Concilio Vaticano II, Papa e Tradizione
Non si può seguire un concilio in cui il Papa propone delle novità contrarie alla Tradizione, perché il Papa deve essere il custode della Tradizione.
Credo che in definitiva il problema sia assai semplice. Noi non rifiutiamo niente, se non quello che possa opporsi a una tradizione solida, chiara e a una definizione della fede che è stata fatta dai concili, dai Papi da duemila anni. Evidentemente immagino che il Santo Padre davanti a questa risposta dica: “Ma dunque lei suppone che, nel Concilio, nelle riforme, negli orientamenti post-conciliari ci siano delle cose che possono essere contrarie alla Tradizione e che possono essere, insomma, pericolose per la fede e far diventare protestanti e modernisti?”.
Io penso che, se il Santo Padre mi facesse una simile domanda, direi: “Osservi i fatti”. Io non cerco niente, non si vuole né condannare né attaccare nessuno; ci sono i fatti: la gente perde la fede, i sacerdoti diventano protestanti e modernisti. Le conseguenze ci sono e sono evidenti, assolutamente evidenti. I catechismi non sono più dei catechismi cattolici e le università non insegnano più l’ortodossia. Che fare? Insomma c’è qualcosa che non è normale.
Devono riconoscere che noi conserviamo le tradizioni e che siamo un seminario tradizionale. E per il fatto che noi conserviamo queste tradizioni, conserviamo la liturgia tradizionale, per il fatto che conserviamo infine gli orientamenti tradizionali, siamo condannabili in nome del Concilio, dunque a partire dal Concilio è sorto qualcosa di nuovo che si oppone alla Tradizione. Non è altrimenti comprensibile.
E’ inaudito pensarlo. Ma questo dato di fatto si impone. “Allora – ci diranno - siete contro il Papa, siete contro la Chiesa”. Noi non siamo affatto contro il Papa. Siamo i migliori difensori del Papa. Siamo coloro che sono uniti – direi – in un modo più intimo con il Papa. Perché? Che cos’è il Papa? Ecco ciò che dice il Papa Pio IX nella sua costituzione Pastor æternus in cui definisce solennemente l’infallibilità del Pontificia: “Lo Spirito Santo in effetti non è stato promesso ai successori di Pietro per permettere loro di divulgare una dottrina nuova, ma per custodire santamente ed esporre fedelmente con la sua assistenza la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede”.
Quindi per noi è semplice. Il Papa, i sucessori di san Pietro, non hanno ricevuto lo Spirito Santo «per divulgare una dottrina nuova» ma per «custodire santamente» ed «esporre fedelmente con la sua assistenza la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede». Questo è quello che facciamo. Ci consacriamo a questo, potrei dire con tutto il cuore, con tutta l’anima. Tutte le vostre giornate trascorse in seminario, non hanno altro fine che scrutare il deposito della fede; voi scrutate la rivelazione data da Nostro Signore e che ci è stata trasmessa dagli apostoli e, fino ai nostri giorni, dai successori di Pietro.
Dunque se il Papa è davvero un successore di Pietro, non può non continuare la Tradizione, non può non portare con sé questo deposito, altrimenti dove lo troveremmo? È lui che ha ricevuto l’onere di questo deposito della fede per trasmetterlo e noi teniamo a esso come alle nostre pupille. Siamo attaccato a quel che il Papa ha di più caro: difendere il deposito della fede, trasmettere il deposito della fede, la rivelazioni degli apostoli, date agli apostoli da Nostro Signore. Dunque noi non siamo affatto contro il Papa.
Tutta la legge della Chiesa è fatta per difendere la fede. Nessuna legge può essere invocata per condannare coloro che vogliono conservare la fede.
Tutte le opposizioni giuridiche che possono esserci fatte, le pene e tutto ciò che fa parte del diritto positivo non tocca ciò che è di legge divina. La legge divina ci impone di credere. «Colui che crederà sarà salvato, colui che non crederà sarà condannato». Ecco la prima delle leggi, che è una legge divina. Le leggi umane come il diritto canonico, le pene che comporta e via dicendo, sono certamente utili. Siamo ben disposti a sottometterci a tutte queste leggi, ma nella misura in cui esse sostengono la legge principale per la quale sono fatte.
Tutto il diritto canonico è fatto per conservare e sostenere la nostra fede. Tutta la legge positiva della Chiesa è fatta per appoggiare e difendere la legge divina naturale e positiva. Tuttavia nelle leggi esiste una gerarchia. Di conseguenza, se noi per il fatto di osservare la legge divina, per il fatto di osservare la legge della fede, siamo attaccati dalla legge positiva della Chiesa, una legge che comunque è, in definitiva, una legge ecclesiastica, questo non ha alcun valore.
Perché questa legge positiva va contro la legge che ne è alla base, che è il suo fondamento proprio; il fondamento proprio del diritto canonico. Perciò, anche se domani io ricevessi una lettera del Papa che dica: “lei è scomunicato, lei è interdetto, lei è sospeso ecc.”, anche se mi dessero tutte le punizioni del diritto canonico, questo non ha alcun valore. Io continuerei come se nulla fosse, perché non si può, facendo pressione col diritto ecclesiastico, farci disobbedire alla legge divina. Ci dicono: “Voi dovete allinearvi al Concilio, dovete allinearvi alle riforme post-conciliari”.
Noi sappiamo benissimo che, se ci allineassimo a tutto quello che è stato fatto, andremmo dolcemente ma sicuramente verso gli errori, saremmo avvelenati dal liberalismo, dal modernismo, e anche dal comunismo, arriveremmo fino al comunismo. Ebbene, non c’è niente da fare, nessuno può costringerci a questo, nessuno. Nessuno può costringerci a seguire questa strada che è una strada avvelenata, non c’è niente da fare.
Mons. Marcel Lefebvre - Estratti della conferenza spirituale tenuta a Écône il 14 settembre 1975 (sanpiox.it)
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