Nel 2003 monsignor Domenico Sorrentino fu nominato segretario della congregazione vaticana per il culto divino, mentre cerimoniere delle celebrazioni liturgiche del Papa era mons. Piero Marini. Figura di spicco della commissione per la liturgia della conferenza episcopale italiana, monsignor Sorrentino nel 2005, con Ratzinger da poco nominato papa, fu trasferito ad Assisi quale vescovo della diocesi umbra. Poco tempo dopo, nel 2007, mons. Piero Marini venne “promosso” a capo del Pontificio comitato per i Congressi eucaristici e al suo posto, come cerimoniere pontificio, venne nominato l'altro Marini, mons. Guido, che è ancora al suo posto.
Furono in molti a intravedere in queste due sostituzioni una scelta precisa di papa Benedetto XVI, ma ora, sia Sorrentino, che Piero Marini, rientrano in gioco grazie ad una numerosissima messe di nomine che li vede tra i 27 nuovi membri della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti guidata oggi dal cardinale africano Robert Sarah.
Nel 2003 al posto di Sorrentino venne nominato l'attuale arcivescovo di Colombo, il cardinale Malcolm Ranjith, decisamente più vicino alla sensibilità liturgica dell'attuale papa emerito, costituendo così un'accoppiata considerata molto “ratzingeriana” insieme all'allora prefetto al Culto Divino, il cardinale Antonio Cañizares Llovera. Lo stesso si può dire della nomina a cerimoniere di monsignor Guido Marini.
«Il Santo Padre», scriveva Ranjith nella prefazione ad un libro sulla “riforma della riforma” liturgica, «mentre apprezza il cammino genuino della riforma postconciliare, attraverso i suoi scritti (...), e i suoi gesti, richiama la Chiesa ad una profonda riscoperta della liturgia cercando di arricchirla anche con il recupero del contenuto e della forme tradizionali ad esse intimamente legate». Nel 2007 era stato emanato il Motu proprio Summorum pontificum che, di fatto, riportava alla luce del sole la cosiddetta messa in latino, quella del Messale romano del 1962 (proprio in questi giorni ha avuto luogo a Roma il V pellegrinaggio internazionale dei fedeli legati a quel Motu proprio).
In molti ambienti ecclesiali la sensibilità liturgica di papa Ratzinger ha incontrato notevoli resistenze, non solo per il già ricordato Motu proprio, ma più in generale per il suo approccio teso a superare certe fughe in avanti che hanno preso le mosse dalla riforma liturgica post-conciliare. In Italia, tanto per fare un esempio, le forti influenze degli ispiratori della riforma liturgica, in particolare mons. Annibale Bugnini e il cardinale Giacomo Lercaro, hanno fatto sentire il loro peso per la nomina dei membri delle commissioni liturgiche dei vescovi italiani nel corso di questi decenni. Mons. Piero Marini, per esempio, è noto per essere stato allievo e stretto collaboratore di monsignor Bugnini, e fu chiamato in Vaticano proprio dal grande “regista” della riforma liturgica post-conciliare.
La sensibilità di papa Benedetto XVI per una riforma della riforma liturgica è stata mostrata in più occasioni anche dall'attuale prefetto al Culto divino, il cardinale Sarah. Recentemente, nel libro appena uscito in Francia La force du silence,il cardinale ha ribadito il suggerimento per un orientamento della liturgia versus Orientem, cioè con sacerdote e fedeli insieme rivolti al Signore; inoltre ha sottolineato che la “riforma della riforma”, a Dio piacendo, «si farà». Mostrando così una certa insistenza sul tema, nonostante questa estate fosse stato oggetto di un solerte intervento della Sala Stampa vaticana che riprendeva il prefetto a proposito di una conferenza da lui tenuta a Londra, e in cui ribadiva proprio questi concetti.
Con la nuova messe di membri appartenenti alla congregazione del Culto divino il cardinale Sarah sembra essere ancora più solo nel portare avanti questa sensibilità liturgica. Infatti, le nuove nomine, oltre ai nomi di mons. Sorrentino e mons. Piero Marini, offrono altri spunti particolarmente interessanti. C'è il cardinale neozelandese John Dew, ad esempio, già membro di nomina pontificia al doppio sinodo sulla famiglia, noto per le sue posizioni per l'accesso ai sacramenti delle coppie di divorziati risposati. Poi vi sono i cardinali Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e Beniamino Stella, Prefetto per la Congregazione del Clero e, nome di assoluto peso, il cardinale Segretario di Stato Piero Parolin. Poi c'è il vescovo Arthur John Serratelli (Paterson, Usa), che in qualità di presidente della commissione del Culto divino della conferenza episcopale Usa, questa estate ha firmato una lettera inviata a tutti i vescovi in cui rimarcava il contenuto del comunicato stampa di padre Federico Lombardi che stigmatizzava le dichiarazioni di Sarah in quel di Londra.
Il francese Bernard-Nicolas Aubertin, vescovo di Tours e già presidente della Conferenza episcopale d'oltralpe, ha avuto una sorta di braccio di ferro con la Congregazione presieduta da Sarah a proposito della corretta traduzione del Messale dal latino al francese. Molte altre nomine seguono la logica di una maggiore rappresentanza delle periferie, vi sono, infatti, membri dall'Ecuador, dalla Norvegia, Congo, Pakistan, Corea, Burkina Faso.
Perdono, invece, il loro posto in qualità di membri del Culto divino i cardinali George Pell, Angelo Bagnasco, Marc Ouellet, Angelo Scola, Raymond Burke, Mauro Piacenza e Malcom Ranjit.
31-10-2016
"Non è accettabile che mentre dei cristiani muoiono per la loro fedeltà a Gesù, in Occidente degli uomini di Chiesa discettino per ridurre al minimo le esigenze del Vangelo"
RispondiElimina(card. Sarah, Prefetto del Culto Divino)