Le giuste domande da fare per capire che la religione non è un sentimento, né un parere
"La vocazione di san Matteo", un dipinto di Caravaggio del 1599-1600
Pare che la polizia britannica abbia scovato un metodo infallibile per selezionare i richiedenti asilo per motivi religiosi, verificando se il loro cristianesimo sia sincero oppure di facciata. Interrogarli.
Per capire se uno è cristiano basta domandargli quando cade la Pentecoste, oppure chi è Nicodemo, o – mettiamola sul difficile – chi ha scritto gli Atti degli Apostoli. Se risponde esattamente, sta davvero venendo perseguitato per la propria fede, quindi ha diritto d'asilo nel Regno Unito; se sbaglia, probabilmente si è intruppato inscenando la persecuzione come scorciatoia per l'espatrio. Politici di ogni colore sono insorti, criticando formalmente “il fraintendimento della religione” che emerge da “questi giudizi troppo semplicistici” che ignorano “la natura intrinsecamente intima e personale della fede”. Hanno torto: sbrigativa quantunque, si tratta di una soluzione pragmatica dalle ottime ricadute.
ARTICOLI CORRELATI Convertire gli islamici Il grande sorpasso ateo Quel che l’immigrazione dice di noiServe a ricordare che la religione non è né un parere né un sentimento ma è quod religat, ossia ciò che da millenni lega gli individui in società. Altro che natura intrinsecamente intima. Inoltre, aiuta a tornare ai tempi in cui il catechismo veniva imparato a domande e risposte (“Cos'è Dio?” “Dio è l'Essere perfettissimo”) onde rammentarsi che la fede è continua ricerca di interrogativi da tacitare, che lo studio la facilita, e che per praticarla sensatamente bisogna essere almeno in due. Altro che natura intrinsecamente personale. Infine, un rapido giro d'interrogazioni casa per casa sarebbe una maniera efficace per conteggiare con esattezza quante decine di cristiani rimangano ancora in Europa.
di Antonio Gurrado | 08 Giugno 2016
http://www.ilfoglio.it/bandiera-bianca/2016/06/08/le-giuste-domande-da-fare-per-capire-che-la-religione-non-un-sentimento-n-un-parere___1-vr-142982-rubriche_c124.htm
TRENTO, UNA DIOCESI RICCA DI “COMPLESS”
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Il 15 maggio scorso vi raccontammo — con sgomento — cosa avviene ogni anno, a Trento,il giorno di Pentecoste. Le “sorprese” non finiscono qui, purtroppo. Oggi è arrivata alla nostra redazione un’email di un abitante di Trento, il quale ci racconta «un fatto davvero grave, blasfemo e pure volgare» avvenuto a gennaio presso la parrocchia di Ravina.
Trento, 6 giugno 2016
Spett.le Redazione,
grazie per aver avuto il coraggio di denunciare lo scempio che, dall’Anno Santo del 2000, noi fedeli trentini siamo costretti a subire durante la Solennità di Pentecoste.
Nella parrocchia di Ravina un cantante ha potuto girare il video promozionale del proprio album all’interno della chiesa, con Gesù Sacramentato (si vede la luce rossa accesa, se questa ha ancora un senso oggi), pronunciando parolacce blasfeme contro la Sacra Scrittura.
Inoltre, tale cantante si è “travestito” da prete, con tanto di stola, mettendosi a simulare, ai piedi dell’Altare, di bere al Sacro Calice. Il finale del video non è meno nauseabondo: il cantante, sempre nei panni di un prete, fa capire che dietro l’Altare, avrà “incontri sessuali” con due donne che, apparentemente, erano in chiesa per confessarsi.
Chi non mi crede, può vedere qui il video, a suo rischio e pericolo, perché è veramente scandaloso e vergognoso.
Perché il signor parroco di Ravina ha permesso che venisse profanata la Casa di Nostro Signore? Il vescovo, mons. Luigi Bressan (oggi emerito), ne era a conoscenza? E se la risposta è sì, perché non ha preso provvedimenti al riguardo, per impedire a questa ennesima blasfemia?
