Frans, dì al giovane uomo vestito di bianco accanto a te… Siria – Testimonianza in occasione del 2° anniversario dell' assassinio del padre gesuita Frans van der Lugt a Homs
Testimonianza di padre Nouras Sammour, a cura di Fiorenza Redazione Qui Europa / Redazione Ora Pro Siria
Frans… Dì al giovane uomo vestito di bianco accanto a te…
Homs, Siria – Testimonianza di padre Nouras Sammour – Tu sei il vero testimone della Risurrezione! Questa è la tua PASQUA! Con pazienza … tu hai rotolato la pietra… Con la tua umanità hai rotolato la pietra .. Con la tua fede hai rotolato la pietra.. Sei testimonianza alla Verità. Tu ci dici oggi e domani: "Non abbiate paura voi che state cercando Gesù di Nazareth .. , di Homs, di Siria, del mondo intero, il Crocifisso, perché egli è risorto, Egli è accanto a me, un giovane uomo vestito di bianco che vi ama … ". Sì, per favore, Frans: dì al giovane uomo vestito di bianco accanto a te:i siriani e le persone di tutto il mondo, di ogni razza e colore hanno bisogno di lui per la pace. Amen! I due terzi di Homs sono ridotti così (vedi foto copertina). Davanti ai mozziconi di palazzi testimoni verso il Cielo di mesi e mesi di bombardamenti incrociati, atti terroristici e sofferenze immani, non trovo che questa parola, delle dieci che ho imparato: Ya Rabb! (mio Dio!).
La testimonianza di padre Nouras Sammour
Ci rechiamo alla casa dei Gesuiti dove riposa il caro padre Frans (padre Frans van der Lugt) per pregare sulla sua tomba, affidargli l'intercessione per la pace in Siria e salutare i suoi confratelli. E qui comprendo un po' meglio le parole del Vangelo "era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose …". Grata di raccogliere la testimonianza di padre Nouras Sammour, questo è il suo racconto: “Tutto è cominciato nel giugno 2012 con l'assedio, c'erano persone che volevano andarsene e altre che volevano restare; sono rimasti circa 90 cristiani, tra questi nel corso dei mesi diversi sono morti a causa di malattie, non direttamente per la guerra. Poi, nel febbraio 2014 ci fu un accordo tra lo Stato siriano e gli uomini armati che stavano qui, infine si concluse che quelli che volevano uscire potevano farlo. Dunque molti della comunità cristiana sono usciti ma un piccolo resto di cristiani si è fermato, padre Frans ha voluto restare con loro, perché non c'era nessun altro che potesse prendersene cura. Ne sono rimasti una ventina; era il 7 aprile 2014; un mese dopo Frans è morto.
Simbolo, pastore, modello
Durante questo tempo egli era diventato un simbolo; era lui che teneva insieme questa gente. Egli aveva delle provviste, farina, cibo, mentre in generale approvvigionarsi qui era assai difficile. Frans aveva qualcosa, ma soprattutto era il pastore: visitava i malati, portava conforto, faceva i funerali e celebrava la messa la domenica; nei pomeriggi si riunivano per la preghiera e la cena. La domenica dopo la messa si radunavano qui. Ci sono video e registrazioni di questo, perché con il 3G riuscivano a inviare le comunicazioni. C'è chi ha trascritto le sue omelie, le sue riflessioni, e ce le ha comunicate. Di tanto in tanto riuscivamo a sentirci al telefono, l'ultima comunicazione che avremmo fu due giorni prima del suo assassinio. Ogni tanto io venivo a Homs ma dalla parte della nostra residenza; ma pur essendo a 1 km di distanza non si riusciva a giungere fin qui.
La ragione del suo assassinio?
Sì, lui era un simbolo, tutta la sua vita è stata per l'incontro e la riconciliazione, questo è chiaro. Che lui sia stato assassinato proprio perché egli era questo simbolo, può essere, non lo so, né so chi lo ha ucciso, non lo conosco personalmente. Ma senza dubbio è qualcuno che ha fatto un atto di male contro il bene, semplicemente IL MALE: questo è certo. Non si tratta di condannare la persona, non spetta a me giudicarla. Ma l'atto in sé è un atto di male contro una figura di bene, contro una testimonianza del Vangelo. E oggi la sua presenza continua. Certo, noi vorremmo vederlo ancora in mezzo a noi , così come allora avremmo voluto avere il suo corpo, per fare i funerali … Ma in quel momento era molto difficile, questo quartiere che era sotto assedio: mi ero messo in contatto con alcuni ufficiali che mi dissero che erano pronti a inviare l'ambulanza per recuperare il suo corpo se l'altra parte che stava qui avesse accettato.
La comunicazione misteriosa della fede che continua
Allora quando interpellai questa parte dissero: “Si, ma noi ci dobbiamo sentire anche con altri…“. E allora io ho detto: “ se non c'è risposta io lo seppellirò lì". Non arrivando risposta, io ho sentito che bisognava seppellirlo qui, dove lui aveva donato la sua vita. E dunque lo abbiamo seppellito qui, e questa ora è una consolazione: è qui il suo posto. È una consolazione, la comunicazione misteriosa della fede che continua. Può essere un mio pensiero personale, ma forse il ritorno delle persone che sono rientrate nel quartiere, nelle loro case, non sarebbe stato così facile se Frans non avesse donato la sua vita. È il chicco di grano che dona la sua vita perché la moltitudine possa vivere. Questa è la mia lettura. Nella città di Homs c'erano circa 150,000 cristiani. Oggi ne sono rientrati la metà."
La traccia indelebile – Qui è passata la Vergine Maria
Poco distante, la Chiesa della Santa Cintura: la ricordo bene prima della guerra, santuario di devozione alla reliquia della Madonna: oggi è il simbolo della devastazione ma anche della volontà ostinata dei cristiani di ricostruire, di riprendere la vita, la presenza, la speranza che 2000 anni di storia hanno radicato qui. Qui è passata la Vergine Maria: 2000 anni fa, alla radice della storia cristiana. Allo stesso modo, negli scantinati della parrocchia greco-ortodossa della Madonna dell'Annunciazione ammiro le preziose antichissime icone del Monastero di San Georges qui custodite, salvate per l'amore dei fedeli consapevoli di un patrimonio molto più grande del valore economico di queste opere d'arte: 'una questione di vita o di morte' , come mi dicono con semplicità. Nella via di fronte alla chiesa rimbalzano i richiami dei bambini che escono a frotte dalla scuola, voci di un popolo che domanda solamente di poter avere un futuro nella propria terra.
