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lunedì 22 febbraio 2016

Non ditelo a Bergoglio..

Paolo VI e le suore violentate in Congo. Ciò che quel papa non disse mai

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Nella pirotecnica conferenza stampa sul volo di ritorno dal Messico a Roma, papa Francesco ha tra l'altro ritirato fuori la storia che "Paolo VI – il grande! – in una situazione difficile, in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza". Ed ha aggiunto che "evitare la gravidanza non è un male assoluto, e in certi casi, come in quello che ho menzionato del beato Paolo VI, [ciò] era chiaro".
Due giorni dopo, anche padre Federico Lombardi ha ritirato fuori la stessa storia, in un'intervista alla Radio Vaticana fatta con l'intento di raddrizzare ciò che era andato storto nelle dichiarazioni del papa riprese dai media, che sul via libera agli anticoncezionali avevano già cantato vittoria:

"Il contraccettivo o il preservativo, in casi di particolare emergenza e gravità, possono anche essere oggetto di un discernimento di coscienza serio. Questo dice il papa. […] L’esempio che [Francesco] ha fatto di Paolo VI e della autorizzazione all’uso della pillola per delle religiose che erano a rischio gravissimo e continuo di violenza da parte dei ribelli nel Congo, ai tempi delle tragedie della guerra del Congo, fa capire che non è che fosse una situazione normale in cui questo veniva preso in considerazione".
Ora, che Paolo VI abbia esplicitamente dato quel permesso non risulta per niente. Mai nessuno è stato in grado di citare una sola sua parola in proposito. Eppure questa leggenda metropolitana continua a stare in piedi da decenni, e puntualmente ci sono cascati anche Francesco e il suo portavoce.
Per ricostruire come è nata questa storia bisogna riandare non al pontificato di Paolo VI ma a quello del suo predecessore Giovanni XXIII.
Era il 1961, e la questione se fosse lecito che delle suore in pericolo d'essere violentate ricorressero a degli anticoncezionali, in una situazione di guerra come quella che imperversava allora in Congo, fu sottoposta a tre autorevoli teologi moralisti:
- Pietro Palazzini, all'epoca segretario della sacra congregazione del concilio e in seguito divenuto cardinale;
- Francesco Hürth, gesuita, professore alla Pontificia Università Gregoriana;
- Ferdinando Lambruschini, professore alla Pontificia Università del Laterano.
I tre formularono assieme i rispettivi pareri in un articolo sulla rivista di area Opus Dei "Studi Cattolici", numero 27, 1961, pp. 62-72, sotto il titolo: "Una donna domanda: come negarsi alla violenza? Morale esemplificata. Un dibattito".
I tre erano tutti favorevoli ad ammettere la liceità di quell'atto, sia pure con argomenti tra loro diversi. E questo parere favorevole non solo passò indenne al vaglio tutt'altro che remissivo del Sant'Uffizio, ma divenne dottrina comune tra i moralisti cattolici di ogni scuola.
Nel 1968 Paolo VI pubblicò l'enciclica "Humanae vitae", che condannò come "intrinsecamente cattiva ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione". E questa condanna sarebbe poi entrata nel 1997, con le stesse parole, nel Catechismo della Chiesa cattolica.
Ma anche dopo la "Humanae vitae" la liceità del comportamento delle suore congolesi continuò ad essere pacificamente ammessa, senza che Paolo VI e i suoi successori dicessero alcunché.
Anzi, nel 1993, regnante Giovanni Paolo II, la questione tornò di nuovo sotto i riflettori, questa volta a motivo della guerra non in Congo ma in Bosnia. Il teologo moralista che quell'anno si fece autorevole portavoce della dottrina comune favorevole alla liceità fu il gesuita Giacomo Perico, con un articolo sulla rivista "La Civiltà Cattolica" stampata con l'imprimatur delle autorità vaticane, col titolo: "Stupro, aborto e anticoncezionali".
In realtà la controversia tra i moralisti, da allora fino a oggi, non riguarda la liceità dell'atto in questione, ma i fondamenti di tale liceità.
C'è chi ritiene la liceità di questo atto una "eccezione", alla quale se ne potrebbero quindi affiancare altre, valutate caso per caso, invalidando con ciò la qualifica di "intrinsecamente cattiva" – e quindi senza eccezione alcuna – applicata dalla "Humanae vitae" alla contraccezione.
E c'è invece chi ritiene l'atto delle suore congolesi o bosniache un atto di legittima difesa dagli effetti di un atto di violenza che non ha niente a che vedere con l'atto sessuale libero e volontario dal quale si voglia escludere la procreazione, sul quale e soltanto sul quale cade la condanna – senza eccezioni di sorta – della "Humanae vitae".
Lo studioso che più nitidamente ha ricostruito lo scontro tra queste due correnti è Martin Rhonheimer, professore di etica e filosofia politica alla Pontificia Università della Santa Croce, nel volume "Ethics of Procreation and the Defense of Human Life", The Catholic University of America Press, Washington, 2010, alle pagine 133-150.
A giudizio di Rhonheimer è la seconda tesi la più fedele al magistero della Chiesa, mentre la prima, tipicamente casuistica e "proporzionalista", offre il fianco alle critiche della "Veritatis splendor", l'enciclica di Giovanni Paolo II sulla teologia morale.
Ma curiosamente, è proprio verso questa prima tesi che sembrano pendere sia papa Francesco, nella conferenza stampa volante del 17 febbraio, sia ancor di più padre Lombardi nell'intervista del 19 alla Radio Vaticana.
L'uno e l'altro, infatti, distinguono tra l'aborto, male assoluto che non ammette eccezione alcuna, e la contraccezione, che invece – dicono – "non è un male assoluto" ma "un male minore" e quindi può essere consentita in "casi di emergenza o situazioni particolari".
Padre Lombardi cita un'altra di queste eccezioni ammesse: l'uso del preservativo in situazioni di rischio di contagio, commentato da Benedetto XVI nel suo libro-intervista "Luce del mondo" del 2010.
Ma appunto, riduce anche questo a un caso d'eccezione. Ignorando la notachiarificatrice – di tutt'altro segno – che la congregazione per la dottrina della fede, dando voce a papa Benedetto, diffuse il 21 dicembre 2010 riguardo alle polemiche esplose a seguito di quel libro.
Monsanto, e non il Virus Zika, dietro alle malformazioni fetali in Brasile? Quello che sappiamo.
Pubblicato 21 febbraio 2016 - 14.34 - Da Enea Rotella