Che le intenzioni del cantante — e dei suoi compari — fossero blasfeme vengono confermate da lui stesso nel profilo Facebook ufficiale del suo gruppo: “In arrivo un nuovo video completamente fuori di testa! speriamo vada tutto bene, per un bigotto la blasfemia è sempre dietro l’angolo…”, nonché nella propria pagina ufficiale di Facebook:“Ciao ragazzi!! Vi auguro una buona serata e ci vediamo domani mattina a “messa”…. Un saluto, padre Compless”. “Vi siete spaccati ieri sera??? dai venite a messa che facciamo l after, le particole le porto io!”.
Ho provato a scrivere al nuovo vescovo, mons. Lauro Tisi, per chiedergli di intervenire pubblicamente, dato che lo scandalo è pubblico, e per supplicarlo di fare al più presto una Santa Messa di riparazione per l’offesa al Santissimo Sacramento e al sacerdozio.
Al momento non ho ancora avuto risposta. Ma non ho perso le speranze. Vi terrò informati.
Cordialmente in Cristo,
Domenico C.
Noi ci uniamo allo sgomento e all’indignazione del nostro lettore, implorando — ed esigendo — dall’arcivescovo di Trento, mons. Tisi, il suo intervento immediato. Con il Santissimo Sacramento non si scherza!
https://lecronachedibabele.wordpress.com/2016/06/07/trento-una-diocesi-ricca-di-compless/#more-105
Catechismo. Un ottimo cattivo esempio
Leggere per credere: insieme all’immancabile “cammino”, si propone, con una certa coerenza, un “percorso”, guidato da persone che hanno fatto, testuale, “una qualche esperienza di Cristo vivo”. Tra scempio della sintassi e confusione, si parla di insegnamento della Dottrina? Ovviamente no…
Redazione
.
Dalla sempre vivace città di Padova ci arriva il pieghevole (vedi in calce), distribuito alle famiglie di alcune parrocchie, con cui si invitano i genitori a iscrivere i figli al catechismo.
Leggere per credere. Nel fronte troviamo subito l’immancabile “cammino”. Questo popolo in cammino, che ci viene continuamente propinato, dove mai è diretto? Considerando che da anni sentiamo parlare di “cammino”, questi camminatori dovrebbero averne già fatta di strada e, di questo passo, essendo la Terra sferica, torneranno al punto di partenza. Glissons.
Comunque si invitano ragazzi e genitori a fare “un cammino con altri cristiani verso una nuova scoperta di Gesù”. Questo comporta che ci sia stata anche una “vecchia scoperta”, visto che se ne deve fare una nuova…
E con chi si farà questo cammino? Con “volontari e volontarie”, il che è bello e istruttivo, perché il linguaggio politicamente corretto obbliga a citare entrambi i sessi (pardon: generi!) e non ad affidarsi al più semplice e sbrigativo plurale maschile che si è sempre usato per indicare un “insieme”. Si sa che la neochiesa valorizza molto le donne e per ora, in attesa di diaconesse, sacerdotesse, vescovesse e papesse, accontentiamoci delle volontarie
Ma non vogliamo fare i pignoli, suvvia. Ci basta che questi “volontari e volontarie” conoscano la Dottrina e siano in grado di insegnarla ai ragazzi.
E qui viene il bello, perché questi ardimentosi hanno fatto “una qualche esperienza di Cristo vivo”. C’è scritto proprio così. Se qualcuno sa spiegare questa frase, promettiamo ricchi premi.
Forti di questa solida esperienza e cultura religiosa, che fanno? Insegnano? No, con “semplicità” (almeno c’è la garanzia che non sono complicati) “provano a ‘contagiare’ anche altri”.
Scopriamo così che la missione della Chiesa non è tanto “fare proseliti” (orrore; del resto dal Kommandantur ci hanno fatto sapere da tempo che il proselitismo è una solenne sciocchezza), bensì “raccontare di Cristo”. Una chiesa che non conosce più il latino, mostra di allontanarsi anche dall’italiano. E il fine di questo “raccontare di Cristo” è che le cavie, pardon, gli allievi, possano scegliere Cristo e “aderirvi liberamente e personalmente”. È confortante sapere che l’adesione deve essere fatta “personalmente” e non è prevista l’adesione a mezzo delega…
Se qui si parla di catechismo e non di un guazzabuglio difficilmente definibile, dovrebbe esserci almeno un rigo in cui compaia la frase “insegnamento della Dottrina cattolica”, o qualcosa del genere. Macché. Però, attenzione, come scritto sul modulo di iscrizione, non stiamo parlando di catechismo, bensì di “iniziazione cristiana”. “Iniziazione”. Fascinoso e vagamente esoterico.
