I nuovi gnostici contro la Lorenzin
Lo sapete già: il Ministero della Salute ha lanciato una campagna a sostegno della natalità. E conoscete anche la reazione dei soliti noti: hanno cominciato a schiumare di rabbia.
Ora, si possono dire tante cose: ad esempio, che alcuni particolari della campagna sono francamente infelici, che per sostenere la natalità sarebbe più utile alleggerire il fardello fiscale imposto alle famiglie, che non ha senso fare le unioni civili per far sposare Carlo e Ubaldo e poi aspettarsi la crescita della natalità, et cetera.
Le reazioni furiose dei mentalmente aperti, però, fanno sospettare che la questione vada ben oltre, che si sia toccato qualche nervo profondo. E guardare cos’è oggetto dell’odio di questi signori è sempre utile, perché, come scriveva il nostro, «non c’è nulla che sia tanto infallibile quanto l’istinto dell’empietà. Osservate ciò ch’essa odia, ciò che la mette in collera e ciò che essa attacca sempre e da per tutto con furore: è la verità».
Per cercare di capire, cominciamo da lontano: i lettori di questo blog sanno che il primo e vero nemico del Cristianesimo non fu e non è il materialismo, ma lo spiritualismo. Che tutto sia materia e che lo spirito non esiste è una teoria bislacca, che quasi nessuno ha mai sostenuto. Molto meno insensata e infatti molto più largamente diffusa nel tempo e nello spazio è sempre stata l’idea secondo cui tutto è spirito, e che la materia non deve esistere.
Contrariamente a quel che fanno credere i romanzi alla Dan Brown, le prime eresie non attaccarono l’idea sublime per cui Gesù è Dio, ma l’idea assurda per cui Dio si è fatto uomo. Questi eretici rifiutarono l’incarnazione di Cristo e la risurrezione dei corpi, negarono che il Matrimonio sia un Sacramento (come poi fece Lutero), bandirono il consumo di carne (come oggi i vegani). Erano divisi in molte sette già nell’antichità, sono scomparsi e ricomparsi più volte nella storia, spesso dal nulla, variando non troppo la loro dottrina.
Il nodo centrale di queste eresie si può ricondurre alla gnosi. Questa dottrina sembra complicata come l’albero genealogico degli dèi olimpici, ma il suo nodo centrale è piuttosto semplice: il mondo è brutto, e la colpa di questo è del Dio che l’ha creato. Tra tutte le cose inventate dal Creatore la più brutta è la materia in cui ci ha intrappolati, e da cui dobbiamo assolutamente scappare. Da qui tutte le iniziative degli gnostici nel corso dei secoli, fino all’ideologia gender e alle campagne per l’estinzione volontaria della specie umana.
Questa gente pensa al corpo come a una trappola e al pancione di una mamma incinta come a una gabbia. La contraccezione è bella, perché evita un’altra incarcerazione. L’eutanasia è bella, perché slega un prigioniero. Il gender è bello, perché divelle tutte le sbarre. Gli “gnostici” odiano la carne perché il padre loro laggiù è puro spirito; odiano i sessi perché il padre loro è asessuato e indifferenziato.
Si è potuto leggere che bisogna essere responsabili, e che quando si concepisce un figlio bisogna ragionarci. Ora, se per concepire un figlio fosse utile ragionare, la natura non avrebbe posto il concepimento nel momento esatto in cui un essere umano è meno ragionatore. Ma questa, semmai, per uno “gnostico” è l’ennesima prova che il mondo è fatto male. Loro hanno sempre pensato che il luogo migliore per concepire, se proprio bisogna farlo, è una provetta in un laboratorio clinico per la procreazione assistita. Gli gnostici del II secolo non avevano i mezzi tecnici per farlo; oggi i loro nipotini stanno ovviando all’inconveniente.
Leggete quel che hanno scritto Roberto Saviano e ancor più Saverio Tommasi: la Lorenzin, anziché occuparsi della natalità, dovrebbe promuovere preservativi, matrimoni gay, ricerca sugli embrioni. Ora, né l’uno né l’altro, probabilmente, si ritiene un novello càtaro. Riflettono lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, e questo purtroppo è sessuofobico anzi, in un qualche modo, gnostico.
