ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 13 dicembre 2016

Clac si gira e si comprano

Cattorottamati, scelgono il disonore, perdono la poltrona
Caro direttore,
“Mi sono posto il problema della controfirma a questa legge (lo ha fatto anche Leone) ma se mi rifiutassi non solo apriremmo una crisi appena dopo aver cominciato a turare le falle, ma oltre a subire la legge sull’aborto la Dc perderebbe anche la presidenza e sarebbe davvero più grave”. Scriveva così Giulio Andreotti sul proprio diario personale nei giorni in cui l'Italia introduceva l'aborto gratuito di Stato nel maggio del 1978. Era il governo Andreotti quater, sarebbe caduto il 20 marzo 1979 per essere sostituito dal quinto governo Andreotti che durerà appena quattro mesi e mezzo. Per subire ciò che riteneva una cosa grave, la perdita della presidenza, la Democrazia Cristiana non dovrà attendere molto; il 28 giugno 1981 nascerà il governo del repubblicano Spadolini. La legge 194 che si avvicina a contare sei milioni di aborti porta in calce la firma di soli politici cattolici.
Ora che Renzi è caduto con gran fragore, ho ripensato a questi fatti vedendo in televisione un Angelino Alfano perdere con una certa facilità la propria compostezza.
Il 30 gennaio 2016 a Roma una folla di famiglie manifestava contro le unioni civili riempendo il Circo Massimo. Poco prima il portavoce del comitato organizzatore Difendiamo i Nostri Figli aveva incontrato il ministro dell'interno del governo Renzi nonché segretario del Nuovo Centro Destra Angelino Alfano. Vista la determinazione di Renzi a porre la fiducia pur di approvare la legge, Gandolfini chiese al cattolico Alfano di bloccare la legge, non aveva da fare altro che applicare in politica uno dei tre principi non negoziabili, la difesa della famiglia. Alfano disse a parole di essere col Family Day, ma mentre lo diceva sapeva bene che l'unica cosa da fare era fare cadere Renzi e tuttavia questa era anche l'unica cosa che Alfano e Lupi non erano disposti a fare.
In effetti, oltre-Tevere, il concetto di principi non negoziabili era stato messo in soffitta e il nuovo corso CEI non mostrava certo di minacciare ostacoli alle unioni civili, perché dunque Angelino avrebbe dovuto in prima persona fare cadere il governo? Massimo Gandolfini, pur non essendo politico, è uomo ben equipaggiato di neuroni e a questa domanda offrì spontaneamente ed in anticipo la risposta dicendo ad Alfano: "Guardi, se lei fa cadere la Cirinnà per quel popolo in piazza lei sarà un eroe". Sarebbe stato inevitabile, alla poltrona Alfano avrebbe mostrato di preferire la propria fede e ciò in cui diceva di credere e si sarebbe trovato ad essere il leader di un partito con i voti almeno raddoppiati. Ma Angelino è un segretario imbattibile a dimezzare i voti che si ritrova, a moltiplicarli invece fa molta più fatica. E così avvenne che in una notte Alfano e Lupi tradirono le famiglie e cedettero su tutta la linea, accettarono di votare la fiducia sulle unioni civili sbandierando lo stralcio della stepchild adoption e la mancanza di obbligo di fedeltà come un vessillo di vittoria credendo di gabbare così i pro-Family. Ma la leadership e il popolo del Family day capirono subito di essere stati pugnalati.
Dopo appena nove mesi, legandosi mani e piedi a Renzi, trasformando il Nuovo Centro Destra, di fatto, in un nuovo centro sinistra, Alfano ha perso il referendum, il governo e subìto due scissioni in sequenza, la prima delle quali da parte di Quagliariello, Roccella, Giovanardi, Pagano. È indicativo di come questi, nonostante abbiano abbandonato la comoda maggioranza pur di non tradire la famiglia e rimanere fedeli all'impegno richiesto loro dal palco dei Family Day, siano oggi indicati come "i soliti politici" da qualche interessato che, fino a pochi mesi fa, li accreditava come amici della famiglia, accomunandoli invece oggi in maniera indecentemente mendace ai politici che la legge l'hanno votata.
