ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 1 settembre 2016

Non prova rimorso

La menzogna e l’eresia di mons. Nunzio Galantino

(di Paolo Pasqualucci) La grande stampa non sembra essersi accorta della cosa. D’altronde, non è mai apparsa troppo ferrata in materia di conoscenza dei nostri Testi Sacri. Peccato, perché si è trattato di uno scandalo enorme, anche se nessuno nel clero ha ritenuto opportuno farlo rilevare, per quanto ne so. Ma cos’è successo? È presto detto. Nella sua “omelia per i giovani italiani alla GMG 2016”, alla Messa di Domenica 24 luglio scorso, mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, ha disinvoltamente alterato la Scrittura. 
Anzi, l’ha addirittura capovolta con l’affermare che l’intercessione di Abramo aveva salvato Sodoma dalla distruzione. Proprio così! Esattamente il contrario di quello che affermano i Sacri Testi! Una cosa pazzesca, a ben vedere, forse mai accaduta prima nella storia della Chiesa.
Il testo dell’Omelia si può leggere nel blog personale di mons. Nunzio Galantino.
  1. Contro la Bibbia mons. Galantino afferma che Sodoma si è salvata per l’intercessione di Abramo. Il prelato vi ripropone la grande importanza della preghiera, «che ci collega a Dio permettendoci di ascoltarlo, di chiedergli perdono, di sperimentare la sua vicinanza, la sua paternità». Il testo dell’Antico Testamento riportato nella Messa Novus Ordo (o Rito Ordinario) di quel giorno come Prima Lettura, ci proponeva la preghiera di Abramo a Dio, quando intercedette vanamente per evitare il giusto castigo dell’intera città di Sodoma. Così lo commentava mons. Galantino. La preghiera a Dio «è fatta di ascolto e risposta, mediante la quale con Dio si instaura un rapporto autentico che spinge ad esser audaci, come audace è la preghiera di Abramo a favore di Sodoma. Una città sulla quale nessuno avrebbe scommesso niente, eccetto Abramo. La sua preghiera di intercessione e la sua voglia di osare salvano Sodoma. La città è salva perché ci sono i giusti, anche se pochi, ma la città è salva soprattutto perché c’è Abramo uomo di preghiera, che non fa da accusatore implacabile, non parla contro ma parla a favore. Abramo, uomo di preghiera, non denuncia i misfatti, ma annuncia la possibilità di qualcosa di nuovo. Abramo, uomo di preghiera, annuncia e invita a guardare alle possibilità positive. Abramo, uomo di preghiera, è un instancabile cercatore di segni di speranza da presentare al Signore perché li valorizzi».
Questo dunque il testo dello scandalo. La logica dell’argomentazione di mons. Galantino sembra esser la seguente: otteniamo da Dio quanto chiediamo nella preghiera se siamo audaci nelle nostre richieste, come audace fu Abramo. La sua audacia fu premiata e Sodoma fu salva [sic]. La salvezza ottenuta da Abramo per Sodoma [sic] dimostra che bisogna sempre «parlare a favore» e mai «contro».
Non si è sempre insegnato così? Bisogna sempre intercedere per il peccatore pur condannando senza tentennamenti il suo peccato: dobbiamo giudicare il peccato non il peccatore («non giudicate, per non esser giudicati», Mt 7, 1), dato che anche noi siamo peccatori. Anche noi come lui necessitiamo della divina misericordia e dell’aiuto cristiano degli altri per pentirci dei nostri peccati e cambiar vita, in obbedienza ai comandi di Gesù Cristo Nostro Signore. Però, ci è sempre stato insegnato, sulla base dei Testi e della Tradizione, che il peccatore che non si penta, nonostante le correzioni fraterne e gli ammonimenti dell’autorità ecclesiastica, insomma quello che si suol chiamare il peccatore indurito, scientemente pervicace sino alla fine nel suo peccato, se ne andrà in perdizione. Il Giorno del Giudizio sarà dannato per sempre da Nostro Signore in persona (e ancor prima, subito dopo la sua morte, sarà dannata dal Signore la sua anima, nel giudizio individuale). Sodoma e Gomorra, a causa del loro indurimento nel peccato contronatura furono distrutte all’improvviso da una pioggia di fuoco e di zolfo scatenata dall’ira divina su di esse. Questo il terribile evento testimoniato nella Bibbia.
