Confusione nel mondo, che si è progressivamente staccato da Gesù Cristo; ma ciò che fa più male, confusione tra i cristiani, nella misura in cui si sono adeguati al mondo.
E la confusione fa male e stanca. Nella confusione non è possibile per l'uomo nessun lavoro, perché l'uomo confuso è incapace di un lavoro. Può fare episodicamente cose buone e cose cattive, ma non può fare un lavoro.
I tempi di confusione sono i tempi dell'uomo “episodico”.
Intendiamoci bene, non tutto è male nel mondo e soprattutto non tutto è male nella Chiesa, questo non lo diremo mai! Ma la confusione è un male in sé: il buono nella confusione non esprime compiutamente un bene... e nella confusione tante cose buone potrebbero esprimersi in un male.
La confusione è come un clima che tutto avvolge; è uno stato d'animo, una condizione mentale e morale, che tutto rende passeggero. La confusione impedisce la stabilità.
L'uomo instabile ha bisogno di essere intrattenuto continuamente, per non cadere nell'angoscia del suo nulla.
Il problema è che, a furia di vivere nella confusione, incominci ad adattarti ad essa. Ciò che ti dava fastidio, diventa la condizione della tua vita, l'orizzonte costante del tuo vivere. Con il tempo addirittura la credi normale questa continua instabilità.
Chi ama sottolineare la “vita” la cerca. Molti credono che “vivere” voglia dire cambiare continuamente; essere “vitali” vuol dire, per molti, fare cose nuove. Sentirsi vivi viene fatto coincidere con non avere legami per essere sempre pronti ad una nuova esperienza.
È così forte l'instabile clima della confusione, che moltissimi ci restano dentro, anche tra quelli che vogliono dirsi cristiani e magari tradizionali.
Sì, anche tra i tradizionali: cerchi per istinto il cristianesimo di sempre, quello della Tradizione, e dopo vuoi viverlo senza troppi legami, per assaporarne al suo interno tutte le esperienze possibili; e così non costruisci nulla!
Insomma, chi fa consistere tutto nel “vitale” pensa che la confusione sia positiva; chi fa consistere tutto nel riferimento a Dio e alla Rivelazione, cerca invece la stabilità.
È l'inganno dei tempi di confusione: prendi la confusione dilagante come alibi per non impegnarti fino in fondo.
Cosa fare allora nei tempi di confusione? Cosa chiederci in questa bufera?
Intanto ricordare che Dio chiede la stabilità: la vita è vocazione. Dio chiama ad abbracciare lo stato di vita dentro il quale crescere nell'unione con Lui, dentro il quale diventare santi. Diventare preti, entrare in convento, sposarsi comporta una stabilità che, secondo il mondo senza Dio, toglie libertà; ma è in questi vincoli vocazionali che Dio dona l'unica vera libertà che è vivere di Lui.
E vuol dire ricordare che Dio per primo si è “legato” a una stabilità umana quando è diventato uomo per la nostra salvezza, nascendo a Betlemme. E dentro questo vincolarsi all'umano stabile, si è compiuta la nostra salvezza.
Ecco perché dobbiamo fuggire lo smodato desiderio di libertà come contrario, proprio contrario al metodo di Dio. Carissimi, è su questo che può sorgere o crollare una vita.
Così la vita cristiana si sviluppa nell'accettazione della stabilità e questa accettazione produce un modo di muoversi.
Per queste ragioni riteniamo che sia estremamente importante eleggere un luogo di riferimento, un luogo che abbia la vita dentro; e a quel luogo fare obbedienza.
La Chiesa è il mistico corpo di Cristo, ma è un corpo! È visibile, incontrabile. La grazia di Dio passa dentro i luoghi dove la vita cristiana si esprime con stabilità, come passa attraverso i segni esterni dei sacramenti.
Come non sarebbe cattolico pretendere la grazia sottraendosi ai segni fisici dei sacramenti, così sarebbe non cattolico vivere la Chiesa come puro riferimento virtuale, senza un legame a un luogo umano reale.