Ora Little Angel & Maurice ricevono anche il ciaone di chi semplicemente abbandona la nave che affonda lasciandoli a dirigere un partito che si può riunire tutto in una sala da ballo di periferia con la prospettiva politica di aspiranti Follini. In cabina elettorale le famiglie del Circo Massimo, educate dagli uomini e donne del comitato guidato da Massimo Gandolfini che hanno solcato tutta l'Italia in centinaia di conferenze, hanno mantenuto la promessa e si sono ricordati di Renzi e della sua corte. Mission accomplished, Renzi è giù ed Alfano è ancora più giù. Come prima di loro Andreotti e gli altri politici cattolici che controfirmarono la legge sull'aborto. Parafrasando Winston Churchill, Angelino Alfano, Maurizio Lupi, Valentina Castaldini, Lucio Romano, Edoardo Patriarca, Laura Bianconi e tutti i cattolici che hanno consentito col loro voto la demolizione finale del concetto stesso di matrimonio, potevano scegliere tra la poltrona e il disonore; hanno scelto il disonore, hanno perso anche la poltrona.
di Renzo Puccetti 12-12-2016
Fedeli, una fanatica del gender all'Istruzione E adesso mettiamo in salvo i nostri figli
E dopo Stefania Giannini ecco che il neo-premier Paolo Gentiloni ha nominato la senatrice PD Valeria Fedeli come nuova inquilina del Ministero dell’Istruzione. Nata a Treviglio (Bg) nel 1949, negli anni universitari, come lei stessa racconta, “ho incontrato il movimento studentesco, il femminismo e poi la Cgil”. Successivamente inizia “l’attività sindacale nel Consiglio dei delegati del Comune di Milano, in rappresentanza delle insegnanti di scuola materna”. Poi il suo impegno con la Cgil la porta a Roma, prima nel pubblico impiego e quindi nel settore tessile, settore in cui ricoprirà incarichi di livello europeo. Nel 2012 diventa vice Presidente Nazionale di Federconsumatori. Come lei stessa ama precisare, nel suo impegno sindacale si è sempre battuta “per il superamento delle disuguaglianze di genere”. E’ stata eletta come capolista PD al Senato in Toscana ed infine è stata nominata vicepresidente del Senato con funzione vicaria.
In breve, il curriculum perfetto per ricoprire il ruolo di Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca. Non trovate? 
Ma sarà poi vero che la Fedeli è così incompetente? Dipende da quali requisiti quelli del Pd stavano cercando per il successore della Giannini. In realtà il profilo della Fedeli calza a pennello se teniamo conto della strategia ideologica di Renzi & Co. 
Infatti la senatrice Pd è la prima firmataria del Disegno di legge n. 1680 dal titolo “Introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università” del 18 novembre 2014 (clicca qui).
In esso si legge che occorre “superare gli stereotipi di genere” e puntare sulla “promozione del rispetto delle identità di genere”, soprattutto intervenendo nei contenuti dei libri di testo. A tal proposito il Ddl richiama all’art. 5 il progetto Polite teso a diffondere, inter alia,  tra i bambini racconti e fiabe che promuovono l’omosessualità
Come avevamo già avuto modo di sottolineare (clicca qui), “prima facie il disegno di legge sembrerebbe che riguardi unicamente la valorizzazione del ruolo della donna nella società e la tutela del principio di uguaglianza al di là delle differenze di sesso”. Ma l’apparenza inganna, infatti nella Relazione introduttiva all’articolato di legge si può leggere che relativamente ai giovani è necessario «incoraggiarli a intraprendere percorsi di studi e professionali superando visioni tradizionali che tendano a individuarli come tipicamente “maschili” o “femminili”».

Il commento che facevamo allora è ancor oggi valido: “In realtà, operando così si eliminano quelle differenze proprie del maschio e della femmina – che nella terminologia gender si chiamano ‘differenze di genere’ – le quali invece si vorrebbero tutelare e mettere in risalto. Si sbianchettano le peculiarità dell’uomo e della donna perché ritenute errori grossolani compiuti da una certa cultura maschilista che a oggi non ha ancora imparato il nuovo alfabeto e la nuova sintassi del sessualmente corretto”.
E’ in tale prospettiva di neutralità sessuale dove il maschile e il femminile sono aspetti meramente accessori dei bambini e dei ragazzi che deve essere letta la finalità del Ddl indicata dall’art. 1 comma 2: “eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza e sopprimere gli ostacoli che limitano di fatto la complementarità tra i sessi nella società”. Tradotto: fare tabula rasa delle differenze sessuali.
