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lunedì 29 agosto 2016

Il riguardo non è dovuto all’errore.

Lutero:Francesca Pannuti ci aiuta a fare chiarezza.
..."L’opera della Redenzione di Cristo, invece, porta al rinnovamento profondo e completo dell’anima che decide di volgere verso il suo Creatore la sua volontà ferita e indebolita. Gesù, come annuncia nel Vangelo, realizza, con la purificazione dal peccato, una vera e propria nuova Creazione, che rende l’anima immediatamente pura dal peccato, dopo la Confessione, e la trasforma in Lui a poco a poco, “divinizzandola”, attraverso una purificazione profonda che la arricchisce delle qualità divine di bellezza, bontà, giustizia…

L’intervistatrice, dottoressa Francesca Pannuti, ci ha inviato una sua replica, con la quale intende documentare, con altri particolari storici e dogmatici, la correttezza della dottrina esposta da Livi. Riproduciamo qui l’utilissimo scritto della Pannuti.

Il quotidiano online “La Nuova Bussola Quotidiana” ha pubblicato un’intervista di Francesca Pannuti a monsignor Antonio Livi sul tema dei “dialogo” tra cattolici e luterani. Ecco qui il link per leggere il testo dell’intervista: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-la-giustificazionelutero-il-sinodosulla-famiglia-16822.htm
 Successivamente, un lettore luterano ha inviato a “La Nuova Bussola Quotidiana” una vibrante protesta, alla quale rispondono il direttore del quotidiano online, dottor Riccardo Cascioli, e lo stesso monsignor Livi; ecco qui il link per leggere la protesta e la replica:

 Dal momento che sono stata io ad aver proposto al prof. mons. Livi l’intervista sul tema della giustificazione, sapendo bene come la pensava e conoscendo l’argomento, e ad averla eseguita e firmata, intendo rispondere di essa in prima persona.

Per me non sono in discussione né il rispetto per le persone, in quanto tutte create da Dio, né quello per la sensibilità religiosa di alcuno. Il medesimo riguardo non è dovuto, invece, all’errore, il quale è stato, in questa occasione, denunciato correttamente, con l’intento di porre un ineludibile servizio. Ricordo che l’inganno può essere gradito da chi lo diffonde, ma non certo da chi ne è vittima… Pertanto, costui merita di esserne liberato con la verità che viene ripresentata nel suo fulgore. Proprio sulla base di questi principi imprescindibili per ogni essere umano, faccio appello al sig. Alessandro, il quale si è permesso, invece, di scrivere giudizi ingiusti ed offensivi, nonostante che i toni usati dal Professore e da me nell’intervista fossero di ben altra specie. Oltre a ciò, non si è adempiuto all’onere della prova, a mio avviso necessario, quando si manifesta un’opinione discordante.

Chiedo anche che esperienza ha lo scrivente dei preti di campagna cattolici? Certe affermazioni del Professore, a parere del sig. Alessandro, infatti, sarebbero da valutarsi come «calunnietta da preti di campagna di dubbia onestà intellettuale alla peggio, o di infinita ignoranza alla meglio». Quelli che elegantemente il prof. mons. Livi chiama “carinerie”, io li chiamo insulti, ai quali non rispondo, ma che ritengo che non vadano passati sotto silenzio, perché toccano realtà per me sacre. Qualunque sacerdote, invero, è quell’alter Christus, che, con le mani unte, fa scendere Dio dal cielo. Chi ha risposto alle mie domande, poi, è figura di alto profilo morale e professionale e, con i Suoi scritti di carattere filosofico e teologico, rappresenta una grande luce sia per il mondo cattolico che per il mondo protestante, come per l’uomo sinceramente desideroso di conoscere la verità. A ciò si aggiunge che le asserzioni del prof. mons. Livi sono ampiamente argomentate. Nell’intervista non è stato, per di più, affermato che Lutero sia «uno che abbia predicato di peccare di più a dimostrazione di una maggiore grazia salvifica» come sostiene il sig. Alessandro, bensì «dice Lutero, “pecca fortemente, ma credi ancor più fortemente” (“pecca fortiter, sed crede fortius”), ovvero quanto più l’uomo continua a peccare tanto più dimostra la propria assoluta fiducia nei meriti di Cristo, che hanno il potere divino di salvare indipendentemente dal libero arbitrio del credente». Il significato evidentemente non è il medesimo. In questo caso si afferma, con riferimenti precisi alla dottrina di Lutero, che non ci è consentito mutare, che è l’uomo che, peccando, dimostra vieppiù fiducia nei meriti di Cristo, che lo salverebbe anche senza il consenso del libero arbitrio, e non invece, come dicono le parole dello scrivente, che il peccare dimostri maggiore grazia salvifica. Lutero, infatti asserisce: «in questa vita il peccato aderisce sempre alla carne. Dio purga in noi questo peccato che però rimane. Non che il peccato sia assente (come dicono i sofisti che bisogna agire bene, finché non abbiamo in noi coscienza di non avere alcun peccato); il peccato è presente, ma Dio lo ignora» (W XL, 1, 233, 24-27; 31-234; 12-13. Ci si riferisce all’edizione critica di Weimar); «dobbiamo assolutamente porre come certo che noi siamo in grazia, che noi piacciamo a Dio a causa di Cristo, che noi abbiamo lo Spirito santo» (W XL, 1, 575, 32, 33). Il che significa appunto che Lutero considera ammissibile la coesistenza della grazia con il peccato, nell’anima. Prego il sig. Alessandro di verificare.
L’opera della Redenzione di Cristo, invece, porta al rinnovamento profondo e completo dell’anima che decide di volgere verso il suo Creatore la sua volontà ferita e indebolita. Gesù, come annuncia nel Vangelo, realizza, con la purificazione dal peccato, una vera e propria nuova Creazione, che rende l’anima immediatamente pura dal peccato, dopo la Confessione, e la trasforma in Lui a poco a poco, “divinizzandola”, attraverso una purificazione profonda che la arricchisce delle qualità divine di bellezza, bontà, giustizia… Ecco, dunque, l’esaltante obiettivo della nostra vita cristiana, che occorre tornare a riproporre: una ritrovata sintonia tra due volontà, quella umana e quella divina, che tornano ad amarsi, per ricuperare un’intimità che giunga, nella libertà, alla suprema realizzazione dell’umano nel divino, come afferma Garrigou-Lagrange, alla «trasformazione completa nell’Amato (in virtù del “matrimonio spirituale” e dell’“unione trasformante”, in coloro che li raggiungono): le due parti si scambiano totale possesso l’una dell’altra per mezzo dell’unione d’amore consumato nella misura possibile sulla terra; l’anima ne diviene divina e Dio per partecipazione, per quel tanto che lo permette questa vita». Ma ciò è possibile solo nella completa libertà di entrambe le volontà. Nella verità


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