La Tradizione non è solo un contenuto di Dottrina, che rimane a livello di discorso, è anche un luogo fisico, dove la dottrina è vissuta nella grazia di Cristo. Chi si accosta ai sacramenti nelle nostre chiese e cappelle, che per miracolo sono concesse alla Tradizione della Chiesa, non dovrebbe mai dimenticarlo: questi sacramenti ci sono perché in quel dato luogo si vive la stabilità per Dio.
Non fidiamoci dei discorsi che abbracciano tutto e costruiscono niente. Non fidiamoci del mondo virtuale (internet) che ci ha diseducato provocandoci a stare alla finestra giudicando tutto e vivendo niente: preghiamo il Signore perché ci indichi un riferimento possibile; e il Signore, che è fedele, ci farà riconoscere il “nostro” luogo della grazia. Ma quando il Signore ce lo avrà fatto incontrare, allora dopo poniamo sinceramente la nostra obbedienza, perché la nostra vita lì sia edificata.
Nessun tempo di crisi può essere alibi perché non si faccia questa obbedienza. Nessuna confusione può essere alibi per noi, a meno che la confusione ci piaccia ormai per non seguire niente e nessuno. Ma chi non segue niente e nessuno, non può dire di seguire Cristo. Il riferimento a Cristo passa sempre nel riferimento a quel corpo visibile che è la Chiesa.
E se proprio dobbiamo seguire le notizie e commenti su internet, che ha pur il merito di informare sulla Tradizione della Chiesa e di suscitarne un dibattito, ascoltiamo coloro che non scrivono solo, ma coloro che hanno un reale riferimento di obbedienza a un luogo ecclesiale, coloro che vivono realmente la corporeità della Chiesa, con stabilità.
Non è a caso che i nemici della tradizione, dopo il motu proprio di Benedetto XVI che dichiarava la messa antica mai abolita, hanno fatto di tutto perché le messe tradizionali fossero episodiche e non stabili. E hanno fatto di tutto perché mai queste messe fossero sorrette da luoghi stabili di dottrina e vita cristiana: noi stiamo ancora attendendo dopo 8 anni la promessa parrocchia personale!
La cosa triste è che col passare del tempo tanti amanti la Tradizione questa stabilità non la chiedono più, né nella preghiera a Dio né nella dovuta fatica della militanza anche in rapporto all'autorità.
È invece la grazia più grande che dobbiamo chiedere in questi tempi difficili e insidiosi di confusione: la grazia di non amarla questa confusione per farla poi diventare l'arma della disobbedienza. Ad Oropa, fedeli a un voto, abbiamo domandato soprattutto questo.
PER I TEMPI DI CONFUSIONE E INCERTEZZA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 11 - Novembre 2016
http://radicatinellafede.blogspot.it/2016/10/per-i-tempi-di-confusione-e-incertezza.html
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Riceviamo e pubblichiamo questa email che abbiamo ricevuto nel tardo pomeriggio da un nostro lettore altrettanto scandalizzato quanto noi.
Carissimi amici,
aderisco molto volentieri alla vostra iniziativa #NoLutero. Spero lo facciano anche tutti quei cattolici che, come il sottoscritto, hanno dovuto assistere allo spettacolo grottesco di un papa che ha omaggiato il re di tutti gli eretici e degli apostati, Martin Lutero, giustificandone la rivoluzione!
No, non parlo per sentito dire, né mi sono fatto influenzare dai mass-media: ho visto il video integrale della “celebrazione ecumenista” e ri-letto il testo ufficiale del Vescovo di Roma. Allego, inoltre, una foto che vale più di mille parole: lo stesso Vescovo di Roma, che per la prima volta da quando è stato eletto, ha indossato oltre alla stola anche la cotta, accanto ad una “vescovessa luterana” in camice e stola (vedi foto).
Tre papi, prima di quello attuale (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), hanno rifiutato, negli incontri ecumenici, di avere accanto “sacerdotesse”; ma ovviamente papa Francesco no, lui deve sempre rimarcare la sua singolarità nel governare la Chiesa. Non è una cosa di poco conto: è un fatto devastante per la Dottrina cattolica sul sacerdozio ministeriale, che dev’essere solo maschile. Infatti, così la famiglia è stata distrutta allo stesso modo, con delle piccole — grandi — aperture. Pensiamo al divorzio: era stato detto che si sarebbe trattato di pochissimi “casi pietosi”, invece le eccezioni sono diventate la regola. Quando si apre la porta alla casuistica e alla contestualizzazione delle situazioni, si arriva a giustificare qualunque cosa, persino le depravazioni dottrinali, morali e liturgiche.
