Profughi? Quanto è ipocrita Obama!
Se c’è un Paese che da diversi anni cerca di tener le porte ben chiuse e che frappone ogni forma di ostacolo burocratico alla libera circolazione delle persone, è proprio l’America, come sa chiunque cerchi di trasferirsi negli Stati Uniti.
Provate a chiedere la famosa green card. E’ come vincere alla lotteria. E la green card viene concessa prevalentemente ai Paesi occidentali, figuriamoci se sei originario del Nord Africa! L’Obama che si commuove per i rifugiati ed elogia la Merkel, collocandola “dalla parte giusta della storia”, si guarda bene dall’accogliere siriani, iracheni, afghani o libici. Quella gente in America non potrà mai arrivarci. Però è bene che sbarchi nell’Unione europea.
Non ci sarebbe dispiaciuto se, durante il suo periplo europeo, il presidente americano avesse riconosciuto, anche solo velatamente (non siamo così ingenui dall’immaginare una piena ammissione) che il dramma dei rifugiati non è dovuto a ineluttabili fatalità, bensì a ben programmate decisione militari e geostrategiche, volute, realizzate e imposte dai raffinati strateghi di Washington e sempre avallate dal Commander in Chief ovvero dapprima da Bush e poi dallo stesso Obama.
L’elenco è piuttosto lungo: guerra in Afghanistan, guerra in Irak, guerra in Libia, destabilizzazione tramite le finte primavere arabe di Egitto e Tunisia, guerra civile in Siria con addestramento e finanziamento, talvolta diretti e talaltra indiretti, dei gentiluomini dell’Isis e affini. Sono riusciti persino a sostenere quel che resta di Al Qaida. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: dolore, disperazione, morte, distruzione di città, di famiglie, di vite umane. Di civili che nulla chiedevano se non di vivere in pace. Vittime innocenti, vittime sacrificali di irrazionali e non comprensibili disegni di potere.
Questa crisi è Cosa loro; è Cosa dei nostri “amici” americani, che dall’11 settembre 2001 continuano a commettere errori su errori. Loro sbagliano e noi dobbiamo pagarne il prezzo. Loro distruggono mezzo mondo ma non se ne pentono e pretendono di impartire lezioni di morale a noi europei, indicandoci cos’è giusto e cos’è sbagliato.
Con tutto il rispetto, ma questa è ipocrisia, President Obama, che solo un’Europa smidollata e servile può accettare senza nemmeno l’intenzione di una rimostranza.
http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/04/26/profughi-quanto-e-ipocrita-obama/
SCUOLA DI FANCAZZISMO – VITTO E ALLOGGIO SENZA LAVORARE NE’ STUDIARE: IN ITALIA NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA
Dagospia, 26 aprile
Dice di avere diciannove anni, ma ne dimostra dieci di più. Dice che di solito si sveglia alle nove e trascorre le sue giornate in modo semplice: « Manger , dormir , Facebook, un film». Qualche volta, una partita di calcio. Tiene pulita la sua stanza? No: ci pensa la signora Antonella, la donna delle pulizie. Si prepara da mangiare? «No. Vedo il cibo quando è pronto. Io non cucino».
Fofana Samba, che si dichiara cittadino del Mali, conduce precisamente questo stile di vita da quando è sbarcato senza documenti dalla Libia a Vibo Valentia nel giugno di due anni fa.
Appena riemerso dal riposo del dopopranzo porge una debole stretta di mano, il tablet sottobraccio, attorno a lui tanti altri ragazzi sub-sahariani assorti nei loro smartphone all’ ombra dei pini dell’ hotel sul mare che oggi li accoglie.
Quasi nessuno di loro viene da guerre o persecuzioni, tutti hanno presentato domanda d’ asilo politico – con ricorsi e controricorsi – per guadagnare tempo e intanto restare qui. La lentezza della giustizia italiana è il loro più grande alleato.
Quasi nessuno di loro viene da guerre o persecuzioni, tutti hanno presentato domanda d’ asilo politico – con ricorsi e controricorsi – per guadagnare tempo e intanto restare qui. La lentezza della giustizia italiana è il loro più grande alleato.