Mentre i media americani, sotto campagna elettorale, spandono terrore e Obama chiede quasi 2 miliardi di dollari per prevenire le infezioni di Virus Zika, il nesso tra l’agente patogene e le malformazioni fetali viene messo in discussione da molti ricercatori. Un gruppo di medici argentini puntano il dito contro il pyriproxyfen, che sarebbe prodotto da una succursale della Monsanto, ma la Monsanto nega in una nota ufficiale, mentre Fortun bolla tutto come l’ennesima teoria della cospirazione.


Sui giornali di tutto il mondo, da qualche settimana a questa parte, sono stati versati fiumi di inchiostro sui casi di microcefalia in Brasile. Il collegamento con il Virus Zika è stato dato per scontato (per leggere la storia della nascita del virus: “Zika Virus, la scimmia Rhesus 766 e Rockefeller“). Un gruppo medico di ricercatori argentini ha sostenuto che le malformazioni siano al contrario la conseguenza del versamento di un larvicida tossico nelle tubature idriche. A Pernambucolo stato in Brasiledove è esploso il primo focolaio, si sono verificati il 35% dei casi di microcefalia. Secondo i ricercatori, il governo brasiliano avrebbe aggiuntopiriproxifen (o pyriproxyfen) nell’acqua potabile, un pesticida larvicida, facendo aumentare la proliferazione della zanzara Aedes aegypti, veicolo dello Zika Virus. Il pyriproxyfen sarebbe stato aggiunto fin dal 2014 ai rifornimenti idrici, nei contenitori di acqua potabile del paese, al fine di controllare e di bloccare lo sviluppo delle larve di zanzare.
Chi produce il piriproxifen?