Testimonianza di padre Nouras Sammour, a cura di Fiorenza
Redazione Qui Europa / Redazione Ora Pro Siria
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Domenica, 10 Aprile/ 2016
- Testimonianza di padre Nouras Sammour -
Redazione Qui Europa / Redazione Ora Pro Siria -
Frans, dì al giovane uomo vestito di bianco accanto a te…
Turchia ed Arabia Saudita fabbricano armi chimiche alla frontiera con la Siria
Secondo le informazioni passate da un membro dell’opposizione siriana che fa parte del Partito Social Nazionalista siriano, la Turchia e l’Arabia Saudita stanno fabbricando proiettili con sostanze tossiche alla frontiera siriana, ne ha informato la catena Sputnik News.
“Disponiamo di numerose prove del fatto che la Turchia e l’Arabia Saudita non soltanto aiutano il traffico di sostanze tossiche attraverso la frontiera, ma che hanno anche stabilito impianti di produzione di proiettili e di sostanze chimiche nella zona della frontiera con la Siria”, ha detto il politico curdo ed ha incitato la comunità internazionale ad arrestare tali attività.
“Disponiamo di numerose prove del fatto che la Turchia e l’Arabia Saudita non soltanto aiutano il traffico di sostanze tossiche attraverso la frontiera, ma che hanno anche stabilito impianti di produzione di proiettili e di sostanze chimiche nella zona della frontiera con la Siria”, ha detto il politico curdo ed ha incitato la comunità internazionale ad arrestare tali attività.
La scorsa settimana l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitali Churkin, ha inviato al Consiglio di Sicurezza una lettera con le prove dell’invio di armi da parte della Turchia ai componenti del gruppoterrorista Daesh in Siria.
Secondo la lettera, da parte di Ankara sono state fornite ai gruppi terorristi sostanze chimiche industriali e sostanze esplosive, come il nitrato di ammonio ed il nitrato di potassio, glicerina ed acido nitrico, per un valore di almeno 2 milioni di dollari.
Secondo la lettera, da parte di Ankara sono state fornite ai gruppi terorristi sostanze chimiche industriali e sostanze esplosive, come il nitrato di ammonio ed il nitrato di potassio, glicerina ed acido nitrico, per un valore di almeno 2 milioni di dollari.
Il Ministero della Difesa russo ha acusato la Turchia di appoggiare i terroristi in Siria con le armi e di facilitare il trasferimento dei miliziani jihadisti attraverso il suo territorio in svariate occasioni.
Ankara è stata anche accusata di commercializzare il petrolio con l’ISIS e questo è stato confermato anche dai Ministeri della Difesa di Grecia e Russia.
Ankara è stata anche accusata di commercializzare il petrolio con l’ISIS e questo è stato confermato anche dai Ministeri della Difesa di Grecia e Russia.
Nota: La Turchia è un paese membro della NATO e gode dell’appoggio degli USA e dei paesi europei che fanno parte dell’alleanza. Da notare che la Turchia sta ricevendo alcuni miliardi di finanziamento dall’Unione Europea per la questione dei profughi siriani ma nessuno da parte europea ha mai manifestato al Governo turco alcuna recriminazione per l’appoggio fornito ai gruppi terroristi. Al contrario la Turchia ha ricevuto manifestazioni di appoggio e di solidarietà da parte degli esponenti della Commissione Europea ed anche dagli stessi esponenti governativi dei paesi europei, come la Angela Merkel, David Cameron, Francoise Hollande e Matteo Renzi.
Un attacco con armi chimiche ad Aleppo
Almeno 23 persone sono morte e più di un centinaio di feriti nel corso di un attacco con armi chimiche portato a compimento dai terroristi dell’ISIS conmtro le Unità di Protezione del Popolo Curdo (YPG), in una urbanizzazione vicina alla città siriana di Aleppo.
L’Attacco ha avuto luogo nella mattina di Giovedì ed ha causato una grave tosse e asfissia tra le persone coinvolte, come segnalato dal canale russo RT, che ha citato il corrispondente siriano curdo Nauruz Uzman.
L’Attacco ha avuto luogo nella mattina di Giovedì ed ha causato una grave tosse e asfissia tra le persone coinvolte, come segnalato dal canale russo RT, che ha citato il corrispondente siriano curdo Nauruz Uzman.
Ci sono vari video girati sul posto che mostrano le colonne di fumo giallastro che salgono dalla vicina città di Sheij Masud, ad Aleppo. Vedi: Youtube.com/watch
Walaat Mamu, un medico che lavora presso l’ospedale locale, ha segnalato che varie vittime sono arrivate in ospedale con i sintomi dell’asfissia dopo l’attacco. “Non si è stabilito ancora quale sia la sostanza specifica che risulta utilizzata nell’attacco. Tuttavia i sintomi delle vittime dimostrano che queste sono state avvelenate da gas tossici proibiti”, ha segnalato. Vedi: Youtube.com/watch
Walaat Mamu, un medico che lavora presso l’ospedale locale, ha segnalato che varie vittime sono arrivate in ospedale con i sintomi dell’asfissia dopo l’attacco. “Non si è stabilito ancora quale sia la sostanza specifica che risulta utilizzata nell’attacco. Tuttavia i sintomi delle vittime dimostrano che queste sono state avvelenate da gas tossici proibiti”, ha segnalato. Vedi: Youtube.com/watch
Questo attacco ha avuto luogo dopo che i terroristi dell’ISIS hanno lanciato un attacco chimico contro le posizioni dell’Esercito siriano ubicate nella città di Deir Ezzor.
Una informativa della Società Medica Sirio-Americana ha segnalato che l’ISIS ha portato a compimento più di 160 attacchi chimici con agenti velenosi ed asfissianti, come il Sarin, la clorina ed il gas mostaza, dall’inizio del conflitto siriano nel 20111. Almeno 1.491 persone dono morte negli attacchi chimici da allora nel paese.
