IL PROBLEMA DELL’UNA CUM [Secondo S. Tommaso, Gaetano, Bañez, Billuart e Garrigou-Lagrange]
IL PROBLEMA DELL’UNA CUM
Secondo S. Tommaso, Gaetano,
Bañez, Billuart e Garrigou-Lagrange
Padre Domingo Bañez
L’eminente teologo domenicano Domingo Bañez, commentando la Somma Teologica dell’Aquinate (In IIam-IIae, q. 1, a. 10) e riprendendo l’ipotesi del suo confratello ilcardinal Tommaso de Vio detto il Gaetano (De comparatione auctoritatis Papae et Concilii, Roma, Angelicum, 1936, ed. a cura di Vincent Pollet, cc. 18-19), spiega che, se, per pura ipotesi investigativa, il Papa cadesse in eresia, resterebbe Papa. Infatti la mancanza della grazia santificante lo separerebbe dall’anima della Chiesa e la mancanza di fede dal corpo di essa, ma la giurisdizione visibile del Pontefice romano non ne verrebbe scalfita poiché essa riguarda il governo visibile della Chiesa, che è una società visibile e non può essere privata dell’autorità visibile che la governa a motivo della mancanza di grazia o di fede, i quali sono abiti soprannaturali invisibili.
Quindi, secondo il Bañez (e il Gaetano alla scuola di S. Tommaso) il Papa (ipoteticamente) eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe più parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe Capo visibile in atto quanto al governo o alla giurisdizione: “Il Papa non è Capo della Chiesa in ragione della santità o della fede perché non è così che può governare i membri della Chiesa, ma è Capo di essa in ragione dell’ufficio ministeriale, che lo rende atto a dirigere e governare la Chiesa mediante il governo esterno e visibile tramite la gerarchia ecclesiastica, che è visibile e palpabile. Quindi secondo l’influsso spirituale della grazia e della fede non è membro della Chiesa di Cristo, se non le ha; invece secondo il potere di governare e dirigere la Chiesa ne è il Capo visibile in atto” (In IIam-IIae, q. 1, a. 10, Venezia, 1587, coll. 194-196).
Charles-René Billuart
Il Billuart (1685-1757) nel suo De Incarnatione (dissert. IX, a. II, § 2, obiez. 2) riprende la tesi del Bañez e insegna che “il capo governa e il membro riceve la vita della grazia. Quindi, se il Papa cadesse in eresia, manterrebbe ancora la giurisdizione con la quale governerebbe la Chiesa, ma non riceverebbe più l’influsso della grazia santificante e della fede da Cristo Capo invisibile della Chiesa e dunque non sarebbe membro di Cristo e della Chiesa. Ora in un corpo fisico chi non è membro fisico non può esserne capo fisico, ma in un corpo morale o in una società la testa morale può sussistere senza essere membro morale di essa. Infatti un corpo fisico senza vita non sussiste e un capo fisico morto non governa il corpo fisico, mentre il capo morale di una società o corpo morale lo governa anche senza la vita spirituale o la fede” (cfr. Ch.-R. Billuart, Cursus theologiae, III pars, Venezia, 1787, pp. 66; II-II pars, Brescia, 1838, pp. 33-34, 123 e 125).
Padre Garrigou-Lagrange
Recentemente anche uno dei più grandi teologi del Novecento, padre Reginaldo Garrigou-Lagrange, nel suo trattato De Christo Salvatore (Torino, Marietti, 1946, p. 232), commentando San Tommaso (S. Th., III, qq. 1-90) e riprendendo la dottrina dei due Dottori domenicani controriformistici citati sopra, specifica che un Papa (ipoteticamente) eretico occulto resterebbe membro della Chiesa in potenza, ma non in atto, e manterrebbe la giurisdizione tramite la quale governa visibilmente la Chiesa. L’eretico pubblico invece, non sarebbe più membro della Chiesa neppure in potenza, come insegna il Bañez, ma manterrebbe il governo visibile della Chiesa. Quindi è pacifico per la sana e la più alta teologia della prima, seconda e terza scolastica (S. Tommaso, Gaetano, Bañez e Garrigou-Lagrange) che, ammesso e non concesso che il Papa cada in eresia, manterrebbe egualmente la giurisdizione e resterebbe Capo della Chiesa, pur cessando di esserne membro.
Se si trattasse di una testa fisica ciò sarebbe impossibile, ma è possibile se si tratta di un Capo morale e per di più secondario, ossia del Vicario visibile di Cristo invisibile asceso in Cielo e Capo principale della Chiesa.