Per la prima volta nella storia, un papa ha “celebrato” con un’arcivescova — l’ha salutata proprio così (“Ringrazio l’arcivescova“)… Beh, cosa può impedire allora che si arrivi — in un futuro prossimo — alle pretesse cattoliche! Sappiamo che Giovanni Paolo II ha voluto chiudere la faccenda, spiegando il Non possumus della Chiesa, ma certe immagini, dicevamo, valgono più di mille parole, aprendo scenari inquietanti. Del resto, non sarebbe la prima volta che papa Francesco si pone, più o meno ufficiosamente, in netto contrasto con il suo illustre predecessore, come nel caso della morale coniugale. Ma cosa lo ha canonizzata a fare, per prenderlo — e prenderci — in giro?
Come se non bastasse, l’arcivescova in questione, è una convinta sostenitrice della contraccezione, dell’aborto e dell’eutanasia, nonché delle unioni dello stesso sesso, celebrandole personalmente. Eppure il papa regnante (in cotta e stola, cosa che non farebbe mai un rito cattolico) si è presentato in un rito accanto a lei — ed altri — addirittura facendo assieme una benedizione (nella foto)!
Hanno infatti “benedetto” un’orrenda croce con cui comincerebbe la “nuova evangelizzazione comune” dei cattolici con i luterani “per le periferie del mondo”. Mi spiace, ma il sottoscritto rigetta, rifiuta, questo falso ecumenismo!
Il 31 ottobre è davvero la notte del diavolo…
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Roma ha perduto la fede?
Riceviamo e pubblichiamo questa email che abbiamo ricevuto nel tardo pomeriggio da un nostro lettore altrettanto scandalizzato quanto noi.
Carissimi amici,
aderisco molto volentieri alla vostra iniziativa #NoLutero. Spero lo facciano anche tutti quei cattolici che, come il sottoscritto, hanno dovuto assistere allo spettacolo grottesco di un papa che ha omaggiato il re di tutti gli eretici e degli apostati, Martin Lutero, giustificandone la rivoluzione!
No, non parlo per sentito dire, né mi sono fatto influenzare dai mass-media: ho visto il video integrale della “celebrazione ecumenista” e ri-letto il testo ufficiale del Vescovo di Roma. Allego, inoltre, una foto che vale più di mille parole: lo stesso Vescovo di Roma, che per la prima volta da quando è stato eletto, ha indossato oltre alla stola anche la cotta, accanto ad una “vescovessa luterana” in camice e stola (vedi foto).
Tre papi, prima di quello attuale (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), hanno rifiutato, negli incontri ecumenici, di avere accanto “sacerdotesse”; ma ovviamente papa Francesco no, lui deve sempre rimarcare la sua singolarità nel governare la Chiesa. Non è una cosa di poco conto: è un fatto devastante per la Dottrina cattolica sul sacerdozio ministeriale, che dev’essere solo maschile. Infatti, così la famiglia è stata distrutta allo stesso modo, con delle piccole — grandi — aperture. Pensiamo al divorzio: era stato detto che si sarebbe trattato di pochissimi “casi pietosi”, invece le eccezioni sono diventate la regola. Quando si apre la porta alla casuistica e alla contestualizzazione delle situazioni, si arriva a giustificare qualunque cosa, persino le depravazioni dottrinali, morali e liturgiche.
Per la prima volta nella storia, un papa ha “celebrato” con un’arcivescova — l’ha salutata proprio così (“Ringrazio l’arcivescova“)… Beh, cosa può impedire allora che si arrivi — in un futuro prossimo — alle pretesse cattoliche! Sappiamo che Giovanni Paolo II ha voluto chiudere la faccenda, spiegando il Non possumus della Chiesa, ma certe immagini, dicevamo, valgono più di mille parole, aprendo scenari inquietanti. Del resto, non sarebbe la prima volta che papa Francesco si pone, più o meno ufficiosamente, in netto contrasto con il suo illustre predecessore, come nel caso della morale coniugale. Ma cosa lo ha canonizzata a fare, per prenderlo — e prenderci — in giro?