Qualche argomento, pur errato, è meno inconsistente: «Ma come? C’è la disoccupazione e il Ministero punta a far crescere la natalità?». Togliete un posto a tavola, ché c’è una porzione in meno… ma sulla connessione tra denatalità e crisi economica ha già risposto Giuliano Guzzo su queste pagine. Altre obiezioni mosse in queste ore sono semplicemente sciocche («è offensivo!»… «fascisti!»…).
I Giuliano Guzzo dell’antichità dovevano replicare a Cerdone e Valentino, che almeno si sforzavano di dire cose intelligenti. Oggi bisogna rispondere a Saverio Tommasi: un altro segno della decadenza dei tempi.
Ora, si possono dire tante cose: ad esempio, che alcuni particolari della campagna sono francamente infelici, che per sostenere la natalità sarebbe più utile alleggerire il fardello fiscale imposto alle famiglie, che non ha senso fare le unioni civili per far sposare Carlo e Ubaldo e poi aspettarsi la crescita della natalità, et cetera.
Le reazioni furiose dei mentalmente aperti, però, fanno sospettare che la questione vada ben oltre, che si sia toccato qualche nervo profondo. E guardare cos’è oggetto dell’odio di questi signori è sempre utile, perché, come scriveva il nostro, «non c’è nulla che sia tanto infallibile quanto l’istinto dell’empietà. Osservate ciò ch’essa odia, ciò che la mette in collera e ciò che essa attacca sempre e da per tutto con furore: è la verità».
Per cercare di capire, cominciamo da lontano: i lettori di questo blog sanno che il primo e vero nemico del Cristianesimo non fu e non è il materialismo, ma lo spiritualismo. Che tutto sia materia e che lo spirito non esiste è una teoria bislacca, che quasi nessuno ha mai sostenuto. Molto meno insensata e infatti molto più largamente diffusa nel tempo e nello spazio è sempre stata l’idea secondo cui tutto è spirito, e che la materia non deve esistere.
Contrariamente a quel che fanno credere i romanzi alla Dan Brown, le prime eresie non attaccarono l’idea sublime per cui Gesù è Dio, ma l’idea assurda per cui Dio si è fatto uomo. Questi eretici rifiutarono l’incarnazione di Cristo e la risurrezione dei corpi, negarono che il Matrimonio sia un Sacramento (come poi fece Lutero), bandirono il consumo di carne (come oggi i vegani). Erano divisi in molte sette già nell’antichità, sono scomparsi e ricomparsi più volte nella storia, spesso dal nulla, variando non troppo la loro dottrina.
Il nodo centrale di queste eresie si può ricondurre alla gnosi. Questa dottrina sembra complicata come l’albero genealogico degli dèi olimpici, ma il suo nodo centrale è piuttosto semplice: il mondo è brutto, e la colpa di questo è del Dio che l’ha creato. Tra tutte le cose inventate dal Creatore la più brutta è la materia in cui ci ha intrappolati, e da cui dobbiamo assolutamente scappare. Da qui tutte le iniziative degli gnostici nel corso dei secoli, fino all’ideologia gender e alle campagne per l’estinzione volontaria della specie umana.
Questa gente pensa al corpo come a una trappola e al pancione di una mamma incinta come a una gabbia. La contraccezione è bella, perché evita un’altra incarcerazione. L’eutanasia è bella, perché slega un prigioniero. Il gender è bello, perché divelle tutte le sbarre. Gli “gnostici” odiano la carne perché il padre loro laggiù è puro spirito; odiano i sessi perché il padre loro è asessuato e indifferenziato.
