ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 7 marzo 2016

A Papa Francesco non interessa il cristianesimo

Ad Ariccia il Papa porta la Curia a spogliarsi davanti a Dio

PAPA FRANCESCO

A Papa Francesco non interessa il cristianesimo, a Papa Francesco interessano i cristiani; a Papa Francesco non interessa la riforma della Curia, a Papa Francesco interessa che vescovi, cardinali e monsignori si riformino. Per questo sono iniziati sei giorni di esercizi spirituali ad Ariccia. Sono giorni in cui vivono assieme quelli che in genere lavorano assieme. Lo fanno tutte le grandi aziende, gli studi d'avvocato, le banche. Gli esercizi spirituali della Curia non se li è inventati Bergoglio ma prima di lui si facevano in vaticano tra una telefonata e l'altra, tra una riunione e l'altra. Un paio di conferenze, un po' di preghiere e via. Adesso il Papa carica tutti sul pullman e alla fine li riporta indietro. Finché non hai finito, stai con lui in silenzio a pregare.
Sì perché il capo con cui bisogna allinearsi e ridefinire gli obiettivi aziendali, quello con cui parlare per capire la resilienza e le soft skills sarebbe lui, proprio il Capo. Quello che secondo la fede cattolica è tra noi in carne ed ossa. Se si vuole capire qualcosa del pontificato di questo Papa, bisogna partire dagli Esercizi spirituali fatti così: bisogna partire dal fatto che lui è un mistico.
Scalfari nella famosa prima intervista chiese a Francesco se avesse una vocazione mistica, lui di rimando chiese cosa sembrasse al fondatore di Repubblica, e si sentì dire di no. Bergoglio ci rimase male e aggiunse "io adoro i mistici".
I mistici non c'entrano nulla con le immaginette. "Faccia da immaginetta" è uno dei sarcasmi con cui Papa Francesco predilige sferzare i cristiani incoerenti. Francesco crede che conoscersi ed ascoltarsi faccia crescere la conoscenza del mondo. Secondo lui non sarà solo un periodo di aggiornamento ma riguarda quella cosa lì, che facciamo al lavoro per aprirci al mondo ma che in azienda non a possiamo fare se prima non la facciamo su noi stessi.
Sarebbe non solo una materia di studio per preti o un master di spiritualità ma il modo in cui lascio che Dio mi guardi e mi ascolti e viceversa. C'è una cosa però da sapere quando si inizia a parlare e a stare con Dio, ed è che "Dio fa": Dio crea sempre. Anche quando riposa. Perché il suo respiro stesso è creatore.
Un periodo di ritiro spirituale, è entrare nel settimo giorno della creazione, quello del riposo e della contemplazione. È scoprire cosa c'è da scoprire ancora. Un nuovo bisogno, una nuova idea, una nuova parte di mondo che forse era già in me ma era seduta o addormentata. Domande, risposte, vuoti, silenzi, spazi, attese, nostalgie. Nudità. Ecco cosa dovrebbe essere la vita per Francesco. Stare nudi.

Senza titoli, senza onori, senza medaglie e divise. Solo con il proprio nome. Solo con i propri bisogni e desideri.

Mauro Leonardi Headshot



Don Pierluigi Di Piazza: "L'accoglienza è la nostra salvezza e non esistono valori non negoziabili"

