3219136Molti di voi in queste ore mi scrivono per complimentarsi per le analisi sulle elezioni americane, soprattutto per il fatto che il sottoscritto è stato uno dei pochissimi – a volte l’unico – a segnalare la rimonta di Trump e a non credere fino all’ultimo alla vittoria di Hillary.
Vi ringrazio, ho fatto semplicemente il mio dovere di giornalista e di osservatore di una realtà che conosco molto bene, quella americana.
A caldo a questa mattina ho pubblicato due brevi video in cui commento il risultato delle elezioni. In questo spiego perché il risultato  non è sorpresa, e in quest’altro  inizio a chiedermi che presidente sarà Trump.
Ancora una volta vado controcorrente: non mi unisco al coro dei pessimisti. Otto anni fa tutti si esaltavano per Obama e sappiamo com’è andata a finire, oggi tutti temono un’America irresponsabile ed estremista.
Ascoltate il discorso della vittoria: è già un altro Trump. Un Trump che abbandona i toni accesi e cerca il consenso, la moderazione, invita all’unità. Io ho l’impressione che sarà un presidente molto pragmatico, sia in politica estera sia riguardo le scelte economiche.
Fuori di metafora: la politica aggressiva e irresponsabile dei neoconservatori, e condivisa al 100% da Hillary, è stata disastrosa e rischiava di portarci a uno scontro frontale con la Russia di Putin. Trump ha già annunciato un cambiamento di rotta che è positivo , innanzitutto per noi europei che abbiamo bisogno di andare d’accordo con Mosca.
Ma anche in economia può riservare molte sorprese. E’ chiaro che le dinamiche innescate dalla globalizzazione vanno in qualche maniera corrette perché stanno portando all’impoverimento della classe media dei Paesi occidentali, generando disperazione e sfiducia. Occorre ristabilire un patto sociale tra le élite e il popolo, occorre dar prova di intraprendenza e di vero riformismo economico.
Trump ha l’occasione di dimostrare che i pregiudizi  nei suoi confronti sono ingiusti – o perlomeno per il momento prematuri – come lo furono nei confronti di Ronald Reagan, che per anni fu descritto come un attore fallito e un cow-boy da strapazzo. Io dico: aspettiamo prima di giudicarlo. Potrebbe sorprenderci molto positivamente.
http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/11/09/trump-vi-stupira-ancora-e-se-fosse-un-grande-presidente/


Icona rubrica

Dare i numeri su Trump. Quel che non dicono i sondaggi e gli opinionisti

di Antonio Gurrado | 09 Novembre 2016 ore 17:40

(foto LaPresse)

I sondaggi son desideri, come scrive il nostro Direttore, oppure sono opinioni. La matematica no. Mi metto dunque a fare i conti della serva per raccogliere i cocci della celebre indagine di Nate Silver, che presentava l'elettorato diviso per generi: se avessero votato solo gli uomini, Donald Trump avrebbe ottenuto 350 delegati; se avessero votato solo le donne, ne avrebbe ottenuti 80. Considerato che di fatto l'elettorato è più o meno equamente diviso fra maschietti e femminucce, Trump avrebbe dovuto ragionevolmente assestarsi a mezza strada fra i due estremi, ossia grossomodo sui 215, che era proprio quanto gli concedevano i sondaggi più accreditati. Invece all'atto pratico va per i 300. 

ARTICOLI CORRELATI Come Trump-Clinton è diventata un’epica battaglia tra sessi La corsa di Melania Trump, da modella a first lady Una lobby di donne che usa il sesso come arma per il potere: appunti per capire la lotta Trump-HillaryCom'è possibile? Non se ne esce, delle due l'una: o in America hanno votato soprattutto maschi sfaccendati, mentre signore e signorine erano troppo impegnate a salvare il mondo per trovare il tempo di presentarsi al seggio. Oppure, a cinquant'anni dai versi di "Daddy", sotto sotto ha ancora ragione Sylvia Plath: ogni donna ama un trumpista.

http://www.ilfoglio.it/bandiera-bianca/2016/11/09/donald-trump-sondaggi-donne___1-vr-150836-rubriche_c736.htm

E ti svegli una mattina…


di Paolo Maria Filipazzi

Ti versi il caffè nella tua cucina, mentre la televisione, accesa su non sai bene quale canale, emette quel suo ronzio di sottofondo del quale anche tu, con tutta la tua antimodernità, sei purtroppo un po’ drogato. Su non sai bene quale canale sta andando in onda non sai bene quale trasmissione in cui non sai bene quale odiosissima giornalista radical- chic (ovviamente non potrebbe non esserlo, chi la farebbe lavorare?) sta, come sempre accade, farneticando. Appena apri meglio gli occhi, fra uno sbadiglio e l’altro, ti accorgi che sembra notevolmente stressata, anzi, sembra a malapena contenersi dal fare una figura barbina analoga a quella che fece Beppe Severgnini la sera dopo la Brexit…