Fofana sorride con indolenza. «Voglio essere un rifugiato», è la sua posizione. In due anni un piccolo avvocato locale – Vibo Valentia è prossima al record europeo per densità di legali nella popolazione – ha presentato per lui una serie di domande di asilo. Cento euro l’ una, pagate con l’ argent de poche dell’ accoglienza.
Tutte respinte fino al ricorso attuale, pendente da mesi, ma Fofana non ha mai fatto lo sforzo di imparare una parola d’ italiano. Ha capito anche lui che questo Paese, per inerzia, sta riproducendo con i migranti le peggiori tare dell’ assistenzialismo degli anni 70 e 80 del secolo scorso. Forse è la sola risposta che la macchina amministrativa sia in grado di fornire nell’ emergenza, se non altro perché è quella che conosce già. Questo è il welfare che dà qualcosa in cambio di niente.
È un sistema che distribuisce vitalizi e protezione senza pretendere dai beneficiari lo sforzo di imparare un mestiere, né le leggi o la lingua del Paese ospitante, o anche solo senza chiedere loro una mano a tenere pulita la strada comunale qui fuori. Una perla del Mediterraneo come Briatico ne avrebbe un gran bisogno, ora che ha di nuovo un sindaco accusato di concorso in associazione mafiosa
Non deve per forza finire così, neanche nei Paesi più aperti agli stranieri. Perché il problema non è se accogliere o no, ma come farlo. Il 14 aprile scorso i leader della grande coalizione al governo in Germania sono riemersi da sette ore di negoziati fra loro con un annuncio che, visto dall’ Italia, suona lunare: ci sarà una nuova legge sull’ integrazione degli stranieri.
La cancelliera ha spiegato che l’ obiettivo è rendere più facile per chi richiede asilo accedere al mondo del lavoro. Non renderli alienati, passivi e depressi, con un futuro da accattoni o da manovalanza criminale. Il modo per farlo è superare il welfare paternalista e chiedere ai migranti qualcosa in cambio di qualcos’ altro. Lo Stato federale tedesco li nutre e alloggia, proprio come lo Stato italiano versa anche una piccola diaria a chi arriva senza documenti chiedendo asilo politico.
In contropartita però la Germania pretende dagli stranieri alcuni impegni specifici: obbligo di frequenza a corsi di lingua, cultura e legislazione tedesca, con regolari verifiche dell’ apprendimento; per chi non adempie c’ è il ritiro progressivo dei benefici. La grande coalizione di Merkel prevede anche ciò di cui avrebbero tanto bisogno Briatico e molte altre municipalità italiane che ospitano i migranti: piccole somme in più, magari un euro l’ ora, a chi svolge lavoretti per la comunità locale.
In contropartita però la Germania pretende dagli stranieri alcuni impegni specifici: obbligo di frequenza a corsi di lingua, cultura e legislazione tedesca, con regolari verifiche dell’ apprendimento; per chi non adempie c’ è il ritiro progressivo dei benefici. La grande coalizione di Merkel prevede anche ciò di cui avrebbero tanto bisogno Briatico e molte altre municipalità italiane che ospitano i migranti: piccole somme in più, magari un euro l’ ora, a chi svolge lavoretti per la comunità locale.
Vista dal fondo della Calabria, la Germania è lontana. Qui di recente l’ Associazione Monteleone, una delle centinaia che gestiscono l’ accoglienza per conto delle Prefetture, si è vista costretta ad andare all’ estremo opposto. Nella gara vinta per la gestione dei migranti deve impegnare un bilancio che vale oltre 1.100 euro al mese per ciascuno di essi.
Ha investito 85 mila euro in un centro computer nell’ hotel dell’ accoglienza, ha organizzato corsi di italiano e da elettricista, fabbro, pizzaiolo, cartongesso, guida macchine agricole, salvataggio e primo soccorso in spiaggia, teatro. Non si è presentato quasi nessuno. I 219 richiedenti asilo sono rimasti tutti in camera a sonnecchiare e guardare la tivù, semplicemente perché potevano. Alla fine, spiega la direttrice dell’ associazione Lelia Pazienza, il solo argomento per stanarne alcuni – pochi – è stato un piccolo zuccherino: 50 euro in cambio della frequenza dei corsi.
