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«Omoeresia» è uno dei due neologismi circolanti. L’altro è «omoideologia». Il primo indica il rifiuto, totale o parziale, del Magistero della Chiesa sull’omosessualità. Il secondo indica la promozione del gay fashion nel mondo. Questioni, su cui si sono spaccati già gli episcopaliani, mentre gli ortodossi russi han tagliato i ponti con i presbiteriani scozzesi ed i protestanti francesi. Ed anche i Cattolici rischiano, nel caso prevalesse l’idea di una «Chiesa decentralizzata», come emerge da quest’intervista a don Andrzej Kobyliński, docente presso l’Università «Card. Stefan Wyszyński» di Varsavia.
di Mauro Faverzani
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E’ un termine che sta circolando, da tempo: «omoeresia». Come spiega don Andrzej Kobyliński, consiste nel «rifiuto, totale oppure parziale, del Magistero della Chiesa sull’omosessualità», che non viene più vista come un’inclinazione «oggettivamente disordinata» e contraria alla legge naturale. Recentemente, proprio per la benedizione religiosa data a coppie dello stesso sesso, si sono spaccati in due federazioni gli episcopaliani, presenti in diversi Paesi del mondo. Nel 2015, gli ortodossi russi hanno rotto qualsiasi rapporto ufficiale con i presbiteriani di Scozia e con i protestanti francesi. Anche in casa cattolica si mormora.
Poi c’è un altro neologismo, «omoideologia», descritto come quel «fenomeno globale, che promuove l’omosessualità e lo “stile di vita” omosessuale». Don Kobyliński, dopo gli studi compiuti presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, è attualmente docente di Filosofia presso l’Università «Card. Stefan Wyszyński» di Varsavia. In Italia ha pubblicato Modernità e postmodernità. L’interpretazione cristiana dell’esistenza al tramonto dei tempi moderni nel pensiero di Romano Guardini (1998) e, recentemente, il suo articolo Le dimensioni etiche dell’odierna pentecostalizzazione del cristianesimo, apparso sulla Rivista Teologica di Lugano.
C’è chi afferma che, per risolvere almeno in parte la questione, si dovrebbe consentire ai sacerdoti di sposarsi: Lei è d’accordo?
Il problema veramente cruciale per i cattolici è il rapporto tra il sacerdozio e l’omosessualità. Il sacerdozio cattolico ha un carattere sacramentale e ontologico. Così abbiamo creduto per due millenni. Di conseguenza, nei sacramenti celebrati dai sacerdoti cattolici, in modo particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, abbiamo a che fare con la presenza vera, reale e sostanziale di Gesù Cristo. Il prete cattolico deve essere conforme a Cristo, che è fonte di ogni sacerdozio. Per amministrare dei sacramenti validi nella Chiesa cattolica, i sacerdoti devono agire “nella persona di Cristo” (in persona Christi). Per duemila anni nella Chiesa cattolica non è esistito un divieto formale di ammettere al sacerdozio seminaristi omosessuali. La rivoluzione copernicana è avvenuta solo nel 2005, quando papa Ratzinger ha approvato la pubblicazione dell’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali. In questo documento viene affermato espressamente, per la prima volta nella storia del Magistero della Chiesa cattolica, che non si possono «ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».
Reati e peccati relativi all’omosessualità ed alla pedofilia non sono “esclusivi” della Chiesa: è giusto ritenere che rappresentino un fenomeno globale e pertanto appartengano alla miseria dell’uomo in generale?
La pedofilia è un fenomeno planetario, che riguarda tutte le culture e tutte le religioni. Nel 2002 don Fortunato Di Noto ha pubblicato un libro intitolato La pedofilia. I mille volti di un olocausto silenzioso. Questo titolo dice tutto – pedofilia come un olocausto ossia come un crimine terribile. Nel 1998, a giugno e luglio, ho frequentato a Roma il corso per formatori neiSeminari, organizzato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dove ho sentito il card. Darío Castrillón Hoyos, a quell’epoca Prefetto della Congregazione per il Clero, parlare del dramma della pedofilia tra i preti cattolici e della preparazione da parte della Santa Sede del documento, che avrebbe vietato l’ordinazione di preti omosessuali. Nel settembre 1998 sono rientrato in Polonia e sono stato nominato a mia volta formatore e docente in un seminario maggiore diocesano. Nonostante la forte resistenza, ho cominciato ad attuare gli orientamenti della Santa Sede sulla pedofilia e sull’omosessualità.
