ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 28 gennaio 2017

Lui speriamo che si ricordi


Il peggiore nemico degli ebrei


È un argomento esplosivo, ma non possiamo continuare a permettere che i nostri ragazzi siano mentalmente manipolati da una visione storica scorretta che è servita e serve tuttora a giustificare l’instaurazione di un nuovo ordine a livello planetario. Non si tratta semplicemente di ristabilire le reali proporzioni dell’olocausto, ma di coglierne la matrice e il movente autentici. Non intendiamo certo alimentare il filone negazionista riguardo a quello che rimane comunque uno dei peggiori crimini del XX secolo (largamente superato, tuttavia, dalle carestie e dai genocidi provocati da Lenin e Stalin, di cui non si parla mai nel “civile” Occidente che stermina i suoi figli, sebbene siano ampiamente documentati); desideriamo unicamente accertare la verità in modo da non lasciarci più soggiogare da quella che risulta propaganda nel senso tecnico del termine, intesa a farci accettare supinamente un progetto politico totalitario che è quasi giunto a compimento.


A pochi mesi dalla sua costituzione, nell’agosto del 1933, il governo nazista siglò con il movimento sionista un accordo, poi battezzato Ha‘avarah (trasferimento), con cui si impegnava a favorire con tutti i mezzi l’emigrazione degli ebrei di Germania verso la Palestina. Non soltanto fu istituita una speciale linea di navigazione dai porti anseatici per Haifa, ma si finanziò l’acquisto di macchine e utensili agricoli di fabbricazione tedesca, mentre i candidati pionieri venivano addestrati in veri e propri kibbutz sul territorio germanico. Nonostante l’opposizione del giudaismo internazionale e quella della Gran Bretagna, che non vedeva di buon occhio una massiccia immigrazione ebraica che creasse tensioni con gli arabi in una regione da essa amministrata, Hitler continuò ad approvare questa politica fino in piena guerra, quando già i famigerati campi di sterminio funzionavano a pieno ritmo. Gli eventi bellici inevitabilmente rallentarono, ma non arrestarono il costante flusso migratorio, che in meno di un decennio interessò un totale di circa sessantamila persone.

Un interesse comune al nazismo e al sionismo? Sembra paradossale, ma risulta proprio così, come denunciano ambienti ebraici antisionisti. Gli uni volevano la “razza pura”, gli altri la rinascita della nazione e di uno Stato ebraici. I secondi, anzi, acclamarono entusiasti le leggi razziali, che venivano finalmente a ripristinare la separazione tra Giudei e Gentili richiesta dalla Torah, ma di fatto non più rispettata. Ciò che i rabbini faticavano a esigere sarebbe stato ora imposto da un governo pagano con la loro complicità. Alla risurrezione di Israele si ponevano però almeno due grossi problemi: anzitutto, bisognava convincere a partire una popolazione che non aveva certo voglia di abbandonare le proprie floride e consolidate posizioni per andare a far fiorire il deserto con la vanga in una mano e un mitra nell’altra; in secondo luogo, quella striscia di terra tra il Mediterraneo e il Giordano non avrebbe mai potuto accogliere tutti gli ebrei sparsi nell’orbe. Si imponeva così la necessità di un intervento di selezione che costituisse al contempo un convincente incentivo a cambiare aria…

Qualcuno urlerà di scandalo, accusando questa ricostruzione di essere pura fantasia antisemita. Ma nelle pubblicazioni sioniste degli anni Trenta si trovano riflessioni e affermazioni che vanno proprio in questo senso. C’è di più: la ricostituzione dello Stato d’Israele vi è collegata – guarda caso – alla realizzazione di un nuovo ordine in Europa (e quindi nel mondo, dato che all’epoca i Paesi europei ne erano in buona parte padroni), mentre la soluzione finale del problema ebraico (parole loro) comportava l’abbandono del Vecchio Continente da parte dei giudei – forse perché il continente cristiano per eccellenza, nel loro piano, era condannato al degrado e alla rovina? Certo è che, una volta rinnegato il vero Messia inviato da Dio, se ci si ostina nell’impenitenza bisogna per forza inventarsi un messianismo sostitutivo (di natura politico-finanziaria) e sopprimere la realtà che da Lui è nata, poiché la sua sola esistenza costituisce un incessante rimprovero e un tacito richiamo alla conversione (anche se, per compiacere il rabbinismo, ha smesso di lanciarlo e di pregare per essa).

Ecco la vera posta in gioco: la sopravvivenza della Chiesa. In Medio Oriente la presenza cristiana è quasi scomparsa; in Occidente è ridotta al lumicino – e quel poco che rimane si è in larga parte corrotto in seguito a un concilio pastorale. L’America Latina è presa d’assalto da ricchissime sètte protestanti; l’Africa, già stritolata dal debito estero, nell’assoluta indifferenza dei mass-media è decimata da bande di macellai armati dalle multinazionali. L’evangelizzazione langue, bollata di proselitismo da chi dovrebbe invece promuoverla o ridotta a dialogo interreligioso, specialmente in Asia. Saremo accusati di semplicismo o di fanatismo a voler ricondurre tutto ad una matrice unica, ma chi può negare che certi banchieri finanzino sètte, rivoluzioni, terroristi e… teologi? Mancano le prove, accidenti! Ma facciamo un esempio per tutti: a chi fu affidata la stesura del paragrafo 4 della Nostra aetate? Ma è ovvio, che diamine: a una commissione di rabbini.