Il Ddl infatti aggiungeva che è urgente arrivare alla «decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l'auto-apprendimento della e nella complessità». Cioè a dire che il maschile e il femminile sono costrutti sociali, stratificazioni culturali artificiose – non di certo dati di natura -  che ormai sanno di muffa. Il nuovo che avanza è l’autodeterminazione di genere: se sei biologicamente maschio, ma ti senti donna, allora comportati da donna. Perché se non fai così, aggiungeva la stessa Fedeli a commento del Ddl, vivrai in una “identità costretta, in ruoli già definiti delle persone in base al sesso di appartenenza”. Ecco questo in soldoni ciò che secondo le Fedeli occorre insegnare ai bambini a scuola. Inoltre il Ddl prevedeva in merito alla teoria del gender corsi obbligatori per gli insegnanti e insegnamenti altrettanto obbligatori nelle università.
Il Disegno di legge non diventò mai legge, ma la Fedeli non si rammaricò più di tanto del temporaneo fallimento. Infatti in una conferenza ammise che il suo Ddl ormai era diventato inutile, dato che tutte le sue finalità erano confluite nella legge sulla Buona scuola della Giannini.
Però mai dire mai. Ora che è diventata lei ministro può essere benissimo che quel Ddl venga tirato fuori dal cassetto in fretta e furia prima delle elezioni. In questa prospettiva la nomina della Fedeli pare proprio essere una rivalsa, un atto di vendetta contro il popolo dei Family Day che di certo ha avuto un suo peso nell’affossare il governo Renzi. Un colpo di coda per regalare agli studenti qualche altra leggina letale per la famiglia. E dunque siamo costretti ad ammettere che la senatrice Pd è in realtà persona adattissima per questi scopi, per nulla incompetente.
Chiudendo con un gioco di parole, potremmo concludere: “Fedeli all’istruzione e fedeli alla distruzione della famiglia”.
di Tommaso Scandroglio13-12-2016
Fondere Comunione e Liberazione con Azione Cattolica: ecco l'obbiettivo dei grandi giocatori del Piccolo Chimico.
Non è una boutade da blog. Insisto: assicuro che non è complottismo da sagrestia, questi fanno sul serio. E i vertici di CL non solo ne sono perfettamente al corrente, ma addirittura collaborano senza scrupolo né vergogna - a cominciare da don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL, da qualche anno tutto preso dal sacro furore di convertire il movimento al "dialogo" e di contrapporre la "testimonianza" alla "militanza".
Tale chimera - mostruoso amplesso forzato tra l'obesa e dispeptica CL e la perennemente putrescente AC - meriterebbe forse di chiamarsi “CLAC, la claque delle parrocchie”, comatose proporzionalmente al loro trasformarsi in circoli ricreativi per gente che ha tempo da perdere. Wag the dog, àgitalo tu il cane defunto per far sembrare che sia ancora capace di scodinzolare. CL ha esattamente tutto ciò che manca all'AC: forze, disciplina, entusiasmo, organizzazione, presenza in università e nel mondo del lavoro, politici, soldi, gente...
Li ha almeno in teoria. I mal di pancia ciellini crescono proporzionalmente al patetico appiattire CL sulle cretinate che per interi decenni in CL erano state immancabile oggetto di motteggi, barzellette e sberleffi: l'Azione Cattolica, l'esser succubi alla lobby gay, la fissazione sul "dialogo", l'ossessivo incensare quelli che contano... Ma che diavolo (è proprio il caso di dirlo): un Memor Domini dovrebbe consacrare la propria vita al "dialogo" e a quello tsunami di emerite cazzate? (non a caso i Memores diminuiscono vistosamente: gli ingressi registrano ogni anno un nuovo "minimo storico" e un nuovo "saldo negativo"). Dopo interi decenni di insistenza sui libri di don Giussani, vuoi vedere che ai ciellini toccherà "formarsi" su quelli di Tagore, Gandhi, Tonino Bello e tutta la serqua di cagate mondiali?
Il progetto della CLAC parrocchiale, nato su qualche importante scrivania, è cominciato prima dell'attuale pontificato. L'obsolescenza programmata di CL e la sua fusione-acquisizione in AC sono intese a sterilizzare il movimento per eccellenza e a dare un po' di ossigeno alle parrocchie. Il progetto ha un solo difettuccio: presume che l'intero parco buoi ciellino sia profondamente desideroso di lasciarsi abbindolare.
