ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 18 settembre 2016

Un amore eternamente fedele

IO NON TI DIMENTICHERO' MAI

 Anche se una madre si scordasse di suo figlio io non ti dimenticherò mai. Anche l’amore di Dio ha un limite "il nostro". Dio ci ama tutti d’un amore immenso ma non può far sì che chi rifiuta il Suo amore non ne paghi le conseguenze 
di F. Lamendola  

  


Non si può capire sino in fiondo il senso, il valore e la portata dell’amore di Dio verso l’uomo, se non facendo un confronto con l’amore umano, il solo che noi conosciamo (o crediamo di conoscere), che noi frequentiamo (anche troppo), del quale ci riempiamo continuamente la bocca, e, insomma, dal quale siamo letteralmente ossessionati.
Nell’amore umano, la massima manifestazione, e, in un certo senso, la prova della sua sincerità, della sua intensità e della sua “serietà”, sembra consistere nella durata, o  meglio, nella promessa della durata: Ti amerò per sempre, diciamo, e questa audace, appassionata affermazione ha l’effetto di convincere, soprattutto colui che la pronuncia, che si tratta di un sentimento vero, autentico, forte e assolutamente credibile.

Un nuovo tipo di partita con il nemico di sempre..


Come evitare che il diavolo ci metta “in saccoccia”. Un ricordo del padre Amorth

    «Sia lodato Gesù Cristo!». Salutava sempre così il padre Gabriele Amorth. Stare in sua compagnia provocava una sensazione un po’ strana. Da un lato, considerata la sua abitudine a trattare con il diavolo, era inevitabile  restarne inquietati. Dall’altro però era anche consolante. Perché il padre Amorth più che del diavolo parlava  di Dio, e sempre come di un padre amoroso.
Amorth, conosciuto come l’esorcista più celebre e quindi come uno che si occupava di cose cupe, in realtà esaltava la vita. Ma non in modo generico o sentimentale. L’origine, la fine e il significato della vita umana: questo gli interessava.
Ricordo quando difendeva la creazione divina. La vita, diceva, nasce da Dio. Gli scienziati dicono che c’è stata una particella iniziale e poi l’evoluzione, fino alla scimmia e all’uomo, ma prima? La questione sta sempre in quel prima.
Per lui la vita era dono. C’è forse qualcuno che ha chiesto di venire al mondo? No. Tutto è dono, ma oggi lo vogliamo rifiutare. Milioni di bambini uccisi con l’aborto, diceva, rappresentano un tremendo rifiuto del dono di Dio.
Non dobbiamo chiederci da che cosa veniamo, ma da chi. E la risposta è una sola: da Dio creatore, che ci ha pensati da sempre, così come siamo.
E poi la fine della vita. Amorth ne parlava spesso. Diceva: facciamo finta che non succederà mai, ma non ci sono eccezioni. Non possiamo sfuggire alla morte, ed è inutile accumulare tesori, perché non contano nulla. L’unica domanda che conta è: quando moriamo, dove andiamo?  Saremo felici o disperati?
Amorth aveva questa concretezza, alla quale non siamo più abituati. Le sue domande erano radicali, così come le risposte. Dopo la vita, spiegava, non ci sono che due possibilità: paradiso o inferno. Va bene, c’è anche il purgatorio, ma è transitorio.
Su questa terra, aggiungeva, abbiamo due limiti, spazio e tempo, ma nell’eternità non ci saranno. È chiaro che ciò che conta è l’eternità, rispetto alla quale la vita terrena è nulla. Eppure non ci pensiamo.
A che cosa serve la vita? Ecco un’altra domanda radicale che il padre Amorth non aveva paura di porre. E altrettanto radicale era la risposta: serve a guadagnarsi la salvezza eterna. Scopo della vita, creata per amore, è la salvezza in Gesù Cristo.
In queste sue argomentazioni c’è tutta la semplicità del Catechismo di San Pio X, che Amorth citava sempre, a volte quasi scusandosi: «Che ci volete fare, sono cresciuto con quello!». E così davanti a padre Amorth si restava anche un po’ interdetti. Dopo tanta sociologia religiosa, con lui si era riportati al dunque.
Una volta gli chiesi: lei si occupa molto del demonio e dunque del male, ma è possibile che il buon Dio ci abbia condannati al male? Rispose: ma figliolo caro, Dio non ci ha condannati al male, ci ha donato il libero arbitrio, ci ha voluti liberi, e così ci ha resi grandi. Con la libertà ha voluto renderci partecipi della sua libertà e ci ha donato il gusto di arrivare liberamente alla verità. Se ci avesse forzato, ci avrebbe utilizzati. Invece, con la libertà, ci ha donato anche la possibilità di determinare il destino della nostra esistenza e di manifestare la nostra gratitudine.
