ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 12 giugno 2016

Mysterium iniquitatis

MYSTERIUM INIQUITATIS

    Il mistero dell’iniquità: è un’espressione tremenda un po’ oscura che certi cristiani ottimisti buonisti e progressisti non amano rammentare e tuttavia ne parla il Nuovo Testamento. L’uomo malvagio della fine dei tempi è l’Anticristo?
di F.Lamendola  



Mysterium iniquitatis, il mistero dell’iniquità: è un’espressione tremenda, un po’ oscura, che certi cristiani ottimisti, buonisti e progressisti, non amano rammentare; e tuttavia ne parla il Nuovo Testamento, ne parla San Paolo, là dove afferma nella maniera più esplicita che, prima del ritorno del Signore e la fine dei tempi, vi sarà una grandissima prova: verrà un uomo dell’iniquità, profanerà tutte le cose sante, pervertirà il cuore di molti uomini e provocherà la loro perdizione, allontanandoli dalla verità e facendosi adorare, lui uomo, al posto di Dio.

San Paolo, peraltro, non parla solamente di un uomo malvagio, il quale, con l’aiuto di falsi miracoli e di falsi prodigi, poterà nel mondo “la distruzione”, finché non ritornerà Cristo sulla terra, per l’ultima volta (parusia), e lo annienterà col soffio delle Sue labbra; no, San Paolo parla anche di una “ribellione finale”, e, dunque di una cooperazione volontaria degli uomini ai piani di quel malvagio seduttore; e parla di “una forza misteriosa del male”, la quale è già in azione mentre lui, l’Apostolo, scrive, per metterli in guardia, la sua lettera ai fedeli di Salonicco (Tessalonica), e aggiunge che una potenza misteriosa trattiene quella forza, un ”qualcosa” che le impedisce di scatenerai fin d’ora, anche se non varrà a trattenerla per sempre. E qui San Paolo allude al misterioso Kathékon (letteralmente: “colui che trattiene”), personaggio ancor più enigmatico, se possibile, di quella forza maligna che ha il compito di contrastare, di imbrigliare. Numerosi teologi e filosofi, e anche storici, da Carl Schmitt a Santo Mazzarino, e, più recentemente, Maurizio Blondet, si sono interrogati intorno alla realtà di questo personaggio e hanno tentato di identificarlo, o, almeno, di inquadrare la sua figura in un contesto teologicamente e storicamente definito e riconoscibile; ma la parola definitiva su di esso, crediamo, non sarà mai detta, perché San Paolo, questa almeno è la nostra impressione, ha voluto deliberatamente lasciare un certo alone di mistero, un certo margine di oscurità, intorno alla sua figura e alla sua opera.
Di certo, l’uomo malvagio della fine dei tempi è l’Anticristo: lui solo avrà l’incredibile ardire di farsi adorare come Dio, sovvertendo la verità del Vangelo in un nuovo paganesimo, e precipitando molti uomini, che pur avevano creduto alla Verità, nell’abisso della perdizione definitiva. Si tratta, quasi certamente, della “bestia che sale dal mare” di cui parla il libro dell’Apocalisse; a parlarne in modo esplicito, però, sono solo le due lettere apostoliche che portano il nome di Giovanni. Nella prima, egli viene nominato tre volte: Figli miei, è giunta l’ultima ora. Voi sapete che deve venire un anticristo. Ebbene, ora ci sono molti anticristi: questo vuol dire che siamo proprio all’ultima ora. Prima essi erano con noi, ma non erano veramente dei nostri: se lo fossero stati, sarebbero rimasti con noi. Si sono allontanati, perciò è chiaro che non tutti quelli che sono con noi sono veramente dei nostri (2, 18-19); e ancora: Sapete chi è il bugiardo, l’anticristo: chiunque afferma che Gesù non è il Cristo. Chi dice così, rifiuta non solo il Figlio, ma anche il Padre (2, 22); e infine: La prova che uno ha lo spirito di Dio è questa: se riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo che si è fatto uomo, ha lo spirito di Dio. Se non lo riconosce non ha lo spirito che viene da Dio, ma quello dell’anticristo. Voi sapete che l’anticristo deve venire: ebbene, è già nel mondo (4, 2-3). Nella seconda lettera, l’Autore ritorna sul medesimo concetto (versetto 7): Si sono sparsi nel mondo molti falsi maestri, i quali non vogliono riconoscere che Gesù è venuto come vero uomo. Questi fasi maestri, sono proprio loro il seduttore e l’anticristo.
Vi è un personaggio preciso, dunque, chiamato Anticristo, ma vi sono anche numerosi personaggi che sono altrettanti anticristi, i quali hanno una caratteristica in comune: parlano di Gesù, ma non ne riconoscono realmente la natura divina; lo descrivono solo come un uomo, come un profeta, non come il Figlio unigenito di Dio Padre. Dunque, l’Anticristo non è solo un individuo; è un modo di tradire la fede in Gesù Cristo: è la grande apostasia del cristianesimo che si crede “adulto”, e che rinnega la divinità del Maestro, lo abbassa al livello di uomo, e sia pure di un uomo eccezionale. E il mistero dell’iniquità, evidentemente, così come la forza – misteriosa anche’essa – che lo “trattiene” , non è legato solo a un certo individuo, a un singolo campione del Male; è il mistero del Male in se stesso, il mistero del peccato, il mistero di come l’azione del Demonio attraversi tutta la storia della creazione, dalla ribellione di Lucifero, alla disobbedienza di Adamo ed Eva, alla perversione degli uomini anteriore al Diluvio universale, e così via: fino al martirio dei profeti, al martirio di Cristo, al martirio dei seguaci di Cristo, che prosegue ancora oggi (in mezzo alla disattenzione e all’indifferenza del mondo, a cominciare dai media); a quella forza diabolica, indomabile, infinitamente scaltra e ingegnosa, che spinge l’uomo a levare la mano omicida contro il fratello, a disprezzare l’amore di Dio, a mettere a tacere ogni scrupolo della coscienza.
Si tratta realmente di un mistero tremendo, di un mistero abissale: il mistero della perenne sfida del Male contro il Bene e del perenne rifiuto dell’amore di Dio da parte delle sue stesse creature; il mistero per cui il Figlio di Dio, quando si è fatto uomo ed è sceso sulla terra, non ha trovato un angolino che lo accogliesse, anzi, è stato tradito e abbandonato, è stato insultato, deriso, percosso, sputacchiato, incoronato di spine, dileggiato, flagellato, crocifisso e sbeffeggiato persino mentre stava agonizzando, e mentre i carnefici si giocavano ai dadi le sue vesti. Un mistero così grande che Gesù stesso, nell’Orto degli olivi, contemplandolo e sentendolo avvicinarsi, ha provato un moto di raccapriccio e di sgomento, ha avuto un istante di debolezza, ha versato sudore e sangue, ha invocato il soccorso del Padre suo.
Scrive, dunque, San Paolo, nella Seconda Epistola ai Tessalonicesi (2, 1-17):