Benedetto XVI affrontò la questione: oggi la Chiesa vi si sta dedicando con l’impegno necessario?
Lo scandalo degli abusi sessuali compiuti da preti su minorenni dura nella Chiesa cattolica almeno da trent’anni. Esplose fortemente per la prima volta negli Stati Uniti a metà degli anni Ottanta. All’inizio degli anni Novanta era già un dramma vero e proprio in molti Paesi del mondo. Nell’autunno del 1992 è stata organizzata a Chicago una prima Conferenza Nazionale sul tema. Nel 2002 negli USA vi fu in merito un vero e proprio terremoto: la Chiesa cattolica americana ha versato finora circa 4 miliardi di dollari come risarcimento alle vittime. Secondo le indagini, negli Stati Uniti il 90% dei preti pedofili erano preti omosessuali.
Allora che aspettarsi dal futuro?
Dipende dalla concezione di Chiesa, che prevarrà. Se andassimo verso la Chiesa cattolica decentralizzata e federale, allora la visione dell’omosessualità sarebbe probabilmente stabilita a livello regionale dalle conferenze episcopali, dalle diocesi, dagli ordini religiosi e dalle parrocchie. A questo punto molto significativa rimarrebbe la posizione dei Domenicani, che già nel1995 a Caleruega in Portogallo (luogo natale di san Domenico), durante il Capitolo Generale, decisero per tutto l’Ordine a livello mondiale che il voto di castità si applicasse a tutti i confratelli di qualsiasi orientamento sessuale. Nel 1998 padre Timothy Radcliffe, Generale dei Domenicani negli anni 1992-2001, scrisse così: «Il Capitolo Generale di Caleruega affermò che le stesse richieste di castità si applicano a tutti i confratelli di qualsiasi orientamento sessuale, per cui nessuno può venire escluso per questo motivo». Ci fu un grosso dibattito a Caleruega su questo punto e sono sicuro che continuerà.
«Omoeresia» è uno dei due neologismi circolanti. L’altro è «omoideologia». Il primo indica il rifiuto, totale o parziale, del Magistero della Chiesa sull’omosessualità. Il secondo indica la promozione del gay fashion nel mondo. Questioni, su cui si sono spaccati già gli episcopaliani, mentre gli ortodossi russi han tagliato i ponti con i presbiteriani scozzesi ed i protestanti francesi. Ed anche i Cattolici rischiano, nel caso prevalesse l’idea di una «Chiesa decentralizzata», come emerge da quest’intervista a don Andrzej Kobyliński, docente presso l’Università «Card. Stefan Wyszyński» di Varsavia.
di Mauro Faverzani
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E’ un termine che sta circolando, da tempo: «omoeresia». Come spiega don Andrzej Kobyliński, consiste nel «rifiuto, totale oppure parziale, del Magistero della Chiesa sull’omosessualità», che non viene più vista come un’inclinazione «oggettivamente disordinata» e contraria alla legge naturale. Recentemente, proprio per la benedizione religiosa data a coppie dello stesso sesso, si sono spaccati in due federazioni gli episcopaliani, presenti in diversi Paesi del mondo. Nel 2015, gli ortodossi russi hanno rotto qualsiasi rapporto ufficiale con i presbiteriani di Scozia e con i protestanti francesi. Anche in casa cattolica si mormora.
Poi c’è un altro neologismo, «omoideologia», descritto come quel «fenomeno globale, che promuove l’omosessualità e lo “stile di vita” omosessuale». Don Kobyliński, dopo gli studi compiuti presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, è attualmente docente di Filosofia presso l’Università «Card. Stefan Wyszyński» di Varsavia. In Italia ha pubblicato Modernità e postmodernità. L’interpretazione cristiana dell’esistenza al tramonto dei tempi moderni nel pensiero di Romano Guardini (1998) e, recentemente, il suo articolo Le dimensioni etiche dell’odierna pentecostalizzazione del cristianesimo, apparso sulla Rivista Teologica di Lugano.
