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mercoledì 15 giugno 2016

Dall'ipotesi alla realtà?

Arnaldo da Silveira, l’ipotesi teologia di un Papa eretico

(di Nicodemo Grabber) Incoraggiato dal vescovo di Campos monsignor Antonio de Castro Mayer e dal professor Plinio Corrêa de Oliveira, il giovane filosofo e giurista brasiliano Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira pubblicava nel 1970 un ricco studio sull’ipotesi teologica del Papa eretico, seconda parte di un dittico che nel 1969 aveva visto già pubblicato il saggio critico sul Novus Ordo Missae.
Ora le Edizioni Solfanelli offrono al lettore italiano la traduzione integrale del saggio di Arnaldo da Silveira in un bel volume di 199 pagine impreziosito dalla Prefazione del professor Roberto de Mattei. Dopo quasi mezzo secolo lo studio sull’ipotesi teologica del Papa eretico non solo non ha perso di interesse ma, dopo i primi anni di regno di Francesco, la questione è oramai uscita dai ristretti circoli accademici per irrompere su giornali e riviste, blog e siti internet, nei discorsi più o meno celati di prelati e semplici parroci, intellettuali cattolici e laici.
Ecco allora che l’edizione italiana dello studio di Arnaldo da Silveira non appare in questo 2016 semplicemente per la lettura erudita di pochi ma come contributo offerto a Pastori e chierici, religiosi e laici per leggere teologicamente la crisi di vertice, per impostare la discussione che la realtà impone con categorie sicure radicate nella Tradizione cattolica.
L’autore intende presentare la questione così come affrontata e risolta dai grandi maestri della teologia cattolica e nel fare ciò elegge a propria auctoritas principale il Dottore della Controriforma san Roberto Bellarmino. E tuttavia ciò non impedisce, anzi sostiene, lo sforzo originale dell’Autore nel fare sintesi e nel superare l’insegnamento dello stesso Bellarmino dove questo si riveli debole o impreciso.
La prima parte del saggio è dedicata alla presentazione delle cinque opinioni sull’ipotesi di un Papa eretico così come esposte da san Roberto Bellarmino nel suoDe Romano Pontifice. Dopo alcune note preliminari e un efficace schema che riproduce in quadro sinottico le cinque opinioni con relative auctoritates a sostegno di ciascuna e valutazione sintetica datane da Bellarmino, l’Autore procede dedicando ad ognuna delle cinque opinioni un capitolo del volume dove l’opinione è presentata secondo la formulazione del Bellarmino, ne sono evidenziati gli argomenti a favore svolti dai dottori che l’hanno sostenuta, ne sono segnalate le criticità e le eventuali diverse interpretazioni, con Bellarmino e oltre Bellarmino. Poi l’Autore conclude fornendo un giudizio complessivo sull’opinione in oggetto.
Le cinque opinioni sono nell’ordine così presentate: 1) Il Papa non può essere eretico;
2) Cadendo nell’eresia, anche puramente interna, il Papa perde il pontificato ipso facto;
3) Anche se cade nell’eresia, il Papa non perde il suo ufficio;
4) Il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma deve essere dichiarato deposto dalla Chiesa;
5) Il Papa eretico è deposto ipso facto nel momento in cui la sua eresia diventa manifesta.
La prima opinione è quella di Alberto Pighi a cui aderiscono molte auctoritates ma più come ad una pia opinione che come ad una certezza; solo il teologo Agostino Matteucci la riterrà di fede. Arnaldo da Silveria presenta diversi argomenti contro questa prima opinione rilevando come la storia stessa della Chiesa la smentisca e come l’ipotesi di un Papa eretico sia stata pacificamente esposta per secoli dalla teologia e dal diritto canonico.
Il Decretum di Graziano, ove si riporta la sentenza attribuita a san Bonifacio, prevede la possibilità d’un Papa che devia dalla fede e così Innocenzo III e tutto il medioevo cristiano tanto che tale possibilità è considerata da san Roberto Bellarmino «opinione comune». Anche «i Concilii generali hanno ammesso», scrive Suarez, la possibilità di un Papa eretico. Vi sono poi i casi di Onorio e di Pasquale II che l’Autore considera esemplari.