  1. Il testo della “Genesiˮ proposto nella Prima Lettura della Messa del giorno era mutilo dell’apocalittico finale. Mi sono chiesto: come ha potuto mons. Galantino inventarsi un lieto fine per le due città, verbatim per la sola Sodoma, contro l’evidenza del testo della Genesi che ne testimonia il tremendo castigo? In realtà, andando a controllare la Prima Lettura della Messa della XVII Domenica del Tempo Ordinario, che si celebrava quel 24 luglio a Cracovia, si vede che il testo biblico è riportato in modo tronco, fermandosi esso a Gn 18, 32, ossia alla promessa di Dio ad Abramo, che non l’avrebbe distrutta, la città, se vi avesse trovato almeno dieci giusti. Ma non li trovò, ce n’era uno solo, Lot con la sua famiglia: troppo poco. Ora, dobbiamo forse ritenere che le migliaia di giovani italiani che stavano assistendo alla Messa, fossero tutti dei conoscitori dell’Antico Testamento, sì da rendersi conto della falsità di quanto il vescovo stava loro dicendo? Penso sia realistico affermare che solo una piccola parte se ne sia resa conto. Rileggiamo quindi il testo nella sua integrità, esponendo sinteticamente l’intero racconto.
  2. Cosa ha veramente detto la Bibbia in Gn 18-19. Riassumo brevemente. Un giorno, Abramo vide improvvisamente tre uomini all’ingresso della sua tenda, «nell’ora più calda del giorno» (Gn 18, 1 ss.). Egli capì che si trattava di Dio accompagnato da due angeli. Li accolse con tutti gli onori dell’ospitalità e ricevette l’annunzio che sua moglie Sara avrebbe avuto un figlio, nonostante non fosse più in età fertile. Dopo di che i tre uomini e Abramo partirono da lì e andarono verso Sodoma. Abramo accompagnandoli (per rispetto) camminava con loro. Giunsero a contemplare la città da lontano e dall’alto e il Signore dichiarò ad Abramo che il peccato di Sodoma e Gomorra era «molto grave». Ma, prima del castigo, voleva «scendere e vedere» se era proprio così. Mentre i due angeli in sembianze umane scendevano verso Sodoma, per andare «a vedere», Abramo, che aveva capito cosa stava per succedere, cominciò ad intercedere per la città. Giunto alla promessa che l’avrebbe risparmiata se vi avesse trovato solo «dieci giusti», il Signore «se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione».
Il cap. 19 ci narra cosa accadde a Sodoma all’arrivo dei due angeli in sembianza umana. Accolti in casa di Lot, uomo pio e straniero in Sodoma, la casa fu circondata da una folla di sodomiti che volevano impadronirsi di loro per abusarne sessualmente. Lot si rifiutò, piazzandosi davanti alla porta sbarrata della sua abitazione. Offrì addirittura le sue due figlie vergini alle loro aberranti voglie, purché lasciassero stare i suoi due ospiti, ma inutilmente.
I sodomiti stavano per sopraffarlo e avevano cominciato a demolire la porta quanto dall’interno i due angeli, con un prodigio, riportarono Lot in casa, richiusero il battente e «colpirono con un abbaglio accecante» gli uomini che stavano al di fuori «così che essi non riuscirono a trovare la porta» (Gn 19, 11). All’alba i due angeli fecero premura a Lot e quasi lo costrinsero a fuggire («Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non esser travolto!» – Gn 19, 17). E Lot così fece. Era l’unico giusto in Sodoma e il Signore, «ricordandosi di Abramo», lo volle salvare. «Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse questa città e tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.  Abramo, alzatosi al mattino nel luogo ov’era stato prima col Signore, guardò Sodoma e Gomorra, e tutta la terra di quella regione, e vide le faville che ne salivano come il fumo d’una fornace» (Gn 19, 24-27).
  1. Fu salva, dunque, Sodoma, mons. Galantino? Non prova rimorso, lei, un vescovo della Santa Chiesa, ad aver mentito a tutti quei giovani, stravolgendo nella sua omelia il senso del brano dell’Antico Testamento presente quel giorno nella Liturgia della Parola, anzi capovolgendone addirittura il significato? Se i suoi ricordi dell’Antico Testamento, auspice la “Liturgia della Parola” della montiniana Messa del Novus Ordo, sono diventati poco chiari e addirittura a rovescio, forse si ricorderà del Nuovo Testamento, del Vangelo di S. Giovanni; di quel passo nel quale Nostro Signore ci ammonisce a guardarci dal «falso pastore», quello che «non entra per la porta nell’ovile del gregge, ma vi sale da un’altra parte, ed è ladro e brigante» (Gv 10, 1 ss.). Viene «per rubare, uccidere e distruggere» (ivi, 10). Ladro di anime, si capisce, distruttore del gregge che invece ha il dovere di guidare e conservare, facendolo entrare per la “porta” che è Gesù Cristo («Io sono la porta. Chi entrerà per me, sarà salvo» – ivi, 9). Se lei non farà pubblica ammenda, mons. Galantino, della sua falsa ermeneutica, non avremo il diritto di considerarla un falso pastore, uno di quelli che entra furtivamente nell’ovile per distruggere il gregge?