Come se non bastasse, l’arcivescova in questione, è una convinta sostenitrice della contraccezione, dell’aborto e dell’eutanasia, nonché delle unioni dello stesso sesso, celebrandole personalmente. Eppure il papa regnante (in cotta e stola, cosa che non farebbe mai un rito cattolico) si è presentato in un rito accanto a lei — ed altri — addirittura facendo assieme una benedizione (nella foto)!
Hanno infatti “benedetto” un’orrenda croce con cui comincerebbe la “nuova evangelizzazione comune” dei cattolici con i luterani “per le periferie del mondo”. Mi spiace, ma il sottoscritto rigetta, rifiuta, questo falso ecumenismo!
Il 31 ottobre è davvero la notte del diavolo…
E-mail firmata
https://lecronachedibabele.wordpress.com/2016/10/31/roma-ha-perduto-la-fede/Il Papa: "No all'ordinazione delle donne"
"Distinguere tra profugo e migrante, serve prudenza più che paura", ha detto Francesco
di Matteo Matzuzzi | 01 Novembre 2016 ore 18:19
Papa Francesco è rientrato a Roma dopo il viaggio apostolico in Svezia (LaPresse)
Roma. "Sulle donne ordinate, l'ultima parola è chiara ed è stata quella data da Giovanni Paolo II. E questa rimane". Francesco mette la parola fine all'annosa questione sulla possibilità di vedere prima o poi una donna ricevere l'ordine sacro. L'ha fatto parlando con i giornalisti durante il volo di ritorno dalla Svezia, dove s'è recato per commemorare i cinquecento anni della Riforma luterana: "La dichiarazione di san Giovanni Paolo II va in questa linea", ha ribadito prima di soffermarsi a parlare della secolarizzazione, che a giudizio del Papa di certo non è una fatalità: "Io non credo nelle fatalità. E' un processo. Benedetto XVI ha parlato tanto e chiaramente di questo. Quando la fede diventa tiepida è perché si indebolisce la chiesa. I tempi più secolarizzati sono quelli della mondanizzazione e in tempi di secolarizzazione c'è qualche debolezza nell'evangelizzazione". Ma, ed è questo il punto sul quale il Pontefice si è soffermato, "c'è un altro processo" che si concretizza "quando l'uomo si sente tanto padrone della cultura ricevuta da Dio che comincia a fare lui il creatore di un'altra cultura, ma propria, e occupa il posto di Dio creatore". Francesco ha difeso l'idea di una "sana laicità, la sana autonomia delle scienze, del pensiero e della politica". Altra cosa, invece, "è un laicismo come quello che ci ha lasciato in eredità l'Illuminismo".
ARTICOLI CORRELATI Donne diacono, sono più le chiusure che le aperture del Papa Il Papa apre alle donne diacono, "utile avere una commissione" Onore a San Lutero Sessualità e donne sacerdote. Anglicani e cattolici dialogano ma restano "seri ostacoli"Impossibile non parlare del dramma migranti che attanaglia ormai da tempo l'Europa: "La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza, non solo nel ricevere, ma anche nell'integrare, nel cercare subito casa, scuola e lavoro. integrare un popolo. Si deve distinguere tra migrante e rifugiato. Il migrante – ha detto il Papa – deve essere trattato con certe regole, migrare è un diritto molto regolato. Il rifugiato, invece, viene da una situazione di guerra, fame, angoscia terribile. Un rifugiato ha bisogno di più cura, lavoro. Fare imparare la lingua, integrare nella cultura. Non bisogna spaventarsi per l'integrazione delle culture, perché l'Europa è stata fatta con un'integrazione continua delle culture".
Sui paesi che chiudono le frontiere, il Papa ha detto: "Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. Ma c'è anche la prudenza dei governanti che credo debbano essere molto aperti nel riceverli, ma anche fare un calcolo di come poterli sistemare. Perché un rifugiato non va solo accolto, ma va integrato. Se un paese ha una capacità di integrazione, faccia quanto può. Se ha di più, faccia di può, ma sempre con il cuore aperto. Non è umano chiudere le porte e il cuore, alla lunga si paga, anche politicamente, come anche si paga un'imprudenza nei calcoli, nel ricevere più di quelli che si possono integrare".
