Alcune considerazioni sulla lettera di Papa Francesco “Misericordia e pace”
Oggi, 21 novembre 2016, a conclusione dell’anno giubilare è stata pubblicata la lettera di Papa Francesco “Misericordia e pace.” Inutile invocare le lauree e le specializzazioni in diritto canonico, in teologia o in altre discipline per avere il diritto di commentarla. Infatti è rivolta a tutti, a ciascuno di noi per ciò che può riguardarlo, e visto che pratico la religione cattolica da molti decenni e la mia preparazione dottrinale è sufficiente a farmene capire i significati, anche ai sensi del n. 907 del nostro Catechismo, mi permetto di commentarla.
Scritta bene, a una prima lettura sembra molto convincente e rassicurante. Certamente si leveranno lodi da parte dei catto-progressisti e soprattutto da parte di chi, trascinando la sua vita nel peccato e non avendo alcuna intenzione di cambiarla, si racconta la favola che tanto “Dio perdona sempre.”
E’ l’atteggiamento che, insieme ai primi rudimenti religiosi, ci avevano insegnato da subito a non assumere, perché il perdono di Dio, prima ancora che dalla confessione, passa dal nostro sincero pentimento e dal “fermo proposito di non peccare più”. E tale principio non può cancellarlo nessuno, nemmeno il Sommo Pontefice.
Che poi, per la debolezza umana, in certi peccati comuni si ricada spesso è un altro discorso: in quei casi, sotto la guida di un saggio direttore spirituale, vanno rafforzate le Virtù attraverso la pratica dei Sacramenti e della preghiera e si chiede allo Spirito Santo di vivificare in noi il dono della Fortezza. L’esperienza dimostra che, di fronte alla ferma volontà di non commettere più un determinato peccato, la Misericordia divina interviene in nostro soccorso aiutandoci a superare quelle tentazioni e a fare in modo che non vi cadiamo più.
Ma tutto questo, che è ordinario cammino di fede, nella lettera non compare, né ci sono accenni alla necessità di sfuggire il peccato per ottenere la salvezza dell’anima.
A sostegno delle argomentazioni svolte nel documento papale, sono riportate le parole di Gesù all’adultera: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”, frase centrale e sostanziale della lettera, da cui partono tutte le successive considerazioni e giustificazione della Misericordia di Dio.
Chiariamo che Gesù ha comunque espresso un giudizio sulla peccatrice, infatti il suo non condannarla non implica il giustificarla ma solo la presa d’atto del suo pentimento. Però il “va’ e d’ora in poi non peccare più” è perentorio e intrinsecamente connesso al perdono concesso.
Non bisogna mai dimenticare che Gesù è anche Dio e perciò conosceva il segreto dei cuori, quindi sapeva benissimo la situazione spirituale di quella donna in quel momento e anche che in futuro si sarebbe astenuta dal ricommettere lo stesso peccato. Ecco perché la perdona e le intima di non ricadere nello stesso errore.
Similmente fu per Zaccheo, tanto citato a sproposito in quest’ultimo anno: l’uomo era attratto da Gesù, lo cercava, aveva l’animo aperto ai suoi insegnamenti, voleva cambiare la sua vita e sicuramente l’avrà cambiata.
Invece la lettera, che prende spunto dalle parole di S. Agostino riguardo all’episodio dell’adultera, Misericordia et misera, non accenna minimamente alle disposizioni indispensabili per ottenere non solo il perdono di Dio ma anche l’assoluzione sacramentale.
Anzi, la confessione viene dequalificata al punto da ridurla a un mero atto “burocratico”, come unica condizione per l’accesso all’eucarestia, alla stregua di una biglietteria presso cui si acquista il diritto di assistere a un evento o, in questo caso, per partecipare a un banchetto con prenotazione obbligatoria.
Infatti nella lettera si legge: “Dio è misericordioso (cfr Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (cfr Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita”.
Per la seconda volta, dopo la Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, viene citato il Vecchio Testamento omettendo la buona novella nientemeno che del Magnificat, che recita: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono”.
