VERGINE MARIA E ORA DELLA MORTE
di Francesco Lamendola
Il culto della Vergine Maria ha a che fare con il tempo e con l’ora della morte, come ricorda anche la preghiera a lei rivolta: Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen; mentre nel libro dell’Apocalisse incontriamo la Donna, vestita di sole e coronata di dodici stelle, con la Luna sotto i piedi, che dà alla luce un bambino e viene perseguitata dal dragone, il quale vorrebbe divorare la sua creatura, ma non vi riesce, perché il bambino viene portato in cielo, presso il trono di Dio.
Ma perché, sulla base di queste immagini escatologiche, Maria è messa dai cristiani in relazione con il tempo e con l’ora della morte?
Maria ha detto: fiat all’Arcangelo Gabriele, che le annunziava il suo concepimento verginale; Maria era, con alcune altre donne, ai piedi della croce di quel figlio, Gesù, il Creatore che si è fatto creatura (figlia del tuo Figlio, dice Dante nell’ultimo canto del Paradiso). Ella è stata, dunque, il sommo esempio di fede e il sommo modello di pietà materna: superiore a ogni altra creatura per quel “sì” al doppio mistero della nascita e della morte di Cristo (e una spada ti trafiggerà l’anima, le aveva annunziato l’Arcangelo sin dall’inizio).
Ora, come Cristo è nato da lei per la redenzione del mondo, così quella redenzione non sarebbe stata possibile senza l’assenso della creatura, senza quel sublime atto di fede e di umiltà; e, allo stesso modo, i cristiani sono rigenerati da Cristo ad una nuova vita, e quindi sono sollecitati a vedere in Maria un modello ineguagliabile sulla via di tale rinascita. Non solo. Poiché la vita terrena è solo un pellegrinaggio, e la morte è la porta che dà accesso al mistero dell’eternità, i cristiani sono invitati ad affidarsi a Maria Vergine per affrontare la parte più problematica del loro viaggio terreno, l’attraversamento della soglia: a chiedere il soccorso di lei per rinascere alla nuova vita, la vita eterna, che è il senso ultimo dell’esistenza terrena, senza il quale essa diviene una cupa tragedia senza speranza o, peggio, una ironica, incomprensibile beffa.
Nelle Litanie lauretane, che si recitano alla fine del Rosario e si cantavano, nella Santa Casa di Loreto, fin dall’inizio del XVI secolo (e che, pertanto, si continuano a recitare, ininterrottamente, da qualcosa come mezzo millennio), Maria è chiamata, fra l’altro, Mater Purissima, Virgo prudentissima, Speculum iustitiae, Vas spirituale, Rosa mistica, Turris davidica, Domus aurea, Foederis arca, Janua coeli, Salus infirmorum, Refugium peccatorum, Consolatrix afflictorum, Regina angelorum, Regina patriarcarum, Regina apostolorum, Regina sine labe; e in molti di questi titoli ricorre il concetto che, passando attraverso la devozione a Lei, il credente rinasce a una nuova vita e si prepara a quell’estremo passo dell’esistenza terrena, che prelude al momento decisivo: la morte, il giudizio, l’inferno o il paradiso.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar sanz’ali, dice Dante in Par., XXXIII, 13-15; e, nel descrivere la salvezza “in extremis” di Bonconte da Montefeltro, morto combattendo sul campo di Campaldino nel 1289, contro i Guelfi di Firenze: Quivi perdei la vista e la parola; / nel nome di Maria fini’, e quivi / caddi, e rimase la mia carne sola(Purg., V, 97-99); e descrive la lotta svoltasi per il possesso della sua anima fra il diavolo e l’Angelo custode, il quale, alla fine, prevale, proprio perché il condottiero ghibellino, nell’istante del trapasso, ha invocato il nome della Beata Vergine.
Teologicamente, il concetto forte che sta dietro gran parte del culto di Maria consiste nell’idea che bisogna morire e rinascere: morire all’uomo vecchio e rinascere all’uomo nuovo, redento da Cristo; e che tale rinascita é solo la preparazione, e la condizione necessaria, per affrontare quella seconda “nascita” che, per il cristiano, è la morte, inizio della vita eterna. E che la venerazione di Maria, madre di Cristo, offre un aiuto potentissimo in tale processo di morte e di rinascita.
Ha scritto il filosofo Jean Guitton nel libro La Vergine Maria (titolo originale: La Vierge Marie, Paris, Editions Montaigne, 1957; traduzione di Giovanni Barra, Torino, Borla, 1964, pp. 254-255):
La Vergine, madre di Cristo, ha permesso alla natura umana del Signore di evolversi dalla concezione fino alla nascita, e poi, dopo la nascita, con le cure dell'educazione, fino all'età perfetta.