Cita il Levitico - “Quando uno straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, trattandolo come fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi stessi” –, parla di istituzioni senza coscienza e di una mancanza di progettualità dell’Europa che rivendica le sue radici cristiane ma poi non è in grado di piangere per la sofferenza altrui, per la morte di uomini, donne, bambini. Pierluigi Di Piazza, “prete di frontiera” è fondatore del centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (Ud) e ha appena scritto Il mio nemico è l’indifferenza. Essere cristiani nel tempo del grande esodo (Laterza). Dove critica, come da sempre fa dalla sua “periferia”, una Chiesa lontana dagli ultimi e vicina al potere, ma soprattutto una Chiesa che non riconosce la diversità – anche sessuale - e si barrica dietro i valori non negoziabili che invece, a suo dire, non esistono. Anzitutto nel Vangelo, dove la prima regola è l’amore, che “dovrebbe attraversare anche la politica”.
In una recente intervista al periodico cattolico francese “Vie” il papa ha ammesso senza timore che il Vecchio Continente si trova di fronte a “un’invasione araba”, ma ha aggiunto che non si tratta di un fenomeno negativo. “Quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia!”, ha detto Francesco, “E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture”. Come commenta questa riflessione? 
Mi trova in grande sintonia. Siamo in una fase della storia che ci porterà un nuovo mondo. Anche il sottotitolo del libro – Essere cristiani nel tempo del grande esodo – si riferisce certo alla questione dei migranti, ma allo stesso tempo anche all’esodo di noi tutti verso una nuova umanità. Il Friuli in cui mi trovo, così come l’Italia e l’Europa, saranno diversi nei prossimi decenni, comunque uno la pensi, anche politicamente. Noi siamo dentro questo passaggio. Sarà diverso il mondo, per l’intreccio di tante storie di persone, di culture e religioni diverse, ma molto dipenderà da noi, da come oggi noi incontriamo l’altro, se questo mondo futuro sarà contrassegnato da muri e fili spinati oppure caratterizzato da una convivenza che anche attraverso l’esperienza del centro Balducci so essere non facile, ma è l’unica strada per un’umanità umana.
Sempre nella stessa intervista il papa ha detto: cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso. E si è chiesto dove si possano trovare “uno Schumann o un Adenauer" dell'Europa moderna. Lei si pone la stessa domanda nel libro: dov’è l’Europa che dibatteva sulle radici cristiane? 
Le radici sono state e sono invocate tante volte in maniera strumentale. Ma non basta evocarle. Le radici hanno un senso quando si è formata su quelle radici una pianta, ma soprattutto la pianta ha dato i frutti di opere buone e l’opera buona fondamentale di questo tempo è quella di superare l’indifferenza. Le vicende delle persone, delle comunità e dei popoli ci devono interrogare dentro e noi dobbiamo acconsentire a essere interrogati e a non essere indifferenti, in modo che le vicende non siano solo dei numeri, ma ci portino sempre a soffermarci su quel volto di donna, di bambino, di uomo. Quei volti che arrivano nelle nostre case oggi dal confine tra Grecia e Macedonia, oppure dal grande accampamento di Calais in Francia, dove sono entrate le ruspe a sgombrare perché le persone se ne andassero. Vale però anche per tutti gli incontri umani che noi viviamo: non voltarsi dall’altra parte.
Papa Francesco ricordava quando Dio ha chiesto a Caino “Dov’è tuo fratello?”. 
Ecco, noi non dovremmo mai dire cosa mi importa di mio fratello, ma invece prenderci a cuore, prenderci cura. C’è una dimensione interiore dello spirito della coscienza che viene prima di ogni organizzazione, di ogni risposta pratica e politica e questa è la dimensione della profondità dell’animo. Io credo che dipenda da questa dimensione il fatto che oggi non ci siano soluzioni politiche adeguate, perché le istituzioni e le politiche dell’Italia e dell’Europa non hanno questa fonte a cui attingere, questa profondità. Una politica senza riferimenti a una dimensione spirituale, culturale ed etica, è una politica che si esprime nella laicità della storia ma non ha una forza intrinseca: anche la politica dovrebbe essere attraversata dall’amore, dall’attenzione alle persone, a cominciare da tutte quelle che fanno più fatica, ma anche da tutte le persone che noi incontriamo nella nostra vicenda umana.
Lei critica l’Italia, paese cristiano cattolico che ha ancora una legge disumana, la Bossi-Fini. 
L’Italia ha fatto molto nei salvataggi in mare, aiutando decine di migliaia di persone, ed è stata lasciata sola dall’Europa che non riesce a trovare un progetto comunitario: l’Europa dei popoli non c’è anche quando ne sentiamo l’urgenza, si limita alla prima accoglienza. Quanto alla legge Bossi-Fini, basti pensare che regola l’immigrazione dal 2002 e che lo stesso Fini ha detto che è una legge che va cambiata. Ma nessuno la tocca. Manca anche una legge organica sui richiedenti asilo. Il fatto è che le paure, che hanno anche le loro motivazioni, rischiano di essere alimentate da coloro che hanno un interesse ad alimentarle e non a risolvere le questioni problematiche; a me pare che la migliore risposta alle paure siano i tentativi di risoluzione positiva di quelle questioni che ci sono e sono aperte, problematiche. Ma, ripeto, io sento la mancanza di una progettualità, e poi di un’etica e poi una spiritualità come dimensione laicamente intesa di profondità dell’animo. 

Lei critica l’assurdità del diritto di asilo riconosciuto nello stato membro che lo ha concesso, così come la distinzione tra migranti economici e profughi di guerra.

