ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 3 marzo 2016

Dio lo consente per metterci alla prova

QUALCUNO PREGA PER NOI

Se non ci fosse qualcuno che prega per noi. La storia incredibile di padre Kalosans. Vi è l’idea che la preghiera è una specie di lusso che l’anima si concede quando il corpo non è oppresso da problemi o necessità ma invece . . 
di Francesco Lamendola  


  
  
Che cosa sarebbe di noi, che cosa potrebbe accadere a chiunque di noi, e all’umanità nel suo complesso, se non vi fossero delle anime buone che prendono su di loro il peso del male commesso da altri e che pregano sempre, senza stancarsi mai, per la protezione delle persone e per la conversione dei peccatori e dei malvagi?
Diciamo la verità: non solo fra le persone di estrazione culturale laicista e materialista, ma anche fra moltissimi dei cosiddetti credenti, vi è l’idea che la preghiera, sì, potrà anche essere utile, ma insomma, se ci sono dei problemi da affrontare e da risolvere, bisogna soprattutto rimboccarsi le maniche e darsi da fare sul piano concreto; e che la preghiera, insomma, è una specie di lusso che l’anima si concede, quando il corpo non è oppresso da problemi o necessità troppo urgenti, però non bisogna fare su di essa soverchio affidamento. Ed è la medesima idea per cui si guarda con un misto di diffidenza e di scetticismo la scelta compiuta da un giovane o da una ragazza i quali – sempre più raramente, ormai – abbiano deciso di voltare le spalle al mondo e di entrare in convento, per vivere la vita della preghiera continua e della unione mistica con Dio. Lo scetticismo deriva dalla scarsa fede nella possibilità che le loro preghiere potranno mai essere utili a qualcuno, sia esso vivo o, a maggior ragione, morto; la diffidenza, dal vago sentimento che costoro, in fondo, siano dei disertori di fronte ai problemi urgenti e materiali dell’esistenza, e che, andando a vivere in convento, abbiano scelto la strada più facile, quasi una fuga, lasciando noi a sbrigarcela con le difficoltà della vita “reale” – affettive, sociali, economiche, politiche -, a noi che dobbiamo sbrigarcela da soli, con le nostre sole forze.
Invece non è affatto così. Per il credente, la preghiera è tutto: è la stessa vita dell’anima, è il canale attraverso il quale si rimane uniti a Dio, e senza il quale si è abbandonato alle pulsioni di egoismo, violenza e morte che salgono dai recessi più oscuri dell’anima, e che vengono stimolate e sollecitate dall’incoscienza di chi crede di poter giocare con esse, ma anche da forze più potenti e più temibili di quelle puramente umane: le forze diaboliche. E a quei “credenti” i quali affermano di credere, sì, in Dio, e magari anche nella forza d’intercessione della Madonna, degli Angeli e dei Santi, ma non all’esistenza e all’azione distruttrice del Diavolo, né alla realtà dell’Inferno, bisognerebbe ricordare che tutte le vite dei santi stanno lì a dimostrare il contrario: che l’Inferno esiste e che il Diavolo si aggira, costantemente, «simile a leone ruggente», come dice s. Pietro, in cerca di anime da divorare. Tutti i santi hanno dovuto fare i conti con Lui, prima o poi; a tutti quell’essere oscuro, che invidia la possibilità di salvezza degli uomini per odio verso Dio, si è manifestato in vario modo, tentando di spaventarli, distoglierli, ostacolarli nella loro opera luminosa, mirante a portare fino a Dio quante più anime possibile e, pertanto, a sottrarle alle insidie diaboliche. Chi non crede alla dimensione oscura del mondo invisibile, vuol dire che si è costruito un’idea tutta sua del cristianesimo: un’idea ove Cristo non è venuto sulla terra per combattere il Demonio e le sue trame, come raccontano i Vangeli e fin dall’inizio della sua vita pubblica, con l’episodio delle tentazioni nel deserto, ma per predicare una innocua e generica dottrina buonista, in linea con le pseudo religioni e con la pseudo spiritualità di marca New Age, ove tutto è semplice e facile perché Dio non è altro, in fondo, che una specie di emanazione dell’anima cosmica universale, e non un essere personale che ama ciascun individuo singolarmente, e gli chiede anche il massimo dell’impegno per la santificazione della sua vita e per conseguire la beatitudine eterna, nell’altra.
Maria Simma (nata a Sonntag, un paesino di 700 abitanti nel Land austriaco del Vorarlberg, il 5 febbraio 1915 e morta, quasi novantenne, nel medesimo villaggio il 16 marzo 2004) è stata una mistica, nota in gran parte del mondo per le sue visioni del Purgatorio, iniziate nel 1940 e divenute quasi quotidiane dal 1954, e per ciò che ha detto di aver saputo da quelle anime a proposito dell’Aldilà. La Chiesa, in quanto istituzione, non si è pronunciata sulla veridicità di tali esperienze, anche se il parroco del suo villaggio l’ha sempre stimata a sostenuta, così come, del resto, i suoi compaesani e un vasto pubblico di lettori e di partecipanti alle conferenze che ella ha tenuto, soprattutto nei Paesi di lingua tedesca. Va notato che era una donna senza istruzione, di aspetto modesto, che viveva quasi in povertà e non aveva mai cercato il benché minimo vantaggio economico dalle sue testimonianze. I suoi libri sono stati scritti mettendo insieme delle interviste a lei fatte; ella era priva di cultura, ma ricca di buon senso e possedeva una semplicità e una bontà che conquistavano a prima vista; e la sua vita, che si è svolta in gran parte nel nascondimento, dopo un tentativo infruttuoso di entrare come suora, ancor giovane, in un ordine religioso (non la vollero accogliere a causa della sua salute cagionevole), e poi nell’assistenza all’anziano padre malato, sino alla fine, pare la vita di una santa medievale. Quasi priva di esigenze personali, a parte lo stretto indispensabile per vivere, si manteneva con l’orto e le galline, più quel che la solidarietà dei compaesani le metteva a disposizione, senza mai chiedere nulla. In casa non aveva la televisione, pur vivendo sola, né la voleva: sosteneva che è uno degli strumenti attraverso cui si trasmette con maggiore facilità un influsso malefico sugli uomini.
Un giorno la sua abitazione, antica di quattrocento anni, andò a fuoco all’improvviso, per un incendio misteriosamente scoppiato al piano superiore. Lei si trovava in cucina e disse di aver udito dei passi sul pavimento, ma di non aver fatto in tempo a vedere alcuno; sosteneva, però, che non era stato un incendio doloso, nel senso comune del termine, ma che ad appiccarlo era stato il Demonio in persona, infastidito dai suoi messaggi relativi al Purgatorio, nei quali le anime chiedevano preghiere e davano consigli ai vivi per evitare di soccombere alle tentazioni diaboliche. Gli abitanti di Sonntag, comunque, vollero fare una colletta e le costruirono una casa nuova, un piccolo chalet, nel quale ella trascorse il resto della sua lunga vita, lasciando un grato ricordo di sé, della sua dolcezza, della sua disponibilità: non considerava le sue rivelazioni come un tesoro da custodire gelosamente, ma come una responsabilità per il bene delle anime, sia dei trapassati che dei viventi. Sostenne di aver subito altre vessazioni e pericoli a causa del Demonio, compreso un tentativo di assassinio da parte di un gruppo di satanisti, che avevano progettato di ucciderla durante il viaggio in treno per tenere una conferenza nella Germania del Nord. La sua vita si svolgeva in una atmosfera semplicissima, impregnata di misticismo: fu quella di una persona umile e schiva, che ritiene di aver ricevuto una serie di esperienze privilegiate e di doverle mettere a disposizione del prossimo, per amor di Dio. La sua fede era profonda, vivissima: sin da ragazza si era votata alla Madonna e a lei riserbò sempre una devozione assoluta.
Un giorno, durante una intervista, un giornalista le chiese in quale maniera il Diavolo può danneggiare gli esseri umani, oltre che mediante la “semplice” tentazione e la possessione. Vale la pena di riportare le battute di quel dialogo, perché si prestano a molte e notevoli riflessioni (da: Nicky Eltz con Maria Simma, «Fateci uscire da qui!»; traduzione dall’inglese a cura di Anna Parrish Pedeferri, Tavagnacco, Udine, Edizioni Segno, 1997, pp. 161-162):