Fonti: Al Manar Sputnik News
Traduzione e nota: Luciano Lago
Il Governo Renzi/ Gentiloni consolida le sue relazioni con gli sceicchi e gli emiri del Golfo
di Luciano Lago
Il Governo Italiano, rappresentato da Matteo Renzi, Gentiloni (Esteri) e Pinotti (Difesa) , ha da poco riconfermato le sanzioni alla Siria, un paese che lotta disperatamente da 5 anni contro le orde terroriste islamiche, mentre lo stesso Governo italiano consolida le relazioni con le Monarchie petrolifere del Golfo, gli “Stati canaglia”, finanziatori e ispiratori del terrorismo islamico salafita.
In particolare lo scorso 30 e 31 Marzo, la ministra della difesa Roberta Pinotti, in accordo con il suo premier, si è recata in visita ufficiale a Doha, nel Qatar, dove ha incontrato il ministro per gli Affari della difesa Khalid bin Muhammad Al-Attiyar ed il consigliere militare dell’Emiro gen. Hamad bin Ali Al Attiyah. Nel corso delle riunioni è stata esaminata la cooperazione militare tra Italia e Qatar, la situazione generale delle crisi nella regione , con particolare attenzione ad Iraq, Siria e alla Libia, paesi dove il Qatar svolge un ruolo chiave, oltre a discutere di iniziative di collaborazione in settori industriali relativi ai sistemi d’arma.
La ministra Pinotti ed il suo capo fiorentino, non possono non sapere o fingere di non conoscere quale sia il “ruolo chiave” che svolge questo paese, assolutista e dittatoriale, nel finanziare, armare e sostenere i gruppi terroristi salafiti che operano in Siria ed in Iraq e le loro propaggini in altri paesi come Libano, Sudan e Somalia.
A questo proposito è noto che in Siria e in Libia l’emirato del Qatar ha direttamente appoggiato i gruppi ribelli jihadisti, sponsorizzati anche da americani ed europei, attraverso individui e organizzazioni autonome con base in Doha. Il Qatar ha finanziato e armato gruppi jihadisti e terroristici ed ogni volta che qualche governo e l’ Onu hanno fatto presente il problema alle autorità, queste non hanno mai preso provvedimenti ed anzi hanno lasciato a piede libero gli accusati. Il ministero degli Affari religiosi continua a invitare imam estremisti nel paese, le persone accusate di aver raccolto e trasferito fondi ad al Qaeda, Jabhat al Nusra (la filiale siriana di al Qaeda) e all’Isis al massimo vengono arrestate per qualche settimana e poi rilasciate, e gli aiuti ufficiali dell’emirato in Libia e in Siria non vanno più agli alleati locali degli occidentali, ma ai Fratelli Musulmani e ai salafiti.
Ce ne sarebbe abbastanza per far considerare il Qatar uno “Stato canaglia” ma questo non accade perchè questo paese è uno stretto alleato degli USA, della Gran Bretagna, coopera strettamente con la NATO ed è in rapporti di business con tutti i paesi occidentali.
Nonostante questi precedenti, la ministra Pinotti ha diramato una nota del suo Ministero con cui ha fatto sapere che : “Italia e Qatar hanno avviato da tempo un dialogo e la visita del Ministro Pinotti ha contribuito a rafforzare i rapporti di cooperazione esistenti con il Paese del Golfo anche nel settore della formazione e dell’addestramento del personale militare”, riporta la nota del Ministero della Difesa italiano. “In particolare, il Ministro Pinotti ha espresso la sua soddisfazione per i risultati conseguiti a livello tecnico-militare con il Piano di Cooperazione sottoscritto a Doha alla fine dello scorso mese di gennaio”. Nei prossimi mesi, inoltre, presso la base aerea di Galatina, Lecce, sede del 61° Stormo dell’Aeronautica italiana, saranno avviate le attività di addestramento al volo per i piloti militari qatarini a bordo dei nuovi caccia-addestratori avanzati M-346 prodotti da Alenia-Aermacchi (Finmeccanica).
A seguito di tale addestramento, i piloti quatariani saranno ancora più abili e precisi nel centrare con le loro bombe le case, le scuole e gli ospedali dello Yemen, per distruggere quel disgraziato paese e piegare la resistenza della sua popolazione.
A seguito di tale addestramento, i piloti quatariani saranno ancora più abili e precisi nel centrare con le loro bombe le case, le scuole e gli ospedali dello Yemen, per distruggere quel disgraziato paese e piegare la resistenza della sua popolazione.
Nel corso della missione in Qatar, Roberta Pinotti non ha mancato di recarsi in visita al salone espositivo internazionale DIMDEX 2016, organizzato dalle forze armate locali con cadenza biennale e riservato in particolare ai sistemi di guerra nel settore aeronavale. La ministra italiana, che fino a pochi mesi fa non distingueva un caccia da un missile (Vedi: La supercazzola del Ministro della Difesa Roberta Pinotti ) , adesso si è molto interessata alle ultime novità ed ha chiesto informazioni ai suoi assistenti circa l’efficacia dei nuovi sistemi d’armi presentati all’esposizione. Inoltre all’esposizione di Doha erano presenti le aziende di punta del comparto militare-industriale italiano e MBDA Missile Systems, società leader nella costruzione di missili e tecnologie avanzate, controllata da AIRBUS Group (37,5%), BAE Systems (37,5%) e la stessa Finmeccanica (25%) ha firmato un protocollo d’intesa per la fornitura alla marina militare del Qatar di alcune batterie missilistiche per la difesa costiera, il cui costo si aggira intorno ai 640 milioni di euro. “ Un bel contratto ed un ricco business, niente da dire.
La Ministra Pinotti non ha voluto prendere informazioni sulle attività che sta svolgendo in questo momento il Qatar ed in particolare sull’attiva collaborazione che sta sviluppando questo paese , assieme con l’Arabia Saudita, con gli Emirati Arabi R. , nelle operazioni di bombardamento sullo Yemen che hanno già prodotto alcune migliaia di vittime fra i civili e grandi distruzioni di case, scuole, ospedali ed edifici pubblici in quel paese che ha avuto il torto di avere scelto un governo non gradito all’Arabia Saudita, al Qatar ed alle altre monarchie del Golfo.