Anche gli angeli, spiegava, furono creati da Dio, ma , ahinoi, alcuni di loro caddero nel peccato di superbia. Si videro talmente belli, talmente forti e così potenti da pretendere di essere come Dio. Di qui una scelta terribile: la ribellione motivata dall’orgoglio. Hanno ceduto alla tentazione più grande, quella che poi il demonio ripropone continuamente a ogni creatura.
In cielo, dice l’Apocalisse, c’è stata una battaglia tra angeli fedeli e angeli traditori. E questi ultimi si sono autocondannati all’inferno. L’inferno, spiegava Amorth, esiste eccome, come esiste il giudizio di Dio, ma non è stato creato da Dio: se l’è costruito chi ha voluto opporsi a Dio. Insomma, all’origine del male c’è una ribellione. La superbia e l’orgoglio al posto dell’amore e della riconoscenza.
Non esistono vie di mezzo, diceva Amorth. Non credete a chi parla di una terza via. O con Gesù o contro Gesù.
I tre principi del satanismo, spiegava, sono i seguenti: fai quello che vuoi, non devi ubbidire a nessuna legge, sei tu il dio di te stesso. Da qui nascono tutti i mali. E nessuno può dire: né con il Signore né con satana. Chi dice così rinnega Dio e le sue leggi. Chi dice così sta dalla parte del diavolo.
Purtroppo, diceva ancora, oggi tanti non credono al demonio, e così lui «se li porta tutti in saccoccia». E tra questi, notava sconsolato, ci sono anche tanti preti.
Raccomandava: non dimentichiamo mai che il demonio odia Dio ed è per questo che ci vuole portare all’inferno. La sua tattica è semplice, è la stessa usata con Adamo ed Eva: la tentazione. Ci fa credere che la legge di Dio non sia per noi un bene, ma un male, e così ci spinge alla disubbidienza.
Guardate, diceva, com’è trattato oggi il sesto comandamento: non commettere atti impuri. Nessuno più lo prende in considerazione, neanche nella Chiesa. Ecco il demonio all’opera. Che dice: non preoccuparti dei comandamenti, l’importante è che tu faccia esperienze. La parola «esperienza» è diventata la chiave per fare quel che si vuole. Il demonio è astuto: cerca di convincerci che il male sia un bene. E noi ci caschiamo.
Occupandosi degli indemoniati, il padre Amorth naturalmente aveva una certa dimestichezza con il demonio, e gli parlava direttamente. Raccontava: «Una volta gliel’ho detto: tu sei monotono nel tentare l’uomo, usi sempre lo stesso sistema. E sapete che cosa mi ha risposto il diavolo? Hai ragione: sono monotono, uso sempre lo stesso metodo, ma è un metodo che rende!».
I suoi esorcismi furono migliaia, forse più di cinquantamila. Gli insegnarono che il diavolo è intelligente, ma tutto sommato prevedibile, e dunque non imbattibile. Spiegava: io con lui ho un confronto continuo. Diceva anche che le possessioni possono essere di diverso tipo, ma hanno in comune un sintomo: l’avversione al sacro.
Il diavolo, mi disse una volta, vuole restare nascosto. Finché è nascosto, può agire indisturbato. Ha paura di essere scoperto, perché sa che io gli darò lo sfratto dalla persona indemoniata.
Amorth metteva in guardia dalle pratiche occulte: messe sataniche, messe nere, sedute spiritiche. Ripeteva che la magia, soprattutto in alcune sue forme africane poi arrivate in America Latina, favorisce la presenza del demonio. Mai – ammoniva –  lasciarsi attirare dalla magia, nemmeno per semplice curiosità.
Trascorreva le sue giornate a fare esorcismi: ore e ore a pregare e a lottare. Diceva che, come per le malattie, la cura va fatta il prima possibile. Più passa il tempo, più è difficile cacciare il demonio. Il diavolo, sosteneva, può possedere anche bambini piccoli, perfino bambini ancora non nati.
Il fatto che nei seminari non si parli più del diavolo, o se ne parli molto poco, gli procurava sincero dispiacere. Diceva: se i giovani preti non conoscono il diavolo, non lo potranno combattere.
Ultimamente era anche dispiaciuto per l’uso indebito che alcuni facevano del suo nome. Fu costretto a precisare: «I miei collaboratori sono pochissimi, fidati e riservati, nessuno di loro si fa pubblicità approfittando del mio nome». Sapeva che anche l’esorcismo può diventare business.
La lista d’attesa, per farsi esorcizzare o semplicemente per avere un colloquio con lui, era lunghissima. Ora potrà riposarsi. A meno che non sia impegnato, anche lassù, in un nuovo tipo di partita con il nemico di sempre.
Aldo Maria Valli