«D.: Fino a che punto è potente Satana e fino a che punto  lo è la protezione nei suoi confronti, protezione che riceviamo dai nostri Angeli Custodi e che ci guadagniamo con il nostro buon agire?
R.: Oh, queste sono forme di protezione molto potenti.  Senza di esse Satana ha l’abilità di ucciderci tutti in un attimo. Le voglio raccontare l’incredibile storia di un santo sacerdote di un monastero non molto lontano da Bludenz [sempre nel Land del Vorarlberg, all’estremità occidentale della Repubblica austriaca; nota nostra]. Era il più anziano e anche il priore di questo monastero. Pregava talmente tanto e faceva così tanto bene da suscitare l’invidia ed anche la derisione dei confratelli più giovani e più superficiali. Una notte, due giovani religiosi in procinto di ritirarsi nelle proprie celle, videro dal corridoio una luce accesa nel seminterrato. Insospettiti, poiché era molto tardi, scesero a controllare. Quando aprirono la porta di quel locale si presentò loro una scena raccapricciante. Il vecchio e caro Padre era impiccato ad una maniglia, con le gambe stese come se fosse seduto, ma restando sollevato dal pavimento per una decina di centimetri.  Chiamarono la polizia che setacciò da cima a fondo il convento per settimane. Per la sua santità non era possibile pensare al suicidio. Furono interrogati, naturalmente, tutti gli altri sacerdoti perché era cosa risaputa che ridevano della sua  vita di grande vicinanza a Dio, di incessante preghiera e caritativa. Tuttavia, quelle indagini accurate non approdarono a nulla e la faccenda rimase un mistero per tutta la popolazione di quel territorio. Poi mi venne riportata la triste storia ed accettai di chiederne la spiegazione ad un’anima del Purgatorio. La risposta non tardò ad arrivare perché molti stavano pregando per lui ed anche perché l’intero monastero era in stato di shock.  Così diceva: “La Madonna era apparsa a questo sacerdote e gli aveva chiesto se fosse disposto  ad accettare l’abilità di Satana di uccidere. Se avesse accettato, avrebbe espiato per le molte anime che si erano vendute a lui. Ed egli aveva accettato”. Con questa risposta andai al monastero dove si erano radunati tutti, compresa la polizia, ed in loro presenza, a voce alta, lessi il messaggio trasmessomi. Nel silenzio che ne seguì, si sentì il sospiro profondo di un sacerdote che si fece strada tra la folla e, con le lacrime agli occhi, tirò fuori di tasca un foglietto. Spiegò che l’aveva preso dalla tasca del vecchio prete quella notte in cui lui ed il compagno l’avevano trovato morto. L’aprì, mostrando al’assemblea che la scrittura era quella del morto, e poi lo lesse. Così diceva: “Mi è apparsa la Madonna e mi ha chiesto se fossi disposto ad accettare l’abilità di Satana di uccidermi poiché se avessi accettato, avrei espiato per le molte anime che si erano vendute a lui. Io ho accettato.”
D.: Quindi egli ha accettato di offrire la propria vita per persone che non aveva mai conosciuto e che si erano date alle pratiche occulte?
R.: Proprio così!
D.: quando è successo? E vuol dirmi come si chiamava quest’uomo straordinario?
R.: Certamente. Accadde alla fine degli anni ’80 e si chiamava p. Joseph Kalosans. Un uomo così buono e coraggioso non può che essere un potentissimo intercessore per noi.»

