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giovedì 9 gennaio 2014

Vescovi non pervenuti

Laici e non in piazza contro la legge sull’omofobia. Vescovi non pervenuti

La Manif pour tous Italia, nata in esplicito gemellaggio con l’omologo movimento francese che si oppone al matrimonio gay, ha dato appuntamento per sabato 11 gennaio a Roma (piazza Santi Apostoli, ore 15,30), a tutti coloro che considerano semplicemente liberticida la legge “contro l’omofobia” – il cosiddetto “ddl Scalfarotto” – già approvata alla Camera a settembre e ora al vaglio del Senato.
La manifestazione di sabato prossimo  (ne parla anche Francesco Agnoli nella sua rubrica in questa stessa pagina) è stata preparata da una miriade di iniziative che da qualche tempo vedono protagoniste sia la Mpt Italia, sia le “Sentinelle in piedi”. Queste ultime sono soprattutto ragazze e ragazzi che si danno appuntamento nelle piazze italiane – in più di venti città, negli ultimi cinque mesi – per testimoniare, tenendo in mano un libro o un cero acceso e rimanendo in silenzio e in piedi per un’ora, la volontà di difendere la libertà di espressione attaccata da una legge che vuole introdurre il pretestuoso reato di omofobia.
Leggi penali a tutela della persona e della sua integrità già esistono e sono sufficienti e valide per tutti, ma introdurre il reato di omofobia serve ad altro. Lo si capisce se si leggono le risibili “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone Lgbt”, pubblicate da qualche settimana sul sito del ministero per le Pari opportunità. Dove si dice, per esempio, che va eliminata l’espressione “utero in affitto” (per non offendere chi usa le donne povere come incubatrici?), oppure si diffida dal sostenere e dallo scrivere che il bambino “ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico”. Guai anche a chi usa l’espressione “matrimonio gay”, perché la formula corretta è “matrimonio tra persone dello stesso sesso”.
Quelle opinioni e quelle espressioni potrebbero diventare reati, se passasse la legge Scalfarotto. Ed è comprensibile che di fronte a questa prospettiva vogliano far sentire il proprio dissenso sia un mondo cattolico non dimentico di una questione antropologica che ha tenuto banco negli ultimi trent’anni di pontificato, sia un mondo di non credenti laicamente affezionati alla libertà di espressione e al rifiuto di qualsiasi pensiero unico, compreso quello ispirato dalla teoria del gender.
Da tutto questo nasce la manifestazione nazionale di sabato. Della quale, va detto, si stanno facendo carico realtà che più di base non potrebbero essere, mentre in casa dei vescovi la parola d’ordine nemmeno troppo sommessa è: non ci riguarda. E’ singolare, per non dire incredibile, che una mobilitazione che fino a oggi ha coinvolto migliaia di persone e che riguarda il “cuore” antropologico del messaggio cristiano, non possa contare sull’appoggio esplicito dei pastori. E non può nemmeno contare sulle associazioni cattoliche che solo sette anni fa – nell’ormai remota era nella quale Camillo Ruini era a capo della Conferenza episcopale italiana – costruivano il Family Day. A scorrere la lista delle adesioni all’appuntamento dell’11 gennaio (lo slogan è: “Non imbavagliate le coscienze”), leggiamo per esempio il nome di Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni famigliari. Il quale però partecipa a titolo personale, così come altri esponenti del mondo cattolico. Fanno eccezione il Movimento per la vita, l’Associazione giuristi per la vita e un’altra decina di sigle, mentre i politici che hanno annunciato la loro presenza sono i soliti, quelli più impegnati sui temi legati ai “valori non negoziabili”: Laura Bianconi, Maurizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Lucio Malan, Massimiliano Fedriga, Giorgia Meloni, Nicola Molteni, Alessandro Pagano, Eugenia Roccella, Maurizio Sacconi, Mario Sberna.
Tornando al mondo cattolico, l’impressione è che stia accadendo anche in Italia quello che è successo in Francia un anno fa, dove il movimento contro il matrimonio e le adozioni per le coppie gay ha dovuto fare e tuttora fa a meno dell’appoggio di un episcopato intimidito e assente. Nonostante il Papa fosse Benedetto XVI e non ci fosse ancora Bergoglio a parlare d’altro.

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