Come anticipato il
13 ottobre da Settimo Cielo, domani non sarà il cardinale Robert Sarah a
inaugurare il nuovo anno accademico del Pontificio istituto Giovanni
Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
La prolusione la terrà papa Francesco. E non si
recherà lui nella Pontificia università Lateranense, ma riceverà i membri
dell’istituto in Vaticano, nella Sala Clementina, alle ore 11.
Il clamoroso cambio di persona è stato
letto da tutti come il via ufficiale di un nuovo corso per l’istituto, più in
linea con le “aperture” di Jorge Mario Bergoglio e con la conseguente rimozione
dei non allineati.
Infatti, su non pochi docenti già incombe la spada di
Damocle del licenziamento. A norma dell’art. 5 § 2 dello statuto, i
professori ordinari, tutti di nomina pontificia e quasi tutti nominati da
Giovanni Paolo II, sono in carica ininterrottamente fino agli 80 anni, e quindi
sono inamovibili.
Ma
monsignor Vincenzo Paglia, nominato a
metà agosto da Francesco gran cancelliere dell’istituto, avrebbe già ottenuto
dal papa il via libera a cambiare lo statuto, riducendo a 5 anni o poco più il
loro mandato, come già ora avviene per i professori chiamati “corrispondenti”.
E si appresterebbe quindi a un drastico repulisti,
facendo valere come retroattiva la nuova norma.
Tra gli accademici di chiara fama che rischiano la
cacciata vi sono ad esempio l’austriaco esortazione postsinodale “Amoris
laetitia”. e l’inglese Luke Gormally, colpevoli entrambi di
aver pubblicato critiche radicali dell’esortazione postsinodale “Amoris
laetitia”.
Uno dei piu santi Cardinali: Willem Jacobus Eijk.
Qui Sua Santità Benedetto XVI lo saluta nel giorno del
Concistoro
|
Tra i cardinali docenti sono in bilico Carlo
Caffarra, che fu il primo preside dell’istituto, e Willem Jacobus
Eijk, che è metropolita di Utrecht e presidente della conferenza episcopale
olandese ma è anche medico e teologo moralista di valore, colpevoli anch’essi
di aver criticato “Amoris laetitia” e forse più ancora di aver firmato la
famosa lettera
dei tredici cardinali che fece infuriare papa Francesco all’inizio
dell’ultimo sinodo.
Pericolanti sono anche i docenti più impegnati con i
movimenti per la vita, a cominciare dalla battagliera guatemalteca-statunitense Maria Mercedes Arzu de Wilson, di cui si ricorda l’aspra polemica con
monsignor Rino Fisichella, all’epoca presidente della Pontificia accademia per
la vita, per un articolo da questi scritto su “L’Osservatore Romano” molto
comprensivo riguardo all’aborto di una madre-bambina brasiliana.
Un diverso destino, di riconferma, si prevede invece per
altri docenti sì scientificamente qualificati, ma dalle posizioni – in materia
di bioetica – non proprio conformi al magistero della Chiesa, almeno a quello
pregresso.
Appare ormai urgente che tutti i cattolici sappiano che è in atto una vera e propria apostasia. E che occorre fare riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) del 1992 |
Uno di questi è ad esempio il senese Felice
Petraglia,ginecologo ed editor-in-chief della rivista internazionale “Human
Reproduction Update“, fondata da Robert Edwards, uno dei padri della
fecondazione in provetta, e organo ufficiale della European Society of Human
Reproduction and Embryology, che sostiene la fecondazione “in vitro”, la
diagnosi e selezione genetica degli embrioni, le pillole abortive e altro
simile.
E un altro è il ginecologo francese Charles Chapron, amico
di Petraglia, membro di diverse società internazionali di ostetricia e
ginecologia anch’esse favorevoli a quanto sopra, e nonostante ciò ammesso come
membro corrispondente della Pontificia accademia per la vita, il cui presidente
è dallo scorso agosto lo stesso monsignor Paglia che è anche gran cancelliere
del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
Un escamotage al quale Paglia sta lavorando, per associare
membri di tal genere alla Pontificia accademia per la vita e per includerne
altri negli anni a venire, sarebbe quello di togliere dallo statuto quanto
previsto all’art. 5 § 4 lettera b:
“I nuovi Accademici sono invitati a sottoscrivere
l’Attestazione dei Servitori della Vita, con la quale si impegnano a promuovere
e difendere i principi circa il valore della vita e della dignità della persona
umana, interpretati in modo conforme al Magistero della Chiesa”.
Con ciò, sarebbe spianata la strada per chiamare a far parte
della Pontificia accademia per la vita anche Angelo Vescovi, molto legato a
Paglia da quando questi era vescovo di Terni e lo aiutò a insediare in città la
sede centrale di una sua creatura, la Fondazione Cellule
Staminali. Vescovi non è cattolico e partecipò alla campagna
referendaria del 2005 per difendere la legge 40, fortemente voluta dal
cardinale Camillo Ruini. Ma, a parte ciò, non ha mai brillato per la difesa
pubblica della vita umana nei circoli scientifici di cui fa parte, tra i quali
è nota la sua posizione ambigua sulle questioni delle cellule staminali
embrionali.