Neanche in Italia, dove i migranti in strutture «temporanee» di questo tipo sono oggi ufficialmente 82 mila, deve finire per forza così. Non è scritto nelle leggi che debba continuare a riprodursi con gli stranieri l’ assistenzialismo responsabile del debito pubblico.
Neanche in Italia, dove i migranti in strutture «temporanee» di questo tipo sono oggi ufficialmente 82 mila, deve finire per forza così. Non è scritto nelle leggi che debba continuare a riprodursi con gli stranieri l’ assistenzialismo responsabile del debito pubblico.
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
A novembre scorso il prefetto Mario Morcone, capo dipartimento per l’ immigrazione al ministero dell’ Interno, ha scritto ai sindaci invitandoli a far fare ai richiedenti asilo piccoli lavori per i Comuni.
Non è successo quasi nulla. Da settimane esiste poi al ministero della Giustizia una bozza di decreto per velocizzare nei tribunali le pratiche sui ricorsi degli stranieri. Eppure non approda in Consiglio dei ministri.
A Vibo Valentia intanto l’ associazione Monteleone ha fatto incetta di tic tac. Da quando i migranti hanno scoperto che qui le medicine sono gratis, lamentano ogni giorno mal di testa, mal di pancia e giradito come nell’ Italia di prima del ticket. Ma almeno gli stranieri, per ora, non distinguono fra un farmaco e una caramella alla menta.
http://www.maurizioblondet.it/scuola-fancazzismo-vitto-alloggio-senza-lavorare-ne-studiare-italia-nei-centri-accoglienza/
Ecco la prima prova che i kamikaze arrivano coi barconi
Due attentatori di Parigi giunti in Grecia su un gommone con degli «apprendisti»
Due attentatori di Parigi giunti in Grecia su un gommone con degli «apprendisti»
O meglio un'enorme e pericolosissima balla. I terroristi dello Stato Islamico sui barconi ci salgono eccome. E l'hanno già fatto per colpire Parigi.
Le ultime ricostruzioni dell'intelligence francese e statunitense, ottenute dal Washington Post, dimostrano che due kamikaze iracheni entrati in azione allo stadio di Parigi sono arrivati in Europa utilizzando proprio un gommone. Un gommone con a bordo 198 migranti approdato all'isola greca di Leros la mattina dello scorso 3 ottobre. E i due non erano soli. Assieme a loro viaggiavano altri due apprendisti kamikaze arrestati a Salisburgo il 10 dicembre 2015 mentre si nascondevano proprio in un centro d'accoglienza per rifugiati. Per comprendere l'importanza di queste rivelazioni bisogna tornare all'indomani del 13 novembre quando l'intelligence francese incomincia l'identificazione del commando terrorista. Due dei tre kamikaze saltati in aria davanti allo Stadio di Francia risultano senza nome. Soltanto a gennaio Dabiq, la rivista dello Stato Islamico, rivela che si tratta di due iracheni identificati con i soprannomi di Ukashah al-Iraqi e Ali al-Iraqi. L'intelligence francese, coadiuvata da quella americana, lavora, intanto, sui resti del passaporto siriano trovato accanto al corpo del primo kamikaze esploso davanti allo Stadio.
Il documento riporta le generalità, ovviamente false, di un siriano 25enne identificato con fotografie e impronte digitali la mattina del 3 ottobre, subito dopo l'arrivo a Leros di quel gommone con 198 migranti. Foto e impronte digitali fanno capire che anche il secondo kamikaze iracheno, esploso davanti lo stadio, è approdato con la stessa imbarcazione.
Il vero mistero riguarda però la sorte di altri due «intrusi» scesi dallo stesso gommone. Due «intrusi» dotati degli stessi passaporti siriani dei due iracheni, registrati pure loro con foto e impronte digitali, ma misteriosamente scomparsi. Dove sono finiti?