L’Arabia Saudita, il Qatar e le altre petromonarchie del Golfo hanno costituito una coalizione, con l’assistenza di USA e GB, per intervenire e schiacciare lo Yemen che risulta il più povero paese arabo della regione. Sono particolari che alla ministra della Difesa non interessano, visto che gli affari sono affari ed ai ricconi arabi del Golfo è meglio non fare domande indiscrete.
D’altra parte il Governo italiano, nei conflitti che si stanno svolgendo in Medio Oriente, ha scelto da quale parte stare, viste le sue alleanze nella NATO e la totale subordinanzione alle direttive USA: dalla parte degli Stati che fomentano terrorismo, destabilizzazione e creano conflitti, ovvero dalla parte di Arabia Saudita, Qatar, Emirati e Turchia, i diretti responsabili e mandanti dei vari conflitti che dilaniano la regione.
Peccato che le conseguenze nefaste di questi conflitti arrivino prima o poi anche sulle coste italiane. Questo però alla ministra Pinotti è meglio non dirlo perchè lei sta ancora studiando bene le caratteristiche dei sistemi d’arma e tutto il resto non è di sua competenza.
L’Arabia Saudita fornisce missili antiaerei ai gruppi terroristi in Siria
Notizie filtrate dai servizi di intelligence russi rivelano che l’Arabia Saudita avrebbe fornito ai gruppi terroristi in Siria 85 missili a guida infrarossi per colpire ed abbattere gli aerei russi e siriani che operano nello spazio aereo del paese arabo.
La fonte ha confermato che il gruppo terrorista denominato “Yeish al-Fath”, sponsorizzato dall’Arabia Saudita, è quello che ha ricevuto la fornitura dei sofisticati missili che sono in grado di abbattere gli aerei, utilizzando le fonti di calore rilasciate dagli aerei per individuare il bersaglio. La fonte precisa che sono state intercettate e registrate le comunicazioni dei terroristi da cui risulta l’avvenuta consegna anche se non si precisa attraverso quale via abbiano ricevuto i missili.
La fonte ha confermato che il gruppo terrorista denominato “Yeish al-Fath”, sponsorizzato dall’Arabia Saudita, è quello che ha ricevuto la fornitura dei sofisticati missili che sono in grado di abbattere gli aerei, utilizzando le fonti di calore rilasciate dagli aerei per individuare il bersaglio. La fonte precisa che sono state intercettate e registrate le comunicazioni dei terroristi da cui risulta l’avvenuta consegna anche se non si precisa attraverso quale via abbiano ricevuto i missili.
L’Arabia Saudita ha acquistato questi missili dagli USA, come anche molte altre armi sofisticate, fra cui i missili anticarro, e provvede a fornire queste armi ai gruppi terroristi che operano in Siria con l’obiettivo di rovesciare il Governo di Damasco.
Questo conferma il ruolo che i sauditi svolgono in Siria e quanto non si siano rassegnati alla sconfitta subita dai gruppi da loro sponsorizzati per effetto dell’offensiva dell’Esercito siriano, con l’appoggio dell’aviazione russa.
Tutto lascia credere che la tregua momentanea raggiunta in Siria non durerà per molto, viste le intenzioni di non rinunciare ai loro piani da parte dei paesi che hanno fino ad oggi sponsorizzato i gruppi terroristi.
Nota: Un altro serio pericolo potrebbe essere rappresentato dal fatto che queste armi potrebbero finire anche in mano a gruppi terorristi (come l’ISIS) che dovessero infiltrarsi in Europa ed in questo caso ci sarebbe un grosso rischio che queste armi potrebbero essere utilizzate anche contro aerei delle linee civili. Non sarebbe la prima volta, come accaduto con l’aereo russo civile abbattuto sul Sinai nello scorso Ottobre con 228 passeggeri a bordo.
Le responsabilità di chi fornisce queste armi , di chi le consegna ai gruppi terroristi e chi finanzia tali gruppi sono evidenti ma le notizie di questo tipo non vengono pubblicate dai media occidentali, salvo poi levare alte grida di sdegno quando avvengono episodi di attacchi terroristici con strage di civili innocenti causate da questi gruppi, poco controllabili, che sono stati utilizzati in modo spregiudicato dai governi occidentali e dai loro alleati per le loro finalità geopolitiche.
Fonte: Hispan Tv Traduzione e nota: Luciano Lago
Inchiesta sul grande alleato degli USA e dell’Occidente: l’Arabia Saudita
Arabia Saudita svelata. Un documentario
Per sei mesi i giornalisti di Itv e Pbs hanno filmato con telecamere nascoste la vita del Regno, tra decapitazioni e repressione. E dove si insegna ai bambini: «I cristiani dovrebbero essere decapitati»
I bracci alzati di due gru tengono sospesa in aria a una decina di metri di altezza una barra alla quale sono appesi cinque corpi senza testa. Appartenevano a cinque ladri, decapitati e poi appesi per giorni, come monito per tutti i cittadini. Questa scena non è stata filmata nei territori controllati dallo Stato islamico, ma in Arabia Saudita, governato da un regime islamico tra i più repressivi al mondo.
ARABIA SAUDITA SVELATA. Per sei mesi i giornalisti dell’emittente britannica Itv e di quella americanaPbs hanno filmato con telecamere nascoste la vita del Regno, azione illegale e passibile di essere giudicata come atto di terrorismo. Così hanno dato vita al documentario Saudi Arabia Uncovered (Arabia Saudita svelata), che viene trasmesso in queste settimane in tre parti da 20 minuti e che mostra le diverse sfaccettature del regime saudita.
DECAPITAZIONI. Oltre alle immagini dei corpi appesi, le telecamere riprendono scene orribili di decapitazioni e crocifissioni, pene previste dalla sharia, la legge islamica che vige nel paese, e sempre più spesso comminate dalle autorità. Nel 2015 sono state decapitate più di 150 persone ma quest’anno 70 sono state giustiziate in meno di tre mesi. Nel braccio della morte c’è anche un ragazzo di nome Ali Mohammed al-Nimr, arrestato nel 2012 all’età di 17 anni per aver partecipato a una protesta illegale e condannato in via definitiva alla decapitazione e alla crocifissione.