Sempreché i mal di pancia non sfocino in una scissione... o, al buon Dio piacendo, in un ravvedimento di Carrón.
http://letturine.blogspot.com/2016/12/fate-largo-arriva-la-clac-in-parrocchia.html
Stasera ha giurato il nuovo governo italiano presieduto da Paolo Gentiloni.  A prescindere da ogni altra considerazione, si evidenzia la nomina all’Istruzione della vicepresidente Pd del Senato Valeria Fedeli, una nemica dichiarata del ‘Family day’: è un atto ostile alle famiglie che renderà ancora più arduo il cammino di un governo nato male e cui auguriamo vita brevissima.

La lista dei ministri è ormai nota. Al di là di ogni altra e doverosa considerazione su come è nato il nuovo esecutivo italiano, Paolo Gentiloni ha avuto l’incommensurabile sprovvedutezza o facciatosta di nominare al Ministero dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università (MIUR) Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato e nemica acerrima di quel vasto movimento di popolo che nel 2015 e nel 2016 ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone contro la ‘legge sulle unioni civili’ (firmata dalla Garrula e Sciagurata Ministra, divenuta sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, un incarico tutt’altro che di secondo piano) e contro la diffusione (constatabile quotidianamente) di quella che si può ben chiamare l’ideologia del gender nelle scuole di ogni ordine e grado, attraverso i cavalli di Troia della lotta contro l’omofobia, il bullismo e per la parità di genere. Libri, video, corsi promossi dalla nota lobby ormai dilagano in ogni parte d’Italia e saranno un fiore all’occhiello della nuova ministra, la cui concezione della democrazia lascia molto a desiderare, come emerge ad esempio dalle parole pronunciate (vedi il Fatto Quotidiano del 24 giugno 2015) dopo il Family Day di piazza San Giovanni: “Ho visto un linguaggio da parte di insegnanti, educatori e genitori che non mi aspettavo, è stata una piazza violenta quella del Family Day”.
Il succo del ‘pensiero’ di Valeria Fedeli - prima firmataria del disegno di legge 1680 del 18 novembre 2014 per diffondere l'ideologia gender nelle scuole, 'aggiornando' in particolare i libri di testo - è poi espresso incisivamente dal saluto che la stessa ha portato a un Convegno in Campidoglio il 2 ottobre 2015. Eccone ampi stralci.  
Titolo:  I fraintendimenti del nulla.
Teoria gender: una distorsione propagandistica
(…) Ora che la “Buona scuola” è legge, comincia una nuova fase di applicazione e monitoraggio della riforma, ed è il caso di sottolineare quanto sia importante che anche il nostro Paese abbia finalmente una scuola che promuova, nei propri piani formativi, i princìpi di educazione alla parità di genere e dunque di prevenzione delle violenze e delle discriminazioni. Princìpi che sono entrati a far parte della riforma dando seguito a quanto previsto in materia già dalle nostre leggi, dalla nostra Costituzione e dal più avanzato diritto europeo.
Ciò che è previsto nella riforma della scuola, è bene ricordarlo, è l’attuazione dei principi di pari opportunità “promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità di genere, la prevenzione alla violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle relative tematiche”; e questo nulla ha a che vedere con la tanto citatateoria gender. ( NdR: No, ma proprio no… i libri, libretti, video, corsi lgbt sono delle  invenzioni, anzi delle allucinazioni allo stato puro di centinaia di migliaia di genitori, nel migliore dei casi sprovveduti, negli altri casi in malafede).
Trovo positivo che il Miur abbia fornito, in un’apposita circolare di quindici giorni fa, indicazioni per una corretta interpretazione di quanto previsto nella Buona Scuola per assicurare, nell’offerta formativa, l’attuazione dei principi di pari opportunità: credo sia una importante operazione di chiarezza che ancora una volta conferma motivazioni e obiettivi dell’educazione alla parità di genere, che non c’entra nulla con la teoria gender ma che è invece una concreta azione di prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni.
È il segno di una volontà di chiarezza molto importante, che può contribuire a disincentivare la disinformazione e la paura che ne consegue. La stessa circolare, avente in oggetto “Chiarimenti e riferimenti normativi a supporto dell’art. 1 comma 16 della Legge 107/2015”, parla espressamente di una forte preoccupazione, riscontrata soprattutto tra i genitori, “derivante anche dalla risonanza mediatica di informazioni non sempre corrette e obiettive”, e fa giustamente riferimento all’esigenza di dare attuazione sia ai principi di pari dignità e non discriminazione presenti nella nostra Costituzione, che al più avanzato diritto europeo e internazionale, compresa la campagna dell’Alleanza parlamentare contro l’istigazione all’odio, del Consiglio d’Europa, e così facendo ribadisce l’estraneità di ideologie di qualsivoglia natura.