C’è un altro episodio, anche più conosciuto, e sempre nell’area di lingua tedesca, che richiama da vicino questa incredibile vicenda: quello di una ragazza bavarese, Anneliese Michel, nata nel 1972 e morta nel 1976, dalla quale sono stati tratti due film, rispettivamente del 2005 e 2006 – uno, più noto internazionalmente, statunitense, ed uno tedesco – e del quale abbiamo già avuto occasione di occuparci, in una precedente occasione (cfr. «Verso la nuova inquisizione del pensiero unico scientista», pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 26/09/2007). La povera Anneliese, infatti, morta di denutrizione e di sfinimento dopo dodici infruttuosi tentativi di esorcismo, quando ormai era ridotta letteralmente a pelle e ossa, era convinta che le sue sofferenze fossero necessarie per la salvezza di molte anime: così le avevano assicurato Gesù e la Madonna, i quali le erano apparsi, spiegandole il senso di ciò che le stava accadendo; non è chiaro se vi fosse stata una richiesta da parte di essi, ed una libera risposta affermativa da parte di lei. Ad ogni modo, quel che dimostrano simili episodi – per coloro che sono disposti a credervi, naturalmente; e il silenzio che avvolge la vicenda di Joseph Kalosans ci sembra eloquente al riguardo: un silenzio assordante, probabilmente voluto anche dalla Chiesa, forse per sottrarre la memoria di lui al sospetto di un suicidio – è che noi, anche se tendiamo a dimenticarlo con molta disinvoltura, siamo al centro di una lotta incessante fra il Bene e il Male, di una battaglia cosmica fra il Cielo e l’Inferno; una battaglia la cui posta in gioco sono le nostre anime e la nostra salvezza eterna, e nella quale il Diavolo parte decisamente avvantaggiato, proprio per il fatto che la maggior parte di noi si rifiuta di credere alla sua esistenza e ritiene che, in una civiltà moderna, sarebbe un imperdonabile cedimento alle pulsioni regressive e “oscurantiste” della nostra psiche, quello di cominciare a crederci proprio ora che la scienza e la tecnica sembrano metterci il segreto della vita e il controllo totale su di essa a portata di mano, facendo di noi i soli padroni del nostro destino. Ma la storia che abbiamo qui riferito ci ricorda che c’è qualcuno che può agire su di noi, sia in ambito spirituale che, talvolta, in quello materiale: e che rifiutare Dio equivale a invitare il Suo Nemico. Come insegna il Libro di Giobbe, Dio lo consente per metterci alla prova. Gesù, infatti, raccomanda di star sempre desti e non lasciarsi sorprendere…

Se non ci fosse qualcuno che prega per noi… La storia incredibile di padre Kalosans

di Francesco Lamendola

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