classiche domande che servono per capire la vera natura di qualsiasi fenomeno…)
– Quando è nato il “fenomeno” U.F.O./alieni?
– Da chi è partito?
– Perché si è diffuso?
(…Che poi sono le classiche domande che servono per capire la vera natura di qualsiasi fenomeno…)
PREMESSA: alcuni sostengono che i primi alieni e U.F.O. siano documentati negli antichi dipinti o addirittura nei rilievi e nelle iscrizioni egizie. Come spiegato in questo sito, chi sostiene tali ipotesi non di rado prende dei clamorosi abbagli confondendo un cappello per un disco volante o un “grigio” per una pianta di fiori. FINE PREMESSA.
Il primo a diffondere l’idea di “marzini” alle masse è H.G. Wells con il romanzo “La guerra dei mondi” del 1898. H. G. Wells era membro della Golden Dawn.
La Golden Dawn è una società nata nel 1887 che si ispirava agli ideali dei Rosacroce e che si proponeva di praticare in modo efficace la magia. Il primo tempio della Golden Dawn si chiamava “Isis-Urania” e vi si praticava il culto di Iside secondo le istruzione che H.P. Blavatsky scrisse nel 1877 nel libro “Iside svelata“. Alcuni non amano definire la Blavatsky una satanista, io mi limiterò a citare dei brani dal suo libro “La Dottrina Segreta” [Milano, Bocca, 1953, pp. 383,384, 400] in cui definisce Satana “il Dio, il solo Dio del nostro pianeta” e prosegue “la Chiesa maledicendo Satana […] maledice Dio“. La società comprendeva tre ordini di cui il secondo si chiamava “Ordine della Rosa rossa e della Croce d’oro“. A capo della società vi erano i “Superiori Incogniti” che secondo il massone Jean-Pierre Bayard sono “degli esseri invisibili che, senza corpo fisico, trasmettono però dei poteri a degli adepti“…
La Golden Dawn intratteneva stretti rapporti con la “Stella mattutina” un’esclusiva società luciferina legata a sua volta alla Società Teosofica e all’ OTO, l’Ordo Templi Orientis. Non a caso la fondatrice della Società Teosofica è la stessa H.P. Blavatsky mentre l’OTO è una società che trae ispirazione dai Rosacroce e dagli Illuminati e in cui si praticava una magia sessuale chiamata magia rossa o tantrica.
La Golden Dawn intratteneva stretti rapporti con la “Stella mattutina” un’esclusiva società luciferina legata a sua volta alla Società Teosofica e all’ OTO, l’Ordo Templi Orientis. Non a caso la fondatrice della Società Teosofica è la stessa H.P. Blavatsky mentre l’OTO è una società che trae ispirazione dai Rosacroce e dagli Illuminati e in cui si praticava una magia sessuale chiamata magia rossa o tantrica.
Membro importante dell’OTO e della Golden Dawn era un certo Samuel Liddell Mathers che fu anche il primo presidente del Comitato di Cooperazione Intellettuale di Parigi, sezione della Società delle Nazioni, prefigurazione dell’UNESCO. Lo stesso Mathers iniziò, nel 1900, a Parigi, il più famoso mago nero del XX secolo, Aleister Crowley. Crowley era un fiero anticristiano, si definiva “La Grande Bestia” e si firmava col numero dell’Anticristo, il “666“.
Tornando a H.G. Wells, fu lui a presentare Aleister Crowley ad Aldous e Julian Huxley nipoti di quel Thomas Huxley che fu uno dei fondatori della Round Table. La Golden Dawn si proponeva, tra le altre cose, di creare e diffondere la cultura della droga. Crowley fece conoscere ad Aldous Huxley le droghe psichedeliche ed Aldous divenne uno dei membri che più si adoperarono in questa impresa. Suo fratello Julian, invece, fu il primo direttore generale dell’UNESCO…
Tristemente famosa è la frase di A. Huxley: “Man mano che la libertà politica ed economica diminuisce, la libertà sessuale ha tendenza ad accrescersi a titolo di compenso. E il dittatore sarà bene accorto a incoraggiare questa libertà. Aggiungendosi al diritto di sognare sotto l’influenza della droga, del cinema, della radio, essa contribuirà a riconciliare costoro con la schiavitù che è il loro destino.” Lo scrittore collaborò anche con Allen Dulles, capo della CIA, nel piano “MK-Ultra” per il controllo della mente umana attraverso droga e pornografia.
Ci sarebbe altro da scrivere ma non divaghiamo. H.G. Wells era anche membro della Fabian Society e della Fondazione Rockefeller. La Fabian Society nacque nel 1884 per riorganizzare la società attraverso una penetrazione lenta, paziente, progressiva e inosservata dei loro uomini nelle università, nelle amministrazioni pubbliche e private e nelle industrie. Solo dieci anni dopo, nel 1894, la società fondò la London School of Economics grazie ai fondi delbanchiere Sir Ernest Cassel. Altro membro della Fabian Society fu Eleanor Marx, figlia diKarl Marx che, qualche anno prima, nel 1881, aveva fondato la “Democratic Federation“, federazione a cui aderirà anche Annie Besant all’epoca dirigente della Società Teosofica. Annie Besant fu anche la fondatrice della Lucifer Trust a cui fu costretta poi a cambiare nome in Lucis Trust. La Lucis Trust è oggi la parte spirituale dell’ONU…
Insomma H.G. Wells era in contatto sia con l’Alta Finanza, sia con società esclusive in cui si praticava la teurgia (metodo che serve ad invocare i demoni), sia con società, altrettanto esclusive, che si adoperavano per la conquista del mondo infiltrando le sfere di potere. Non a caso si deve a Wells la paternità dell’espressione “Nuovo Ordine Mondiale“, titolo di un altro suo libro.