In effetti poco importa, rispetto al tema, se papa Onorio sia caduto o meno nell’eresia, se avesse ragione Bellarmino o Cesare Baronio, rileva invece che il Terzo Concilio di Costantinopoli, il Sesto Concilio Ecumenico, anatematizzò Onorio, che san Leone II condannò il suo Predecessore (se pur attenuando la condanna emessa dal Concilio), che la condanna fu confermata da ben tre Concilii e che papa Adriano II, parlando proprio di Onorio, fece riferimento alla caduta del Papa nell’eresia come unico crimine per il quale gli inferiori possono resistergli e rigettarne le dottrine.
Ugualmente è irrilevante, rispetto alla questione in oggetto, sapere se Pasquale II errò nella fede nel suo accordo con Enrico V, significativo è invece notare come san Bruno giudicasse eretico il privilegio accordato a Enrico V e come il futuro papa Callisto II, assieme a sant’Ugo di Grenoble, san Goffredo di Amiens e molti altri vescovi minacciarono addirittura di rompere la comunione con Pasquale II se non avesse rinnegato l’eretico accordo con l’imperatore. Lo stesso sant’Ivo di Chartres, che pure difese Pasquale II dall’accusa di eresia, affermò per iscritto la perdita dell’ufficio petrino in caso di deviazione dalla verità evangelica.
E nullo è l’argomento di chi addita nel dogma dell’infallibilità pontificia proclamato dal Vaticano I la ragione per affermare l’impossibilità d’un Papa eretico. Nullo per almeno due ragioni, perché la questione di Onorio fu sollevata in Concilio come obbiezione all’infallibilità e l’obbiezione fu superata non negando l’errore di Onorio ma dimostrando che Onorio errò in atti non infallibili (dunque fallibili e, nel caso di Onorio, erronei) e perché lo stesso Concilio, per bocca del relatore generale monsignor Gasser, precisò che la dottrina del Vaticano I «non è quella di Alberto Pighi».
Se è dunque possibile che un Papa cada nell’eresia ciò che deve essere valutato sono le conseguenze. Ecco allora le restanti quattro opinioni. La seconda opinione, sostenuta dal Torquemada, è confutata, con Suarez, in ragione del carattere visibile della Chiesa. La terza, sostenuta solo dal canonista Bouix e giudicata “molto improbabile” da Bellarmino, è rifiutata da Arnaldo da Silveira perché «contrasta con la Tradizione praticamente unanime della Chiesa; non è coerente con molti testi della Sacra Scrittura; non sembra valutare correttamente il male estremo che un Papa eretico potrebbe fare alla Chiesa». Restano la quarta e la quinta opinione, la quarta è del Gaetano, di Suarez e di Giovanni di San Tommaso, la quinta è di san Roberto Bellarmino.
Il Nostro Autore fa propria la critica di Bellarmino alla quarta opinione giudicandola una forma di semi-conciliarismo in quanto porta in sé un larvato pregiudizio al primato petrino.
Arnaldo da Silveira fa propria la quinta opinione, quella del Bellarmino, che sviluppa e rigorizza attingendo alla riflessione di autori successivi al grande Controriformista e alla propria originale riflessione teologica. Così a questa quinta opinione sono dedicati due capitoli, dove il secondo, ormai esposta la posizione di san Roberto Bellarmino, è dedicato ad una difesa più dettagliata dell’opinione precisando alcuni aspetti anche oltre la lezione bellarminiana.
L’incompatibilità tra eresia e giurisdizione è riconosciuta radicale (in radice) ma non assoluta così che Nostro Signore può mantenere «a titolo precario, la persona del Pontefice eretico nella sua giurisdizione» e lo fa sin tanto che l’eresia del Papa non sia notoria e pubblicamente divulgata. Ugualmente è precisato il rapporto tra perdita del papato e perdita della condizione di membro della Chiesa in ragione dell’eresia.
Arnaldo da Silveira affronta altri casi straordinari quali il Papa scismatico e il Papa dubbio (accenna pure al Papa dimissionario, al Papa incompetente, al Papa scandaloso, al Papa demente, al Papa troppo vecchio, al Papa prigioniero, all’elezione di persona inabile al Pontificato, etc.). Un Papa incompetente o moralmente scandaloso non perde il Papato ne può essere deposto ma avrebbe «l’obbligo in coscienza di rinunciare all’incarico» e «ai Vescovi, ai sacerdoti o anche ai semplici fedeli rimarrebbe il diritto e forse anche il dovere di segnalare al Papa in difetto il suo comportamento».