Il testo è tradotto dal latino, in cui il verbo usato è proprio timere e, per chi conosce tale lingua, regge il ne quando si teme una cosa non voluta e in questo caso significa “temono di offenderlo, di dispiacergli, che venga meno il suo amore per loro…”
Quindi per la Madonna e per il Vangelo la Misericordia di Dio è condizionata all’amarlo, al rispettarlo e all’ubbidirgli. Tutti ne hanno diritto, sicuro, ma tutti coloro che, nel senso suddetto, temono Dio: “Sono tre volte santo e il più piccolo peccato mi fa orrore”, ha detto Gesù a Sr. Faustina Kowalska.
E’ notorio che i cattolici sono in assoluto i più ignoranti della propria religione, infatti statistiche sia laiche che religiose condotte su sedicenti credenti indicano intorno all’85% coloro che non conoscono le Sacre Scritture, e di quel 15% rimanente forse solo il cinque per cento ha letto anche il Vecchio Testamento.
Perfetto sconosciuto, persino alla maggioranza dei presbiteri, è poi il Magistero, come pure il riassuntivo Catechismo della Chiesa cattolica, che frequentemente rimane intonso nelle scarne librerie dei cosiddetti cattolici.
Perciò ha buon gioco chi, a dimostrazione delle proprie tesi, cita solo alcuni passi delle Scritture omettendo di proposito tutto ciò che è in contrario.
E sicuramente deve essere un caso se sull’home page del sito della santa Sede, dove al centro una volta campeggiava la Bibbia, questa oggi è nascosta sotto la generica definizione di Testi Fondamentali, posizionati in basso a destra, nella penultima riga degli argomenti.
A fronte di tanta gratuita e obbligante, per Nostro Signore, Misericordia, vogliamo invece ricordare quante volte nel Vangelo Gesù nomina il fuoco della Geenna? Undici volte. O il luogo in cui i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti? Sette volte.
Ma Papa Francesco confida che l’Inferno sia vuoto, perché, dice: “Da quel che ne sappiamo c’è solo Lucifero.” Però non chiarisce mai che fine abbia fatto l’altro ladrone.
E speriamo di non finirci anche noi all’Inferno, credendo ciecamente in un Dio che non condanna nessuno e abolisce completamente la giustizia in favore della misericordia.
Paola de Lillo
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ABORTO: INDULGENZA DELLA CHIESA
Aborto, diritti negati e indulgenza della Chiesa. Un genocidio silenzioso che non indigna i sacerdoti del politicamente corretto. Il peccato è una concezione superata da abolire ? Ora chi si farà carico del diritto del nascituro ?
di Cinzia Palmacci
Mentre in Italia siamo distratti dalla campagna referendaria per evitare il genocidio della nostra Costituzione, un genocidio piu' silenzioso si consuma nell'indifferenza generale e colpevole di una società che di umano conserva ormai solo una parvenza. Stiamo parlando dell'aborto, dell'uccisione deliberata e consapevole di migliaia di vite umane innocenti. Ma quello che piu' indigna, è che questo omicidio volontario da reato è diventato un diritto irrinunciabile della donna: il diritto di uccidere un altro essere umano. E chi si fa carico del diritto del nascituro?
ALLE ORIGINI DEL GENOCIDIO
Raphael Lemkin (avvocato Ebreo-Polacco), è stato il primo a coniare, nel 1943, il termine “genocidio” per descrivere l’operato del partito Nazista nei confronti del suo popolo. Nel 1948, le Nazioni Unite ufficializzarono il termine per descrivere tutti i crimini internazionali di grossa scala. Il Webster’s New World Encyclopedia definisce il genocidio come: “Una serie di atti designati alla distruzione, in toto o in parte, di un gruppo di persone” (Webster’s New World Encyclopedia, Prentice Hall General Reference, 1992). Tale definizione, in senso lato, non può che confermare il pensiero che l’aborto sia, infatti, un “genocidio di massa”. L’aborto è un chiaro esempio di crimine preventivato e programmato contro gli innocenti (200.000 aborti ogni anno solo in Italia). L’aborto mira a un gruppo specifico: “I bimbi indesiderati”, la soluzione finale e la distruzione dei nascituri prima che diventino un “problema sociale”. L’aborto come l’olocausto è un fenomeno che tende a disumanizzare tutti quelli che sono un ostacolo al “progresso sociale”. Persone scomode per il nostro modo di vivere “moderno” ed egoista. Quelli che si ritengono pro-aborto si sentono spesso offesi quando il termine genocidio viene comparato all’aborto. E’ facile condannare i crimini che sono ormai lontani (geograficamente o temporalmente), è molto più difficile quando il crimine è dietro la porta. Quelli che sostengono l’aborto s’infuriano quando esso viene comparato all’olocausto argomentando che il feto non è una persona vera. La stessa ideologia che Hitler usò per distruggere gli Ebrei. Se non possiamo comparare le atrocità del passato con quelle presenti, significa che la storia è rimasta vana e non ci sta insegnando a vivere in un modo migliore.