Il pericolo, ha chiosato Francesco, è che il rifugiato o migrante non integrato "si ghettizza". Serve prudenza più che paura, ha aggiunto il Papa, che ha anche spiegato la ragione dell'udienza concessa al presidente venezuelano Nicolas Maduro: "Veniva dal medio oriente e faceva uno scalo tecnico a Roma. Quando un presidente chiede, lo si riceve".
Repubblica.it
(Roberto Toscano) L' INCONTRO di papa Francesco a Lund, in Svezia, con la Federazione luterana mondiale - un incontro di dialogo e di preghiera comune - potrebbe essere visto semplicemente come un passo in più nel cammino ecumenico iniziato da papa Giovanni XXIII con il Concilio Vaticano II e continuato con i suoi successori. Si tratterebbe però di un' interpretazione riduttiva che non ci permetterebbe di cogliere a pieno il senso profondo della svolta che papa Bergoglio sta imprimendo al cammino bimillenario della Chiesa cattolica.
È VERO infatti che l' impegno ecumenico dei pontefici procede lungo una serie di documenti (pensiamo in particolare all' enciclica di papa Wojtyla Ut unum sint), incontri, gesti di accoglienza e accettazione, appelli non solo alla tolleranza ma alla fraternità - ma il viaggio di papa Francesco in Svezia segna un importante salto di qualità e soprattutto conferma, al di là della dimensione ecumenica, il suo coerente disegno di riforma. Riforma, appunto. Lo scorso giugno, in una conversazione con i giornalisti sull' aereo che lo riportava a Roma dopo il viaggio in Armenia, il Papa aveva definito Lutero «un riformatore che protestava contro corruzione, mondanità, attaccamento ai soldi e al potere». In un' intervista rilasciata alla rivista dei gesuiti svedesi alla vigilia del viaggio in Svezia, Bergoglio aveva confermato questa valutazione, preannunciando che a Lund avrebbe fatto qualcosa di più che abbracciare i luterani come fratelli separati. Non solo infatti papa Francesco ha ribadito che «all' inizio quello di Lutero era un gesto di riforma in un momento difficile per la Chiesa», ma ha aggiunto che Lutero «ha fatto un grande passo per mettere le parole di Dio nelle mani del popolo». Non si tratta quindi soltanto di individuare le radici della Riforma nel rigetto della corruzione del costume ecclesiastico, a partire dal vergognoso mercato delle indulgenze, ma di andare oltre la semplice protesta riconoscendo il valore di uno degli aspetti centrali della Riforma luterana: la presa di posizione a favore della diffusione della conoscenza diretta dei Vangeli (resa possibile dalla diffusione della stampa) da parte dei fedeli. Un riconoscimento che è nello stesso tempo un' autocritica, se si pensa quanto a lungo la Chiesa cattolica si oppose alla lettura dei testi sacri senza il proprio filtro e la propria mediazione opponendosi anche alle loro traduzioni dal latino. A Lund papa Bergoglio è andato anche oltre, non solo deplorando - nella dichiarazione congiunta - «il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l' unità visibile della Chiesa», ma esprimendo gratitudine «per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma». Non sorprende, di fronte alla radicalità di queste posizioni, che all' interno della Chiesa non manchino le perplessità, anche ai più alti livelli della gerarchia cattolica. È di solo un anno fa la dichiarazione di Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (quello che una volta si chiamava Sant' Uffizio): «Noi cattolici non abbiamo alcun motivo di festeggiare l' inizio della Riforma che portò allo scisma della cristianità occidentale ». Ma Bergoglio non festeggia la rottura. Si focalizza invece sulle ragioni della rottura, e lo fa con quello sforzo di obiettività e quella disponibilità all' autocritica in assenza della quale qualsiasi dialogo, compreso quello ecumenico, si riduce a un esercizio bene intenzionato ma superficiale. Il riconoscimento, cinquecento anni dopo la rottura dell' unità del cristianesimo occidentale, dei valori insiti nella Riforma non significa certo, per il Papa, la rinuncia alla funzione della Chiesa e al mandato del successore di Pietro. Non siamo in presenza di un "papa protestante" ma di un pontefice che, proprio perché consapevole del danno della divisione, sa che essa potrà davvero essere superata non con la riaffermazione di