Parlare di Papa scismatico appare quasi una contraddizione in termini stante l’assioma Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Ma, precisa il Gaetano citato dal Nostro, l’assioma vale «fintanto che il Papa si comporta da Papa e capo della Chiesa; in caso contrario né la Chiesa è in lui, né lui è nella Chiesa».
Il Papa sarebbe scismatico nel caso si ribellasse contro i doveri del proprio ufficio oppure facesse venir meno alla Chiesa ciò che essa ha il diritto di aspettarsi da lui, se ordinasse ciò che è contrario al diritto naturale o divino, se non osserverà ciò che osserva la Chiesa universale o ciò che è stato ordinato universalmente dai Concilii universali o dall’autorità della Sede Apostolica. Relativamente al Papa dubbio vale il principio Papa dubius, Papa nullus per cui sarà il Concilio (anche acefalo cioè senza il Papa), secondo Bellarmino, a dover giudicare chi sia il vero Papa. Secondo altri il compito sarà dei Cardinali.
In questo contesto Arnaldo da Silveira affronta il tema della accettazione pacifica e universale quale segno ed effetto della validità dell’elezione. Interessantissimi i capitoli nono e decimo dove, con rigore scientifico e dopo attenta considerazione delle diverse opinioni teologiche in campo, l’Autore conclude circa la possibilità di contenuti erronei e persino eretici nei documenti del Magistero pontificio e conciliare non infallibilmente definiti. È la stessa definizione dell’infallibilità pontificia proclamata dal Concilio Vaticano I a portare con sé implicitamente la risposta affermativa alla questione.
Ritorna il caso di Onorio in quanto l’errore/eresia di questo Papa è contenuto/a in sue lettere al patriarca Sergio di Costantinopoli, documenti certamente non infallibili ma neppure classificabili come scritti privati trattandosi di comunicazioni in materia di fede tra il Papa e il patriarca bizantino. Evidentemente si tratta di atti di Magistero non infallibile. E si potrebbero rintracciare, oltre la caduta di Onorio, altri casi di pronunciamenti papali segnati dall’errore in materia di fede.
La Chiesa ha già sperimentato dolorosamente, nella sua bimillenaria storia, il caso di errori sin dentro l’insegnamento del Papa. E il Nostro si interroga allora, nell’ultimo capitolo, sulla risposta che è lecito adottare in simili casi. È lecito solamente sospendere l’assenso interno oppure è lecita una vera e propria resistenza pubblica? Quando è lecito rompere il silenzioso ossequio? Studiando le risposte date da Padri e Dottori, da maestri teologi e canonisti, l’Autore giunge a determinare i casi e le ragioni che giustificano una resistenza pubblica alle decisioni dell’Autorità ecclesiastica.
Il volume si conclude con un’appendice meritevole di attenta lettura dove si dimostra come l’eresia non debba necessariamente manifestarsi attraverso parole, scritte od oralmente espresse, ma possa svelarsi attraverso atti, gesti, omissioni. Come speriamo essere riusciti a mettere in luce, Ipotesi teologica di un Papa eretico è saggio dal sicuro valore scientifico-teologico e come tale di interesse non limitato alla contingenza di un momento.
Tuttavia sarebbe sciocco tacerne l’importanza nell’attualità d’una crisi che sembra acuirsi di giorno in giorno. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, già quando lo scrisse nel 1970, pensò il saggio come un invito, uno stimolo e un contributo al dibattito teologico sul tema. Oggi è editato in traduzione italiana con lo stesso medesimo fine, sollecitare e nutrire un dibattito teologico che la gravità della situazione dice necessario. Ipotesi teologica di un Papa eretico è libro che, nell’attuale stato di cose, ogni Cardinale, Vescovo, sacerdote, teologo, canonista o laico istruito e impegnato dovrebbe sentire in coscienza come doveroso leggere. (Nicodemo Grabber)