A cinque mesi di distanza, sappiamo che i due, il 28enne algerino Adel Haddadi e il 23enne pakistano Mohamed Usman, vengono bloccati a Leros da un poliziotto di Frontex. L'agente - sorpreso dai loro tratti somatici - li interroga, scopre che non possono essere siriani e li consegna alla polizia greca. Così il viaggio dei quattro kamikaze spediti in missione suicida a Parigi si divide. I due iracheni risalgono verso la Serbia raggiungono il campo di Presevo - dove il 7 ottobre vengono regolarmente registrati assieme ad altri «migranti» - e si congiungono al resto del commando a fine ottobre. Negli stessi giorni riprende anche il cammino dell'algerino e del pakistano. Rilasciati dalle autorità greche Adel e Usman inviano un messaggio WhatsApp in Siria, ottengono - grazie ad un moneytransfer» turco - un trasferimento di denaro in Grecia e il 28 ottobre sono pronti a riprendere la marcia.
Sfruttando il clima d'imperturbabile e solidale generosità con cui l'Europa saluta il cammino dei migranti i due kamikaze ritardatari attraversano senza passaporto Macedonia, Serbia, Croazia e Slovenia. A fermarli non basta neppure il terrore generato dagli attentati del 13 novembre.
Il 4 dicembre, dopo aver varcato la frontiera austriaca senza esibire alcun documento, i due - evidentemente rassicurati dal generale clima d'impunità - arrivano perfino a presentare alle autorità austriache una domanda d'asilo in cui dichiarano la propria nazionalità ammettendo di non essere siriani in fuga dalla guerra, ma semplici migranti economici. Eppure - nonostante la febbrile caccia all'uomo in corso dal 13 novembre - le forze di sicurezza austriache impiegano ben sei giorni per rendersi conto di chi si nasconde nel centro per migranti di Salisburgo.
Dichiarazioni infami del Presidente del Consiglio Europeo: “La Turchia è il miglior esempio di come dobbiamo trattare i profughi”
Donald Tusk ha fatto tale dichiarazione nel corso della sua visita in Turchia assieme alla Angela Merkel, per appoggiare il patto stretto tra la UE e la Turchia sui rifugiati: “nessuno deve dare lezioni alla Turchia”.
Il primo ministro della Turchia, Ahmed Davutoglu, ha avvisato la UE che senza l’eliminazione dell’obbligo dei visti per i cittadini turchi (per l’ingresso in Europa), l’accordo non sarà mantenuto.
Il primo ministro della Turchia, Ahmed Davutoglu, ha avvisato la UE che senza l’eliminazione dell’obbligo dei visti per i cittadini turchi (per l’ingresso in Europa), l’accordo non sarà mantenuto.
Varie organizzazioni umanitarie hanno documentato le gravi violazioni dei diritti umani praticate in Turchia come i colpi d’arma da fuoco contro i profughi alla frontiera e la deportazione forzata dei siriani che fuggono dalle violenze dei gruppi terroristi , che sono peraltro appoggiati dall’Esercito turco.
Da quando la UE ha sottoscritto l’accordo con la Turchia per la gestione dei profughi, varie organizzazioni umanitarie hanno avvisato che la Turchia non è un paese sicuro a cui dare l’incarico della gestione e deportazione dei profughi.
“Nessuno può dare lezioni alla Turchia“. Questa la solenne dichiarazione che ha fatto Donald Tusk nel corso della sua visita nel paese a cui la UE ha attribuito piena fiducia per l’accoglienza e la gestione dei rifugiati e migranti. Il presidente del Consiglio europeo ha visitato la Turchia, assieme ad alti funzionari della UE ed alla cancelliera tedesca Angel Merkel e non ha mancato di difendere nettamente l’accordo realizzato per espellere i rifugiati verso questo paese. “Oggi la Turchia è il miglior esempio nel mondo su come dobbiamo trattare i rifugiati”, ha sentenziato Tusk nonostante le numerose denunce sulle violazioni dei diritti umani compiute dal dalle autorità turche.
