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martedì 23 febbraio 2016

Papa Donald I

Carico da novanta di Douthat sul Nyt: il Papa e Trump sono uguali

L'obiettivo da colpire è lo stesso, nota il columnist cattolico americano: la classe dirigente occidentale
di Matteo Matzuzzi | 23 Febbraio 2016 
Papa Francesco (LaPresse)
Il fatto è che Papa Francesco e Donald Trump sono più o meno uguali, e cioè due populisti che se le sono date di santa ragione. A scriverlo, domenica sul New York Times, il columnist cattolico Ross Douthat. Ma il Papa deve fare politica, sottolinea il vaticanista del Boston Globe, John Allen.

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Visto lo spettacolo che danno i sedicenti "cristiani" dall'altra parte, Papa Francesco: "Io sto col tizio ebreo".
http://rampini.blogautore.repubblica.it/files/2016/02/pope-Francis-and-Bernie-Sanders.jpg

PAPA DONALD I

Le dichiarazioni di Papa Francesco su Donald Trump hanno generato le solite polemiche che interessano ogni fatto riguardante il frontrunner repubblicano. Francesco I, di ritorno dalla sua visita in Messico, ha attaccato frontalmente The Donald per l’idea di costruire un muro lungo i confini con il Messico e ne ha messo in dubbio la sua fede cristiana. Dal canto suo Trump ha bollato le dichiarazioni come “disgraceful” aggiungendo che “nessun leader, specialmente se religioso, ha il potere di interrogarsi sulla fede di un’altra persona”.

La presa di posizione del Papa è infelice anche agli occhi di un non trumpiano. Francesco, infatti, prende posizione a ridosso del voto in South Carolina ed è impossibile non scorgere un tempismo politico decisamente sospetto. Il Papa si è difeso scomodando Aristotele e il riferimento all’uomo come animale politico, sottolineando come anche lui, egualmente a tutti gli esseri umani, ricada nella categoria dei “politici”.
Diverso l’atteggiamento che il Papa ha avuto (non) intervenendo nel dibattito politico italiano di questi giorni e richiamandosi alla separazione del potere temporale e di quello spirituale. “Io non so come stanno le cose in Parlamento – ha detto – ma il Papa non si immischia nella politica italiana”. Il Vescovo di Roma utilizza, dunque, due pesi e due misure entrando a gamba tesa nella politica americana sino a sospettare della cristianità del front-runner repubblicano, mentre, di fronte ai dibattiti etico-politici italiani evita di intromettersi.
L’idea di indebolire Trump nelle primarie in South Carolina sembra qualcosa di molto faticoso persino per il popolarissimo Francesco. Gli ultimi sondaggi vedono il tycoon newyorkese ancora al primo posto nelle preferenze del Palmetto State e alcuni osservatori evidenziano come le accuse di Papa Francesco possano, addirittura, allargare quel consenso. Il 65% di evangelici coinvolti nelle primarie repubblicane credono che la fede di un persona non possa essere messa in discussione da persone terze e sia conosciuta solo dal fedele stesso. Il pastore evangelico Mike Gonzalez, intervistato da Politco, si spinge oltre “uno può essere cristiano – spiega – e allo stesso tempo, appoggiare la costruzione di un muro”.
Nemmeno gli avversari di Trump paiono approfittare dell’assist di Francesco: Tony Perkins, attivista influente del Family Research Council e supporter di Ted Cruz, evidenzia come Francesco I simpatizzi per posizioni di sinistra, al contrario di larga parte degli evangelici americani.
Comunque la si voglia leggere questa storia ha una verità molto chiara: chi sfida Trump si fa male. Anche se si chiama Jorge Maria Bergoglio e di mestiere fa il Papa.

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