È bene sottolineare che il raggiungimento della parità, il superamento delle discriminazioni sessuali, nonché delle varie forme di violenza di cui le donne e le ragazze sono vittime, sono in primo luogo da costruirsi attraverso un cambiamento culturale, per questo sono fondamentali la corretta informazione e il coinvolgimento di tutta la comunità scolastica: molto bene ha fatto, dunque, il Miur, a ribadire sia il diritto e il dovere delle famiglie di conoscere i contenuti dell’offerta formativa, che il supporto al personale scolastico, che deve essere a sua volta debitamente formato e aggiornato.
Buona parte della disinformazione diffusa è cominciata, come noto, dalle false notizie comunicate su presunti incitamenti alla masturbazione che sarebbero presenti nelle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’educazione sessuale nelle scuole; linee guida che di fatto si limitano a fare un importante lavoro di rilevazione su quanto accade tra ragazze e ragazzi in ambito affettivo e sessuale. (NdR: ma com’è rassicurante la nuova ministra… peccato che la realtà sia molto diversa!)
(…) In questo ambito viene spesso legato il documento dell’Oms alla cosiddetta “teoria gender”, e questa alla riforma della scuola, eppure sia quelle linee guida che questa presunta teoria non vengono mai citate nella riforma. (NdR: è forse necessario citare esplicitamente per concretizzare nella realtà?)
La scuola può essere fondamentale per superare il modello culturale maschilista, che non concepisce le donne in posizioni di pari potere, nel riconoscimento della differenza di genere, anche nella famiglia, dove si riproduce spesso una concezione dei rapporti fondata sulla gerarchia e sul possesso. E per dire basta all’educazione ai luoghi comuni, come quelli, ancora molto diffusi, secondo i quali se un ragazzo piange, oppure ama cucinare, è una “femminuccia”, e se una bambina vuole giocare a calcio, o alle costruzioni, è una “maschiaccia”.
(…) Educatori, educatrici, docenti conoscono questi temi e già li trattano senza clamore (NdR: a volte si guardano bene dal coinvolgere le famiglie).
Non è possibile, in nome della “difesa dei nostri figli” e della “famiglia naturale” o “tradizionale”, contestare il diritto di ragazze e ragazzi di crescere nella consapevolezza di sé e sentendosi accolti e riconosciuti per ciò che sono.
C’è nel cambiamento in corso la definizione di una chiara scelta politica da portare a termine per promuovere un’educazione al rispetto delle diversità, ai sentimenti, agli affetti. Se l’educazione di genere è contro qualcosa, questo qualcosa sono gli stereotipi, i pregiudizi, le discriminazioni, il bullismo omofobico, e nient’altro.
Proprio l’educazione alla parità di genere può essere uno degli strumenti più efficaci per valorizzare le differenze, e contrastare l’omologazione dilagante. E chi vede in questo l’introduzione di una diabolica teoria gender, compie un doppio grave errore di disinformazione.
In primo luogo, come detto e ripetuto da tante e tanti scienziati e intellettuali di diverse discipline e di diversi orientamenti culturali, compresi eminenti teologi, non esiste una “Teoria Gender”: esistono invece gli studi di genere, che si prefiggono di cancellare le discriminazioni riprodotte, a tutti i livelli della società, in base alle differenze (NdR: Un bell’esempio di potere manipolatorio delle parole). 
(…) In secondo luogo, chi chiama in causa la teoria gender quando si parla di educazione di genere mistifica quella che è un’azione di grande valore pedagogico, rappresentandola come il prodotto ideologico di questa o quella componente politica, speculando sulla paura del cambiamento. Alla base dell’educazione di genere, invece, vi sono obiettivi trasparenti e assolutamente condivisibili da tutti.
È oramai un sapere diffuso che il problema della violenza di genere ha una radice culturale profondissima, che viene da lontano: la politica ha il dovere di recidere queste radici. (…)
Non vedo quale altro luogo possa essere migliore della scuola per intraprendere, insieme a chi in questa comunità vive e agisce – studenti, famiglie, insegnanti – un intervento educativo in grado di restituire, alla nostra rappresentazione dei generi, la profondità e la complessità che meritano.
(…) Perché riconoscere le differenze senza lasciare che sesso, genere, orientamento sessuale, riproducano una visione totalizzante e gerarchica dell’essere umano, vuol dire riconoscere quelle potenzialità della persona e quelle legittime aspirazioni alla libertà che sono il fondamento stesso della democrazia.