La Vergine, madre delle anime che le sono state affidate da Cristo, le aiuta a prepararsi alla vita divina, a diventare ciò che sono: figlie di Dio. Maria le avoca a sé, le avvolge, le ringiovanisce; le porta in qualche modo nel suo seno fino al momento della morte, che sarà quello della loro vera e definitiva nascita.
E come la Vergine sotto l'azione dello Spirito, per una misteriosa "evoluzione", ha tratto per così dire il Verbo dall'eternità per darlo nel tempo, così per una mistica "involuzione" raccoglie noi, i dispersi, cui purifica, dalla corruzione e ci dona un ringiovanimento, un'"infanzia", una "povertà di spirito"; in fondo ci mette in armonia, ci rende identici con noi stessi, tirandoci lentamente fuori del tempo per generarci all'eternità.
In questo senso preciso parliamo qui della sua potenza d'INVOLUZIONE, di AVVOLGIMENTO in rapporto a noi.
E questo ci fa attribuire un nuovo valore a quella espressione della preghiera comune: "Adesso e nell'ora della nostra morte". Perché il passaggio dal tempo al'eternità comporta due punti privilegiato: il "nunc" che è il luogo della libertà e l'"hora mortis" che è l'ultimo istante in cui l'atto della libertà è possibile.
Se la Vergine ha un rapporto con l'ora della morte, non è soltanto perché quest'ora è la più angosciosa di ogni altra, ma anche perché la morte è l'ora della nascita eterna.
Qui ritroviamo l'idea di Grignon de Montfort e di molti autori spirituali, secondo i quali la Vergine ha un rapporto con la fine del tempo. Certo, possiamo dare a questo pensiero un significato concreto (come è senza dubbio in Grignon de Montfort), possiamo ammettere che l'ora finale si avvicina e che la Vergine sta per guidare gli "apostoli degli ultimi tempi". In questo momento, ci sono alcuni che credono di discernere dei segni premonitori d'una possibile fine della storia. Ma ogni epoca è in un certo senso l'ultima; ogni epoca offre dei segni premonitori di "quel giorno e di quell'ora" che sono nascosti a tutti gli uomini e che lo erano anche al Figlio del'uomo. Ciò che ci pare degno di essere ricordato è questo: che la Vergine Maria è stata preordinata per aiutare, in ognuno di noi, e nell'umanità intera, il periodo dell'ultima metamorfosi, quella con cui tutto ciò che esiste (anche l'elemento materiale e carnale) sarà trasformato e sublimato, e, come afferma san Paolo, "ciò che è mortale sarà assorbito dalla vita". Ancora qui, quale prima "Via" divina, quale primo "canale", primo involucro e primo modello, così possiamo pensare che parteciperà a quel momento di ricapitolazione, di "grande ritorno", di restituzione, in cui per Cristo e in Cristo avverrà la suprema oblazione, in cui, per usare ancora le parole di san Paolo, dopo che il mortale si sarà rivestito di immortalità, "il Figlio si sottometterà a colui che ha tutto sottomesso a lui, affinché Dio sia tutto in tutti".
Nei piani della divina Provvidenza, dunque, Maria è stata scelta fin da prima che il mondo fosse creato, non solo per accogliere nel suo grembo il futuro Redentore dell’umanità, ma anche per guidare, sostenere e incoraggiare l’umanità nel suo faticoso e, sovente, accidentato cammino terreno; per assisterla dove il passaggio è più arduo, per tenere sempre accesa la fiammella della Fede, della Speranza e della Carità; per intercedere fra l’umanità sofferente e il suo Figlio divino, così come era interceduta perché Gesù venisse in aiuto dei due giovani sposi, al banchetto nuziale di Cana, in Galilea, allorché era finito il vino nel bel mezzo della festa.
Questo ruolo di protettrice, di ausiliatrice, di consolatrice, svolto da Maria, è emerso nel corso delle generazioni cristiane, mentre, nel racconto dei Vangeli, esso è ancora latente e, per così dire, potenziale. Proprio come i discepoli non compresero tutta la portata del messaggio di Cristo, e la sua vera natura divina, se non dopo la morte e la Resurrezione di Lui, e dopo l’Ascensione al cielo, così non fu chiara a tutti la portata universale, e veramente cosmica, della missione che era stata affidata a Maria: non solo quella di dare alla luce il Salvatore degli uomini, ma anche quella di fornire ad essi un potentissimo alleato nelle battaglie della vita e nel fine supremo di vivere e di poter morire nella grazia di Dio, riconciliarti con Lui e fiduciosi in Lui.