I marziani di Wells ebbero parecchio successo anche perché, in quel periodo, un astronomo italiano, Giovanni Schiaparelli, osservò dei canali sul pianeta Marte ed ipotizzo che fossero stati costruiti da forme di vita intelligenti. Qualche anno dopo si scoprì la causa naturale dei canali e la gente smise di pensare ai marziani.
Il primo avvistamento di “dischi volanti” risale al 24 giugno 1947 a Washington: Kenneth Arnold dichiarò di aver visto degli strani oggetti volanti simili a piatti. Fu così che nacque l’espressione “flying disk”, disco volante.
Nessuno, giustamente, ipotizzo che all’interno dei “piatti volanti” ci fossero esseri provenieni da altri pianeti.
L’8 luglio di quell’anno il quotidiano “Roswell Daily Record” pubblicò la notizia della cattura di un disco volante da parte dell’esercito degli Stati Uniti. In realtà era accaduto che Mac Brazel, proprietario di un ranch nei pressi di Roswell, si era imbattuto in strani resti metallici (dal peso complessivo inferiore ai 3 Kg) e aveva avvisato lo sceriffo. Successivamente iniziarono a girare voci anche riguardo al ritrovamento di un altro rottame e dei cadaveri di cinque extraterrestri. Probabilmente ad alimentare queste voci era stato l’iniziale imbarazzo da parte delle autorità militari.
I militari effettivamente avevano qualcosa da nascondere. Già dal 1930 a Roswell si effettuavano esperimenti missilistici del pioniere Robert Goddard, a 200 Km da Roswell si testavano i missili V2, a 350 Km c’erano i laboratori in cui Fermi e Hoppenheimer avevano sviluppato la bomba atomica e a 150 Km era stata testata la prima esplosione nucleare della storia.
Per le autorità era meglio se gli abitanti di quelle zone, notando delle stranezze, le avessero attribuite agli alieni…
Robert Goddard venne contattato, all’inizio degli anni ’30 da un certo Jack Parsons che nel 1936 fondò il “Jet Propulsion Laboratory“. Parson oltre ad essere un esperto di missili ed una mente geniale, si interessava anche ad altro: pensate che si faceva chiamare l’Anticristo.
Jack l’Anticristo indivinate chi conobbe all’età di 25 anni? Il mago nero Aleister Crowley, laBestia 666! Inutile evidenziare che tra i due si creò un bel rapporto…
Nel 1946, la Bestia e l’Anticristo, con l’aiuto di L. Ron Hubbard, che poi avrebbe fondatoScientology, iniziarono l’operazione Babalon. L’operazione consisteva nel far incarnare nel feto di una donna incinta, attraverso appositi rituali teurgici, uno spirito “elementale”. Prima dell’esperimento Parsons condusse una donna nel deserto che, se fosse stata la prescelta, avrebbe dovuto vedere, sempre secondo Parsons, un U.F.O. argentato a forma di sigaro. L’operazione Babalon fu poi commissionata a Roman Polansky affinché ne facesse un film. Il talentuoso regista girò infatti Rosemary’s baby.
In realtà Parsons non credeva che i “sigari volanti” fossero astronavi ma manifestazioni spiritiche…
…Ma andiamo con ordine: Aleister Crowley nel 1904 affermò di essere entrato in contatto, in Egitto, con un’entità che si chiamava Aiwass che gli preannunciò l’arrivo di una Nuova Era. Per raggiungere questa New Age, si sarebbe dovuti passare per la distruzione del cristianesimo. Aiwass profetizzò anche qualcosa che Parsons, in seguito, individuò negli U.F.O.. Così si spiega l’affermazione di Parsons, rinvenuta grazie alla pubblicazione nel 1973 dei rituali dell’OTO (sì, esatto, l’OTO… Ammazza-ammazza è tutta una razza) in cui cui spiegava che i dischi volanti avrebbero giocato una parte nel convertire il mondo alla “crowleyanità”.
Altra conferma della natura “immateriale” degli U.F.O. e degli alieni viene da Kennet Grant, uno dei più importanti divulgatori dell’opera di Crowley: “Operando con le formule della magia thelemica [il culto di Thelema venne creato da Crowley dopo la visione in Egitto]Parsons prese contatto con esseri extraterrestri dell’ordine di Aiwass.“.
Possibile dunque che il mito degli extraterrestri si sia generato in questo modo? Facciamo una prova: pensate al viso di un alieno. Fatto? Bene, quello che segue è il ritratto che il mago nero Crowley fece di Lam, un’entità extraterrestre che gli sarebbe apparsa dopo Aiwass, nel 1919…
Se queste informazioni ancora non bastano per capire la vera natura degli U.F.O. / alieni, presto ne pubblicherò delle altre che comunque puoi trovare nei libri “Extraterrestri. Le radici occulte di un mito moderno” di Pennetta e Marletta e “Massoneria e sette segrete. La faccia occulta della storia” di Epiphanius.
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