Fratelli, per ciò che riguarda il ritorno del nostro Signore Gesù Cristo e il nostri incontro con lui,  vi raccomando una cosa: non lasciatevi confondere le idee tanto facilmente. Non mettetevi in agitazione se qualcuno dice che il giorno  del Signore è ormai presente o afferma di averlo saputo per mezzo di una rivelazione, o da qualche discorso, oppure da una lettera che fanno passare come mia. Non lasciatevi imbrogliare da nessuno, in nessun modo! Perché il giorno del Signore non verrà prima che ci sia stata la ribellione finale  e si sia manifestato l’uomo malvagio destinato alla distruzione. Come dice la Bibbia, “costui verrà a mettersi  contro tutto ciò che gli uomini adorano e chiamano Dio. Egli andrà fin dentro il tempio di Dio”, si metterà in trono con la pretesa di essere Dio.
Non vi ricordate che vi ho già detto queste cose quando ero tra voi? Ora sapete perché quel malvagio non riesce a manifestarsi: c’è qualcosa che lo trattiene fino a quando non sarà venuto il suo momento. La forza misteriosa del male è già in azione, ma perché si manifesti pienamente è necessario che sia tolto di mezzo chi la impedisce. Soltanto allora quel malvagio si manifesterà, ma il Signore Gesù, come dice la Bibbia,
“lo ucciderà con il soffio della sua bocca” [cfr. Isaia, 11, 4],
lo distruggerà con lo splendore del suo ritorno. Il malvagio verrà con la potenza di Satana, con tutta la forza di falsi miracoli e di falsi prodigi. Userà ogni genere di inganno maligno per fare del male a quelli che andranno in rovina. Questi si perderanno perché non hanno accolto  e non hanno amato la verità, quella verità che li avrebbe  salvati. Perciò, dunque,  Dio manda a questa gente una forza di inganno, in modo che essi credano alla menzogna. Così, tutti quelli che on hanno creduto alla verità  ma hanno trovato gusto nel male, saranno condannati.
Noi però dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, amati dal Signore. Perché Dio vi ha scelti e ha voluto farvi essere i primi salvati, per mezzo dello Spirito che santifica per mezzo della fede nella verità. Con il messaggio del Vangelo, che io annunzio, vi ha chiamati alla salvezza, cioè a possedere la gloria del Signore nostri Gesù Cristo.
Perciò, fratelli, restate forti e conservate gli insegnamento che io vi ho dati, sia a parole, sia con questa lettera. Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, nostro Padre,, che ci ha amati e generosamente ci ha dato una consolazione eterna e una buona speranza, diano conforto  ai vostri cuori; vi concedano la forza di compiere e dire tutto ciò che è buono.