Nel paese ottomanno sono stati registrati più di due milioni di siriani, cifre molto superiori di quelle registrate nei paesi europei, e questo sforzo è stato valorizzato da diversi organismi. Tuttavia il modo di operare delle autorità turche e la totale assenza di diritti riconosciuti ai rifugiati sono stati oggeto di numerose critiche.
Amnesty International ha documentato i colpi d’arma da fuoco della polizia turca contro i siriani che cercano di attraversare la frontiera, cercando di lasciarsi alle spalle il loro paese sottoposto ad una dura guerra da oltre cinque anni.
Amnesty International ha documentato i colpi d’arma da fuoco della polizia turca contro i siriani che cercano di attraversare la frontiera, cercando di lasciarsi alle spalle il loro paese sottoposto ad una dura guerra da oltre cinque anni.
Si sono verificati morti e feriti fra i profughi colpiti dalle guardie di frontiera turche che hanno aperto più volte il fuoco senza scrupoli anche contro donne e bambini. Vedi: Syrian children shot dead by Turkish border guards
Il primo ministro turco Davutoglu ha risposto, questo scorso sabato, alle accuse di Amnesty International dicendo che questa organizzazione svolge un “lavoro poco chiaro” ma che le autorità turche smentiscono in ogni caso di aver deportato in Turchia persone contro la propria volontà e di aver sottoposto altri a maltrattamenti.
Nota: Purtroppo per il ministro, esistono i video le foto ed abbondante documentazione sul trattamento inflitto dalle guardie di frontiera turche ai profughi e questo per non parlare della feroce repressione che il governo turco attua nelle zone interne della Turchia dove vive la popolazione curda. Anche in questo caso i funzionari della UE fingono di non vedere e di non sapere nulla malgrado la documentazione e le testimonianze rese ad organi di stampa indipendenti da parte di esponenti della comunità curda. Vedi:Massacro di curdi/ Massoud Akko: Erdogan brucia vivi donne e bambini mentre la UE tace
La Turchia, quale membro della NATO e prossimo partner dell’Unione Europea non deve essere criticata e tanto meno il suo presidente deve essere esposto alla satira, lo hanno deciso la cancelliera Merkel e Donald Tusk che si sentono i veri “padroni dell’Europa”.
Inoltre varie voci hanno avvisato circa le limitazioni esistenti sulla libertà di stampa in Turchia, che ha avuto una delle ultime dimostrazioni nella denuncia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan contro un umorista tedesco per un numero durante il quale il comico lo avrebbe insultato, secondo il turco (in realtà era stato oggetto di satira). La Merkel ha accolto la richiesta di Erdogan di mettere sotto processo il comico.
Inoltre varie voci hanno avvisato circa le limitazioni esistenti sulla libertà di stampa in Turchia, che ha avuto una delle ultime dimostrazioni nella denuncia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan contro un umorista tedesco per un numero durante il quale il comico lo avrebbe insultato, secondo il turco (in realtà era stato oggetto di satira). La Merkel ha accolto la richiesta di Erdogan di mettere sotto processo il comico.
Una certa preoccupazione serpeggia anche a Napoli dove, nei prossimi giorni, dovrà andare in scena la replica della nota commedia dal titolo “il turco napoletano“. Non si sa come potrebbe reagire Erdogan nel sentirsi preso di mira anche nella città partenopea..
Vedi: El Espia Digital
Traduzione e nota: Luciano Lago
In memoria del genocidio, bombardati i quartieri armeni di Aleppo. I cristiani scuotono Assad
Esplosioni anche a Yerevan e nel Karabach. Gli armeni di Aleppo accusano i “terroristi islamici” sostenuti dalla Turchia, che “commemorano” in tal modo l’anniversario del genocidio. Incendi nei quartieri di Suleymaniye ed Ashrafieh. Uccisi 17 armeni, fra cui tre bambini e una donna. Per la prima volta, a Yerevan, scoppia un autobus imbottito di esplosivo.