Oltre al solito “razzismo” (ripetuto decine di volte) la tizia sta sfoderando tutto il lessico tipico dell’isteria di sinistra: ad un certo punto salta fuori “segregazionismo”. Poi, ecco che sfodera addiritura “sudismo”! Non paga, ribadisce: il mondo è spaccato tra chi vuole la “cooperazione internazionale” e chi, invece, segue “un’ideologia sudista”! (!?)

Ebbene si, baby, sta succedendo davvero: Donald Trump ha vinto ed ora, complice una giornata a casa dal lavoro, puoi goderti il piacere dell’isteria collettiva della marmaglia giornalistica. Giovanna Botteri sull’orlo del suicidio, Maria Luisa Rossi Hawkings che forse dovrà farsi assistere da un bravo psicologo per superare il trauma, l’intera redazione di Rai News 24 smarrita. Solo Mentana, da uomo di mondo, sembra sottilmente divertito anche se non può dirlo ma, mentre affetta stupore per la “sopresa”, dagli occhi traspare la voglia di sghignazzare…

Passano le ore: i mercati finanziari in deliquio, Hollande che non sa più cosa fare, Schultz che starà forse cercando qualcosa di appuntito per darsi all’autolesionismo in privato, la Merkel che ha già iniziato a dimagrire. Renzi, caruccio, non si è nemmeno accorto, intelligente com’è, della portata di quanto è successo e, dobbiamo riconoscerglielo, la sua insipienza in questo frangente si rivela un vantaggio, dato che è quello che da un’impressione meno sconvolta di sè.

Domani cosa succederà? Non lo sai. Magari Trump sarà una cocente delusione o forse no. 
Una sola cosa è certa: oggi le forze del mondo tremano di paura, di fronte al volere dei popoli.
Godiamocela.
http://www.campariedemaistre.com/2016/11/e-ti-svegli-una-mattina.html

*

Perché la vittoria di Trump cambierà (e in meglio) i rapporti tra Russia e Stati Uniti

Perché la vittoria di Trump cambierà (e in meglio) i rapporti tra Russia e Stati Uniti


di Eugenio Cipolla 

Che qualcosa sia già cambiato nell’aria e soprattutto nei rapporti tra Russia e Stati Uniti, nonostante l’elezione di Donald Trump sia stata ufficializzata solo da qualche ora, lo si è capito quasi subito, non appena il Cremlino ha diramato la nota di congratulazioni al tycoon newyorkese da parte del presidente russo, Vladimir Putin. Per carità, nelle scorse settimane la Russia aveva fatto sapere di essere pronta a collaborare con qualunque candidato avesse vinto, ma le parole utilizzate da Putin per congratularsi con il suo nuovo omologo sono significative di come la temperatura rovente nelle relazioni tra i due paesi possa presto abbassarsi.

Putin, ha fatto sapere il servizio stampa del Cremlino, ha detto di sperare «in un lavoro comune per l’uscita dalla crisi delle relazioni russo-americane, nonché nell’affrontare le questioni pressanti dell’agenda internazionale e nella ricerca di risposte efficaci alle sfide della sicurezza globale». Tradotto significa che a Mosca ora, con il nuovo corso politico guidato da Trump, ci si aspetta una sterzata decisa alle trattative sulla situazione in Siria e in est Ucraina e sul comportamento di Washington nei confronti della Russia, molto freddo con sin dall’avvento dell’amministrazione Obama. Su quest’ultimo punto Putin ha espresso fiducia nel fatto che venga avviata «la costruzione di un dialogo costruttivo tra Mosca e Washington, un dialogo che si basi sui principi di uguaglianza, rispetto reciproco, nell’interesse dei popoli dei propri paesi e della comunità internazionale».

Ma cosa cambierà veramente nei rapporti tra Russia e Stati Uniti? Ci sarà davvero una svolta e la fine delle guerra fredda 2.0 avviata da Obama? La domanda, ovviamente, in queste ore se la stanno ponendo un po’ tutti, analisti politici in primis. E, ancor più ovviamente, dare una risposta certa non è possibile, perché predire il futuro, come ci hanno dimostrato i sondaggisti americani, è pressoché impossibile. Tuttavia, se Donald Trump sarà coerente con quanto detto in campagna elettorale, nei primi dodici mesi della sua amministrazione potremmo vedere già significativi cambiamenti. Anzitutto in Siria e Ucraina.