Insomma, leggere per credere. Partendo da queste solide basi, da persone che hanno fatto “una qualche esperienza di Cristo vivo”, non è difficile immaginare ciò che seguirà.
Il tutto è firmato dal Parroco e dalla “Equipe”, un nuovo soggetto nella gerarchia ecclesiastica, che finora ci era sfuggito.
Pazzesco, direte voi. E avete ragione. Di sicuro è utile conoscere queste scellerataggini per capire la necessità di sottrarre i nostri ragazzi allo scempio e darsi da fare per impartir loro un vero insegnamento della Dottrina.
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Redazione
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Dalla sempre vivace città di Padova ci arriva il pieghevole (vedi in calce), distribuito alle famiglie di alcune parrocchie, con cui si invitano i genitori a iscrivere i figli al catechismo.
Leggere per credere. Nel fronte troviamo subito l’immancabile “cammino”. Questo popolo in cammino, che ci viene continuamente propinato, dove mai è diretto? Considerando che da anni sentiamo parlare di “cammino”, questi camminatori dovrebbero averne già fatta di strada e, di questo passo, essendo la Terra sferica, torneranno al punto di partenza. Glissons.
Comunque si invitano ragazzi e genitori a fare “un cammino con altri cristiani verso una nuova scoperta di Gesù”. Questo comporta che ci sia stata anche una “vecchia scoperta”, visto che se ne deve fare una nuova…
E con chi si farà questo cammino? Con “volontari e volontarie”, il che è bello e istruttivo, perché il linguaggio politicamente corretto obbliga a citare entrambi i sessi (pardon: generi!) e non ad affidarsi al più semplice e sbrigativo plurale maschile che si è sempre usato per indicare un “insieme”. Si sa che la neochiesa valorizza molto le donne e per ora, in attesa di diaconesse, sacerdotesse, vescovesse e papesse, accontentiamoci delle volontarie
Ma non vogliamo fare i pignoli, suvvia. Ci basta che questi “volontari e volontarie” conoscano la Dottrina e siano in grado di insegnarla ai ragazzi.
E qui viene il bello, perché questi ardimentosi hanno fatto “una qualche esperienza di Cristo vivo”. C’è scritto proprio così. Se qualcuno sa spiegare questa frase, promettiamo ricchi premi.
Forti di questa solida esperienza e cultura religiosa, che fanno? Insegnano? No, con “semplicità” (almeno c’è la garanzia che non sono complicati) “provano a ‘contagiare’ anche altri”.
Scopriamo così che la missione della Chiesa non è tanto “fare proseliti” (orrore; del resto dal Kommandantur ci hanno fatto sapere da tempo che il proselitismo è una solenne sciocchezza), bensì “raccontare di Cristo”. Una chiesa che non conosce più il latino, mostra di allontanarsi anche dall’italiano. E il fine di questo “raccontare di Cristo” è che le cavie, pardon, gli allievi, possano scegliere Cristo e “aderirvi liberamente e personalmente”. È confortante sapere che l’adesione deve essere fatta “personalmente” e non è prevista l’adesione a mezzo delega…
Se qui si parla di catechismo e non di un guazzabuglio difficilmente definibile, dovrebbe esserci almeno un rigo in cui compaia la frase “insegnamento della Dottrina cattolica”, o qualcosa del genere. Macché. Però, attenzione, come scritto sul modulo di iscrizione, non stiamo parlando di catechismo, bensì di “iniziazione cristiana”. “Iniziazione”. Fascinoso e vagamente esoterico.
Insomma, leggere per credere. Partendo da queste solide basi, da persone che hanno fatto “una qualche esperienza di Cristo vivo”, non è difficile immaginare ciò che seguirà.
Il tutto è firmato dal Parroco e dalla “Equipe”, un nuovo soggetto nella gerarchia ecclesiastica, che finora ci era sfuggito.
Pazzesco, direte voi. E avete ragione. Di sicuro è utile conoscere queste scellerataggini per capire la necessità di sottrarre i nostri ragazzi allo scempio e darsi da fare per impartir loro un vero insegnamento della Dottrina.
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