Da zar delle finanze a ministro senza portafoglio
Comunque li si voglia giudicare, gli ultimi avvenimenti vaticani (conclusione del processo Vatileaks2 e il Motu Proprio del Papa su "I beni temporali"), segnano la parabola discendente del cardinale George Pell: da zar delle finanze vaticane a ministro senza portafoglio.
Nell'arco esatto di due anni.Dal 9 luglio 2014 ( giorno in cui venne presentato insieme al nuovo presidente dello IOR, Jean Baptiste De Franssu, il nuovo quadro economico della Santa Sede in cui alla Segreteria dell'economia veniva assegnata la gestione dell'immenso patrimonio immobiliare dell'APSA) al 8 luglio 2016 (data in cui l'Osservatore romano ha pubblicato il nuovo Motu proprio, in cui questa gestione è stata definitivamente tolta dal Papa alle competenze di Pell).
I più attenti vatican watchers avevano notato che Pell non era presente alla piccola cerimonia nella Sala Clementina per il 65mo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI, e che pur presente nella basilica di San Pietro, il giorno della Festa dei Santi Pietro e Paolo, quando il Pontefice impone i palli ai nuovi vescovi metropoliti, non aveva concelebrato.
Al di là dei sussurri della Curia, la graduale messa a punto del nuovo e stabile assetto delle finanze vaticane (non si tratta di qualcosa ad esperimentum), resta il fatto che Pell non è più zar. E non ha capacità di spesa. Non solo la gestione degli immobili e dei beni immobiliari sarà competenza dell'APSA, ma anche pagamento di stipendi, di forniture e di appalti. Pell adesso è un ministro senza portafoglio.
La segreteria dell'Economia dovrà solo fornire supporto, suggerire le migliori pratiche, fornire lo schema delle procedure. E questo in base proprio al più assoluto dei principi anglosassoni, in molte occasioni invocati da Pell, del check and balance. Chi gestisce non controlla, e viceversa. Quanto ai controlli, poi, assumerà sempre maggiore rilievo l'Ufficio del Revisore generale. Tutto questo era in parte già contenuto nei nuovi Statuti della Segreteria, del Consiglio per l'Economia e del Revisore generale (22 febbraio 2015), ma adesso le competenze sono stabilite con il più forte atto legislativo del Papa, il Motu Proprio appunto.
In questo generale riassetto ha giocato un suo importante ruolo anche la vicenda di Vatileaks2, con la pubblicazione dei due libri bestsellers di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. l cardinale Pell che ad agosto del 2015, al Meeting di Rimini, cioè qualche mese prima dell'uscita dei due libri (5 novembre 2015), aveva annunciato che "i prossimi scandali" sarebbero stati " finanziari". L'influenza del cardinale australiano è stata fortemente limitata, inoltre, dopo la battaglia persa per imporre la società di revisione americana PriceWaterhouse and Coopers come revisore de facto di tutte le finanze del Vaticano (5 dicembre 2015) "scavalcando" le competenze del Revisore generale, Libero Milone (il cui computer è stato hackerato nel settembre 2015, e le indagini su questo fatto hanno dato inizio a quelle su monsignor Vallejo, sulla Chaouqui, e sulla fuga di notizie).
Nei nove mesi dell'istruttoria e del processo sono state decise dal Papa modificazioni di organigramma e di struttura , meno eclatanti, ma non per questo meno significative e che vanno nello stesso senso del Motu Proprio "I beni temporali". Come la promozione a nunzio in Sudafrica e in altri piccoli paesi dell'Africa australe di monsignor Bryan Wells, per nove anni numero 3 della Segreteria di Stato ( più volte chiamato in causa da Francesca Chaouqui, come la persona che l'aveva contattata per l'incarico di membro della COSEA), il punto di riferimento dei cosiddetti "americani" , o forse è meglio dire anglosassoni, in Curia e il generale downgrading della loro presenza. A fronte di una ripresa dell'influenza degli "italiani" (piccolo particolare: la versione ufficiale dell'ultimo Motu Proprio è in lingua italiana).
Oppure il cambio del Comandante delle Guardie svizzere e del loro Cappellano: il server segreto "parallelo" della COSEA, installato d'accordo con il prefetto dell'Economia, cardinale George Pell , era stato collocato proprio presso la Guardia Svizzera, ed era stato "costruito" dal marito della Chaouqui, Corrado Lanino che abbiamo appreso - sempre nel corso del processo - aver lavorato anche per lo IOR, e per il primo livello informatico di sicurezza di tutto il Vaticano.