un' autoreferenzialità sia religiosa che culturale, ma con la consapevolezza del fatto che alla radice della frattura ci sono anche proprie colpe e proprie carenze, soprattutto l' incapacità di venire incontro alle permanenti esigenze di rinnovamento. Quella di Lutero fu in effetti una rivoluzione prodotta dall' incapacità della Chiesa di riformarsi: in altri termini, la Riforma protestante si può considerare come conseguenza del rifiuto di una riforma da parte della Chiesa cattolica. L' unità non solo del cristianesimo, ma della cristianità occidentale - scongiurando una rottura che ebbe come conseguenza le guerre di religione che a lungo insanguinarono l' Europa - avrebbe infatti potuto essere preservata se avesse prevalso la spinta al rinnovamento che prima di Lutero fu promossa all' interno della Chiesa da pensatori come Erasmo da Rotterdam. Erasmo cercava di conciliare la modernità (all' epoca, quella di un Rinascimento radicato nella humanitas classica) con la pietas cristiana; si opponeva alla guerra e alla pena di morte; denunciava la concezione di una religione ridotta alle pratiche esterne e non fondata su virtù come l' umiltà, il perdono e la compassione; attaccava con passione le prevaricazioni dei forti contro i deboli; esaltava la virtù della tolleranza; denunciava il decadimento morale e la ricchezza del clero. Venne accusato - non a torto - di aver posto le basi intellettuali della Riforma, ma visse e morì da cattolico, difendendo come istituzione una Chiesa che pure criticava aspramente per le sue mancanze e i vizi del suo clero. Non seguì Lutero, pur rispettandolo, per una fondamentale ragione teologica: la difesa del libero arbitrio contro la concezione luterana della insignificanza della volontà umana di fronte alla volontà di Dio e alla sua imperscrutabile grazia, ma anche perché si ritrasse di fronte alla prospettiva di una spaccatura dalle prevedibili atroci conseguenze. E si tratta anche di una differenza di temperamenti e di visioni generali anche al di là del dato teologico: lo scambio epistolare fra Erasmo e Lutero costituisce uno dei più straordinari documenti del perenne confronto fra riformisti e rivoluzionari. Non sembra oggi azzardato definire "erasmiana" la visione che della Chiesa ha papa Francesco, con il suo rifiuto della guerra, l' accento sulla misericordia, l' indignazione nei confronti dei "mercanti nel tempio" e dell' effetto inquinante che il denaro può avere sulla stessa Chiesa. Ma il dialogo di papa Francesco con i luterani va visto anche sotto un altro aspetto, quello della assoluta necessità per papa Bergoglio di scindere l' empio, scandaloso legame fra religione e violenza. Oggi si parla di Islam e della minaccia che le sue versioni violente e integriste proiettano non solo sul Medio Oriente ma anche a livello globale, ma sarebbe assurdo da parte nostra dimenticare i gradi di disumana ferocia messi in atto in Europa per oltre un secolo sotto i vessilli di opposte interpretazioni dello stesso messaggio religioso, quello cristiano. Si può certamente ritenere che accelerando i tempi del riavvicinamento con i luterani Bergoglio intenda avviare una ricomposizione della comunità cristiana (sulla base - lo ha precisato - della preghiera congiunta e del comune impegno umanitario piuttosto che di una convergenza teologica e liturgica) ma anche dimostrare che non vi è alcun motivo per ritenere inevitabile che la diversità religiosa implichi mutuo disconoscimento, disprezzo, rifiuto, violenza. E che il metodo del dialogo e del riconoscimento dell' Altro, per quanto inconciliabili appaiano le rispettive posizioni, vale sempre. Si conferma così che per papa Bergoglio riforma interna e visione del ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo sono profondamente legate. Esse si ispirano entrambe a una visione sostanzialmente ottimista dell' umanità e alla necessità di respingere nello stesso tempo la sterile chiusura nella conservazione e la strada, spesso violenta, della rottura rivoluzionaria e di impegnarsi nel paziente cammino di una costante riforma. Nel rendere omaggio al valore dell' originario intento di rinnovamento che ispirò Lutero, papa Francesco ha sintetizzato quella che è la sua convinzione più profonda: Ecclesia est semper renovanda.