Come anticipato il 13 ottobre da Settimo Cielo, domani non sarà il cardinale Robert Sarah a inaugurare il nuovo anno accademico del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
La prolusione la terrà papa Francesco. E non si recherà lui nella Pontificia università Lateranense, ma riceverà i membri dell'istituto in Vaticano, nella Sala Clementina, alle ore 11.
Il clamoroso cambio di persona è stato letto da tutti come il via ufficiale di un nuovo corso per l'istituto, in linea con le "aperture" di Jorge Mario Bergoglio e sotto l'impulso del suo nuovo gran cancelliere, che da metà agosto è monsignor Vincenzo Paglia.
Intanto però, nella contigua Pontificia accademia per la vita, consegnata anch'essa dal papa alle cure di monsignor Paglia, il repulisti dei membri non allineati è già alle viste.
A norma dell'art. 5 § 2 dello statuto, i membri ordinari, tutti di nomina pontificia e quasi tutti nominati da Giovanni Paolo II, sono in carica ininterrottamente fino a 80 anni, e quindi sono inamovibili. Ma monsignor Paglia avrebbe già ottenuto dal papa il via libera a cambiare lo statuto, riducendo a 5 anni o poco più il loro mandato, come già ora avviene per i membri chiamati "corrispondenti". E si appresterebbe a far valere come retroattiva la nuova norma.
Tra gli accademici di chiara fama che rischiano la cacciata vi sono ad esempio l'austriaco Josef Maria Seifert e l'inglese Luke Gormally, colpevoli entrambi di aver pubblicato critiche radicali dell'esortazione postsinodale "Amoris laetitia".
Tra i cardinali membri sono in bilico Carlo Caffarra, che fu anche il primo preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II, e Willem Jacobus Eijk, che è arcivescovo di Utrecht e presidente della conferenza episcopale olandese ma è anche medico e teologo moralista di valore, colpevoli anch'essi di aver criticato "Amoris laetitia" e forse più ancora di aver firmato la famosa lettera dei tredici cardinali che fece infuriare papa Francesco all'inizio dell'ultimo sinodo.
Pericolanti sono anche i membri più impegnati con i movimenti per la vita, a cominciare dalla battagliera guatemalteca-statunitense Maria Mercedes Arzu de Wilson, di cui si ricorda l'aspra polemica con monsignor Rino Fisichella, all'epoca presidente della Pontificia accademia per la vita, per un articolo da questi scritto su "L'Osservatore Romano" molto comprensivo riguardo all'aborto di una madre-bambina brasiliana.
Un diverso destino, di riconferma, si prevede invece per altri membri dell'accademia sì scientificamente qualificati, ma dalle posizioni – in materia di bioetica – non proprio conformi al magistero della Chiesa, almeno a quello pregresso.
Uno di questi è ad esempio il senese Felice Petraglia, ginecologo ed editor-in-chief della rivista internazionale "Human Reproduction Update", fondata da Robert Edwards, uno dei padri della fecondazione in provetta, e organo ufficiale della European Society of Human Reproduction and Embryology, che sostiene la fecondazione "in vitro", la diagnosi e selezione genetica degli embrioni, le pillole abortive e altro simile.
E un altro è il ginecologo francese Charles Chapron, amico di Petraglia, membro di diverse società internazionali di ostetricia e ginecologia anch'esse favorevoli a quanto sopra, e nonostante ciò ammesso come membro corrispondente dell'accademia.
Un escamotage al quale Paglia sta lavorando, per associare membri di tal genere alla Pontificia accademia per la vita e per includerne altri negli anni a venire, sarebbe quello di togliere dallo statuto quanto previsto all'art. 5 § 4 lettera b:
"I nuovi Accademici sono invitati a sottoscrivere l'Attestazione dei Servitori della Vita, con la quale si impegnano a promuovere e difendere i principi circa il valore della vita e della dignità della persona umana, interpretati in modo conforme al Magistero della Chiesa”.
Con ciò, sarebbe spianata la strada per chiamare a far parte della Pontificia accademia per la vita anche Angelo Vescovi, molto legato a Paglia da quando questi era vescovo di Terni e lo aiutò a insediare in città la sede centrale di una sua creatura, la Fondazione Cellule Staminali. Vescovi non è cattolico e partecipò alla campagna referendaria del 2005 per difendere la legge 40, fortemente voluta dal cardinale Camillo Ruini. Ma, a parte ciò, non ha mai brillato per la difesa pubblica della vita umana nei circoli scientifici di cui è membro, tra i quali è nota la sua posizione ambigua sulle questioni delle cellule staminali embrionali.
