Dall’alto del
Tabor
Emitte lucem tuam et veritatem tuam: ipsa me deduxerunt, et
adduxerunt in montem sanctum tuum et in tabernacula tua
(Sal 42, 3).
Non per gusto dell’orrido, ma per essere lucidamente
consapevoli dell’ora presente abbiamo cercato di analizzare, nelle ultime
settimane, la strategia dell’Anticristo, così da esser pronti a riconoscerlo nel
momento in cui si manifesterà. Il Signore stesso, nel deserto, ha voluto
guardare in faccia il nemico per insegnarci ad affrontarlo e a sconfiggerlo. Ora,
tuttavia, per non soccombere all’opprimente visione della cruda realtà,
volgiamo di nuovo lo sguardo verso la luce. Seguiamo Gesù sul monte appartato e
lasciamoci inondare dalla luce che si irradia dal Suo volto trasfigurato, di
una bellezza insostenibile. Certo, questa contemplazione è riservata ai cuori
puri, i cui occhi possono sopportarne lo splendore. Ma, se anche il processo di
purificazione interiore non fosse ancora a buon punto, non scoraggiamoci:
guardiamo ugualmente, e la luce ci penetrerà nella misura in cui siamo in grado
di accoglierla e, per mezzo dei nostri sforzi di santificazione, ci purificherà
gradualmente. Chiunque sia ben disposto è irresistibilmente attirato dalla
bellezza di Cristo e già il semplice desiderio di possederla in modo sempre più
pieno lo fa avanzare, trasformandolo interiormente.
Sulla cima del Tabor, dove la Verità incarnata
l’aveva guidato, san Pietro avrebbe voluto erigere tre tende per poter gustare senza
sosta quell’anticipo di Paradiso (cf. Lc 9, 33). Il nuovo Tempio vivente di Dio era là, in
carne e ossa, e la Gloria rifulgeva in quel corpo in cui abita la pienezza
della Divinità (cf. Col 2, 9). Ma era ancora troppo presto, Pietro: il Figlio
di Dio, da te riconosciuto per la grazia permanente a te concessa dal Padre
(cf. Mt 16, 16-17), doveva prima morire e risorgere per liberare l’umanità dal
peccato. Dopo la Sua Pasqua, però, che il Maestro aveva da poco oscuramente
profetizzato (cf. Mt 16, 21), il tuo desiderio si sarebbe compiuto. Ogni
giorno, nell’offrire il Sacrificio redentore, saresti salito sul monte santo e avresti
adorato il Signore nella Sua dimora. Beati noi, che come te possiamo compiere questa
breve ascesa quotidiana e vivere alla Sua presenza! Chi mai potrebbe valutare
adeguatamente questo dono? Non c’è prezzo per essere membri della Chiesa
Cattolica, così come non c’è nulla che non si possa dare per rimanere tali.
È indubbio che, per gustare appieno la bellezza del
Salvatore e favorire le migliori disposizioni per ricevere la Sua grazia, non
ci sia mezzo più efficace della santa Messa di sempre. Sì, a molti la
partecipazione ad essa impone un piccolo pellegrinaggio; per altri essa è
semplicemente impossibile. Cercate allora chiese in cui la nuova Messa sia almeno
celebrata in modo degno e con la dovuta intenzione. Non metto in discussione la
sua validità. Secondo la dottrina tradizionale, è sufficiente che il sacerdote
pronunci le parole consacratorie con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
Talvolta, però, è proprio quest’ultima che potrebbe far difetto. Non voglio
certo lanciare falsi allarmismi o incrementare scrupoli già frequenti nel
popolo fedele, ma mi è capitato due o tre volte di avere la netta sensazione,
davanti al tabernacolo di una chiesa o cappella, che dentro non ci fosse nulla,
quando invece la presenza del Signore mi si fa sempre percepire in modo
sensibile. È un argomento meramente empirico, ma non mi è facile ignorarlo…
Coraggio: Dio non lascerà mai la Sua Chiesa priva
del Sacrificio e di sacerdoti che lo offrano come si deve. I tempi sono
particolarmente burrascosi per chi vuol rimanere innestato sulla Tradizione,
ma, sia pure disseminati, siamo in tanti e, grazie ai moderni mezzi di
comunicazione, ci teniamo in contatto. Nessuno può impedirci di incontrarci e
di celebrare i divini misteri (magari nelle case come i primi cristiani, se un
giorno non ci fosse più concesso nelle chiese). Nessuno potrà strapparci la
ricchezza che abbiamo ricevuto né dissuaderci dal farla ulteriormente conoscere
con quella carità e misericordia di cui per primi siamo stati oggetto. Tanti
giovani sinceramente alla ricerca di Dio non aspettano altro, delusi come sono
da belle parole che, nelle loro “comunità cristiane”, tali sono rimaste o sono
state crudamente smentite dai fatti. I nuovi Pastori non vogliono ammetterlo,
ma la loro “pastorale” è un fallimento completo: la vita della Chiesa non è
fatta di teorie imparate in seminario, né ognuno può dipingersi la realtà come
gli piacerebbe vederla. Soprattutto, non si può far evaporare il cristianesimo
in fantasie puerili.
