Al Meeting di Rimini ci saranno sicuramente degli incontri interessanti. Nonostante ciò, è da un po’ di tempo che non vi prendo parte. E credo che continuerò a non andarci finché una certa aria da politicamente corretto che da qualche anno lì si respira non cesserà.
Credo che, indirettamente, ce la faccia notare anche il giornalista di Tempi, Rodolfo Casadei, quando nell’articolo pubblicato oggi su Tempi scrive: “L’accoglienza di padre Arturo Sosa Abascal al Meeting di Rimini da parte della presidente Emilia Guarnieri è stata talmente entusiastica che lo stesso superiore generale dei gesuiti ha dovuto a un certo punto moderare gli ardori. Quando la signora ha detto: «L’abbiamo invitata per imparare a esercitare il discernimento di cui parla papa Francesco: voi gesuiti siete maestri di discernimento». «Dovremmo», l’ha corretta il ‘papa nero’, che per l’occasione sfoggiava un candido clergyman perfettamente abbinato alla capigliatura e ai baffi canuti.”
Ora, per chi non lo ricordasse, padre Arturo Sosa Abascal è il superiore generale dei gesuiti, il cosiddetto “papa nero”, il quale, due anni fa, a proposito della sacralità e indissolubilità del matrimonio, e davanti alla affermazione del card. Muller, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che recitava: “Le parole di Gesù (NdR: in questo caso a proposito della sacralità del matrimonio) sono molto chiare e la loro interpretazione non è una interpretazione accademica, ma è Parola di Dio”, il padre gesuita disse:
“Intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù… a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito…
“Molto spesso dimentichiamo che il Papa non è il capo della Chiesa, è il Vescovo di Roma“.
Alla luce delle parole di Sosa Abascal, dovremmo dar ragione alla presidente Guarnieri, i gesuiti sono “maestri del discernimento”….a modo loro, ovviamente!
Ritornando al presente, padre Arturo Sosa Abascal, dopo l’intervento che ha tenuto oggi al Meeting, ha concesso una intervista a Rodolfo Casadei. Ed anche in questo caso non si è smentito.
A proposito del sacerdozio un po’ si contraddice. Infatti, se da una parte dice che “Ma esso (il sacerdozio, ndr) prende senso quando c’è una comunità viva. La fonte della vocazione sacerdotale è la comunità stessa”, dall’altro dice che “…è Dio che ci chiama: noi dobbiamo tenere le orecchie aperte e avere il coraggio di seguire la chiamata”.
Ma poi prende una virata tipica dei gesuiti odierni. Infatti, Sosa dice: “Sì, occorre anche correggere l’immagine del sacerdote perché rifletta maggiormente quella del servitore. Servitore della comunità cristiana che è a servizio dell’umanità che è chiamata al rinnovamento del mondo nella riconciliazione e nella giustizia per i diritti di tutti. Senza preghiera, tutto questo è impossibile.”
Dunque, se abbiamo capito bene, secondo il gesuita Sosa Abascal, il fine non è l’evangelizzazione, ma la “giustizia dei diritti di tutti”!
Casadei prosegue ponendo la seguente domanda: Oggi nel corso della conferenza lei ha affermato che ai confini dell’Italia e del Messico i diritti umani dei migranti sono violati: quali sono esattamente i diritti umani dei migranti e quali sono i diritti umani di chi già vive nei territori oggetto di immigrazione?
Sosa Abascal risponde: “Sono gli stessi per tutti. Il primo è essere riconosciuti come esseri umani uguali a tutti gli altri esseri umani. La sfida per un paese che riceve migranti non è solo l’accoglienza, ma l’integrazione, che significa ricevere il contributo che gli immigrati portano. Vengono a dare un contributo, che è superiore a ciò che ricevono dal paese di accoglienza. Gli italiani devono fare memoria della loro esperienza: sono venuti in America latina, anche nel mio paese che è il Venezuela, e sono stati accolti, sono diventati parte della società allo stesso titolo di tutti gli altri, e oggi non sono considerati ‘diversi’”.
Ma certo che noi italiani siamo andati anche in Venezuela, e chi lo nega. Io stesso ho avuto uno zio che emigrò per alcuni anni in quel paese. Ma il padre gesuita dimentica di dire che noi in quel paese non ci siamo andati da clandestini. Infatti, non è la figura del migrante in sé che non è accettabile, ma quella legata ai flussi incontrollati di clandestini gestiti dai trafficanti di carne umana. Questo non è un concetto difficile da capire, a meno che non si abbia una posizione ideologica. Infatti, Padre Sosa Abascal continua:
“Chi abita un determinato territorio non ha diritto di respingere i migranti, perché non ha un diritto assoluto su quel territorio: non ne sono proprietari, i beni della terra sono per tutti. Io non vedo un conflitto di diritti, quelli dei migranti e quelli di chi vive già nel posto, ma l’occasione di un dialogo umano per creare una fraternità universale attraverso questi movimenti di popolazioni dovuti a vari motivi: guerre, persecuzioni, povertà, ricerca di una vita migliore”.
Come si vede, a Sosa Abascal sfugge la differenza, importantissima, di chi fugge da “guerre e persecuzioni”, da accogliere in ogni caso, per altro come già avviene, da chi invece è alla “ricerca di una vita migliore”, da respingere se arriva nel nostro paese con la pretesa e la volontà di non rispettare le leggi sovrane del nostro Stato.
Ma il massimo della “performance” di padre Arturo Sosa Abascal arriva quanoo comincia a parlare della figura del diavolo.
Chiede Casadei: Padre Sosa, il diavolo esiste?
Sosa Abascal: “In diversi modi. Bisogna capire gli elementi culturali per riferirsi a questo personaggio. Nel linguaggio di sant’Ignazio è lo spirito cattivo che ti porta a fare le cose che vanno contro lo spirito di Dio. Esiste come il male personificato in diverse strutture ma non nelle persone, perché non è una persona, è una maniera di attuare il male. Non è una persona come lo è una persona umana. È una maniera del male di essere presente nella vita umana. Il bene e il male sono in lotta permanente nella coscienza umana, e abbiamo dei modi per indicarli. Riconosciamo Dio come buono, interamente buono. I simboli sono parte della realtà, e il diavolo esiste come realtà simbolica, non come realtà personale.”
A questo punto, forse occorre ricordare al padre gesuita che il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 391 dice: “La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo. La Chiesa insegna che all’inizio era un angelo buono, creato da Dio. « Diabolus enim et alii dæmones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali – Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi».
Quindi, caro Sosa Abascal, “creato da Dio”, cioè una creatura, non un “personaggio” della nostra immagine o “una maniera di attuare il male“.
Al n.392 del Catechismo si legge: “diavolo è peccatore fin dal principio » (1 Gv 3,8), « padre della menzogna » (Gv 8,44).”
Al n.413: « Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi […]. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo » (Sap 1,13; 2,24).
Dunque, il diavolo, Satana, è una persona reale che esiste nell’invisibile reame spirituale.
E infatti, nel Vangelo di Matteo (4, 1-11) è Gesù stesso che parla con il diavolo. In quel passo evangelico si legge:
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.
Dopo tutto quello che abbiamo sentito da padre Sosa Abascal, potremmo concludere che aveva senz’altro ragione Baudelaire quando nel XIX secolo diceva: “La più bella astuzia del diavolo è di convincervi che non esiste”.
di Sabino Paciolla
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.