Padre Amorth, l’ultimo esorcista


di Giuliano Guzzo
Si raccontava che il cardinale Bellucci, l’alto prelato del film La Grande Bellezza, interpretato da Roberto Herlitzka, in gioventù fosse stato un grande esorcista ma era veramente difficile crederlo, mondano e appassionato di cucina com’era diventato. Padre Gabriele Amorth (1925-2016), il sacerdote paolino spirato ieri all’età di 91 anni, invece no: non è mai divenuto cardinale ma, soprattutto, non ha mai smesso di vestire credibilmente i panni – assai scomodi in un’epoca che ridicolizza la fede salvo poi tuffarsi tra lotterie, oroscopi ed esoterismi vari – di esorcista. Anzi, fino all’ultimo nessuno ha messo in dubbio il suo primato planetario di combattente del Diavolo, prima, sia ben chiaro, conquistato sul campo con oltre 160.000 riti di liberazione compiuti su indemoniati.
Anche per questo davanti alla sua morte, sopraggiunta dopo un ricovero di alcune settimane per complicanze polmonari, sono due – almeno tra i cattolici – i sentimenti dominanti: la tristezza e la gratitudine. La tristezza per la perdita di un uomo che, divenuto esorcista della diocesi di Roma nel 1986 per mandato firmato dal cardinale vicario di allora Ugo Poletti (1914-1997), non si è mai tirato indietro neppure quando si trattò di affermare cose ecclesialmente scorrette; come quando, per esempio, puntò il dito contro le infiltrazioni massoniche presso la Santa Sede: «La massoneria – disse – ha i rami dappertutto. Anche in Vaticano, purtroppo. Esiste. Perché è basata sul denaro, sulla carriera. Si aiutano reciprocamente». Parole, si converrà, assai pesanti che però l’anziano sacerdote paolino, uno che non le mandava a dire, non pensò mai ritrattare.
Oltre alla tristezza, però, c’è anche la gratitudine dei cattolici per l’operato infaticabili di un servitore della Chiesa i cui vertici – almeno quelli terreni – anziché sostenerlo arrivarono, talvolta, a deriderlo. «Non mi dica che lei davvero ci crede», fu per esempio l’esclamazione sprezzante di un’eminenza importante della Santa Sede davanti ad affermazioni sull’esistenza del Diavolo che non solo padre Amorth non ritrattò, ma alle quali fece seguire un invito che il suo interlocutore non prese molto bene: «Lei dovrebbe leggere il Vangelo». Ecco, il più famoso esorcista del mondo, come chi l’ha conosciuto può confermare, era così: un uomo di fede non disposto a scendere a compromessi in un mondo nel quale, purtroppo anche fra personalità della Chiesa, i compromessi non sembrano dare più scandalo.
Invece padre Amorth – divenuto prete dopo essere stato, diciottenne, partigiano e laureato in giurisprudenza – di mediazioni non ha mai voluto sentir parlare. Neppure quando, negli anni passati, esegeti come Hubert Haag pubblicavano libri fuorvianti sin dal titolo – «Addio al diavolo» – e si cercò di attribuire in tutti i modi ad un teologo del calibro di Hans Urs von Balthasar (1905-1988) l’idea di «inferno vuoto», apertamente respinta dallo stesso von Balthasar (cfr. Von Balthasar H.U. Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno, Jaca Book 1997, p. 123). L’anziano sacerdote paolino è insomma rimasto al suo posto di combattimento fino all’ultimo e se oggi, dopo la sua morte, vi sono ancora anche giovani disposti ad abbracciare la fede integralmente, sapendo che è combattimento prima che avventura, battaglia quotidiana prima che scampagnata esistenziale, buona parte del merito è anche sua.
http://www.campariedemaistre.com/2016/09/padre-amorth-lultimo-esorcista.html

Quelli che andavano da padre Amorth: «Ci liberò da Satana»

I racconti di chi ha creduto negli esorcismi: diceva che la guarigione era la capacità di perdonare se stessi A tu per tu «Era un uomo mite e scherzoso ma durante il rituale si trasformava»


