ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 10 aprile 2016

Due etti vanno bene?



Amoris Maestitia. Eucarestia un tanto al chilo?


Un'immagine che spiega cos'è davvero l'Eucaristia.
Amoris Laetitia, l'esortazione post-sinodale pubblicata ieri a firma di Papa Francesco, che avrebbe dovuto concludere due anni di travaglio interiore per la Chiesa, lascia piuttosto perplessi e, sinceramente, se ne poteva fare a meno. Le 264 pagine del documento sono appositamente fatte per dire tutto e niente, accontentare tutti e nessuno, senza dire apertamente nulla, ma lasciando intendere molto. Solamente questa caratteristica sarebbe sufficiente a non essere per nulla entusiasti, in quanto l'ambiguità non è cattolica. Il cattolico dice o si o no.
Per quanto riguarda il contenuto specifico, va rilevata la pericolosità delle posizioni sui divorziati risposati. L'apertura purtroppo c'è e dire il contrario sarebbe falso. Si parla di discernimento, casistiche, Vescovi che devono decidere, ma il paragrafo 305 è abbastanza chiaro: "A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa". Cosa vuol dire? Che il peccato non è più peccato? Non esiste più la condizione di peccato portata dalla rottura di vincolo matrimoniale?

Nello stesso paragrafo c'è poi la nota 351 che recita "In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore»" e "Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»".
Quindi se il divorziato risposato in base alla situazione contingente "fa il bravo" può essere assolto e fare la Comunione. Non sono un teologo, ma mi pare che qui si mettano in crisi tre sacramenti in un colpo soloBasta trovare un prete lassista, il che non è certo difficile, perché l'apertura diventi una voragine. Certo, i titoli dei giornalai che recitano "Francesco: sacramenti ai risposati" esagerano, ma alla base c'è un testo che questa eventualità la contempla. In una nota a pié di pagina, che però vale più di tutte le centinaia di pagine del documento.

Le implicazioni sono presto dette. Si valuta in base alla situazione senza norme generali, il che non è accettabile, perché si entra nel campo del relativismo, che non è cristiano. Si elimina la responsabilità individuale, perché nel momento in cui una persona sa di peccare se ne può fregare, perché è in una situazione difficile, quindi al posto di sacrificarsi, in questo caso rimanendo casto o vivendo come fratello e sorella con un'altra persona, può fare quello che vuole.

Si cancellano con un colpo di spugna i sacrifici di tutte quelle persone che per potersi accostare pienamente all'Eucarestia hanno accantonato molte aspirazioni personali, mentre si avallano quelli che, seguendo la formula tipica del giorno d'oggi "si sono rifatti una vita". Magari sfasciando un paio di famiglie, rovinando la vita ai figli, rubando la moglie o il marito a un'altra persona... Facile scrivere in Amoris Laetitia che la precedenza va data a quello che ha subito. Subito cosa?
"Ma don, ma io la amavo, lei mi amava. Ok abbiamo abbandonato i figli per scappare da un'altra parte, ma insomma, ci amiamo". "Vedi figliuolo, l'importante è amarsi. Ecco, il corpo di Cristo. Due etti vanno bene? Lascio?"
di Francesco Filipazzi
http://www.campariedemaistre.com/2016/04/amoris-maestitia-eucarestia-un-tanto-al.html
Lefebvre: i punti dell'accordo.
E’ sempre più probabile che a breve avvenga una clamorosa riconciliazione fra Vaticano e la Fraternità sacerdotale S. Pio X (FSSPX). Ai lefebvriani verrà chiesto di aderire alla Professione di fede, al vincolo dei sacramenti e alla comunione gerarchica con il Romano Pontefice.
E’ sempre più probabile che a breve avvenga una clamorosa riconciliazione fra Vaticano e la Fraternità sacerdotale S. Pio X (FSSPX). Dopo l’incontro della scorsa settimana fra il Pontefice e mons. Fellay, responsabile della comunità lefebvriana, emergono nuovi dettagli su quello che sarà il ritorno degli ex-scismatici, dopo oltre trent’anni. Ai lefebvriani verrà chiesto di aderire alla Professione di fede, al vincolo dei sacramenti e alla comunione gerarchica con il Romano Pontefice.   