Si è potuto leggere che bisogna essere responsabili, e che quando si concepisce un figlio bisogna ragionarci. Ora, se per concepire un figlio fosse utile ragionare, la natura non avrebbe posto il concepimento nel momento esatto in cui un essere umano è meno ragionatore. Ma questa, semmai, per uno “gnostico” è l’ennesima prova che il mondo è fatto male. Loro hanno sempre pensato che il luogo migliore per concepire, se proprio bisogna farlo, è una provetta in un laboratorio clinico per la procreazione assistita. Gli gnostici del II secolo non avevano i mezzi tecnici per farlo; oggi i loro nipotini stanno ovviando all’inconveniente.
Leggete quel che hanno scritto Roberto Saviano e ancor più Saverio Tommasi: la Lorenzin, anziché occuparsi della natalità, dovrebbe promuovere preservativi, matrimoni gay, ricerca sugli embrioni. Ora, né l’uno né l’altro, probabilmente, si ritiene un novello càtaro. Riflettono lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, e questo purtroppo è sessuofobico anzi, in un qualche modo, gnostico.
Qualche argomento, pur errato, è meno inconsistente: «Ma come? C’è la disoccupazione e il Ministero punta a far crescere la natalità?». Togliete un posto a tavola, ché c’è una porzione in meno… ma sulla connessione tra denatalità e crisi economica ha già risposto Giuliano Guzzo su queste pagine. Altre obiezioni mosse in queste ore sono semplicemente sciocche («è offensivo!»… «fascisti!»…).
I Giuliano Guzzo dell’antichità dovevano replicare a Cerdone e Valentino, che almeno si sforzavano di dire cose intelligenti. Oggi bisogna rispondere a Saverio Tommasi: un altro segno della decadenza dei tempi.
di Salvatore Cammisulihttp://www.campariedemaistre.com/2016/09/i-nuovi-gnostici-contro-la-lorenzin.html
La farsa del Fertility Day
La scalcinata campagna demografica del governo Renzi ha dimostrato, ancora una volta, l'incompetenza patologica e la stupidità innata di un'intera élite di potere incapace di mantenere la coerenza e la dignità
LA REDAZIONE - 1 SETTEMBRE 2016
di Alessia De Santis
Ormai corre tutto sui social. È indirizzata soprattutto al pubblico online la campagna che il Ministero della Sanità ha avviato per pungolare le donne italiane sul problema della fertilità, presumibilmente ispirandosi ad una simile iniziativa danese, sbagliando però del tutto l’obiettivo. Nell’arco di un ventennio, le nascite in Danimarca sono crollate di quasi 15.000 unità, passando dalle quasi 70.000 del 1995 alle poco più di 55.000 del 2013. Così a Copenaghen si sono inventati un simpatico spot ironico dando suggerimenti pratici per far sì che i cittadini tornino a riprodursi. Con una graffiane ironia, il primo consiglio dato è quello di trascorrere le proprie vacanze al sole, perché l’attitudine al sesso aumenta di ben il 51% durante una bella e soleggiata vacanza, da preferire sicuramente al camping uggioso e umido che porta a una diminuzione della libido del 2%. Altro consiglio è quello di fare sport con la propria partner, attività che aumenta il desiderio sessuale perché aumenta il rilascio delle endorfine. L’esercizio fisico, inoltre, aumenta l’apporto di sangue agli organi sessuali. Che lo spot danese escluda dalla categoria delle attività sportive il giocare a playstation o la ricerca dei pokemon, lo si intende chiaramente: la madre danese è invitata a stanare il proprio tenero nerd adolescente chiuso in cameretta con il portatile per spedirlo, maglietta e cappellino, a prendersi le proprie responsabilità da uomo adulto nel mondo reale.
Se i sudditi di Margherita II non vogliono figliare per lo Stato, lo facciano almeno per la mamma! Così si conclude l’irriverente spot che sembra scagliarsi soprattutto contro l’imperante giovanilismo da adolescenti interminati. Come è stato invece realizzato l’analogo spot in Italia? Nel rispetto del più becero maschilismo, colpevolizzando le donne che prive di un sistema sociale di supporto, attendono irresponsabilmente che l’orologio biologico scorra prima di fare un figlio. E così giù di slogan che superficiali che attirano facili battute. «Genitori giovani. Il miglior modo di essere creativi» dice uno, e diviene facile immaginare la prosecuzione scritta in inchiostro simpatico: «Quanto è creativo fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese con un figlio piccolo nel mondo del lavoro precario.» O ancora«La fertilità è un bene comune», e sempre scritto in inchiostro simpatico sotto:«E dimenticate gli slogan sessantottini de ‘L’utero e mio e lo gestisco io’.»