«È SOLO UN RAGAZZO». Nel documentario compare la madre del ragazzo, che parla di come il figlio sognasse «dignità e libertà». Parla anche il padre, che spiega: «Quando ho visto mio figlio dopo l’arresto mi ha detto: “Papà che cos’è significano “eversione e tradimento”? Erano le sue accuse. Ali è solo un ragazzo». Secondo la famiglia, Ali è stato arrestato per via di suo zio, importante imam sciita che da anni denuncia la repressione e la persecuzione subita dalla minoranza sciita in Arabia Saudita, paese a maggioranza sunnita. Al-Nimr è stato decapitato a gennaio, suo nipote potrebbe fare molto presto la stessa fine.
DONNE OPPRESSE. Nel filmato viene denunciata anche l’oppressione delle donne, trattate come cittadini di serie B, impossibilitate a scoprirsi il capo, ad uscire senza un accompagnatore maschile, a guidare. Alcune delle immagini più forti riguardano proprio il trattamento delle donne, insultate per strada dalla polizia religiosa, che deve promuovere la virtù e prevenire il vizio, picchiate e anche frustate da comuni cittadini.
IL CASO BADAWI. La libertà di espressione non esiste. Per una critica al governo o a una sua opera si può essere condannati per terrorismo ed è vietato anche dissentire sui precetti dell’islam. In questo senso è emblematica la storia del blogger Raif al-Badawi, che viene raccontata attraverso le interviste alla moglie e ai tre figli, condannato a 10 di carcere e 1.000 frustate per aver scritto questa frase su internet: «L’unico modo di vivere in un mondo non libero è diventare così assolutamente libero che la tua stessa vita rappresenti un atto di ribellione». Dopo una fortissima protesta internazionale la pena delle frustate è stata sospesa, ma Al-Badawi resta in carcere.
FONDAMENTALISMO ESPORTATO. L’Arabia Saudita svelata è anche quella del fondamentalismo islamico esportato in tutto il mondo, attraverso le moschee e i centri culturali sparsi per il globo dove viene insegnato il wahabismo, una versione ultraconservatrice dell’islam sunnita molto simile all’ideologia dello Stato islamico. Il regime, che gode di proventi immensi dalla vendita del petrolio, ha speso circa 70 miliardi di dollari nella promozione. Non è un caso se 15 delle 19 persone coinvolte nell’attentato dell’11/9 erano saudite.
«DECAPITARE TUTTI I CRISTIANI». L’indottrinamento dei giovani in Arabia Saudita e di quelli in tutto il mondo avviene anche attraverso i sermoni in moschea e i libri scolastici. Durante un discorso ripreso nel Regno, l’imam arringa i fedeli: «Gli ebrei hanno abusato, spadroneggiato e corrotto questa terra. Allora, oh Allah, fermali e fai schioccare su di loro la frusta della tortura, non lasciare che la loro bandiera sventoli in alto e fai di loro un esempio». Un bambino interrogato su che cosa dica il suo testo scolastico sulle religioni, ripete a memoria: «Cosa dice degli sciiti e degli infedeli? Tutti i cristiani dovrebbero essere puniti e decapitati fino a quando non ne sarà rimasto neanche uno.
Gli sciiti sono blasfemi e dovrebbero essere puniti con la morte. Dovremmo combatterli nel nome dell’islam». Davanti a queste riprese, non ci si può stupire se uno scrittore algerino come Kamel Daoud abbia inventato questa perifrasi per descrivere il regime: «L’Arabia Saudita è un Isis che ce l’ha fatta».
Fonte: Tempi.it
Estrema “gratitudine” espressa ad Israele dai terroristi in Siria per l’aiuto prestato loro dal regime sionista
Il Canale 2 della televisióne israeliana ha segnalato che le autorità israeliane hanno prestato assistenza a più di 2.100 terroristi feriti che appartengono a distinti gruppi , includendo il Fronte al Nusra (il ramo di Al Qaida en Siria).
I media israeliani hanno rivelato che lo Stato di Israele sta prestando assistenza nei suoi ospedali ai terroristi jihadisti feriti con la finalità di curarli e permettere loro di tornare a combattere contro le forze dell’esercito siriano.
I media israeliani hanno rivelato che lo Stato di Israele sta prestando assistenza nei suoi ospedali ai terroristi jihadisti feriti con la finalità di curarli e permettere loro di tornare a combattere contro le forze dell’esercito siriano.
Gli stessi media israeliani hanno indicato che le ambulanze, che prelevano i terroristi e feriti e trasferiscono questi negli ospedali, svolgono questo servizio con discrezione per evitare le proteste e gli attacchi (già verificatisi in passato) da parte della popolazione del Golan occupato che non vedono di buon occhio questo aiuto che Israele presta ai terorristi.
Le relazioni e la collaborazione tra il comando militare di Israele ed il Fronte Al Nusra sono diventate molto strette e durano già da anni.
Israele non si è limitata ad aprire i suoi ospedali e fornire assistenza medica e ricovero ai terroristi che operano in Siria ma ha fornito anche aiuti concreti (equipaggiamenti e munizioni) a questi gruppi ed ha provveduto anche a bombardare con le se forze aeree le posizioni dell’Esercito siriano e di Hezbollah, quando necessario per alleggerire la pressione militare sui miliziani da parte dell’esercito siriano. Questo appoggio aereo è dovuto però cessare con l’intervento delle forze aeree russe.
Israele non si è limitata ad aprire i suoi ospedali e fornire assistenza medica e ricovero ai terroristi che operano in Siria ma ha fornito anche aiuti concreti (equipaggiamenti e munizioni) a questi gruppi ed ha provveduto anche a bombardare con le se forze aeree le posizioni dell’Esercito siriano e di Hezbollah, quando necessario per alleggerire la pressione militare sui miliziani da parte dell’esercito siriano. Questo appoggio aereo è dovuto però cessare con l’intervento delle forze aeree russe.
Il giornale “The Times of Israel” ha riferito che lo stesso Fronte Al Nusra è stato incaricato dalle autorità israeliane di controllare l’identità dei miliziani feriti prima di disporre il loro ricovero presso le strutture ospedaliere israeliane.