Tutti e tre questi elementi non dovrebbero creare particolari problemi ai seguaci di mons. Lefebvre. Ne parla in un’interessante intervista all’agenzia cattolica ZENIT mons. Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, protagonista dei colloqui con Écone. E’ probabile che venga riconosciuta alla Fraternità una situazione di “Prelatura personale” analoga a quella concessa da San Giovanni Paolo II all’Opus Dei. Cioè una sorta di diocesi senza confini geografici.  
Eccellenza, si può dire che l’incontro di monsignor Fellay con il Santo Padre è un passo avanti nelle discussioni verso la piena comunione?   
L’udienza concessa dal Santo Padre a monsignor Fellay è stata un’udienza a carattere privato, non ufficiale. Certamente credo si possa dire che essa si colloca proficuamente nel contesto del cammino della FSSPX verso la piena riconciliazione che avverrà con il riconoscimento canonico dell’Istituto. In questo momento è importante soprattutto contribuire a creare un clima sempre più fiducioso e rispettoso per superare irrigidimenti e diffidenze, che possono essere comprensibili dopo tanti anni di distanza e frattura ma che, in questa fase, intendiamo dissipare, recuperando le ragioni dell’unità e della promozione dell’integrità della fede cattolica e della Tradizione della Chiesa.  
Quali sono i requisiti fondamentali richiesti alla FSSPX, per la loro piena comunione con la Chiesa di Roma?   
Anzitutto occorre ribadire che l’essere cattolici richiede l’adesione alla Professione di Fede, il vincolo dei sacramenti e la comunione gerarchica con il Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi in comunione con lui. La Dichiarazione Dottrinale, che verrà sottoposta all’adesione della FSSPX nel momento opportuno, conterrà questi tre punti essenziali e necessari.  
Sul Concilio Vaticano II e la sua accettazione, cosa si può chiedere alla FSSPX?   
Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, il percorso compiuto nei colloqui di questi recenti anni ha condotto ad una chiarificazione importante: il Concilio Vaticano II può essere adeguatamente compreso solo nel contesto dell’intera Tradizione della Chiesa e del suo costante Magistero. Le affermazioni di verità di fede e di dottrina cattolica certa, contenute nei documenti del Vaticano II, devono essere accolte secondo il grado di adesione richiesto. Nei Decreti o Dichiarazioni (Unitatis Redintegratio, Nostra Aetate, Dignitatis Humanae) sono presenti direttive per l’azione pastorale o orientamenti e suggerimenti o esortazioni di carattere pratico-pastorale, che costituiranno – anche dopo il riconoscimento canonico – oggetto di discussione, di approfondimento, di una migliore precisazione, utile a evitare qualsiasi fraintendimento e equivoco, che purtroppo sappiamo essere diffusi nel mondo ecclesiale attuale. Più in generale possiamo dire che alla FSSPX si chiede di accettare che al solo Magistero della Chiesa è affidato il deposito della fede per essere custodito, difeso e interpretato (cfr. Pio XII, Enciclica Humani Generis) e che il Magistero non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando solo ciò che è stato trasmesso (Dei Verbum 10). Il Magistero Supremo è a sua volta l’interprete autentico anche dei precedenti testi del Magistero – inclusi quelli del Concilio Vaticano II – nella luce della perenne Tradizione che progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo, non con una novità contraria ma con una migliore intelligenza del deposito della fede, “sempre nella stessa dottrina, nello stesso senso e nella medesima interpretazione”, come insegna il Concilio Vaticano I, Dei Filius 4 e il Concilio Vaticano II, Dei Verbum 8. Questa chiarificazione credo possa costituire un punto fermo anche per la FSSPX. Le difficoltà sollevate dalla FSSPX circa le questioni del rapporto Stato-Chiesa e della libertà religiosa, della pratica dell’ecumenismo e del dialogo con le religioni non cristiane, di alcuni aspetti della riforma liturgica e della sua applicazione concreta, rimangono oggetto di discussione e di chiarificazione, ma non costituiscono ostacolo per il riconoscimento canonico e giuridico della FSSPX. 
MARCO TOSATTI