Dati preoccupanti sono stati diffusi dal periodico “Lancet”: l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima 56 milioni di aborti ogni anno, in aumento di 6 milioni rispetto ai dati rilevati negli ultimi decenni del novecento. Un genocidio silenzioso che non indigna i sacerdoti del politicamente corretto. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e il Guttmacher Institute statunitense hanno condotto una ricerca sul numero degli aborti nel mondo dalla quale emergono dati impressionanti. Lo studio, pubblicato su “Lancet”, autorevole e prestigiosa rivista scientifica di ambito medico, registra che nel periodo tra il 2010 e il 2014 sarebbero circa 56 milioni i casi di interruzione di gravidanza, cifre drammaticamente in crescita. 56 milioni di aborti ogni anno, significano 153.424 interruzioni di gravidanza praticate ogni giorno, 6.392 ogni ora e 106 al minuto. Un genocidio silenzioso che difficilmente indigna le manifestazioni o fiaccolate del politicamente corretto. Secondo gli autori dello studio i paesi occidentali registrano un sempre maggiore numero di interruzioni di gravidanza, poiché il desiderio delle famiglie sarebbe quello di essere meno numerose, mentre diminuiscono in quelli in via di sviluppo. La soluzione auspicata dagli autori a conclusione dell’analisi sarebbe l’aumento dei contraccettivi, unica via per evitare gravidanze indesiderate, e una sempre più maggiore libertà di ricorrere all’aborto. Tra i dati che sono emersi dal documento il caso dell’America Latina è quello che desta più preoccupazioni. Fin dagli anni ’90, momento dal quale è stato monitorato l’andamento degli aborti nel mondo presso i suddetti organismi, il vertiginoso aumento di interruzioni di gravidanza è pari al 32%, con un incremento di circa il 10% rispetto agli anni novanta. Tra i paesi più interessati troviamo il Brasile, da qualche mese anche teatro di forti pressioni proprio dell’Oms per quanto riguarda la liberalizzazione dell’aborto e della contraccezione come risposta alle gravidanze colpite dal virus zika. A proposito di questo virus, trasmesso da sempre dalle zanzare, e solo da poco "scoperto" pericoloso in gravidanza, ci sarebbe da aprire un'altra parentesi. Ma magari in altra sede.
LA PIAGA DELL'ABORTO NEL MONDO
Nonostante l'abolizione della politica del figlio unico, la Cina registra ancora un numero elevato di aborti ogni anno. Le stime si aggirano intorno ai 23 milioni, quasi la metà dei dati a livello mondiale. «La Commissione per la salute della popolazione nazionale e la pianificazione delle famiglie cinese ha calcolato che 13 milioni di donne abortiscono ogni anno. Un’altra notizia diffusa dai mezzi di informazione ufficiali ha riportato almeno altri 10 milioni di aborti chimici praticati all’interno di strutture non governative. Mancano invece le statistiche sulla percentuale degli aborti forzati», spiega un rapporto del Dipartimento di Stato americano, citato in un articolo del settimanale Tempi firmato da Benedetta Frigerio. Il partito comunista cinese è accusato di pratiche disumane come sterilizzazioni e aborti forzati.
In Gran Bretagna il numero degli aborti praticati dalle ragazze con meno di venti anni ha superato il 42,4%. Gli altri dati raccolti riguardano il numero dei concepimenti nelle ragazze sotto i sedici anni (7.586) e la percentuale di questi che si sono conclusi con un aborto, ben i due terzi. Non solo. la percentuale delle interruzioni di gravidanza è passata dal 52 al 61,5%. Tale rapporto costituisce una ulteriore conferma del fatto che l’utilizzo del profilattico e degli altri mezzi anticoncezionali, lungi dal costituire un deterrente contro le gravidanze indesiderate e gli aborti ne aumentano significativamente il numero. Di conseguenza, i rapporti sessuali illeciti aumentano soprattutto tra gli adolescenti e con essi la possibilità per le ragazze di rimanere incinte e dunque di ricorrere all’aborto. Dunque, se le istituzioni intendono veramente porre un freno alla deriva etica e morale (con gravi ripercussioni per l’intera economia, basti pensare ai disastrosi effetti su di essa della denatalità) in atto è necessario che seguano l’unica vera strada praticabile e cioè la via del Vangelo, la via della Verità.