Kamal al Labwani, uno dei leaders della denominata “opposizione siriana” (che vive in Turchia) ha espresso la sua piena “gratitudine” verso il Governo israeliano ed ha dichiarato che i miliziani che combattono contro il regime di Al Assad non dimenticheranno mai dell’aiuto prestato loro da Israele. Da parte sua Al Labwani, che risulta il capo della formazione CNS, ha enfatizzato l’appoggio ricevuto da Israele alle forze dei miliziani che combattono contro il regime di Damasco.
Kamal al Labwani, uno dei leaders della denominata “opposizione siriana” (che vive in Turchia) ha espresso la sua piena “gratitudine” verso il Governo israeliano ed ha dichiarato che i miliziani che combattono contro il regime di Al Assad non dimenticheranno mai dell’aiuto prestato loro da Israele. Da parte sua Al Labwani, che risulta il capo della formazione CNS, ha enfatizzato l’appoggio ricevuto da Israele alle forze dei miliziani che combattono contro il regime di Damasco.
Nota: Questo personaggio, Al Labwani, è colui che, nel corso di un viaggio in Israele ebbe riunioni con i massimi esponenti militati e politici dei Tel Aviv ed ebbe a dichiarare che, le forze ribelli, i caso di una loro ascesa al potere a Damasco, avrebbero definitivamente consegnato il Golan, ed altri territori siriani occupati, alla sovranità del regime israeliano in cambio dell’aiuto a loro prestato. Tale prospettiva si è peraltro allontanata visto il successo e le vittorie sul campo ottenute dall’Esercito siriano, grazie anche all’appoggio ricevuto dalle forze aeree russe.
Israele, da molto tempo, opera per il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad in Siria ed ha sempre visto con favore la guerra portata dalle milizie jihadiste, armate dall’esterno ed infiltrate in Siria, non mancando di fornire i suoi aiuti, se pure inizialmente occultati.
Da ultimo lo stesso Netanyahu si era recato in visita ai miliziani feriti negli ospedali israeliani ed ha dichiarato di “ammirare il coraggio” di questi combattenti.
Occorre segnalare che le autorità israeliane proclamano ad ogni piè sospinto la loro ferma “lotta contro il terrorismo” ma nello stesso tempo utilizzano il più sfacciato “doppio standard” nel considerare come “legittimi” i miliziani jihadisti che combattono contro il Regime di Damasco e contro Hezbollah, seminando morte e distruzione nelle città della Siria con i loro attacchi ed attentati indiscriminati contro obiettivi civili. Al contrario Israele considera “terroristi” tutti coloro che si oppongono con le armi alla occupazione militare fatta da Israele in Palestina o in Libano.
In funzione di questo appoggio, si nota che sia l’ISIS che gli altri gruppi terroristi, come Al Nusra, non hanno mai effettuato attacchi contro Israele che viene anzi considerato un alleato nella lotta contro il regime di Assad e le forze di Hezbollah.
Fonte: Al Manar
Traduzione e nota: Luciano Lago
“L’intervento Usa in Siria? Una farsa”
“L’intervento russo ha smascherato la commedia dell’intervento americano. Quando a bombardare erano gli americani e i loro alleati lo Stato islamico si espandeva. Quando i russi hanno incominciato a bombardare l’Isis ha, finalmente, iniziato a ritirarsi. Me lo lasci dire… verrebbe un po’ da interrogarsi sul ruolo degli americani”.
Monsignor George Abu Khazen, 69 anni, vescovo cattolico di Aleppo, non ha peli sulla lingua. Da mesi loda l’intervento russo e l’offensiva dell’esercito siriano perché, come ribadisce in questa intervista a Il Giornale, “l’avanzata dei nostri militari garantisce una maggiore sicurezza a tutti gli abitanti della città e regala per la prima volta po’ di speranza. Prima di quest’offensiva le bombe dei ribelli cadevano sulla città e uccidevano ogni giorno più di dieci civili. Senza contare che Aleppo è rimasta per due mesi senz’acqua e per sei senza elettricità. Oggi, invece, tutto sta finalmente tornando alla normalità”.
Per lei dunque l’intervento russo è stato positivo?
“Finché a intervenire erano gli Stati Uniti e i loro alleati lo Stato islamico ha continuato a estendersi ed è arrivato ad occupare fino al 50 per cento del territorio. Con l’intervento russo, Stato islamico e Al Nusra hanno perso in meno di due mesi molti dei territori occupati. Secondo lei con chi dovremmo stare? Con Al Nusra e Isis o con i russi? Ma la conseguenza più importante dell’intervento russo è il processo di pace. Per la prima volta in cinque anni si è aperto un dialogo tra le parti che ha portato a un cessate il fuoco”.
In Europa gli organi d’informazione accusano l’esercito siriano di assediare Aleppo.
“Non so se ignorino la verità o seguano una sorta di verità ufficiale… L’esercito siriano è un esercito regolare impegnato a difendere i propri civili. Doveva abbandonare la città nelle mani dello Stato islamico e di Al Qaida? Per noi l’esercito siriano rappresenta la liberazione. Dove entra riprende la vita. In molti villaggi i bambini non andavano a scuola da tre o quattro anni. Appena è arrivato l’esercito hanno ripreso a studiare. Se questo è un assedio allora benvenuto l’assedio”.
Dunque lei e i cristiani di Aleppo state con Bashar Assad.
“Noi cristiani non stiamo con Bashar Assad. Stiamo con i valori di convivenza e tolleranza di una Siria che in Medio Oriente ha rappresentato un’autentica oasi di pluralismo garantendo la convivenza di 23 gruppi etnici religiosi. In Europa preferite un colore solo? Preferite quello nero?”.
In Europa si è detto che i bombardamenti russi generano nuovi profughi.
“E quelli arrivati prima dell’intervento russo da cosa scappavano? In Europa dovreste informarvi un po’ meglio… qui dove arriva l’esercito la gente non scappa, ma torna ai propri villaggi”.
Cosa si augura per Aleppo e per la Siria?
“Bisogna che tutti s’impegnino a garantire la continuazione di questo processo di pace. I governi che hanno appoggiato i gruppi venuti a combattere in Siria devono chiedere loro di farla finita. Devono spingerli a trovare una soluzione attraverso il dialogo”.
