ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 24 marzo 2016

Ave, verum Corpus, natum de Maria virgine

Vere passum, immolatum

Le ispirate parole con cui san Tommaso d’Aquino compose i testi liturgici per la solennità del Corpus Domini, estesa da Papa Urbano IV alla Chiesa universale nel 1265, in seguito al miracolo di Bolsena (1263), hanno ricevuto conferma sperimentale – se mai ce ne fosse bisogno – anche nella nostra epoca dominata dall’ateismo e dallo scetticismo. Ave, verum Corpus, natum de Maria virgine; vere passum, immolatum in cruce pro homine.
Quell’Ostia consacrata che consumiamo nella santa Comunione è realmente la carne che il Verbo ha assunto dalla Vergine e, indissolubilmente unita alla natura divina, offerto al Padre nella Sua dolorosa Passione in espiazione dei peccati umani: è una carne sofferente, martoriata, sanguinante, eppure sempre viva. Mi riferisco all’impressionante serie di miracoli eucaristici avvenuti, tra il 1992 e il 1996, nella chiesa di Santa Maria a Buenos Aires e, senza un motivo plausibile, nascosti al mondo dalla dirigenza di quella diocesi.
Da quanto Maurizio Blondet è riuscito ad appurare sul posto e ha poi riferito in una recente pubblicazione (cf. Un Cuore per la vita eterna. Un fatto inaudito ed ignorato, Proceno [VT] 2014) risulta chiaramente che Dio ha voluto rinnovare nello stesso luogo, nell’arco di pochissimi anni, i fatti essenziali di Bolsena e di Lanciano: ostie consacrate che hanno colato sangue del gruppo AB (raro, lo stesso della Sindone) nonché due ostie (di cui una rinvenuta dopo probabile profanazione) trasformate in carne viva: tessuto miocardico (come a Lanciano) proveniente dal ventricolo sinistro di un essere umano vivente ma, come si deduce dall’anomala presenza di globuli bianchi e dallo stato degenerato delle fibre, sottoposto a gravissimi traumi fisici. È peraltro impossibile prelevare tale tessuto da un paziente in vita senza ucciderlo, così come è impossibile che esso conservi nel tempo le caratteristiche di un tessuto vivo, dato che, una volta estratto, si decompone rapidamente; i globuli bianchi, fra l’altro, si dissolvono nel giro di pochi minuti, mentre l’esame istologico è stato compiuto ben tre anni dopo l’evento.
Delle due ostie consacrate che hanno mostrato la Realtà nascosta sotto l’apparenza sensibile – realtà che noi abbiamo comunque sempre riconosciuto per fede senza alcun bisogno di prove – la seconda (quella sottoposta ad analisi scientifica per volere dell’arcivescovo Bergoglio) è inspiegabilmente andata perduta, a quanto pare corrottasi per inadeguate modalità di conservazione; l’altra, grazie a Dio conservatasi in seguito a naturale essiccazione, è custodita in un vano ricavato nel muro della cappella dell’adorazione costruita nella chiesa parrocchiale in seguito ai fatti. Per poter vedere il segno eucaristico (non si parla di miracolo), occorre cercare qualcuno che abbia in custodia la chiave per aprire lo sportello: o un sacerdote, peraltro non facilmente reperibile, o l’onnipotente segretaria. Il segno – diconoin loco – appartiene alla “comunità”, che ancora riflette su quello che il Signore abbia voluto dirle con quello strano accadimento… Solo ad essa? Il resto della Chiesa e dell’umanità non sarebbero coinvolte?
In Curia, l’unico funzionario che, sorpreso da Blondet, abbia accettato suo malgrado di parlarne lo ha con inclassificabile sicumera derubricato a fatto mistico pertinente all’ordine della fede e non della costatazione (cf. ibid., 47). Caspita! Gli scienziati che hanno analizzato i campioni non hanno costatato proprio nulla? Strani effetti della modern(istic)a teologia di germanica importazione! Non si può certo dimostrare con le scienze naturali che nell’ostia consacrata c’è Dio; ma che cosa deve succedere perché quell’imperturbabile curiale argentino possa infine pervenire ad una semplice costatazione, dopo aver soddisfatto tutti i requisiti del suo irrazionale razionalismo? Ad ogni modo, torniamo agli innegabili fatti raccogliendo gli irrisolti quesiti della pensosa comunità locale: che cosa vorrà mai dire nostro Signore non solo a loro, ma all’intera Chiesa terrena, per quanto riottosa? Visto che la circostanza comune a tutti i fatti miracolosi è la distribuzione dell’Eucaristia sulla mano e il coinvolgimento di “ministri” laici, il minimo che si possa arguire – senza affatto rompersi il capo – è che il Cielo condanni questi deprecabili abusi che, congiuntamente alla contraffazione della Messa, hanno spento la fede nella Presenza reale.