La situazione in territorio siriano e le tensioni degli ultimi mesi sono arcinote. Durante i vari dibattiti e comizi elettorali, Trump ha sempre attaccato la Clinton, addossandole la responsabilità per quanto sta accadendo ad Aleppo. «Guardate Aleppo – aveva detto il 20 ottobre, nel corso del terzo e ultimo dibattito televisivo - è così triste quello che sta succedendo. E molto di questo è colpa di Hillary Clinton. Perché questo è quello che è successo contrastando Assad, che si è dimostrato molto più duro di quello che lei pensasse». Verso il presidente siriano Trump non ha mia nascosto un certo grado di stima.
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-perch_la_vittoria_di_trump_cambier_e_in_meglio_i_rapporti_tra_russia_e_stati_uniti/82_17797/
Come già abbiamo scritto per le precedenti elezioni americane, una cosa è il significato sociale del risultato elettorale, un'altra è il significato politico del medesimo.
In altre parole, l'elezione di un determinato presidente ci indica sempre la "temperatura mentale" della popolazione americana, indipendentemente da quelle che saranno poi (o che non saranno) le conseguenze politiche di quell'elezione.
Quando vinse Barack Obama scrivemmo che il segnale primario di quell'elezione era che l'America fosse finalmente pronta ad eleggere un nero alla Casa Bianca. Un grande passo evolutivo, nella breve storia di questa nazione, indipendentemente da ciò che poi il nuovo presidente sarebbe o non sarebbe riuscito a fare.
La vittoria odierna di Trump può essere letta con gli stessi parametri: ci dice sostanzialmente che l'America di oggi si ribella ad un sistema politico ormai palesemente marcio, indipendentemente da quello che poi farà o non farà Donald Trump dall'ufficio ovale della Casa Bianca.
Quella di oggi infatti non è tanto una vittoria di Trump, quanto piuttosto la sconfitta di un enorme apparato di gestione del potere, il cui strumento principale sono in media asserviti, e il cui scopo ultimo è quello di permettere ad una oligarchia di controllare un'intera nazione tramite il velo ingannevole della "democrazia".
Oggi tutto questo sembra vacillare di fronte ad una reazione di tipo istintivo e irrazionale nella parte più "ignorante" della popolazione. È il famoso "contadino dell'Oklahoma" (che corrisponde bene o male al nostro "pastore lucano"), che ha capito con la pancia che il sistema lo stava ingannando, e sempre con la pancia ha scelto di combatterlo con l'unica arma che aveva a disposizione: il candidato "antisistema".
Questo risultato travolgente è stato paradossalmente aiutato da una candidata, Hillary Clinton, che è riuscita a concentrare sulla propria persona tutto il peggio dell'attuale sistema politico: corruzione, arroganza, prevaricazione, menzogna reiterata, prepotenza e collusione; il tutto perpetrato pacchianamente alla luce del sole.
Qui si chiude in qualche modo la lettura sociale di questa elezione, e si apre invece quella più prettamente politica.
Come abbiamo già detto in precedenza, se avesse vinto Trump, il sistema politico si sarebbe immediatamente messo in moto per cercare di metabolizzalo e farlo diventare uno di loro. Già ci sono riusciti in parte, mettendogli accanto il fintamente pacato Mike Pence.
E se questo non dovesse bastare, potete stare certi che entro pochi mesi (e probabilmente prima ancora dell'insediamento effettivo del 20 gennaio) l'America si troverà a fronteggiare un evento di tipo "terroristico" molto simile a quello dell'11 settembre.
Abbiamo infatti davanti due mesi di assoluto vuoto politico, nei quali il presidente in carica Obama non ha più nemmeno l'autorità per incollare un francobollo, mentre lo stesso Parlamento si prepara a cedere la maggioranza assoluta al partito repubblicano.
E con una "supermajority" [*] come questa non saranno certo i neoconservatori del complesso militare-industriale a farsi sfuggire l'occasione per lanciare definitivamente il loro sogno di "nuovo secolo americano" già dall'alba del 21 di gennaio prossimo.
Teneteli d'occhio da vicino, i vari Bolton, Cheney, Rowe e tutti gli altri della vecchia guardia neocons, perchè qualunque cosa esca dalle loro bocche nelle prossime ore sarà destinato ad avverarsi, probabilmente in tempi molto brevi.
Massimo Mazzucco
[*] Per super-maggioranza si intende quando un solo partito controlla contemporaneamente la presidenza e i due bracci del Parlamento. In questo caso infatti può far passare speditamente tutte le leggi che vuole, senza dover temere una reale resistenza da parte dell'opposizione.