8 commenti:

  1. "Incoraggiato dal vescovo di Campos monsignor Antonio de Castro Mayer"

    Decisamente qualcosa è andato storto tra gli allievi del vescovo di Campos , o forse il problema era all'origine...Pensiamo a tutto il filone sedevacantista che ancora poggia sull'interpretazione spuria della bolla di Paolo IV.

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  2. Obiezione: Papa Onorio I venne condannato per eresia da un concilio generale dopo la sua morte, eppure la Chiesa Cattolica non lo considera avere cessato di essere Papa, quantunque egli sia stato accusato di eresia durante il suo regno.

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    1. Risposta: come già visionato, è un fatto dogmatico quello per il quale un eretico non può essere Papa, giacché è un dogma infallibilmente definito quello per cui un eretico non è membro della Chiesa Cattolica.


      Papa Eugenio IV, Concilio di Firenze, ex-cathedra: "La Santa Romana Chiesa crede, professa e predica fermamente che tutti coloro al di fuori della Chiesa Cattolica, non solamente i pagani ma anche gli Ebrei o gli eretici e gli scismatici… " [79]

      Il caso di Papa Onorio I non dimostra la falsità per cui un eretico può essere Papa. Nel condannare Papa Onorio I come eretico dopo la sua morte il Concilio di Costantinopoli III operò nessuna dichiarazione, né ha la Chiesa Cattolica operato alcuna dichiarazione, per cui egli rimase Papa sino alla sua morte.


      Concilio di Costantinopoli III, Esposizione della Fede Cattolica, 680-681 DC: "… l'ideatore del male non si riposò, trovando un complice nel serpente e tramite esso spedendo verso la razza umana il pesante missile della morte, così anche ora egli ha trovato strumenti calzanti il suo scopo, ovvero, Teodoro… Sergio, Pirro, Paolo e Pietro… ed inoltre Onorio, il quale fu Papa della vecchia Roma, Ciro… e Macario… , non essendo stato ozioso nell'allevare tramite loro ostacoli di errore contro il pieno corpo della Chiesa, seminando con nuovo linguaggio fra la gente ortodossa l'eresia di una singola volontà ed un singolo principio di azione… " [80]

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  3. La Chiesa Cattolica non fronteggiò il tema della perdita dell'ufficio Papale da parte di Papa Onorio I dopo essere caduto in eresia; essa lo condannò semplicemente. Papa Onorio I fu anche condannato dal Concilio di Costantinopoli IV e dal Concilio di Nicea II. Giacché Papa Onorio I fu un Papa validamente eletto, motivo per il quale egli è annoverato nella lista dei veri Papi, ove egli fosse divenuto un vero eretico durante il suo regno allora egli avrebbe perduto il suo ufficio Papale, poiché, come ammesso persino dai non-sedevacantisti operanti tale argomentazione, gli eretici non sono Cattolici e gli acattolici non possono essere Papi.

    Papa Onorio I era morto da oltre 40 anni quando egli fu condannato dal Concilio di Costantinopoli III. Papa Onorio I aveva emesso nessun decreto dogmatico, avente "regnato" solamente 3 anni e mezzo dopo l'accadimento dell'incidente dell'eresia. Laonde, la questione della sua permanenza come Papa e del suo governo sulla Chiesa Universale per gli ultimi 3 anni e mezzo del suo Pontificato durato globalmente 13 anni non era particolarmente rilevante ai fedeli all'epoca.

    Sicché, è perfettamente comprensibile la realtà per la quale la Chiesa Cattolica non emise alcuna proclamazione donde Papa Onorio I perdette il suo ufficio, poiché nulla cavalcava la questione all'epoca ed un'ipotetica emissione avrebbe coinvolto una notevole discussone teologica, una vaso di Pandora assolutamente da non aprire.