Che governo è quello che di fronte a dati demografici da guerra mondiale (secondo la Svimez, nel 2013 il numero dei morti, nel Sud Italia, ha superato quello dei vivi, come non accadeva dal 1918, anno di conclusione della Grande Guerra) sa solo trincerarsi in campagne ridicole e inconcludenti, alla faccia delle tanto, a questo punto sempre più false, lacrime piante dalla Boldrini nelle sue battaglie in difesa delle donne? Ancora una volta sono superficialità e soperchieria a caratterizzare l’operato dell’esecutivo, che dovrebbe ricordare come oltre alla fertilità sono soprattutto bene comune l’intelligenza collettiva e la serietà di intenti e azioni.
Il Fertility Day e polemiche, scusate, proprio idiote
di Giuliano Guzzo
Appartengo ai tanti critici di questo governo, che personalmente considero – per il suo programma, il suo operato e soprattutto la sua arroganza, contrabbandata per operosità – qualcosa di non molto diverso da una sciagura. Ciò detto, fatico a comprendere le polemiche sorte in seguito alla notizia del Fertility Day, la nuova campagna del Ministero della Salute che partirà il 22 settembre a favore della natalità, subito presentata da alcuni come una sorta di istigazione a fare figli (che brutta cosa, i figli, vero?) quando invece altro non è che un semplice richiamo, per quanto mi riguarda pure di dubbia efficacia, ad un problema che anticipa per cronologia e gravità quello economico.
Non citerò, per tediare il lettore, tutti gli economisti che negli anni hanno denunciato come sia quello demografico il nostro primo guaio («Se l’Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero migliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti», ha per esempio dichiarato il professor Tyler Cowen, accademico ed editoralista del New York Times: Corriere della Sera, 8/5/2012, p. 31), né penso – dopo che le straniere sono finite sotto il tasso di sostituzione di 2.1 figli per donna da un paio d’anni e procreano sempre meno – di dover smontare per l’ennesima volta la bufala colossale degli stranieri o dei migranti (in larga parte maschi) come salvezza per la natalità italiana.
A dirla tutta non ci sarebbe neppure – benché il buon Roberto Saviano, apprendista demografo, vi abbia confezionato un post «acchiappalike» suFacebook – da mettere in relazione la denatalità con precariato lavorativo e crisi economica, che pure sono problemi seri. Infatti come i lettori più affezionati di questo blog sapranno, se da un lato è fuori discussione come la situazione attuale, anche fiscalmente parlando, tutto sia fuorché un incentivo a fare figli, dall’altro esistono numerosi indizi che lasciano supporre che il problema, in questo caso,non sia materiale ma antropologico; basti dire che la tendenza del figlio unico, in Italia, ha conosciuto un boom negli anni ’80, stagione economicamente parlando d’oro rispetto all’odierna.
Mi limiterò quindi soltanto, dato che dei poc’anzi citati argomenti non è il caso di parlare, ad una telegrafica osservazione: la curva demografica italiana è caduta da decenni. D-e-c-e-n-n-i. Significa non basterà il Fertility Day – che peraltro ricorda campagne sulle quali i Paesi nordeuropei, quei retrogradi medievali brutti e cattivi,Danimarca in testa, investono da anni – né il bonus bebé; tuttavia iniziative simili costituiscono almeno un pallido punto di partenza. Non vi piacciono? D’accordo: allora fuori le alternative però. Perché la storia insegna che raddrizzare la curva demografica è difficilissimo (l’imperatore Augusto, per dire, non ci riuscì neppure varando leggi ad hoc) ed insegna pure che senza nuovi nati una comunità, una società, un Paese sono spacciati.