(a cura Redazione "Il sismografo")
(LB) Papa Francesco mi ha confermato che a suo avviso la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) è cattolica e che lui non pronuncerà mai parole di condanna nei suoi confronti. Al tempo stesso il Pontefice mi ha espresso il suo desiderio di prorogare la facoltà di confessare per i nostri sacerdoti oltre la fine del Giubileo della Misericordia.  Sarebbe questo il contenuto principale del colloquio, venerdì 1° aprile 2016, tra mons. Bernard Fellay, capo della FSSPX, e Papa Francesco; colloquio sul quale si ha avuto notizia giorni dopo e poi anche una conferma ufficiale con una nota della stessa Fraternità. 
Questi particolari sono stati rivelati sul sito "Le Salon Beige" che racconta la partecipazione di mons. Fellay ad un pellegrinaggio a Puy-en-Velay (Haute-Loire, Francia) del Distretto francese della Fraternità . Monsignore Fellay la domenica del Buon Pastore ha presieduto la concelebrazione eucaristica per oltre 4mila pellegrini. Il testo assicura che l’incontro in Vaticano è stato molto "positivo" e "ha rinsaldato i legami fra la Fraternità e la Sede Apostolica". Queste rivelazioni, che mons. Fellay avrebbe fatto a margine del pellegrinaggio, oggi domenica 10 aprile, sono state da lui definite “una gioia” nonostante che - avrebbe aggiunto – l’Esortazione Amoris laetitia “ci faccia piangere”.
Il servizio, infine, offre alcune considerazioni redatte con una certa ambiguità, forse voluta. Si parla di un incoraggiamento di Fellay ad aprire un seminario a Roma ma non è chiaro se questo incoraggiamento è venuto direttamente dal Santo Padre durante il colloquio.

L'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" : considerazioni di un giovane Sacerdote

Diamo doverosamente spazio al commento scritto "a caldo" da un giovane Sacerdote dopo che ha letto -tutto d'un fiato -l'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" (La gioia dell'amore).
Non è assolutamente scontato che l'Autore, dopo una seconda lettura del documento, abbia mantenuto le stesse primarie impressioni qui riportate... 

" Dopo un'attesa, iniziata alla fine del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia dello scorso anno, Francesco ha scritto l'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" (La gioia dell'amore). 
Un testo corposo, come egli stesso ironicamente afferma (n. 7) di 325 numeri in 260 pagine. 
Leggendolo tutto d'un fiato, mi sono reso conto di quanto "fiato" la 
stampa e la TV stanno versando sul documento.  
Non si tratta, come molti pensavano o auspicavano, un manifesto rivoluzionario della teologia sacramentaria cattolica, ma esso riafferma tutta la Traditio e il Magistero, anche se con dei limiti interpretativi che qui non vorrò esporre (non mancano citazioni a S. Agostino come a S. Tommaso d'Aquino).

 
Partendo dalla Sacra Scrittura, in particolare dal Salmo 128 (cap. I) e, successivamente, 1 Cor 13,4-7 (cap. IV), il documento illustra le tante sofferenze e difficoltà che le famiglie sono chiamate a vivere ed affrontare, trovando nella prassi pastorale non tanto una risposta, ma quanto un'accoglienza ed accompagnamento, anche nei casi ultimi, come la morte di un familiare (nn. 253-258). 
***

Sulle due tematiche, tanto discusse dall'opinione pubblica durante il Sinodo, come era giustamente prevedibile, nessuna apertura a teorie gender (n. 56) ed unioni omosessuali (nn. 250-251), ma certamente, come già affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2357), si continuerà a porre in essere una vera accoglienza di accompagnamento e riflessione sul cammino di fede. 
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Sulla Eucaristia alle coppie divorziate e risposate non vi è nessuna dichiarazione, a parte la nota 351 che così cita: "In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. 
Per questo, « ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli » (ibid., 47: 1039)".  
Ciò non indica la possibilità di concedere l'Eucaristia alle coppie divorziate e risposate, ma di aprire ad un discernimento e valutazione sulle singole situazioni, pur trovandoci, di fatto, in uno stato di peccato mortale scelto liberamente e consapevolmente. Comunque, ciò che è certamente positivo è il richiamo ad un atteggiamento non di condanna, ma di accoglienza, che non è l'equivalente di accettare tale situazione di peccato permanente (cosa, comunque, già ribadito da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio del 1981 al n. 84 "Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. 
C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. 
La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. 
Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi»).
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Alle persone divorziate e non risposate, infine, si chiede un ricorso maggiore all'Eucaristia come sostegno del loro stato (n. 242).
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Con questo documento, in sintesi, la Chiesa riafferma la sua vicinanza alla Famiglia, già iniziata da Giovanni Paolo II. 
Spero solo che le viziate interpretazioni (già in atto ancor prima dell'uscita dell'Esortazione) non cadano in una profanazione della stessa Eucaristia..."

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