Ognuno legga, valuti e risponda alla domanda: era proprio il caso di nominare Valeria Fedeli all’Istruzione? O non è una vera provocazione (consapevole o, perfino più grave, inconsapevole)? 


P.S. Pietà, Signor, dell' Avvenire di martedì 13 dicembre 2016!  E' quanto ci sorge spontaneo dopo aver letto l'edizione odierna del quotidiano galantino, un tempo voce vera della Cei. Nei titoli, sottotitoli, occhielli di prima pagina nemmeno un cenno alla nomina di Valeria Fedeli all'Istruzione. Nell'editoriale, così solenne e pensoso fin dal titolo ("Il Governo dei doveri"), l'ineffabile direttore Marco Tarquinio si presenta in veste di tappetino lodando Gentiloni per il suo "stile misurato e consapevole". E alla nomina della Fedeli a capo di un Ministero importante come quello dell'Istruzione dedica le parole seguenti: "Un debutto: Valeria Fedeli all'Istruzione". Allora una delle due: o il direttore tappetino ignora chi è e che fa la Fedeli oppure sorvola, glissa consapevolmente (proprio da 'cattolico' alla Gentiloni). Anche nelle pagine interne non si ritrovano tracce significative della Fedeli: le uniche annotazioni non tecniche riguardano la sua 'chioma purpurea'  o il fatto che la nomina "sa tanto di bocciatura" della Giannini).  Come definire l'atteggiamento dell'Avvenire galantin-gentilone  di oggi, così fedele al politicamente corretto e cattolicamente inaccettabile? Basta una sola parola e il lettore non faticherà a trovarla. 
 La nuova "ministra" alla Pubblica Istruzione è tristemente nota a chi combatte per difendere la famiglia.
Già dal 2014 è pronto al Senato un terrificante DDL (Cfr.http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/45005.htm ) che, in pratica, rende l'ideologia omosessualista la principale materia di studio.
Questa legge, assieme a quella sul cyberbullismo, che si potrebbe chiamare "La nuova Scalfarotto", potrebbero essere le nuove mosse della strategia genderista.
Occorre tornare a combattere, su tutti i fronti: solo per gli abitanti della provincia di Bologna si segnala la raccolta di firme: http://www.citizengo.org/it/39485-fermare-sponsorizzazione-del-gender-favorire-invece-famiglia 

Gender a scuola – Analizziamo il ddl Fedeli

di Giovanni Lazzaretti

Vale la pena di analizzare il DDL Fedeli quando l’educazione di genere sembra ormai essersi infilata di straforo nel sistema scolastico, attraverso il voto di fiducia sulla cosiddetta “Buona Scuola”? Vale certamente la pena di analizzarlo.
Esaminiamolo dando innanzitutto il titolo esatto: “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università”.
Porta la firma di Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato; i firmatari sono in tutto 40: 35 senatori del PD, 1 dei “Conservatori, Riformisti Italiani”, 1 del PSI-Autonomie, 1 del gruppo Misto-SEL, 2 del gruppo Misto.
Rileviamo fin dal titolo che si rivolge al sistema nazionale di istruzione e alle università: quindi tutte le scuole, anche le materne, anche le scuole paritarie, anche le scuole paritarie cattoliche, anche le università dove si formano i futuri formatori. Punta alle attività e ai materiali didattici: non quindi i classici “corsi opzionali”, ma un inserimento nel cuore della formazione curriculare.
Il DDL Fedeli è costituito da una lunga premessa di presentazione e da 6 articoli.
Art. 1 – Introduzione dell’insegnamento dell’educazione di genere
Si parte nella maniera classica «per la realizzazione dei princìpi di eguaglianza, pari opportunità e piena cittadinanza nella realtà sociale contemporanea».
Al comma 2 si dà il primo “colpetto”: «promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza». La corporeità sessuata come superficie neutra comincia a prendere consistenza.
Art. 2 – Linee guida dell’insegnamento dell’educazione di genere
Il sesso, citato all’art.1, sparisce. La citazione infatti serviva solo a “far credere” che si parlasse dei due sessi. Da qui in poi il sesso scompare (nei titoli non compare nemmeno) e siparla solo di genere. I numeri parlano da soli: il sesso compare 3 volte nella premessa (+ altre 5 volte in connotazione negativa: “sessismo” e simili) e 2 volte negli articoli del DDL; il genere compare 30 volte nella premessa, 4 volte nei titoli, 8 volte negli articoli.