C’è spazio per una riconciliazione?
“L’intervento russo ha spinto molti militanti a cercare la riconciliazione e il dialogo. In questo momento molti ribelli stanno abbandonando le armi e collaborano con il governo. Voi europei dovreste capire che se qui arriva la pace non avrete più il problema dei profughi. La Siria in passato non esportava profughi, ma li accoglieva. Quindi se voi europei volete veramente risolvere il problema dei profughi lavorate per la pace in Siria”.
Monsignor George Abu Khazen, 69 anni, vescovo cattolico di Aleppo, non ha peli sulla lingua. Da mesi loda l’intervento russo e l’offensiva dell’esercito siriano perché, come ribadisce in questa intervista a Il Giornale, “l’avanzata dei nostri militari garantisce una maggiore sicurezza a tutti gli abitanti della città e regala per la prima volta po’ di speranza. Prima di quest’offensiva le bombe dei ribelli cadevano sulla città e uccidevano ogni giorno più di dieci civili. Senza contare che Aleppo è rimasta per due mesi senz’acqua e per sei senza elettricità. Oggi, invece, tutto sta finalmente tornando alla normalità”.
Per lei dunque l’intervento russo è stato positivo?
“Finché a intervenire erano gli Stati Uniti e i loro alleati lo Stato islamico ha continuato a estendersi ed è arrivato ad occupare fino al 50 per cento del territorio. Con l’intervento russo, Stato islamico e Al Nusra hanno perso in meno di due mesi molti dei territori occupati. Secondo lei con chi dovremmo stare? Con Al Nusra e Isis o con i russi? Ma la conseguenza più importante dell’intervento russo è il processo di pace. Per la prima volta in cinque anni si è aperto un dialogo tra le parti che ha portato a un cessate il fuoco”.
In Europa gli organi d’informazione accusano l’esercito siriano di assediare Aleppo.
“Non so se ignorino la verità o seguano una sorta di verità ufficiale… L’esercito siriano è un esercito regolare impegnato a difendere i propri civili. Doveva abbandonare la città nelle mani dello Stato islamico e di Al Qaida? Per noi l’esercito siriano rappresenta la liberazione. Dove entra riprende la vita. In molti villaggi i bambini non andavano a scuola da tre o quattro anni. Appena è arrivato l’esercito hanno ripreso a studiare. Se questo è un assedio allora benvenuto l’assedio”.
Dunque lei e i cristiani di Aleppo state con Bashar Assad.
“Noi cristiani non stiamo con Bashar Assad. Stiamo con i valori di convivenza e tolleranza di una Siria che in Medio Oriente ha rappresentato un’autentica oasi di pluralismo garantendo la convivenza di 23 gruppi etnici religiosi. In Europa preferite un colore solo? Preferite quello nero?”.
In Europa si è detto che i bombardamenti russi generano nuovi profughi.
“E quelli arrivati prima dell’intervento russo da cosa scappavano? In Europa dovreste informarvi un po’ meglio… qui dove arriva l’esercito la gente non scappa, ma torna ai propri villaggi”.
Cosa si augura per Aleppo e per la Siria?
“Bisogna che tutti s’impegnino a garantire la continuazione di questo processo di pace. I governi che hanno appoggiato i gruppi venuti a combattere in Siria devono chiedere loro di farla finita. Devono spingerli a trovare una soluzione attraverso il dialogo”.
C’è spazio per una riconciliazione?
“L’intervento russo ha spinto molti militanti a cercare la riconciliazione e il dialogo. In questo momento molti ribelli stanno abbandonando le armi e collaborano con il governo. Voi europei dovreste capire che se qui arriva la pace non avrete più il problema dei profughi. La Siria in passato non esportava profughi, ma li accoglieva. Quindi se voi europei volete veramente risolvere il problema dei profughi lavorate per la pace in Siria”.
LE RISORSE FINANZIARIE DELL' ISIS
DI VLADIMIR ODINTSOV
Informazioni recentemente pubblicate da The Independent hanno rivelato che il gruppo terroristico ISIS operante in Iraq e Siria riceve fondi consistenti attraverso un "sofisticato programma di riciclaggio di denaro". Questi fondi sono in parte generati da oscure operazioni effettuate nel sud del Regno Unito relative a offerte telefoniche di servizi bancari e importazione di automobili dall'Inghilterra verso l'Africa.
Il 16 ottobre di quest'anno, il Financial Times ha reso noto al mondo intero l’esito della sua indagine sulle fonti finanziarie di ISIS, sottolineando che dopo più di un anno e 10,5 mila raid aerei dall'inizio della campagna anti-terroristica dell'Occidente, il risultato è il totale fallimento degli sforzi degli Stati Uniti per minare il patrimonio finanziario del gruppo terroristico.
Ci sono diverse testimonianze riguardo alle fonti che finanziano ISIS. Secondo gli esperti, nonostante il fatto che ISIS si definisca un’organizzazione politica e religiosa, nei fatti funziona come un’organizzazione criminale e le sue principali fonti di ricchezza provengono da tributi, contrabbando, vendite di petrolio illegali e altri tipi di reati. Va anche detto che in Iraq e in Siria l’ organizzazione ricorre anche a rapine in banca, rapimenti ed estorsioni di denaro da ostaggi rapiti.
In particolare, nel giugno del 2014 uomini armati ISIS hanno rapinato una filiale della Banca Centrale Irachena a Mosul, facendo un bottino stimato tra i 900 milioni e i 2 miliardi di dollari USA. La scorsa settimana a Mosul, uomini armati ISIS hanno preso d’assalto una filiale della banca Al-Rafidin e, secondo testimoni, si sono allontanati con tre camion carichi di denaro (non è noto l’importo esatto della refurtiva, ma secondo alcune stime, ISIS si è portato via decine di milioni di dollari USA dalla banca). Inoltre, ISIS riceve fondi da parte di investitori privati dei paesi del Golfo, in particolare Kuwait e Arabia Saudita, che sostengono la lotta contro il regime di Bashar Assad. Questo avviene attraverso enti di beneficenza islamici, soprattutto in Qatar, Kuwait e Arabia Saudita. Un membro del Majlis iraniano (Parlamento) - Mohammad Saleh Jokar – ha affermato che ISIS ha ricevuto un sostegno finanziario anche dall’ Arabia Saudita, per un importo di 4 miliardi di dollari, per condurre attività terroristiche in Iraq. Ora, secondo le stime di alcuni esperti, il bilancio dell'organizzazione potrebbe aggirarsi intorno ai 7 miliardi di dollari, denaro che fino a poco fa ha consentito all’organizzazione terroristica di reclutare attivamente dei mercenari e finanziare varie campagne di propaganda.