Inoltre, se avete letto quanto diffuso dall’Istat a giugno di quest’anno saprete che gli italiani non solo non crescono, ma cominciano a sparire: «Nel corso del 2015 il numero dei residenti ha registrato una diminuzione consistente per la prima volta negli ultimi novanta anni: il saldo complessivo è negativo per 130.061 unità. Il calo – veniva poi precisato – riguarda esclusivamente la popolazione di cittadinanza italiana – 141.777 residenti in meno – mentre la popolazione straniera aumenta di 11.716 unità». Capito? Iniziamo ad estinguerci e qui c’è ancora gente che rompe le palle (scusate il francesismo, ma quando ci vuole ci vuole) per una campagna che, banalmente, sussurra verità inconfutabili, tipo che a 45 anni non hai le stesse possibilità di diventare madre che a 25? Ma sì che ce lo meritiamo, di sparire.
https://giulianoguzzo.com/2016/09/01/il-fertility-day-e-le-polemiche-sciocche-anzi-proprio-idiote/
http://www.campariedemaistre.com/2016/09/il-fertility-day-e-polemiche-scusate.html
IL #FERTILITY DAY
Appartengo ai tanti critici di questo governo, che personalmente considero – per il suo programma, il suo operato e soprattutto la sua arroganza, contrabbandata per operosità – qualcosa di non molto diverso da una sciagura. Ciò detto, fatico a comprendere le polemiche sorte in seguito alla notizia del Fertility Day, la nuova campagna del Ministero della Salute che partirà il 22 settembre a favore della natalità, subito presentata da alcuni come una sorta di istigazione a fare figli (che brutta cosa, i figli, vero?) quando invece altro non è che un semplice richiamo, per quanto mi riguarda pure di dubbia efficacia, ad un problema che anticipa per cronologia e gravità quello economico.
Non citerò, per tediare il lettore, tutti gli economisti che negli anni hanno denunciato come sia quello demografico il nostro primo guaio («Se l’Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero migliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti», ha per esempio dichiarato il professor Tyler Cowen, accademico ed editoralista del New York Times: Corriere della Sera, 8/5/2012, p. 31), né penso – dopo che le straniere sono finite sotto il tasso di sostituzione di 2.1 figli per donna da un paio d’anni e procreano sempre meno – di dover smontare per l’ennesima volta la bufala colossale degli stranieri o dei migranti (in larga parte maschi) come salvezza per la natalità italiana.
A dirla tutta non ci sarebbe neppure – benché il buon Roberto Saviano, apprendista demografo, vi abbia confezionato un post «acchiappalike» suFacebook – da mettere in relazione la denatalità con precariato lavorativo e crisi economica, che pure sono problemi seri. Infatti come i lettori più affezionati di questo blog sapranno, se da un lato è fuori discussione come la situazione attuale, anche fiscalmente parlando, tutto sia fuorché un incentivo a fare figli, dall’altro esistono numerosi indizi che lasciano supporre che il problema, in questo caso,non sia materiale ma antropologico; basti dire che la tendenza del figlio unico, in Italia, ha conosciuto un boom negli anni ’80, stagione economicamente parlando d’oro rispetto all’odierna.
Mi limiterò quindi soltanto, dato che dei poc’anzi citati argomenti non è il caso di parlare, ad una telegrafica osservazione: la curva demografica italiana è caduta da decenni. D-e-c-e-n-n-i. Significa non basterà il Fertility Day – che peraltro ricorda campagne sulle quali i Paesi nordeuropei, quei retrogradi medievali brutti e cattivi,Danimarca in testa, investono da anni – né il bonus bebé; tuttavia iniziative simili costituiscono almeno un pallido punto di partenza. Non vi piacciono? D’accordo: allora fuori le alternative però. Perché la storia insegna che raddrizzare la curva demografica è difficilissimo (l’imperatore Augusto, per dire, non ci riuscì neppure varando leggi ad hoc) ed insegna pure che senza nuovi nati una comunità, una società, un Paese sono spacciati.