La “parità dei sessi” è quindi il cavallo di Troia per far entrare il gender nelle scuole. I richiami continui alle linee europee (12 volte è citata l’Europa nella premessa) non lasciano dubbi in proposito.
Da adesso si parla di «linee guida dell’insegnamento dell’educazione di genere che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, tenuto conto del livello cognitivo degli alunni, i temi dell’uguaglianza, delle pari opportunità, della piena cittadinanza delle persone, delle differenze di genere, dei ruoli non stereotipati, della soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, della violenza contro le donne basata sul genere e del diritto all’integrità personale».
Art. 3 – Formazione e aggiornamento del personale docente e scolastico
«[…] corsi di formazione obbligatoria […] per il personale docente e scolastico». Indottrinamento gender obbligatorio: le organizzazioni che fanno questo tipo di corsi sono tutte di area LGBT.
Art. 4 – Università
«Le università provvedono a inserire nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o a potenziare i corsi di studi di genere già esistenti, anche al fine di formare le competenze perl’insegnamento dell’educazione di genere di cui all’articolo 1».
Formare i formatori è l’ovvio corollario. Chi si occupa degli “studi di genere” sono solamente gli “ideologi del gender”, e saranno i padroni dell’Università in questo campo. Se non sei ideologizzato, come puoi occuparti di questi studi, che non tengono conto delle due cose basilari del sapere, ossia la realtà osservabile e la logica?
Art. 5 – Libri di testo e materiali didattici
«A decorrere dall’anno scolastico 2015/ 2016, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado adottano libri di testo e materiali didattici corredati dall’autodichiarazione delle case editrici che attestino il rispetto delle indicazioni contenute nel codice di autoregolamentazione «Pari opportunità nei libri di testo» (POLITE)».
Anche in questo testo il genere domina e il sesso sparisce: 14 volte “genere”, 1 volta “sessi” (ma è in una frase subordinata al concetto di “identità di genere”). Cavallo di Troia è la frase “culture e competenze di ambedue i generi”.
Art. 6 – Copertura finanziaria
La copertura finanziaria non viene assicurata con nuove tasse, ma con la «riduzione complessiva dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, di cui all’allegato C-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98».
Minori detrazioni significa nuove tasse, ma i nostri parlamentari sono abili a giocare con le parole.
I cavalli di Troia e il vocabolario gender
Nel DDL Fedeli i cavalli di Troia per introdurre l’ideologia gender ci sono tutti: Pari opportunità(12 volte), Differenze (11 volte), Discriminazione (3 volte), Violenza [contro le donne] (8 volte).
Non si parla di “omofobia” per un motivo molto semplice: il DDL Fedeli lavora in sinergia col DDL Scalfarotto sulla cosiddetta omofobia. Ad esempio il DDL Fedeli non definisce la “identità di genere”, ma dà per scontata la definizione del DDL Scalfarotto: «identità di genere: la percezione che una persona ha di sé come uomo o donna, anche se non corrispondente al proprio sesso biologico» (si tratta non del testo contro l’omofobia approvato alla Camera, ma di un altro disegno di legge precedentemente presentato dallo stesso Scalfarotto, ndr):
Il vocabolario gender invade tutto il DDL Fedeli: Identità di genere (7 volte), Stereotipo, e varianti (18 volte), Decostruzione (2 volte), Sessismo, e varianti (5 volte), Ruoli stereotipati, ruoli non stereotipati (3 volte).
Sì, è un DDL molto pericoloso. Introduce dall’alto un linguaggio e una cultura che nelle scuole è già largamente presente, ma solo per “osmosi” attraverso la mentalità gender che gli insegnanti, come tutti, bevono da giornali e TV. Qui invece si passa all’indottrinamento obbligatorio su linguaggi e categorie di pensiero create da una piccola minoranza ideologizzata”.

L’ISTRUZIONE, FEDELI E IL FAMILY DAY. IL PD NON HA PIÙ PROFESSORI? IL GIALLO DELLA LAUREA. O È UNA VENDETTINA DI RENZI?

Marco Tosatti
Le ragioni che hanno condotto alla nomina di Valeria Fedeli a ministro della Pubblica Istruzione non sono qualche cosa di evidente, agli occhi del cittadino comune che sono. Ho scrutato la biografia di questa parlamentare del PD dalla rossa chioma, (sui social, cattivi, la chiamano Maga Magò!) ma anche lì poca luce. Sindacato a Milano, sindacato a Roma, sindacato tessile, e poi la promozione – immagino per ragioni sindacali e di partito – a parlamentare. In Commissione, si occupa di difesa. E’ fra le fondatrici di “Se non ora quando”, un movimento di rivendicazione femminile che ha avuto qualche notorietà negli anni passati. Di scuola e istruzione nel suo curriculum wikipedico non c’è traccia.