In Italia invece, dai dati pubblicati su “Lancet”, emerge che il tasso di aborti è di 9 ogni mille donne in un gap di età tra i 15 e i 44: molto al di sotto della media europea che è di circa 21 aborti ogni mille donne. In Italia, nel pieno silenzio, ogni giorno viene ucciso un bambino ogni 5 minuti e mezzo direttamente nel grembo della propria madre. Stiamo parlando della pratica dell’aborto, di quel genocidio legalizzato in Italia nel 1978 con la famosa legge 194 e che ha già mietuto quasi 6 milioni di vittime solo nel nostro Paese.
LA POSIZIONE DELLA CHIESA DI PAPA FRANCESCO
Dopo aver snocciolato numeri e percentuali impressionanti sull'aborto, suona stridente la posizione indulgente della Chiesa che a molti è apparsa eccessiva e inappropriata. Una Chiesa misericordiosa verso tutti, con un Papa che abbatte muri e barriere superando perfino le prescrizioni previste dal codice di diritto canonico, e che concede la possibilità a tutti i sacerdoti, e non solo ai vescovi come finora stabilito, di assolvere le donne che hanno praticato l’aborto e che, pentite, decidono di confessarsi. Papa Francesco ponendo il primato della misericordia avanti a tutto, rischia di far passare in secondo piano il principio della difesa della vita umana. Come previsto dal diritto canonico, il procurato aborto prevede la scomunica lata e sententiae per la donna, per chi la induce ad abortire e per chi pratica o coopera all’aborto. Il peccato, secondo la norma, non può essere assolto da tutti i confessori, ma soltanto dal vescovo o da alcuni sacerdoti da lui delegati. La decisione rappresenta “un segno di estensione della manifestazione di misericordia in termini più accessibili e disponibili da parte della Chiesa e non è un’attenuazione del senso di gravità del peccato” e “non vuole essere in alcun modo un minimizzare la gravità della cosa”. Ma giustificazioni a parte, quando una tale larga indulgenza verso un peccato muove proprio dalla Chiesa, chiunque può ritenersi automaticamente meritevole di perdono, anche in caso di reiterazione del comportamento moralmente discutibile, perdendo progressivamente il senso e la coscienza di essere in peccato. Una polemica condivisa da molti in ambito cattolico; una politica quella di Bergoglio che starebbe facendo perdere nei fedeli il “senso del peccato” almeno secondo le tesi degli osservatori più tradizionalisti. Insomma sempre più spesso si fa riferimento al Gesù misericordioso che ha perdonato la donna adultera e i pubblicani, preferendo la compagnia dei pubblici peccatori ai farisei e agli ipocriti del tempo; sempre più spesso però ci si dimentica di come, dopo il perdono, Gesù abbia posto la condizione di“non peccare più”. E come ricordava papa Giovanni XXIII è sempre necessario distinguere il peccato dal peccatore, perché mentre il secondo va compreso e accolto, nessun compromesso può mai esistere nei confronti del peccato. La storia ci insegna che gli uomini hanno una grande capacità di abusare di altri uomini. Quando ciò accade, si parla di “crimini contro l’umanità”. Essi in genere si riferiscono ad atrocità su larga scala commesse sempre verso persone innocenti. Tali crimini non sono accidentali o a caso, ma il risultato di una strategia brutale, specifica e pianificata, e l’assenza, di fronte ad un eccessivo spirito misericordioso della Chiesa, di una forte ed esplicita condanna del peccato, è giunta a far ritenere, erroneamente, che il peccato sia quasi una concezione culturale superata e da abolire.
Cinzia Palmacci
ABORTO, DIRITTI NEGATI E INDULGENZA DELLA CHIESA
di Cinzia Palmacci
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