(Ansa)(Ansa)
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ROMA «Quando sarò di là, al diavolo gli faccio un mazzo così...» promise don Gabriele Amorth, tre mesi fa, nell’ultimo incontro a Roma con Francesco Casadei, nome d’arte di un giornalista lombardo che proprio dal vecchio sacerdote fu esorcizzato dieci anni fa e alla sua storia ha dedicato un libro, «A tu per tu con il diavolo» (Edizioni San Paolo). Ci sarà anche Casadei domani alle 15, ai funerali di don Gabriele in via Alessandro Severo, nella Casa Generalizia dei Padri Paolini. 
E ci sarà probabilmente pure Francesco Vaiasuso, gallerista siciliano di 45 anni, un altro che don Gabriele - con le preghiere e l’acqua benedetta - avrebbe tirato fuori definitivamente dal tunnel di quella che veniva ritenuta una possessione grave, dopo almeno 500 esorcismi ricevuti tra il 2002 e il 2007 tra Alcamo e Palermo: «È un combattimento spirituale, non siamo dei pazzi - dice Vaiasuso, che ha raccontato tutto nel libro La mia possessione (Piemme) -. E la salvezza è spirituale. Ti libererai di Satana solo quando imparerai a perdonare te stesso, tuo padre, il tuo nemico. A non lamentarti più. A non arrabbiarti». 
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Roma, chi era don Gabriele Amorth, scrittore ed esorcista
Parole che lasciano il segno, come quelle di Francesco Casadei, che oggi ha 52 anni e racconta di vivere in pace: «Conobbi don Amorth il giorno di Pasqua del 2005. Andai da lui perché, pur essendo un tipo razionale, a un certo punto mi cominciarono ad accadere cose strane. Pensieri malvagi che mi coglievano all’improvviso: prendi quel coltello e uccidi tua moglie.. . E ancora: un dolore al ginocchio che non passava pur dopo due operazioni, finché un prete mio amico mi unse la parte con l’olio degli infermi e il dolore per un attimo sparì. Ma dieci anni fa non c’erano esorcisti, in Lombardia. Intorno a me trovavo solo derisione e porte chiuse. Così, con mia moglie, partii per Roma. Padre Amorth mi mise subito la sua stola al collo e una mano sulla testa, poi iniziò il rituale: persi il controllo, cominciai a urlare e scalciare. Divenni un pendolare, ogni 2 settimane ero da lui a ricevere la preghiera. Dopo 4 mesi e mezzo mi sentii liberato. Don Gabriele non aveva mai paura, durante l’esorcismo era una belva feroce. Poi però tornava subito l’uomo mite e scherzoso di sempre ».
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http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_18/quelli-che-andavano-padre-amorth-ci-libero-satana-7bc18450-7dab-11e6-a52b-23618613e7e7.shtml

30 denari per 30 uomini?

LA “FINE” DEI FFI ? 8 Settembre 2016

L’anonimo cronista FFI scrive che è stata una festa «particolarmente ricca di grazia». Ritorneremo su queste belle parole dalle quali dispiace permetterci di dover dissentire.




"Letale per la fede cristiana"

Con Bergoglio trionfa lo "spirito di Assisi". Ma Ratzinger

rovina la festa


Francesco replica l'incontro con uomini di tutte le religioni inaugurato da Giovanni Paolo II trent'anni fa. Ma le obiezioni dell'allora cardinale prefetto della dottrina sono tuttora vive. E ancor più radicali


Il memorabile incontro ad Assisi, trent'anni fa, di Giovanni Paolo II con uomini di tutte le religioni (vedi foto) fu forse l'unico momento di disaccordo tra il santo papa polacco e l'allora suo fidatissimo maestro di dottrina, il cardinale Joseph Ratzinger, che nemmeno vi si recò.

Lo ricorda lo stesso Ratzinger nel suo libro-intervista pubblicato in questi giorni: "Lui sapeva – dice – che io seguivo un'altra linea".

Ma ora che papa Francesco, il successore di entrambi, si appresta il 20 settembre a replicare ad Assisi quell'evento, il contrasto si ripresenta ancora più forte.

Un dialogo paritario tra le religioni – ha infatti ammonito più volte Ratzinger anche dopo la sua rinuncia al papato – sarebbe "letale per la fede cristiana". Perché ogni religione "si ridurrebbe a simbolo interscambiabile" di un Dio supposto uguale per tutte:

> "La rinuncia alla verità è letale per la fede" 

Naturalmente Jorge Mario Bergoglio non si riconosce in questo tipo di dialogo paritario, né ha mai pensato che la Chiesa cattolica debba rinunciare a predicare il Vangelo ad ogni creatura.