Ma la Fedeli di scuola si è occupata almeno una volta. E’ presentatrice e firmataria di un disegno di legge (2015) il cui Art. 1 recita: “Introduzione dell’insegnamento dell’educazione di genere”, e in cui uno degli scopi principali è la “promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza”.
Se ne occupò a suo tempo “La Bussola Quotidiana”, rilanciando una newsletter dell’Osservatorio Van Thuan di Trieste.
La carenza di professionalità specifiche nel campo di cui è ministro, e questo approccio evidentemente ideologico sono sufficienti a destare l’attenzione, se non l’allarme di chi cerca di difendere le nuove generazioni dall’omologazione all’ideologia Gender, quella secondo cui il dato fisico non è determinante per definire non tanto il sesso (di cui non si parla) ma il genere.
Forse mancavano professori ed esperti di Istruzione e Università nelle file del PD, tanto che questo delicato ministero è stato affidato a una sindacalista del tessile.
O forse Renzi, tramite interposte persone si è preso una sua personale vendettina contro il popolo del Family Day, che al Circo Massimo disse: “ci ricorderemo”, e si ricordò al referendum, contribuendo all’ahimè inutile sberla al governo passato.
Comprensibile allora che Massimo Gandolfini, del Comitato Difendiamo i nostri figli, esprima preoccupazione: “La nomina di Valeria Fedeli, il cui orientamento culturale a favore dell’identità di genere ad ispirazione Gender è ben noto, non può che essere letto come l’ennesima offesa nei confronti del popolo del Family Day”. E continua: “Questa scelta ha chiaramente i toni della provocazione, se non della vendetta, verso le Famiglie del Comitato per il No, colpevoli di aver vinto il referendum, bloccando una pericolosa deriva autoritaria nella quale erano già in programma disegni di legge contro la famiglia naturale e il diritto dei bimbi ad avere mamma e papà”.
“Non è nostra abitudine né dimenticare né restare quiescenti quando sono in pericolo i nostri figli, che potrebbero diventare oggetto di colonizzazioni ideologiche di Gender che offendono l’umano e rottamano la società. Terremo quindi alta l’attenzione sui prossimi passi concreti del nuovo Ministro, cui assicuriamo collaborazione per iniziative contro ogni forma di odiosa discriminazione, violenza o bullismo, restando tuttavia pronti a contrastare in ogni modo qualsiasi tentativo di trasformare i nostri figli in cavie di sperimentazioni ideologiche, come efficacemente affermato da Papa Francesco. Fin da ora lanciamo un forte appello al Presidente della Repubblica, affinché sia garante della Costituzione e vigili che il diritto dei genitori di educare i propri figli non venga violato attraverso atti amministrativi dettati da culture estranee alla storia delle famiglie italiane. Nessun programma educativo che riguardi i delicatissimi temi dell’affettività e della sessualità può essere imposto senza il consenso dei genitori. Viene da dire ‘famiglie italiane unitevi, siate vigili ed attente scuola per scuola, e difendete i vostri figli'”.
Ci si attenderebbe che questa singolare anomalia – nomina a Ministro dell’Istruzione di qualcuno così estraneo al settore – fosse rimarcata, almeno dal quotidiano dei Vescovi, Avvenire. Il fondo del direttore, però, come sottolinea Giuseppe Rusconi nella sua rubricaRosso Porpora  si limita a queste parole: “Un debutto: Valeria Fedeli all’Istruzione”.
Tutto lì. O non se ne sono accorti, o…
Aggiungiamo una dichiarazione di Mario Adinolfi, del Partito delle Famiglie: “Valeria Fedeli mente sul proprio titolo di studio, niente male per un neoministro all’Istruzione. Dichiara di essere laureata in Scienze Sociali, in realtà ha solo ottenuto il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano. Negli Anni Settanta non esisteva alcun diploma di laurea in Scienza Sociali. Complimenti ministro, bel passo d’inizio. Complimenti Paolo Gentiloni: a dirigere scuola e università in Italia mettiamo non solo una che non è laureata, ma una che spaccia per ‘laurea in Scienze Sociali’ un semplice diploma della scuola per assistenti sociali”.

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