Una presentazione della fede centrata sulla
soddisfazione di esigenze soggettive ha coagulato una massa disarticolata di
persone avvezze a selezionare ambienti, sacerdoti ed esperienze in base ai loro
gusti o capricci. Ma un naufrago non sceglie la tavola a cui aggrapparsi:
afferra quella che la Provvidenza gli offre. Dal punto di vista morale, la
società odierna affoga in un oceano di melma e sterco; gli individui che la
compongono, tuttavia, continuano a fare gli schizzinosi. La salvezza eterna non
è la carta del ristorante; che piaccia o no, la via è una: conversione, preghiera,
Messa, confessione, osservanza dei Comandamenti, lotta al peccato e pratica
delle virtù evangeliche. E non si va alla Messa dove c’è il prete simpatico, le
canzonette alla moda e un gioviale clima da ritrovo mondano: si va là dove si è
moralmente certi che il Sacrificio della Croce sia realmente rinnovato. Se il
latino ti richiede uno sforzo, fàllo: non sei forse pronto a farne di ben più
gravosi per scopi molto meno vitali? Chi ha detto che evitare l’Inferno non
debba costare la minima fatica?
In realtà i giovani amano le sfide; ma ci vuole pur
chi le proponga loro con convinzione. Quelli che vengono in chiesa solo quando ci
sono i loro canti o celebra “il loro prete” (che regolarmente svicola sulle
questioni morali o è di ampie vedute in campo sessuale) inevitabilmente
andranno a convivere; poi, se si sposeranno, divorzieranno, si riaccoppieranno
e via dicendo… cioè saranno sempre infelici e rischieranno pure la dannazione
eterna. Ma il gruppo giovani andava a gonfie vele, vescovo e parroco gongolavano di
soddisfazione e, nel caso, chiudevano un occhio – o tutti e due. Chi ha mai
verificato se quei ragazzi così attivi ed entusiasti avevano effettivamente la
fede e si sforzavano di vivere secondo le esigenze della vocazione cristiana?
Per farlo, però, avrebbero dovuto almeno conoscerle… Come potranno mai avere un
cuore sufficientemente puro per fissare lo sguardo sul volto di Gesù
trasfigurato onde assorbirne la luce e la bellezza? Che orrendo destino:
campare tutta una vita senza fare mai quest’esperienza!
Saliamo, saliamo sulla santa montagna e trasciniamo
con noi quelli che amiamo. All’inizio, forse, si sentiranno un po’ a disagio,
ma col tempo, se hanno una coscienza retta, si abitueranno all’altitudine e saranno
conquistati. L’uomo è fatto per Dio – e Dio non è un’idea (tanto meno una di
quelle oggi più in voga). Non è giusto promettere beni spirituali eccelsi senza
indicare i mezzi per raggiungerli, come se la pace e la gioia del Vangelo
fossero accessibili a chi vive stabilmente nel peccato e non ha alcuna
intenzione di venirne fuori. Così non si fa altro che provocare pericolose
illusioni e conseguenti frustrazioni, lasciando le persone completamente
indifese di fronte ai pericoli di questo mondo, in cui i demoni scorrazzano
ormai indisturbati. Chi invece sta sul monte non sarà raggiunto
dall’inondazione di fango che si sta riversando sul pianeta. Da lassù si vede
il male standone a debita distanza; se si scende, è solo per chiamare chi
annaspa nel gorgo e tendergli la mano. Questa è misericordia.
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