(a cura Redazione "Il sismografo")
(Luis Badilla - ©copyright) E' vero, e va ricordato per primo, che le conferenze stampa del Papa sull'aereo quando rientra in Vaticano da un viaggio all'estero, sono momenti delicati e complessi nonostante - come lo abbiamo visto moltissime volte - la grande generosità e disponibilità del Papa. Nell'organizzazione di questi momenti rientrano diversi parametri: tempo disponibile, condizione del volo, trattamento speciale per i giornalisti del Paese visitato (che sovente fanno per primo due domande), divisione delle domande fra gli operatori inviati di altre lingue (inglese, francese, spagnolo e portoghese) ...
Non ci sfugge quindi che questi incontri del Santo Padre con i giornalisti, tra 60 e 70, non sono facili da gestire anche perché diversi fattori fanno capo a persone differenti. Si tenga conto, almeno per un'informazione completa, che poi c'è la tensione e la fatica dei giornalisti che devono trascrivere le risposte registrate in poche ore. Da tempo ormai, due o tre ore dopo l'arrivo a Roma, i giornalisti sono in grado di offrire, come oggi, il testo completo delle risposte del Papa.
Tutto ciò però non c'entra con una realtà che comincia a ripetersi troppo spesso e riguarda le domande poste al Papa. Non sono le domande migliori, quelle che il lettore o l'opinione pubblica si aspetta per conoscere il pensiero del Papa. Spesso sono domande già fatte in viaggi precedenti, o domande poco legate con le inquietudini più pressanti dei lettori. A volte è evidente l'interesse di porre al Santo Padre questioni che consentano titoli squilli o casi mediatici. Moltissime domande attese da grande parte dell’opinione pubblica semplicemente non si fanno e al loro posto si interpella il Pontefice su cose minori o d'interesse ridotto.
Insomma, negli ultimi viaggi, anche se si tiene conto delle caratteristiche di questi incontri, le domande poste al Papa sono state in buona misura occasioni perse.
Chi non sarà d'accordo con questa nostra modesta opinione, e saranno molti, provi a trovare una spiegazione solida e convincente sul fatto che oggi tra le sette domande poste a Papa Francesco non ce n'è neanche una indirizzata specificamente al bilancio di quanto è accaduto a Lund e Malmö eppure quasi tutti hanno parlato di un evento storico con la "s" maiuscola. Sull’aereo di ritorno l’evento storico purtroppo è scomparso!
Un ennesimo scandalo di fronte al quale non si può tacere di don Pierpaolo Maria Petrucci
Domenica 30 ottobre una elevata scossa di terremoto distruggeva la basilica edificata a Norcia sulla casa natale di San Benedetto, lasciandone in piedi soltanto la facciata.
Le foto che manifestano questo triste evento sono emblematiche e simboliche di un’Europa cristiana, di cui S. Benedetto è il patrono, ma che rinnega le sue radici. Lo sono ancora di più di una chiesa che si sta svuotando dei suoi contenuti, nascondendo le macerie dietro un’apparenza mediatica che non può ingannare chi ama la Sposa di Cristo e ne conosce la dottrina e la storia.
La visita di Papa Francesco in Svezia per commemorare il 500° anniversario della rivolta di Lutero che causò con i suoi errori la perdita di migliaia di anime e provocò guerre che misero per anni l’Europa a ferro e fuoco ne è un’ultima lampante conferma.
Come si può affermare di essere “profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma”, ringraziando Dio per questo, come è avvenuto nella liturgia ecumenica di Lund? Come si può dire che “luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa”1 senza tradire la propria fede?
Ringraziare Dio per la diffusione dell'eresia equivale ad attribuire a Dio stesso il male, con atto propriamente blasfemo.
Di fronte a questo ennesimo scandalo non si può tacere, sopratutto se si ha un ruolo di spicco nella gerarchia ecclesiastica, perché chi tace acconsente e si fa complice.
1 - Dichiarazione congiunta fra cattolici e luterani: http://it.radiovaticana.va/news/2016/10/31/firmata_a_lund_la_dichiarazione_congiunta_testo_integrale/1269137
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