Il pyriproxyfen è una sostanza chimica che regola la crescita ormonale di alcuni insetti e la sua somministrazione crea una serie di squilibri fisiologici che portano alla morte dell’insetto. È stato prodotto dalla Sumitomo Chemical e, scorrendo le pagine web dello U.S National Library of Medicine, si scopre che la sostanza viene prodotta dalla sede distaccataSumitomo sita a Willoughby, Ohio. Sul sito web di questa società si afferma che il piriproxifen non crea danni agli uccelli, né ai pesci né ai mammiferi. Peccato però che sugli insetti tale sostanza sia letale, anche se ad oggi è tutto da provare che questo larvicida causi la microcefalia sui neonati. Tuttavia, tale sostanza interviene sul sistema nervoso centrale e periferico umano, creando nausea, vomito, diarrea, difficoltà di respirazione e sintomi di debolezza muscolare. I governo locale del Rio Grande do Sul, nella parte meridionale del Brasile, a titolo precauzionale ne ha sospeso l’uso.
La Sumitomo Chemical ha rilasciato una dichiarazione per ribadire la sicurezza del prodotto: “Il piriproxifen, dopo aver attraversato numerosi test tossicologici, non ha mostrato effetti sul sistema riproduttivo o del sistema nervoso dei mammiferi, ed è stato approvato e registrato per l’uso negli ultimi 20 anni dalle autor
ità di circa 40 paesi in tutto il mondo, compresa la Turchia, Arabia Saudita, Danimarca, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Spagna, Repubblica Dominicana, Colombia e America Latina”, un comunicato che inevitabilmente rappresenta un’autostrada aperta per l’utilizzo del piriproxifen nell’Unione Europea.È anche interessante leggere, nella proposta di regolamento UE per monitorare i pesticidi, che in merito ai biocidi (pesticidi in grado di distruggere una grande varietà di organismi): “…né la Commissione né la maggior parte degli Stati membri dispongono attualmente di conoscenze o esperienza sufficienti a permettere di proporre ulteriori misure in merito ai biocidi”. In Europa, ilpiriproxfin viene anche utilizzato dalla Bayer per il suo prodotto Fleegard Environment Spray contro le pulci nelle lettiere degli animali. L’Unione Europea ha dunque affermato, in parole povere, che questi prodotti chimici possono essere utilizzati, anche se nessuno conosce l’impatto reale che possono avere sull’ambiente e sull’uomo.
La Monsanto dietro al piriproxifen?
Un altra possibilità , leggendo questo d
ocumento, è che l’Europa abbia di fatto aperto le porte alla Monsanto. Già, perché la nota multinazionale èpartner commerciale della Sumitomo, e addirittura i ricercatori argentini hanno lasciato intendere che la Sumitomo non sarebbe altro che una succursale della Monsanto. L’Abrasco (associazione formata da tecnici, professionisti, studenti e professori di medicina sociale), ha sostenuto chenon vi sono collegamenti schiaccianti tra la microcefalia e il virus Zika e allo stesso tempo ha puntato il dito contro: “un cartello di business molto redditizio che opera in tutto il mondo”. Il gruppo di ricercatori medici argentini sostiene che in Colombia, dove sono state infettate dal virus Zika 3.177 donne incinte, non si sono registrati casi di microcefalia e che le neomamme hanno dato alla luce neonati sanissimi. La Monsanto, tuttavia, nega di possedere la Sumitomo in questa nota: “The Facts about Monsanto, Zika Virus and Microcephaly“, ma conferma di esserne partner commerciale, mentre Fortune bolla tutti i collegamenti tra lo Zika Virus e la Monsantocome l’ennesima teoria della cospirazione alimentata dai social networks.
La fabbrica della paura
Nonostante i dubbi circa il collegamento tra il Virus Zika e la microcefalia –Monsanto o no -, gli Stati Uniti hanno già messo in moto la fabbrica della paura. I democratici del Senato hanno esortato il Presidente Obama a muoversi rapidamente per evitare accuse di inadeguatezza sulle conseguenze del virus Zika. Il Presidente USA ha dunque chiesto 1,8 miliardi di dollari per affrontare l’

emergenza, un’ottima strategia di campagna politica in vista delle prossime elezioni, mentre i media americani fanno rimbalzare mappe di varie forme e misure sulle aree nelle quali il Virus Zika potrebbe diffondersi.
Intanto, sulle debolezze dei poveri, i ricchi speculano. In Brasile, l’Exposis Extrême, un repellente per insetti prodotto dall’azienda pariginaLaboratoire Osler, è letteralmente andato a ruba e le prenotazioni sono salite a dismisura. Molte donne sono disperate e dilaniate dal dubbio:evitare di rimanere incinta o passare lunghi mesi indossando maniche lunghe? La sensazione (o la speranza) è che tutto potrebbe risolversi senza troppi danni, come avvenuto nel 2002 con la febbre del Nilo, nel 2004 con la Sars, nel 2005 con l’aviaria, nel 2009 con l’H1N1 e nel 2014 con l’Ebola.
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