La ragione è che la testa fisica di un corpo non può influire e comandare i membri del suo corpo, se ne viene separata fisicamente non ricevendo più la vita dall’anima separata dal suo capo e dal suo corpo (per esempio Tizio viene decapitato e muore, la sua anima lascia il suo corpo e la sua testa non ne dirige più, tramite il cervello, tutti gli organi), mentre un Capo morale di una società o di un ente morale (temporale come lo Stato o spirituale come la Chiesa) può esercitare la giurisdizione sull’ente morale anche se è separato per l’errore contro la fede o per il peccato dalla Chiesa e dall’influsso vitale interno e soprannaturale di Cristo. Ciò, pur essendo anormale ed eccezionale, è possibile.
Il sedevacantismo e la questione della Messa “una cum”
Si risolve così la famosa e spinosa questione della Messa celebrata “una cum Pontifice nostro N.” (Paulo VI-Francisco I). Infatti siccome il Papa ipoteticamente eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe Capo visibile quanto al governo o alla giurisdizione, secondo la migliore teologia tomistica dall’Aquinate († 1274), passando per i teologi controriformistici (XVI secolo) e per il Billuart (XVIII secolo) sino a padre Garrigou-Lagrange († 1964), allora è del tutto lecito citare nel Canone della Messa il Papa (eventualmente) eretico, che non è membro della Chiesa, ma che quanto al potere di giurisdizione ne è il Capo, dicendo, come recita il Canone: “In primis, quae tibi offerimus pro Ecclesia tua sancta catholica: quam pacificare, custodire, adunare et regere digneris toto orbe terrarum: una cum famulo tuo Papa nostro N. et Antistite nostro N./ In primo luogo ti offriamo questi doni per la tua santa Chiesa cattolica affinché ti degni pacificarla, custodirla, riunirla e governarla in tutto il mondo insieme con [una cum] il tuo servo il nostro Papa N., e con il nostro Vescovo N.”. In breve si chiede di pacificare, custodire… la Chiesa assieme al Papa e al Vescovo del luogo ove si celebra.
Conclusione
Non vi è dunque nessun peccato nel nominare nel Canon Missae il nome del Papa ritenuto, ma non provato, decaduto dal Pontificato perché ammesso e non concesso che non sia membro della Chiesa per eventuale indegnità o eresia, ne resta il Capo e il fondamento visibile quanto al governo. Quindi è lecito celebrare e assistere alla Messa “una cum” senza commettere alcun peccato mortale.
Un battezzato scellerato per vita immorale o per mancanza di fede, ma eletto canonicamente Papa non è più membro vivo o tout court della Chiesa, però ne resta il Capo (anche se indegno) quanto al potere di giurisdizione. Quindi la governa visibilmente e lo si deve nominare nel Canone della Messa senza per questo macchiarsi di peccato e sporcare la Chiesa, che è Santa quanto alla sua natura (Corpo Mistico di Cristo), al suo fine (il Cielo), alla sua origine (Dio) e ai suoi mezzi (Sacramenti, Magistero infallibile e Leggi), ma è composta di membri santi e peccatori per divina volontà. Il Papa come membro può essere un peccatore anche contro la fede, ipoteticamente potrebbe essere considerato “eretico”, ma solo in maniera puramente investigativa o dubitativa, come quando S. Tommaso d’Aquino si chiede in forma fittiziamente dubitativa “An Deus sit / Se Dio esista” (S. Th., I, q. 2, a. 3), tuttavia in entrambe i casi resterebbe Capo visibile (anche se indegno) della Chiesa quanto al governo di Essa.
Ora privare oggi, in questo mondo infernale, i fedeli della Messa tradizionale perché viene celebrata nominando nel Canone il nome del Papa regnante è un azzardo scellerato, che espone la maggior parte dei fedeli al rischio prossimo di non poter vivere in stato di grazia abitualmente, privandoli di tutti Sacramenti amministrati “una cum”.
I fedeli possono andare ad ogni Messa tradizionale (celebrata anche non “una cum”). Infatti è il Ministro che risponde a Dio delle sue scelte, mentre il fedele deve solo rispondere se ha osservato o meno il 3° Comandamento: “Ricordati di santificare le feste”.
Non dimentichiamo mai l’insegnamento dell’Angelico secondo cui “Dio non abbandona mai la sua Chiesa al punto da non poter trovare ministri sufficienti per le necessità del popolo” (S. Th., Suppl., q. 36, a. 4, ad 1).
Ora, se gli unici Sacramenti leciti fossero quelli amministrati non “una cum”, i ministri cattolici sarebbero forse un centinaio su un miliardo e mezzo di fedeli cattolici. Quindi sarebbero totalmente insufficienti per le necessità del popolo.
d. Curzio Nitoglia
13/10/2016
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