Se quest’ultimo aspetto della missione terrena di Maria, che si prolunga nel tempo e dura quanto durerà il mondo, è, oggi, non ben chiaro e presente alla mente degli uomini, e perfino di molti fra gli stessi cristiani, ciò accade perché gli uomini moderni, e, purtroppo, anche molti sedicenti cristiani, hanno completamene smarrito il senso profondo della morte e hanno fatto proprio il punto di vista del mondo profano e della sua cultura, edonista e materialista, che vede nella morte soltanto un nemico da cui stare alla larga, finché possibile, e non il momento della verità e del compimento della vita stessa, cioè, etimologicamente, della sua perfezione.
Perfetta è una cosa totalmente compiuta, così come essa doveva essere, affinché si realizzasse pienamente: e la perfezione della vita umana, nel senso del suo compimento, è nella morte, senza la quale non si accede alla dimensione dell’eterno. Così la mistica francese Marthe Robin (1902-1981) diceva, quando le portavano la notizia che una certa persona era morta: Ora è perfetto!, come dire: Ora, e ora soltanto, è compiuta; ora è nelle mani del suo Creatore, per sempre. Dunque, nella prospettiva cristiana, l’evento della morte non è qualcosa di innaturale, ma il compimento naturale e necessario della vita, per accedere alla vera dimensione dell’esistenza, quando cadono i veli e la realtà si manifesta nello splendore della sua assolutezza. Si dice, e lo dicono anche molti teologi, che l’uomo è fatto per la vita e non perla morte, ed è vero; ma bisogna avere ben chiaro che siamo fatti per la vita eterna, non per la vita terrena. Voler assolutizzare la vita terrena, semplicemente, non è cristiano, perché equivale a misconoscere radicalmente il senso del Vangelo: è una forma aberrante di paganesimo. La Buona Novella non è che noi vivremo per sempre su questa terra, con questo corpo materiale: tale, semmai, è la diabolica tentazione di una scienza messa al servizio del sogno di onnipotenza dell’uomo faustiano; ma che noi vivremo per sempre nell’Assoluto, presso Dio (o lontano da Lui).
Maria Vergine è una creatura, e dunque è vissuta immersa nel tempo; ma si è offerta quale madre terrena del Salvatore, e, in questo senso, la sua vita si è affacciata d’un balzo sul mistero dell’eterno, e continua a mostrare agli uomini, attraverso l’esempio della perfetta fedeltà a Dio, la strada che conduce fuori dalla contingenza, verso il compimento perfetto della vita umana e verso la realizzazione del suo fine, che è il ritorno dell’anima a Dio. La vita di Maria, pertanto, testimonia una verità essenziale, che oggi, purtroppo, certi modi di pensare tendono a mettere in ombra: ossia che il cristiano vive nel mondo, ma non è del mondo. C’è una differenza sostanziale fra essere nel mondo ed essere del mondo. Il cristiano ama la vita, ma senza scambiarla per un bene assoluto; infatti essa non è definitiva, ma provvisoria: e come potrebbe rivestire un valore assoluto, ciò che appartiene alla contingenza e alla provvisorietà? Il cristiano non appartiene al mondo, né mai potrà appartenergli. E questo non perché il mondo sia, in se stesso, il regno del Male (creato da Dio per amore, come potrebbe esserlo?), ma perché esiste sotto il segno della contingenza e della provvisorietà; e quindi assolutizzare le cose terrene, le creature, equivale a voltare le spalle a Dio per adorare degli idoli. Il mondo stesso si trasforma in un idolo, per coloro i quali lo adorano. Si può amare il mondo, per le cose belle e buone che esso può offrire, ma non lo si può e non lo si deve assolutizzare: in esso non si trova la Verità, ma solo un barlume della Verità. Bisogna cercare la Verità, che è Dio, seguendo la luce di quel barlume; e non già fermarsi davanti al barlume, e adorarlo come se fosse il Sole.
Il nostro Sole è Dio, e tutte le creature si volgono a Lui per avere la luce. La creatura più perfetta, che si è abbandonata interamente a quel Sole divino, è stata Maria Vergine. La sua vita si è svolta nel tempo, ma il suo significato è stato quello di sciogliere il mistero del tempo e di accompagnare gli uomini verso il loro compimento, verso la loro perfezione. Si rassegnino, dunque, quei cattolici modernisti e razionalisti, umanisti e semi-protestanti, ai quali dispiace il culto della Vergine, che a loro sembra superstizioso e, comunque, non necessario, perché per arrivare al Padre basta Cristo. Certo che basta Cristo: ma chi sarà quello scalatore così pazzo e superbo da rifiutare l’aiuto d’una guida esperta, allorché, durante una difficilissima ascensione, sia sul punto di precipitare nel vuoto?
La Vergine Maria, il tempo, l’ora della morte
di Francesco Lamendola
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