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    1. In aggiunta, rimane ancora confusione fra la gente, inclusi alcuni dei successori di Papa Onorio I, circa l'ipotesi di eresia, di colpevolezza di mancata soppressione di eresia o di completa incomprensione a carico e nei confronti di Papa Onorio I, come dettato dall'enciclopedia Cattolica del 1907. Certuni studiosi aventi studiato la questione in gran dettaglio rimangono non convinti dell'affermazione per cui Papa Onorio I venne condannato come un vero eretico durante il Concilio di Costantinopoli III. La loro argomentazione riposa sul fatto per cui Papa Sant'Agato, vivo durante il concilio, morì prima che esso terminasse. Giacché i decreti di un concilio posseggono solamente l'autorità resa loro dalla conferma del Papa essi argomentano che Papa San Leone II, il Papa avente confermato effettivamente il concilio, confermò solamente la condanna di Papa Onorio I nel senso per cui egli fallì nel sopprimere l'eresia, avendo quindi consentito alla Fede Cattolica di essere intorpidita. Tale confusione è sicuramente il motivo per il quale San Francesco di Sales affermò ciò che egli affermò riguardo Papa Onorio I, disotto riportato.

      Di modo da differenziare ulteriormente il caso di Papa Onorio I dagli Antipapi del Vaticano II è importante sottolineare che la caduta di Papa Onorio I fu quasi completamente sconosciuta durante il suo regno e per degli anni dopo la fine di esso. Le 2 lettere di Papa Onorio I favorenti l'eresia monotelita, scritte nel 634 DC, erano lettere indirizzate a Sergio, patriarca di Costantinopoli. Le lettere non erano solamente quasi completamente sconosciute all'epoca bensì esse vennero anche male intese da un Papa avente regnato esattamente appresso Papa Onorio I.

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    2. Ad esempio, Papa Giovanni IV (640 DC-643 DC), il secondo Papa ad avere regnato dopo Papa Onorio I, difese Papa Onorio I dall'accusa di eresia. Papa Giovanni IV era convinto che Papa Onorio I non aveva insegnato l'eresia monotelita, per cui il Cristo detiene una sola volontà, bensì che egli aveva enfatizzato meramente la verità per la quale nostro Signore Gesù Cristo non detiene 2 volontà contrarie.


      Papa Giovanni IV, Dominus qui dixit, A Costantino imperatore, Circa Papa Onorio I, 641 DC: "… Pertanto, cotale mio precedessore [Papa Onorio I] disse circa il mistero dell'Incarnazione del Cristo che non vi erano in Lui, come in noi peccatori, volontà di mente e di carne e certuni aventi convertito ciò a loro significato sospettarono che egli insegnò una volontà della Sua Divinità ed umanità, cosa complessivamente contraria alla Fede." [81]

      Con tali fatti a mente è visibile come il caso di Papa Onorio I non dimostra la falsità donde gli eretici possono essere Papi, giacché la Chiesa Cattolica ha giammai dichiarato che egli rimase Papa dopo la sua caduta e come i fatti del caso di Papa Onorio I sono drasticamente differenti dal caso degli Antipapi del Vaticano II, giacché le 2 lettere di Papa Onorio I contenenti eresie erano quasi completamente sconosciute all'epoca, persino male intese dai Papi succedutigli. Raffrontare le 2 lettere di Papa Onorio I agli atti ed alle affermazioni degli eretici manifesti Antipapi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco è uguale al comparare un granello di sabbia alla battigia.

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    3. In ultimo, ove si gradisse ulteriore conferma che gli eretici cessano di essere Papi ipso facto e che il caso di Papa Onorio I fornisce nessuna evidenza contraria non occorre fidarsi degli autori del presente libro.


      San Francesco di Sales, Dottore della Chiesa Cattolica, La controversia Cattolica [The Catholic controversy], Secolo XVII, pagine 305-306: "Dunque, noi non diciamo che il Papa non può errare nella sua privata opinione, come fece Giovanni XXII, od essere complessivamente eretico, come lo fu forse Onorio. Ora, ove egli [il Papa] fosse esplicitamente eretico egli cadrebbe ipso facto dalla sua dignità ed al di fuori della Chiesa… " [82]

      Nel medesimo paragrafo nel quale San Francesco di Sales, dottore della Chiesa Cattolica, menziona Papa Onorio I egli dichiara inequivocabilmente la realtà per cui un Papa divenente eretico cesserebbe di essere Papa. San Francesco di Sales non era sicuro se Papa Onorio I fosse stato eretico od avesse meramente fallito nel sopprimere l'eresia, ciò nondimeno, qualunque cosa sia stata, San Francesco sapeva che il caso di Papa Onorio I non influenza la verità donde gli eretici non possono essere Papi.