Eppure, vi sono dei pretesi cristiani, oggi, e perfino dei teologi, dei vescovi e dei sacerdoti, i quali negano l’esistenza del Diavolo (al punto che non vogliono neppure sentir parlare di esorcisti e di esorcismi, che giudicano “roba da Medioevo”) e minimizzano la dimensione del Male, con la lettera maiuscola, nella vicenda umana; i quali parlano dell’uomo come se non fosse un peccatore, più che mai bisognoso della Redenzione di Cristo, più che mai fragile e confuso quando si abbandona alla folle presunzione di poter fare da solo, di poter bastare a se stesso, di non aver bisogno di nulla e di nessuno per trovare il proprio posto nel mondo, pienamente padrone di sé, del suo destino e delle cose che gli stanno intorno. Ecco: anche questo è il mysterium iniquitatis; anche questo è il mistero del Male. “Iniquità”, infatti, significa mancanza di equità, ossia mancanza di giustizia: e negare a Dio il posto che gli compete nella Sua creazione, ossia il posto di Creatore, dal quale tutto ha avuto origine e nel quale ciascuna cosa creata trova il suo significato, la sua direzione, la sua meta ultima, equivale a commettere la più grande delle ingiustizie. La più grande delle ingiustizie è questa: che i vignaioli perfidi uccidano prima i servi, poi il figlio del padrone della vigna, e che, da ultimo, si proclamino i proprietari di essa. La più grande ingiustizia è che gli uomini neghino la loro condizione di creature, allo scopo di auto-divinizzarsi. Esattamene come fecero Adamo ed Eva, i quali vollero mangiare il frutto dell’albero proibito per essere pari a Dio. Non bastò loro di poter disporre dell’intera creazione: vollero rendersene signori, per invidia di Colui al quale dovevano ogni bene, a cominciare dalla loro stessa esistenza. Ascoltarono le parole del Diavolo, diffidarono di Dio, e pensarono che Egli li volesse ingannare, che li volesse mortificare, tenere in uno stato di sudditanza: proprio Lui che gratuitamente, per amore, li aveva creati.
Tuttavia, il punto più alto, e più sconvolgente, che possa raggiungere il mistero della iniquità, è che gli uomini, anzi, gli stessi cristiani, arrivino a negarlo. Quale mistero del’iniquità? Non c’è nessun mistero, dicono molti di loro. Di un mysterium iniquitatis, non hanno neanche mai sentito parlare. In ogni caso, non è cosa che li riguardi: sono cristiani maturi e gioiosi, loro, mica cristiani bambini e paurosi, come quelli del tempo passato. Sono cristiani del terzo millennio, adulti e vaccinati. Ma per andiamo – essi dicono -, quale mistero dell’iniquità: il Cristianesimo è gioia, amore, misericordia, letizia… e Dio, si sa, è troppo buono per aver creato l’Inferno. Quest’ultima affermazione, in un certo senso, è vera: ma non come la intendono loro. L’Inferno è la “creazione” degli uomini, i quali, dopo aver visto la Verità, nondimeno la rifiutano, scientemente e deliberatamente; fanno una scelta, la scelta precisa di respingere il Bene e di preferirgli il Male. Così facendo, l’Inferno se lo costruiscono con le loro stesse mani: e incominciano a sprofondarci dentro già in questa vita; nell’altra, non fanno altro che raccogliere quel che hanno seminato quaggiù. Questo pensiero, ai sedicenti cristiani modernisti e progressisti, non piace: vorrebbero che nell’universo ogni cosa fosse bella e luminosa: senza sacrificio, senza sforzo, senza lotta. Ma il loro è un Cristianesimo da cartolina, da Baci Perugina, dove tutto va a finire a tarallucci e vino, anche il peccato senza pentimento. E invece no. Per ogni cosa c’è un prezzo da pagare; per ogni scelta, una conseguenza. Questo, nemmeno Dio lo può modificare: è l’unica cosa che Egli non può fare. Ha potuto persino farsi uomo e morire per amore delle sue creature, e proprio per mano di esse; ma non può salvarle contro la loro volontà, perché Egli ha voluto crearle libere.  
Se ne facciano una ragione, i teologi modernisti e i preti demagoghi: Dio non salva nessuno che rifiuti la salvezza. Se lo facesse, sarebbe un tiranno. Strano che non lo vedano, proprio loro, così sensibili alla “tirannia” della vecchia immagine di Dio, così ribelli al modo di pensare la teologia e di attuare la pastorale anteriore al Concilio Vaticano II. Non vogliono un Dio “tiranno” quando si tratta di rivendicare la libertà dell’uomo; ma, quando si tratta di raccogliere i frutti dolorosi dell’uso perverso di quella libertà, allora lo vorrebbero tiranno un’altra volta, purché salvi tutte le pecorelle, anche quelle che si sono smarrite perché così esse hanno voluto. Via, siamo seri: è troppo comodo. La vera libertà comporta dei rischi: niente rischi, niente libertà. È solo la libertà fasulla a non implicare mai alcun rischio, perché la partita è stata truccata, e c’è sempre una rete stesa, sotto, per attutire qualsiasi caduta. Se così fosse, la creazione non sarebbe un sublime atto di amore: sarebbe una commedia, e anche piuttosto mediocre. Invece l’Inferno c’è, perché c’è il Male; e il mistero del Male è questo: che l’uomo, pur avendo visto lo splendore di Dio, si lasci sedurre dalle Tenebre…
Mysterium iniquitatis

di Francesco Lamendola

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