C’è chi afferma che, per risolvere almeno in parte la questione, si dovrebbe consentire ai sacerdoti di sposarsi: Lei è d’accordo?
Il problema veramente cruciale per i cattolici è il rapporto tra il sacerdozio e l’omosessualità. Il sacerdozio cattolico ha un carattere sacramentale e ontologico. Così abbiamo creduto per due millenni. Di conseguenza, nei sacramenti celebrati dai sacerdoti cattolici, in modo particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, abbiamo a che fare con la presenza vera, reale e sostanziale di Gesù Cristo. Il prete cattolico deve essere conforme a Cristo, che è fonte di ogni sacerdozio. Per amministrare dei sacramenti validi nella Chiesa cattolica, i sacerdoti devono agire “nella persona di Cristo” (in persona Christi). Per duemila anni nella Chiesa cattolica non è esistito un divieto formale di ammettere al sacerdozio seminaristi omosessuali. La rivoluzione copernicana è avvenuta solo nel 2005, quando papa Ratzinger ha approvato la pubblicazione dell’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali. In questo documento viene affermato espressamente, per la prima volta nella storia del Magistero della Chiesa cattolica, che non si possono «ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».
Reati e peccati relativi all’omosessualità ed alla pedofilia non sono “esclusivi” della Chiesa: è giusto ritenere che rappresentino un fenomeno globale e pertanto appartengano alla miseria dell’uomo in generale?
La pedofilia è un fenomeno planetario, che riguarda tutte le culture e tutte le religioni. Nel 2002 don Fortunato Di Noto ha pubblicato un libro intitolato La pedofilia. I mille volti di un olocausto silenzioso. Questo titolo dice tutto – pedofilia come un olocausto ossia come un crimine terribile. Nel 1998, a giugno e luglio, ho frequentato a Roma il corso per formatori neiSeminari, organizzato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dove ho sentito il card. Darío Castrillón Hoyos, a quell’epoca Prefetto della Congregazione per il Clero, parlare del dramma della pedofilia tra i preti cattolici e della preparazione da parte della Santa Sede del documento, che avrebbe vietato l’ordinazione di preti omosessuali. Nel settembre 1998 sono rientrato in Polonia e sono stato nominato a mia volta formatore e docente in un seminario maggiore diocesano. Nonostante la forte resistenza, ho cominciato ad attuare gli orientamenti della Santa Sede sulla pedofilia e sull’omosessualità.
Benedetto XVI affrontò la questione: oggi la Chiesa vi si sta dedicando con l’impegno necessario?
Lo scandalo degli abusi sessuali compiuti da preti su minorenni dura nella Chiesa cattolica almeno da trent’anni. Esplose fortemente per la prima volta negli Stati Uniti a metà degli anni Ottanta. All’inizio degli anni Novanta era già un dramma vero e proprio in molti Paesi del mondo. Nell’autunno del 1992 è stata organizzata a Chicago una prima Conferenza Nazionale sul tema. Nel 2002 negli USA vi fu in merito un vero e proprio terremoto: la Chiesa cattolica americana ha versato finora circa 4 miliardi di dollari come risarcimento alle vittime. Secondo le indagini, negli Stati Uniti il 90% dei preti pedofili erano preti omosessuali.
Allora che aspettarsi dal futuro?
Dipende dalla concezione di Chiesa, che prevarrà. Se andassimo verso la Chiesa cattolica decentralizzata e federale, allora la visione dell’omosessualità sarebbe probabilmente stabilita a livello regionale dalle conferenze episcopali, dalle diocesi, dagli ordini religiosi e dalle parrocchie. A questo punto molto significativa rimarrebbe la posizione dei Domenicani, che già nel1995 a Caleruega in Portogallo (luogo natale di san Domenico), durante il Capitolo Generale, decisero per tutto l’Ordine a livello mondiale che il voto di castità si applicasse a tutti i confratelli di qualsiasi orientamento sessuale. Nel 1998 padre Timothy Radcliffe, Generale dei Domenicani negli anni 1992-2001, scrisse così: «Il Capitolo Generale di Caleruega affermò che le stesse richieste di castità si applicano a tutti i confratelli di qualsiasi orientamento sessuale, per cui nessuno può venire escluso per questo motivo». Ci fu un grosso dibattito a Caleruega su questo punto e sono sicuro che continuerà.
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