Il 18 febbraio 2015, Mohammed al-Hakim, rappresentante dell'Iraq presso le Nazioni Unite, ha detto che lo "Stato islamico" sta uccidendo la gente per vendere i suoi organi. Secondo lui, nelle fosse comuni delle vittime ISIS, sono stati trovati corpi di persone con segni evidenti di recenti operazioni chirurgiche. A queste persone mancavano reni e altri organi interni.
ISIS riceve proventi anche attraverso il traffico di droga. Secondo Viktor Ivanov, capo del Servizio federale di controllo degli stupefacenti in Russia, le entrate annue di ISIS provenienti dal traffico di droga da Afghanistan verso i paesi Europei, ammontano a circa un miliardo di dollari USA:
Tuttavia, la maggior parte degli esperti oggi è propensa a ritenere che la principale fonte di reddito di ISIS sia il contrabbando di petrolio e prodotti petroliferi dai campi petroliferi occupati e le attività di raffinazione illegale attraverso intermediari turchi, curdi e giordani. Tali prodotti sono venduti a un costo 2-3 volte inferiore a quello ufficiale. Ogni giorno, ISIS ricava 3-3,5 milioni di dollari da tali attività. Le attività petrolifere di ISIS vengono gestite dalla cosiddetta “National Oil Corporation." Anche i ribelli siriani non disdegnano di acquistare questi prodotti ISIS.
Anche se l'esercito americano continua a riferire di continui attacchi e sortite contro obiettivi ISIS in Iraq e in Siria, nei fatti questi bombardamenti non hanno prodotto dei grandi risultati. I profitti petroliferi di ISIS sono appena stati scalfiti e oggi ammontano a circa 500 milioni di dollari l'anno (ovvero: 30-40 barili al giorno). Solo questo fatto è la prova sconcertante del fallimento della lotta condotta dagli Stati Uniti contro ISIS, poiché non sono stati causati danni significativi alle sue fonti di sostegno finanziario.
Sullo sfondo dell’irrilevanza dei danni provocati a ISIS dagli attacchi statunitensi, il gruppo terroristico si è adattato in fretta, delegando il processo di raffinazione a centinaia di imprese artigianali e ripristinando rapidamente le perdite causate dagli attacchi della coalizione guidata dagli USA.
Le poco efficaci misure adottate da Washington per tagliare le esportazioni di petrolio ISIS al di fuori della zona controllata dal gruppo terroristico, non ha prodotto risultati significativi: lo scorso anno ISIS ha continuato a vendere petrolio, non solo attraverso la Turchia, ma, più recentemente, attraverso canali istituzionali corrotti dei porti di Kiev a Odessa, nonché attraverso numerosi altri intermediari della regione.
Inoltre, ISIS ha addirittura rafforzato la sua posizione finanziaria, soddisfacendo le esigenze del "mercato interno", poiché la produzione di gasolio ISIS è richiesta non solo dalla popolazione civile di Iraq e Siria, ma anche dai gruppi ribelli provenienti dalle regioni settentrionali della Repubblica Araba Siriana (SAR), compresi quelli formalmente contro ISIS. La gente del posto ha preso parte attivamente a questo processo, anche quelli non direttamente connessi a ISIS. In tali circostanze, il flusso di lavoro, logistica, marketing e gestione operativa è molto ben chiaro e definito. In particolare, il volume di questo "business" è dimostrato dal fatto che ai maggiori depositi della provincia siriana di Omar al-Hasakah, c’è una coda permanente di 6 km di camion in attesa.
Il business del petrolio ISIS impegna professionisti non solo all'interno della regione, ma anche al di fuori di essa, offrendo loro un compenso decisamente competitivo. L’ Amniyat (il Consiglio di Sicurezza ISIS) ha stabilito un sistema di stretta sorveglianza su torri di trivellazione del petrolio e impianti di distribuzione del prodotto; il settore petrolifero nel suo complesso è alla pari con le altre attività chiave del gruppo terrorista e sotto la diretta giurisdizione del "Consiglio Supremo".
L’assenza di misure radicali da parte dell'Occidente e, soprattutto, da parte degli Stati Uniti per frenare il business petrolifero di ISIS attraverso Turchia, Ucraina e molti altri stati della regione, può essere spiegata, in una certa misura, da alcuni fattori. Prima di tutto, il fatto che il dumping dello scorso anno da parte dell’organizzazione terroristica di importanti volumi di petrolio sui mercati esterni fosse in linea con gli interessi della Casa Bianca, che poteva utilizzare questo ‘strumento’ per danneggiare finanziariamente la Russia, il cui bilancio nazionale è fortemente dipendente dalle sue esportazioni di petrolio a livello mondiale. Di conseguenza, il business petrolifero ISIS è stato indubbiamente coordinato da Washington, così come furono coordinate allo stesso modo le attività sovversive di Al Qaeda contro l'Unione Sovietica in Afghanistan.
Sullo sfondo della retorica della Casa Bianca nei media occidentali circa la sua lotta contro il terrorismo internazionale, un’altra prova del tacito appoggio di Washington all’ISIS è il fatto che non sono state imposte dagli USA sanzioni ai paesi e alle istituzioni che lo sostengono.
In questo quadro, l’assistenza della Russia richiesta dal governo legittimo della Siria nel dispiegamento delle forze aeree russe per colpire non sole le infrastrutture militari ma anche gli obiettivi ‘finanziari’ di ISIS, diventa sicuramente molto importante nella lotta internazionale contro questi gruppi terroristici .
Vladimir Odintsov, commentator politico, in esclusiva per la rivista web “New Eastern Outlook”.
Fonte: http://journal-neo.org
3.11.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63
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