C’è una situazione così evidente dove decine di migliaia di persone scappano dalle guerre e dalla povertà: come facciamo ad accogliere solo i primi? Diventa difficile anche perché uno sguardo alla situazione del mondo e una lettura strutturale del pianeta ci spingono a considerare quali sono le nostre responsabilità del nostro mondo rispetto a quei mondi. Queste persone che fuggono scappano da situazioni che il nostro mondo ha contribuito a determinare e a creare: io sono tra quelli che dicono che bisogna rimuovere le cause, ma anche riconoscere che siamo protagonisti di quelle cause. Sull’impoverimento di tanti popoli siamo coinvolti, sulle guerre siamo coinvolti anche fornendo armi, in Libia, Iraq, Afghanistan, Siria. Quando penso a chi scappa per motivi di impoverimento mi chiedo perché l’Europa non pensi a un progetto a lungo termine con tempi immediati, una sorta di piano Marshall per, ad esempio, i paesi del sud Sahara e coinvolgesse giovani europei dei diversi paesi, persone competenti che hanno studiato e sanno operare e collaborino con i giovani di quei paesi impoveriti. Progetti che riguardino l’agricoltura, le scuole, le professioni, non per un nuovo colonialismo ma una vera cooperazione: ecco secondo me un’Europa dei popoli dovrebbe progettare così: ma di questo non c’è traccia.
Lei rivendica il suo essere periferico, anche nella Chiesa, come condizione che consente di alimentare e conservare la coscienza critica. Allo stesso tempo critica la religione del potere, che si limita a consolare in modo paternalistico gli ultimi, alleandosi con i primi. 
Come scrivo nel libro a volte mi sento triste, in una condizione di isolamento, però sono convinto che solo dalla periferia si possa guardare con profondità e umanità, solo mettendosi dalla parte di chi è ai margini si può guardare ai meccanismi che producono marginalità. Se io sono al centro, e da lì guardo il mondo non mi coinvolgerò mai nello stesso modo. Ho sempre cercato di seguire tre dimensioni: il riferimento profondo al Vangelo; i rapporti con le persone, le relazioni umane, così come le ho trovate nella loro verità esistenziale; e, terzo, la mia coscienza; e tutto questo non per andar contro gli altri ma perché mi sono sentito così nella mia vita e oggi trovo un grande conforto dalla presenza di papa Francesco perché difende la Chiesa in cui ho sempre creduto e per cui mi sono battuto; mi sento confortato, dunque, ma vedo che le ricadute nelle parrocchie, nelle diocesi sono inferiori a quello che ci si poteva aspettare: più di qualcuno nomina il papa con le labbra ma mi pare che il cuore sia lontano da questo modo di essere, di proporre una Chiesa che sia davvero libera dal potere.
Lei scrive che le recenti polemiche di una parte del mondo cattolico sui temi del gender l’hanno irritato. E parla di disastro educativo dei seminari rispetto all’affettività e alla sessualità. 
Mi chiedo perché nelle scuole non si cerchi di porre attenzione alle diversità, però non accentuando le diversità nel modo in cui sono state accentuate fino ad ora: indicare un giovane come omosessuale significa automaticamente un pregiudizio nei suoi confronti, una stigmatizzazione; a tutto questo bisogna rispondere con un’educazione alla diversità in modo pacato e con l’accoglienza delle diversità, senza marcarle perché altrimenti, appunto, si rischia di entrare nella discriminazione, data anche la cultura in cui siamo vissuti. Io io ho esperienza dei seminari in cui sono cresciuto quando questa educazione obbligatoria al celibato ecclesiastico, che secondo me la Chiesa dovrebbe aprire a una libertà di scelta, poteva favorire situazioni anche di repressione della dimensione affettiva e sessuale. Ecco, la Chiesa e i cattolici dovrebbero ben pensare a queste situazioni anche perché poi tante situazioni drammatiche di pedofilia fanno certo pensare alle vittime; ma io penso che dopo aver guardato le vittime di situazioni terribili, si debba considerare, senza giustificare, coloro che hanno abusato come vittime a loro volta di un’educazione istituzionale nei seminari: perché l’istituzione vorrebbe sempre smarcarsi e salvare se stessa indicando nei colpevoli coloro che per debolezze proprie, per turbamenti, hanno operato in modo così disumano e drammatico.
Lei polemizza con chi parla di “valori non negoziabili”. 
Io penso che l’incontro con le persone dovrebbe sempre avvenire con il vangelo in mano, nel cuore e con un rapporto veritiero con la persona che ho davanti e incontro. A parte che il termine è molto grossolano, quasi indica una mercificazione, se io dico che ho valori non negoziabili di fronte a una persona che mi presenta una situazione che non avrei mai pensato di incontrare nella mia vita, faccio scattare una pregiudiziale ideologico-religiosa che mi porta a creare immediatamente uno sbarramento. Se ho un pacchetto preconfezionato di parole e di atteggiamenti non incontrerò mai quella persona. C’è stato il tempo in Italia della Chiesa politica, contrassegnata dalla guida Ruini; in quel periodo si invocavano valori non negoziabili, ma nel Vangelo non ci sono valori non negoziabili; papa Francesco ha posto fin dall’inizio il cuore, la rivelazione del Dio misericordia: per lui tutto è negoziabile. 

1 commento:

  1. Se papa Bergoglio si sente un 'mistico' dovrà spiegare chi è allora quell'altro che tutti i santi giorni, durante la Messa papale, rovescia critiche velenose e corrosive sul suo prossimo, che neanche le comari inacidite...
    Marisa

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