Ma l’omertà e la cappa di silenzio imposta dal cardinal Quarracino e dal suo successore ci spingono ad andare più lontano. Il nostro Dio e Signore Gesù Cristo non si limita a redarguire la Sua indocile Sposa ancora peregrinante, ma vuol pure sanarne l’incredulità e, con ciò stesso, riportarla sulla via del suo vero bene. La santa Messa è realmente il Sacrificio della nostra redenzione, reso presente in modo incruento mediante i segni sacramentali; la santa Eucaristia è realmente il Corpo immolato e il Sangue versato dall’Uomo-Dio nella Sua espiatoria Passione; la santa Comunione è realmente un mangiare e bere il nostro Salvatore nella Sua oblazione redentrice e, di conseguenza, essa trasforma in Lui chi Lo riceve degnamente (cioè in stato di grazia e con le dovute disposizioni interiori). «Perciò chiunque in modo indegno mangia il Pane o beve il Calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo Pane e beva di questo Calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11, 27-29).
Queste parole, fino alla cosiddetta riforma liturgica, erano proclamate ogni Giovedì santo in tutte le chiese; ora è impossibile trovarle in un lezionario, sebbene gli enormi volumi occupino in sagrestia un intero scaffale. Sarà forse perché questa ingiustificabile censura, nell’epoca stessa della pretesa riscoperta della Bibbia, ha rimosso anche dalla mente dei chierici le condizioni richieste per una comunione degna che si è arrivati a rivendicare l’accesso all’Eucaristia per chi pratica la sodomia o vive in stato di adulterio permanente? Questi orribili sacrilegi, in realtà, in diversi Paesi sono prassi corrente, ma li si vorrebbe legittimare; da noi (a parte l’eclatante caso di Genova, risalente a pochi anni or sono) essa ha parimenti cominciato a dilagare a macchia d’olio, ma senza clamore, secondo l’italica modalità del rossiniano Zitto, zitto, piano, piano
Come se non bastasse, per un’errata concezione della misericordia si sta diffondendo l’idea, peraltro promossa dal supremo Pastore, che l’accusa dei peccati, nella Confessione, possa anche non essere completa se il penitente ne prova vergogna, mentre il proposito di evitarli in futuro sembrerebbe non più esigibile in ragione della debolezza dell’umana natura. Il fatto è che, quando si tratta di materia grave, un’accusa volutamente incompleta e l’assenza di un proposito fermo ed efficace (che includa cioè la decisione di evitare le occasioni prossime) rendono l’assoluzione del sacerdote semplicemente nulla. Una confessione invalida costituisce un sacrilegio; il fedele che si comunica dopo una simile finzione commette un ulteriore sacrilegio, ancora più grave.
In realtà nessuno ha mai goduto a confessare le proprie colpe o si è mai aspettato che il confessore se ne complimentasse con lui; se poi non se ne vergogna o non ne è pentito, bisogna semplicemente mandarlo via come faceva san Pio da Pietrelcina – non necessariamente in modo così brusco. Al santo frate stava veramente a cuore la salvezza delle anime; non per nulla il suo confessionale era perennemente assediato. Quanto al proposito, chi ne mette in dubbio la possibilità nega non soltanto l’efficacia della grazia divina, ma la dignità stessa dell’uomo, dotato di libero arbitrio e capace di volere. Ma – fatto ancor più grave – in tal modo si rischia di vanificare il Sacrificio di Colui che veramente ha sofferto per noi, nonché di calpestare il Corpo immolato e il Sangue versato per i nostri peccati. I sensazionali miracoli di Buenos Aires sono un po’ scomodi, a quanto pare, per le teorie dei Pastori moderni; per chi ha fede, invece, sono un vivissimo e inequivocabile appello alla conversione. Che sia per tutti una Pasqua realmente santa.


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