Ma alcuni suoi gesti e parole hanno effettivamente dato spunto a tali derive, a cominciare da quel suo definire "una solenne sciocchezza" il proselitismo, senza mai dire in che cosa questo si distingua dalla genuina missione. Non sono pochi i missionari di frontiera, che hanno speso una vita a predicare e a battezzare, che oggi si sentono come traditi, in nome di un dialogo che rende inutile qualsiasi conversione.

Anche con gli altri cristiani, protestanti e ortodossi, Francesco si muove con passo diverso rispetto ai predecessori.

Mentre ad esempio Benedetto XVI incoraggiava e facilitava il ritorno nella Chiesa cattolica degli anglicani in disaccordo con la svolta "liberal" della loro Chiesa, Francesco no, preferisce che restino a casa loro, come hanno rivelato due vescovi anglicani suoi amici, Gregory Venables e Tony Palmer, da lui dissuasi dal farsi cattolici:

> Ecumenismo a porte chiuse

Ma è stato soprattutto un breve video del gennaio di quest'anno, diffuso su larga scala in dieci lingue, che ha più fatto pensare a un cedimento al sincretismo, all'equiparazione di tutte le religioni:

> "Siamo tutti figli di Dio"

In esso, Francesco invita a pregare assieme a uomini di ogni fede, per amor di pace. E infatti compaiono oltre a lui una buddista, un ebreo, un musulmano, con i rispettivi simboli, tutti alla pari. Dice il papa: "Molti cercano Dio o trovano Dio in diversi modi. In questa ampia gamma di religioni c'è una sola certezza per noi: siamo tutti figli di Dio".

Belle parole, effettivamente però non coincidenti con quelle del Nuovo Testamento e in particolare del Vangelo di Giovanni, secondo cui tutti gli uomini sono creature di Dio, ma ne diventano "figli" solo coloro che credono in Gesù Cristo.

Ad Assisi, il 20 settembre, Francesco si ritroverà di nuovo accanto a buddisti, ebrei, musulmani, e altri ancora. Ed è prevedibile che il suo eloquio sarà più sorvegliato rispetto a quello del video.

Ma c'è un impatto delle immagini che sarà difficile da contenere e razionalizzare. È ciò che è stato esaltato da molti fin dal 1986 come lo "spirito di Assisi", formula che Ratzinger ha sempre cercato invano di disinnescare, da cardinale e da papa, affinché fosse capita in modo opposto a come tanti la intendono, non cioè in  senso "sincretista" e "relativista":

> Lo "spirito di Assisi" di cui Benedetto XVI diffida

Su Assisi tornerà quindi a incombere, in tutta la sua drammaticità, la tempesta perfetta che ha sconvolto la Chiesa cattolica nell'estate del 2000, quando la congregazione per la dottrina della fede, presieduta da Ratzinger, pubblicò la contestatissima dichiarazione "Dominus Iesus" proprio per contrastare l'idea che tutte le religioni sono alla pari e per ribadire invece che c'è un unica via di salvezza per tutti gli uomini, ed è Gesù:

> Dominus Iesus

In due millenni, mai la Chiesa aveva sentito la necessità di richiamare questa verità elementare della fede cristiana.

"L'averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna", ammonì un cardinale di nome Giacomo Biffi alla vigilia del conclave del 2005, quello in cui Ratzinger fu eletto papa:

> "Che cosa ho detto al futuro papa"

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Questa nota è uscita su "L'Espresso" n. 38 del 2016, in edicola il 18 settembre, nella pagina d'opinione dal titolo "Settimo cielo" affidata a Sandro Magister.

Ecco l'indice di tutte le precedenti note:

> "L'Espresso" al settimo cielo

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La giornata di papa Francesco ad Assisi, il 20 settembre 2016:

> Visita del Santo Padre ad Assisi. Programma

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Tra gli invitati all'incontro di Assisi del 20 settembre non figura il Dalai Lama., presente invece all'evento del 1986 con Giovanni Paolo II.

Nulla è stato detto dalla Santa Sede a giustificazione di questa esclusione. Ma una conferma indiretta che essa sia stata dettata dalla volontà di non irritare le autorità cinesi è ciò che è accaduto nei giorni scorsi in seguito all'invito rivolto da un esponente politico di Taiwan al Dalai Lama per un ciclo di conferenze nell'isola.

Il portavoce dell'ufficio cinese per gli affari esteri Ma Xiaoguang ha reagito minacciando "conseguenze gravissime", che ha così motivato:

"Il Dalai Lama è un lupo vestito da monaco che, con la sua cricca di indipendentisti e di terroristi, cerca di destabilizzare la Cina e staccarne il Tibet. Ma noi non resteremo a guardare: chiunque lo sostenga è un nostro nemico”.


di Sandro Magister ROMA, 18 settembre 2016 –

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351375