Inoltre, se avete letto quanto diffuso dall’Istat a giugno di quest’anno saprete che gli italiani non solo non crescono, ma cominciano a sparire: «Nel corso del 2015 il numero dei residenti ha registrato una diminuzione consistente per la prima volta negli ultimi novanta anni: il saldo complessivo è negativo per 130.061 unità. Il calo – veniva poi precisato – riguarda esclusivamente la popolazione di cittadinanza italiana – 141.777 residenti in meno – mentre la popolazione straniera aumenta di 11.716 unità». Capito? Iniziamo ad estinguerci e qui c’è ancora gente che rompe le palle (scusate il francesismo, ma quando ci vuole ci vuole) per una campagna che, banalmente, sussurra verità inconfutabili, tipo che a 45 anni non hai le stesse possibilità di diventare madre che a 25? Ma sì che ce lo meritiamo, di sparire.
https://giulianoguzzo.com/2016/09/01/il-fertility-day-e-le-polemiche-sciocche-anzi-proprio-idiote/
http://www.campariedemaistre.com/2016/09/il-fertility-day-e-polemiche-scusate.html
IL #FERTILITY DAY
DI DIEGO FUSARO
facebook.com
V’è un antico e forse non rincuorante adagio che dice che quando si è toccato il fondo non resta altro da fare che scavare. E così quasi sempre avviene. Ed è anche avvenuto in questi giorni di fine agosto. In questa luce propongo di leggere la vicenda – che tanto ha fatto discutere nella nuova agorà alienata delle reti sociali – del cosiddetto Fertility Day. Si tratta, a quanto pare, di una giornata consacrata alla sensibilizzazione sulla natalità e sull’esigenza di fare figli, “per richiamare l’attenzione di tutta l’opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione” (sic).
L’istituzione di questa giornata – così leggiamo sulle pagine del sito del ministero della Salute – “è prevista dal Piano Nazionale della Fertilità per mettere a fuoco con grande enfasi il pericolo della denatalità nel nostro Paese, la bellezza della maternità e della paternità, il rischio delle malattie che impediscono di diventare genitori”. E così sul finire dell’estate, tra un attacco terroristico e l’altro, ti accorgi dell’invenzione di ipocrite campagne pubblicitarie sulla fertilità delle donne. Le chiamano #fertilityday, ovviamente con l’usuale subalternità culturale e linguistica rispetto alla lingua dell’impero. La sovranità nazionale è perduta anche a livello linguistico: e, con essa, la dignità del Paese.
Occorre essere diretti ed evitare di ricadere nell’ipocrisia ovunque imperante: in un Paese in cui grazie ai salari risibili, al precariato dilagante e all’ormai inesistente stato sociale fare figli è praticamente impossibile, il #fertilityday suona, e non obliquamente, come una solenne presa in giro. Una vergognosa presa in giro, se consideriamo che le donne che oggi hanno venti o trenta anni non possono materialmente fare figli: e non per ragioni biologiche, ovviamente. Bensì per quelle prosaiche ragioni economiche e sociali di cui pare nessuno voglia ormai ricordarsi, ma che chi ha frequentato i testi di Marx e Gramsci (dunque non Renzi e i piddini) non può omettere. Oltre al danno, la beffa: ci vogliono fare credere che se gli italiani non procreano, ciò dipende dalla mancanza di informazione e di sensibilizzazione, e non dalle condizioni materiali oscene in cui versano.
L’Italia messa in ginocchio dell’euro e dalle abominevoli politiche dell’austerità, dalle tanto magnificate “rivoluzioni liberiste” e dai taumaturghi del mondialismo, non è più in grado di permettere materialmente ai suoi cittadini di procreare: e anziché agire come dovrebbe, cioè facendo politiche sociali necessitanti la riconquista della sovranità e la valorizzazione della comunità umana, fa risibili, inutili, ipocriti e – è il caso di dirlo – sterili politiche di propaganda in stile fertility day.
Diego Fusaro
Fonte: www.facebook.com
Link: https://www.facebook.com/fusaro.diego/posts/10210764554615912?pnref=story
1.09.2016
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