      Anche San Roberto Bellarmino e Sant'Alfonso erano familiari con il caso Papa Onorio I. Il suo caso non causò loro esitazione nel dichiarare ciò che segue.


      San Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa Cattolica, 1610: "Un Papa manifestamente eretico cesserebbe automaticamente, per sé, di essere Papa e capo, proprio come egli cesserebbe automaticamente di essere un Cristiano ed un membro della Chiesa. Laonde, egli potrebbe essere giudicato e punito dalla Chiesa. Questo è l'insegnamento di tutti gli antichi padri, i quali insegnarono che gli eretici manifesti perdono immediatamente tutta la giurisdizione."

      Sant'Alfonso de Liguori, Dottore della Chiesa Cattolica, 1787: "Semmai un Papa, come persona privata, cadesse in eresia egli cadrebbe immediatamente dal Pontificato." [83]

      Con tali fatti a mente è visibile come l'argomento di Papa Onorio I dimostra niente a favore dei non-sedevacantisti; anzi, esso rammenta dei dottori della Chiesa Cattolica, i quali, nel richiamare il suo caso, dichiararono simultaneamente la realtà donde gli eretici non possono essere Papi.

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  4. IL PAPA NON PUO' ESSERE ERETICO e UN ERETICO NON PUO' ESSERE PAPA!

    Del resto, comunque ciò sia, è certo che dopo la morte di s. Pietro, che fissò il suo pontificato nella sede romana, non è stato, né sarà più lecito neppure a tutta la chiesa ammettere la successione di s. Pietro ad altro vescovo che al vescovo di Roma, con separare la podestà vescovile di Roma dalla podestà pontificia; perché ciò sarebbe interrompere la successione de' vescovi romani, dalla quale i fedeli colla scorta de' santi padri han sempre riconosciuta la successione della podestà di san Pietro. Niente ancora importa che ne' secoli passati alcun pontefice sia stato illegittimamente eletto, o fraudolentemente siasi intruso nel pontificato; basta che poi sia stato accettato da tutta la chiesa come papa, attesoché per tale accettazione già si è renduto legittimo e vero pontefice. Ma se per qualche tempo non fosse stato veramente accettato universalmente dalla chiesa, in tal caso per quel tempo sarebbe vacata la sede pontificia, come vaca nella morte de' pontefici. Così neppure importa che in caso di scisma siasi stato molto tempo nel dubbio chi fosse il vero pontefice; perché allora uno sarebbe stato il vero, benché non abbastanza conosciuto; e se niuno degli antipapi fosse stato vero, allora il pontificato sarebbe finalmente vacato. Che poi alcuni pontefici sieno caduti in eresia, taluni han cercato di provarlo, ma non mai l'han provato, né mai lo proveranno; e noi chiaramente proveremo il contrario nel fine del cap X. Del resto, se Dio permettesse che un papa fosse notoriamente eretico e contumace, egli cesserebbe d'essere papa, e vacherebbe il pontificato. Ma se fosse eretico occulto, e non proponesse alla chiesa alcun falso dogma, allora niun danno alla chiesa recherebbe; ma dobbiamo giustamente presumere, come dice il cardinal Bellarmino, che Iddio non mai permetterà che alcuno de' pontefici romani, anche come uomo privato, diventi eretico né notorio né occulto".

    SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI - Verità della Fede - PARTE TERZA - CONTRO I SETTARJ CHE NEGANO LA CHIESA CATTOLICA ESSERE L'UNICA VERA - CAP. VIII. Si prova che i pontefici romani sono successori di s. Pietro colla stessa podestà che a s. Pietro fu concessa.


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