Sono stati invece rinnovati per cinque anni gli incarichi del sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu (uno dei pungiball preferiti della Chaouqui) e e del Comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, per il cui incarico, fonti parlamentari italiane, nelle settimane scorse sottolineavano invece un forte interesse del generale Niccolò Pollari, capo del servizio segreto militare italiano ai tempi della seconda guerra in Iraq, e durante il governo Berlusconi, dal 2001 al 2006.
di Maria Antonietta Calabrò
Papa Francesco ridimensiona il potere del cardinale George
Pell
Il Papa ha promulgato un motu proprio (“I beni temporali”) con cui chiude la biennale controversia tutta interna alla curia romana su chi fosse chiamato ad amministrare i beni mobili e immobili della Santa Sede e chi a controllare il modo in cui questi venivano amministrati. La soluzione è una “netta e inequivocabile” separazione dei compiti. Da una parte ci sarà l’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) che amministrerà il patrimonio, dall’altra la Segreteria per l’Economia, che avrà un ruolo di controllo e vigilanza. Le competenze sul budget saranno appannaggio dell’organismo guidato dal cardinale George Pell.
DUE ANNI DI DISSIDI
Già pochi mesi dopo l’istituzione della Segreteria dell’Economia, erano sorti problemi relativi alle sfere di competenza, con diversi uffici curiali che più o meno esplicitamente avevano manifestato perplessità e irritazione per le vere o presunte invasioni di campo dell’organismo guidato da Pell. In un verbale della riunione dell’Apsa del 12 settembre 2014, poi pubblicato dall’Espresso, il malcontento per la gestione del cardinale australiano emergeva in tutta la sua forza: “C’è uno che fa tutto e gli altri no”, diceva il cardinale Jean-Louis Tauran, che subito dopo aggiungeva: “Siamo in una fase di sovietizzazione”. A dargli manforte, il cardinale Giovanni Battista Re: “E’ pericoloso che la Segreteria dell’Economia prenda in mano tutto, così l’Apsa non ha più senso”.
LA DECISIONE DEL PAPA
Ora è il Papa a fare chiarezza. “Precisando quanto stabilito e modificando quanto appare necessario emendare, intendo ribadire la direttiva fondamentale che è necessario separare in maniera netta e inequivocabile la gestione diretta del patrimonio dal controllo e vigilanza sull’attività di gestione”. A tale scopo, aggiunge Francesco, “è della massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati”. Da qui deriva che all’Apsa spetterà “l’amministrazione dei beni e la gestione finanziaria”, mentre alla Segreteria per l’Economia “il controllo e vigilanza sull’attività di amministrazione e gestione”.
VERSO UNA STRUTTURA PIU’ COLLEGIALE
Scrive il vaticanista Andrea Tornielli che alla fine “la Segreteria per l’Economia perde un po’ della sua caratteristica di superministero che assomma competenze diverse, e si rafforza invece nel suo ruolo di vigilanza, controllo, indirizzo. Al tempo stesso si rende più collegiale e meno concentrata nelle mani di un’unica persona il potere sui beni della Santa Sede”. Il motu proprio papale rivede anche decisioni che avevano destato perplessità o che comunque avevano creato più d’un incertezza in curia, prima fra tutte il trasferimento – avvenuto sempre ex motu proprio – delle competenze della sezione ordinaria dell’Apsa, guidata dal cardinale Domenico Calcagno – al dicastero di Pell, salvo poi ristabilire negli Statuti la separazione tra vigilanti e vigilati.
L’ARTICOLO ABOLITO
Il documento presentato sabato abolisce anche il contestatissimo (tra i palazzi vaticani) articolo 17 dello Statuto della Segreteria per l’Economia, quello che affidava all’organismo presieduto dal porporato australiano il compito di fornire “i servizi amministrativi e tecnici necessari per l’attività ordinaria dei dicasteri della Santa Sede”.
L’ULTIMO SCONTRO
Risale allo scorso aprile l’ultimo scontro relativo alla gestione delle finanze d’oltretevere, con il sostituto della Segreteria di stato, mons. Angelo Becciu, che inviava una lettera con cui comunicava che “la revisione dei bilanci della Santa Sede e della Città del Vaticano, affidata alla società PricewaterhouseCoopers, è stata sospesa”. Incarico che a tale società era stato affidato proprio da Pell, con un contratto di tre anni da tre milioni di dollari. Molti, anche tra gli osservatori internazionali, avevano letto tale missiva come una esautorazione di Pell, a cominciare dal Financial Times e da altri media conservatori. Una lettura che oggi, considerando il ridimensionamento dell’organismo creato da Francesco nell’inverno di due anni fa, appare verosimile.
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