Aleppo (AsiaNews) – Terroristi islamici delle zone non controllate dal governo siriano hanno bombardato in modo pesante i quartieri armeni di Aleppo, in chiara violazione del cessate il fuoco. Le bombe hanno provocato la morte di 17 armeni fra cui 3 bambini ed una donna, e fatto divampare incendi non facilmente domabili per la mancanza di acqua, causando ingenti distruzioni e danni materiali.
Per gli abitanti di Suleymaniye ed Ashrafieh, i quartieri armeni di Aleppo bombardati ieri, non vi sono dubbi: essi vedono dietro questi attacchi “la diretta risposta della Turchia alla commemorazione del 101mo anniversario del Genocidio”, celebrato il giorno prima, il 24 aprile, nelle chiese di Aleppo, già martoriate da oltre quattro anni di guerra.
Sevag Tashdjian, armeno di Aleppo, raggiunto per telefono da AsiaNews, la responsabilità è dei “gruppi terroristici islamici appoggiati dalla Turchia”, i quali “entrano ed escono dal confine turco-siriano con armi, munizioni e refurtiva”.
“Ci siamo svegliati sotto le bombe, è il regalo turco” ha aggiunto, “interi quartieri hanno preso fuoco e siamo usciti sotto le bombe per prestare soccorso ad anziani e malati intrappolati nelle loro case e trarre loro in salvo, in rifugi sotterranei più sicuri”.
I pochi negozianti aperti hanno chiuso i battenti, e per la prima volta da cinque anni di conflitto “l’ira ha sopraffatto la paura”. Va detto che gli armeni di Aleppo sono il gruppo che ha pagato finora il prezzo più alto nella guerra, con la distruzione delle chiese antiche (fra cui la chiesa dei 40 martiri, un gioiello del XVII secolo). Le chiese sono saltate grazie a esplosivi posizionati in tunnel sotterranei scavati a partire da zone controllate da terroristi islamici filo turchi). Ma questa volta, per la prima volta, gli armeni imprecano contro il presidente Bashar Assad.
“Dove sei Bashar? Pretendi di proteggere i cristiani, perché hai abbandonato i nostri quartieri alla mercé dei terroristi islamici da 4 anni a questa parte?”; “Le truppe siriane vanno a liberare zone controllate dall’ Isis ovunque nel Paese, li inseguono perfino nel deserto e perché qui no?” si è chiesto Tashdjian.
Una giornalista dell’emittente televisiva siriana inviata del Tg, è stata bruscamente interrotta da abitanti armeni presi dall’ira che in diretta televisiva, rivolgendosi in prima persona a Bashar Assad hanno gridato “ Basta! Faccia qualcosa che vada oltre le parole di sostegno e promessa di difendere i cristiani! Siamo armeni, la Turchia sta continuando il Genocidio del nostro popolo qui ad Aleppo! Perché non spazzi via questi terroristi dalle nostre vicinanze? Sono passati 4 anni, Non se ne può più! Se l’esercito siriano non è in grado, o non vuole salvarci, ci dia le armi e lo faremo noi”. Le voci e le forti grida hanno impedito alla giornalista di poter continuare il servizio giornalistico.
A conferma dei sospetti espressi dagli armeni di Aleppo circa le tracce turche di questi crimini, sono avvenute altre due esplosioni: una in Armenia, in pieno centro nella capitale Yerevan, sulla via dedicata ad Aleppo; l’altra in Nagorno Karabakh, sempre all’indomani della celebrazione del 101mo anniversario del Genocidio armeno, ad opera del governo turco nel 1915. Ieri infatti a Yerevan è esploso un bus imbottito di esplosivi causando morti e feriti. Per la capitale armena è una prima in assoluto: essa non era mai stata teatro di attentati all’autobomba, che ricordano da vicino gli attentati in Siria, Libano ed Iraq. Un’altra esplosione è avvenuta in Karabakh. Lo ha riferito l’emittente russa Russia Today, senza dare ulteriori informazioni sui danni subiti a persone e cose. (PB)
http://www.asianews.it/notizie-it/In-memoria-del-genocidio,-bombardati-i-quartieri-armeni-di-Aleppo.-I-cristiani-scuotono-Assad-37323.html
http://www.pandoratv.it/?p=7511
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