  2. Nella Liturgia “riformata” in seguito al Concilio, sono numerosi i Sacri Testi presentati in modo edulcorato. Forse qualcuno si chiederà, a questo punto, perché questa Prima Lettura della Messa abbia proposto una versione del colloquio tra Abramo e Dio troncata al punto del racconto biblico che ancora non fa apparire la condanna della città colpevole. A proposito di questo modo edulcorato di presentare testi difficili o scabrosi delle Sacre Scritture nella Liturgia del Novus Ordo, Romano Amerio annotava:
«La riforma (della Liturgia) ha fatto nei testi biblici quello che fu fatto per i classici latini nelle edizioni espurgate ad usum Delphini, ma non fu mai osato per il sacro testo. La riforma ha infatti stralciato dai Salmi cosiddetti imprecatori i versicoli che sembravano incompatibili colle vedute ireniche del Concilio, mutilando il sacro testo e sottraendolo per così dire alla cognizione di tutti, chierici e laici. Ha inoltre espunto interi versicoli dai testi del Vangelo nelle Messe in 22 punti che toccano il giudizio finale, la condanna del mondo, il peccato». A questi ventidue punti e ai tagli deiSalmi bisognerebbe forse aggiungere “tagli” o citazioni tronche o parziali dell’Antico Testamento, tali da suggerire un’interpretazione ammorbidita o difforme del testo o comunque di un fatto doloroso o crudele in esso testimoniato. E la citazione incompleta della vicenda di Sodoma e Gomorra potrebbe essere proprio uno di questi.
  1. La falsa salvezza di Sodoma enunciata da mons. Galantino è manifestamente contraria alla Scrittura, deve pertanto ritenersi “sententia haeretica”? Sì, a mio modesto avviso di semplice credente. La “sententia” galantiniana dà una rappresentazione del tutto falsa dell’effettivo contenuto della Scrittura, addirittura capovolgendolo: al castigo di Sodoma osa sostituire la salvezza di Sodoma, traendo in inganno i fedeli. Ciò che dice, spacciandolo per Sacra Scrittura, è invece integralmente contrario alla Scrittura. E dovrebbe ritenersi eretica proprio per questo motivo, poiché il contrario del testo, da essa affermato, viola una verità di fede. Quella secondo la quale bisogna credere alla inerranza assoluta del testo biblico riconosciuto dalla Chiesa, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Tale “inerranza” è stata affermata dal Tridentino e ribadita, sempre dogmaticamente, in modo ancor più preciso dal Vaticano Primo.
Assoluta perché concernente non solo le verità rivelate sulla religione e la morale ma anche i fatti storici in esso narrati. I libri sacri dei due Testamenti ammessi dalla Chiesa nel Canone, “presi integralmente in tutte le loro parti,” si considerano scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo perché hanno Dio per autore. Si deve pertanto credere che dicano il vero in tutto ciò che dicono, anche nelle parti storiche o cronachistiche. Questa verità (sempre creduta) è stata anche definita formalmente come verità di fede, deve pertanto esser creduta come dogma di fede, chi la negasse incorrerebbe nell’anatema, esplicitamente previsto dal Vaticano Primo. Trattandosi di una verità dogmaticamente definita, chi la negasse incorrerebbe pertanto in un’eresia. La sententia mostruosa di mons. Galantino nega oggettivamente il dogma dell’inerranza della Scrittura. Se Sodoma si è salvata, allora la testimonianza della sua dannazione offertaci dalla Genesi è falsa e l’autore del testo sacro ci ha ingannato! Tale negazione ha carattere oggettivo, poiché prescinde dalle intenzioni del suo autore, sulle quali nessuno può pronunciarsi; provengano esse da ignoranza del testo (per quanto poco credibile, trattandosi di un vescovo) o da proterva intenzione o da un mal riposto desiderio di apparire misericordiosi.  
La sententia scandalosa del segretario della CEI nega oggettivamente anche l’inerranza del Nuovo Testamento, in quei luoghi nei quali si riferisce a Sodoma; nei Vangeli di Matteo e Luca, nella seconda Epistola di S. Pietro: Mt 10, 15; 11, 24; Lc10, 12; 17, 28-29 e 32-33; 2 Pt 2, 6-11. Dovrebbe esser noto a tutti che la distruzione di Sodoma e Gomorra fu citata per ben tre volte da Gesù Cristo Nostro Signore quale esempio di punizione divina esemplare per tutti coloro che si ostinano nel peccato, in sfida aperta a Dio.  Citata sempre come fatto storico effettivamente avvenuto, non come mero apologo.
Nell’ammonire sul retto comportamento da tenere nell’imminenza del suo ritorno come Giudice finale, Nostro Signore fece addirittura l’esempio del castigo che colpì la moglie di Lot, la quale disobbedì al comando dell’Angelo e si volse a guardare da lontano quel luogo di peccato, come se volesse ritornarvi, almeno col cuore:  «Ricordatevi della moglie di Lot. Chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi la perderà la custodirà» (Lc 17, 32-33). (Paolo Pasqualucci)

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