Settimo Cielo
26 ott
Card. Kasper: Amoris laetitia è un cambio di paradigma nella Chiesa
Nel numero di novembre della rivista “Stimmen der zeit” (Voci del tempo), edita a Monaco, il cardinale Walter Kasper esprime alcune considerazioni sul dibattito scaturito dalla pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia.
Il punto di vista del cardinale non è secondario, soprattutto tenendo conto che tutto il dibattito sinodale è originato proprio dalla relazione che fu chiamato a tenere al concistoro “segreto” del febbraio 2014, una relazione molto discussa, ma che già conteneva in nuce molte delle “novità” presenti in Amoris laetitia. In particolare si tratta di quella che oggi il cardinale Kasper definisce «posizione olistica», cioè più attenta alla «visione dinamica della vita umana e cristiana».
Secondo questa visione le persone possono trovarsi in una situazione «non ottimale, ma solo nella loro situazione migliore possibile. Spesso», aggiunge, «dobbiamo scegliere il male minore. Nella vita vissuta non c’è solo il bianco o nero, ma molte diverse sfumature e tonalità».
Come ebbe a dire in altre occasioni, non si tratta, di un cambiamento dottrinale, ma di un «cambio di paradigma», cioè si passerebbe da un punto di vista «legislativo» ad un altro che si riferisce «all’etica della virtù di San Tommaso d’Aquino». Qui il richiamo è alla cosiddetta epikeia di stampo tomistico che proprio Kasper aveva introdotto nel dibattito con la relazione del 2014.
Nell’articolo pubblicato su “Stimmen der zeit”, Kasper ratifica e svela quello che ormai è passato alla storia. Ossia che il suo discusso punto di vista a proposito dell’interpretazione dell’epikeia, tra un sinodo e l’altro ha trovato un sostanziale accordo coagulato in quanto espresso dal circolo minore di lingua tedesca nell’assemblea dell’ottobre 2015. Infatti, è nella relazione di quel circolo minore che, scrive Kasper, «viene inserito l’accordo generale che si trova nel capitolo VIII di Amoris laetitia». Per trovare tale accordo il consenso del cardinale Christoph Schönborn emerge sempre più come fondamentale, non a caso è proprio all’arcivescovo di Vienna che lo stesso Papa Francesco ha poi assegnato il ruolo di miglior interprete di Amoris laetitia. Anche per ciò che riguarda la modalità di accompagnamento e inclusione delle coppie di divorziati risposati nella vita della Chiesa.
Secondo Kasper, la «clausola vincolate» indicata da Giovanni Paolo II ai divorziati risposati per poter accedere ai sacramenti, ossia il vivere in continenza (Cfr. Familiaris consortio n. 84), in definitiva «non è una dichiarazione dottrinale vincolante», in quanto lascerebbe «un margine di manovra» collocato «sulla tradizionale distinzione tra il peccato oggettivamente grave e il grado soggettivo di colpa». A questo punto basta confrontare le note a margine del capitolo VIII di Amoris laetitia (Cfr. n. 329 e 351) per comprendere che la visione espressa da Kasper nella relazione al concistoro 2014, di fatto, ha trovato una certa accoglienza nell’esortazione post-sinodale, nonostante le divergenze emerse nell’aula del sinodo e anche fuori.
In questo approccio il teologo tedesco arruola anche Giovanni Paolo II, dando una sua interpretazione al testo di Familiaris consortio che probabilmente non tutti condividono. Il santo papa polacco, a giudizio di Kasper, avrebbe semplicemente messo l’accento «sulla natura oggettiva delle norme etiche».
Ma «entrambi i papi”, scrive oggi Kasper, «si riferiscono alla questione del rispetto della coscienza erronea e sanno che questo spesso non è solo un errore personale, ma un errore insormontabile che è condizionato dalla mentalità sociale e culturale. (…) La coscienza di molte persone è spesso come se fosse cieca e sorda a quello che si sta cercando di presentare come un comandamento di Dio. Questa non è una giustificazione dell’errore, ma piuttosto la comprensione e la compassione per gli smarriti».
Tuttavia, Kasper dice che Amoris laetitia, nel caso specifico dell’accesso alla comunione ai divorziati risposati, non risolve in modo preciso la questione. Apre però ad un nuovo approccio. «Molto più importante», scrive, «è che l’integrazione graduale, che viene indicato come la chiave per risolvere il problema, è orientata per sua natura, per l’ammissione all’Eucaristia come la piena forma di partecipazione alla vita della Chiesa».
Una interpretazione, questa del teologo tedesco, che pare certamente in sintonia con i criteri espressi dai vescovi argentini al proposito, quelli per cui Papa Francesco ha indicato un chiaro apprezzamento.
Il cerchio dei compagni di merende inesorabilmente si allarga...
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