L’immane operazione di mistificazione culturale e di lavaggio del cervello che, grazie a una classe politica prona al sionismo, subiamo da settant’anni non trova più un argine nemmeno nella Chiesa Cattolica, la cui gerarchia se n’è anzi fatta in buona parte complice. La carità e l’amore per la verità esigono invece che si individui e denunci la menzogna per il vero bene di tutti i figli di Abramo: di quelli secondo la carne, per la loro conversione; di quelli secondo la fede, per la loro resipiscenza.
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GIORNATA DELLA MEMORIA.


Lazar’ Moiseevič Kaganovič , ebreo, Segretario del comitato centrale del partito comunista ucraino nel 1928, compì la sua ascesa politica come braccio destro di Stalin e divenendo membro del Politburo nel 1930. Sempre sotto Stalin fu responsabile  dell’organizzazione logistica dell’Holodomor.  Mai soggetto ad alcuna purga, è morto nel suo letto nel 1991, a 97 anni, con la pensione di Stato.

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http://www.maurizioblondet.it/giornata-della-memoria/

L'unico vero Olocausto, da non dimenticare.
L’unico vero Olocausto, da non dimenticare.

Articolo apparso sul New York Times di oggi, pagina 12. Traduzione (sine glossa) e grassettature a cura della redazione [RS]

Questo Papa è un punto di riferimento per il dialogo interconfessionale: ed è ciò che serve ora, per rimuovere una chiesa cattolica dal luogo dove un milione di Ebrei è stato ucciso.


di Avi Weiss (*)

Questo venerdì ricorre il 72esimo anniversario della liberazione del noto complesso costituito dai campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau, dove, durante l’Olocausto, un milione di Ebrei furono trucidati. Il complesso comprendeva Auschwitz I e, a quattro chilometri, il molto più grande Auschwitz II, noto anche come Birkenau, dove i Tedeschi costruirono quattro grandi camere a gas e dove si verificò la quasi totalità delle morti da parte ebrea. Birkenau era la più letale tra le fabbriche della morte approntata dal regime nazista per sterminare gli Ebrei.
Negli anni Ottanta, i Cattolici che abitano nel villaggio di Brzezinka (è questo il nome polacco di Birkenau) costruirono una chiesa all’interno del campo, sovrastata da una grande croce, con un’altra grande croce eretta sul sagrato. La chiesa occupa l’edificio che costituiva il quartier generale dei comandanti, quindi si trova all’interno del perimetro del campo di sterminio, come mostrano anche le fotografie aeree. Questo viola un accordo siglato, nel 1987, dai cardinali europei e dai leader delle comunità ebraiche, secondo il quale non dovevano esserci luoghi di culto cattolici (permanenti) all’interno dei siti di Auschwitz e Birkenau.
Questa chiesa va spostata, e Papa Francesco ha il potere di farlo. Posso testimoniare la sua gentilezza umana, quando ancora non era Papa, in occasione del mio viaggio a Buenos Aires quando nel 1994 il centro ebraico fu colpito da un attacco terroristico, che provocò 85 vittime. Si trattò di uno dei più grandi attacchi agli Ebrei della diaspora, dopo l’Olocausto. Incontrai anche Abraham Skorka, un rabbino argentino conservatore. In quei giorni difficili, l’arcivescovo di Buenos Aires, amico fraterno di Skorka, parò con profondo amore e profonda compassione, portando il suo supporto alla comunità ebraica. Oggi quell’arcivescovo è Papa Francesco.
Vi è poi un precedente, nel senso di un’azione papale volta a preservare l’accuratezza nella memoria dell’Olocausto. Nel 1993 infatti, dopo una protesta da parte di gruppi ebraici, Giovanni Paolo II ordinò ad un convento carmelitano di abbandonare una costruzione che occupavano nel campo di Auschwitz I. Papa Francesco può dunque, similmente, ordinare di spostare quella chiesa fuori dal campo, mostrando la stessa consapevolezza e compassione che il suo predecessore ha dimostrato e preservando l’autentica memoria degli Ebrei uccisi a Birkenau, che non possono più difendersi.
Con questa richiesta, la nostra comunità non intende dire che non ci siano state vittime cattoliche ad Auschwitz-Birkenau: circa 75mila Cattolici polacchi vi furono infatti uccisi, ma per motivi non connessi con la loro identità religiosa (ad esempio, per motivi politici). A Birkenau il 95% circa delle vittime era ebrea, e si trattò di genocidio. Neppure desideriamo che gli abitanti di Brzezinka vengano privati della loro chiesa parrocchiale: devono costruirne una nel paese, lontano dal campo.
Una chiesa è un luogo sacro e lo riconosciamo; ma la scelta del sito dà un’impressione distorta della realtà di ciò che era Birkenau, portando i visitatori a ritenere che fosse stato realizzato per eliminare i Cattolici polacchi, piuttosto che gli Ebrei. Se la chiesa non verrà rimossa, i visitatori concluderanno, del tutto legittimamente, che Birkenau sia stato il luogo di un genocidio cristiano: ma non vi era alcun programma di uccidere i cristiani in quanto cristiani, mentre c’era il programma nazista di sterminare tutti gli Ebrei, obiettivo quasi raggiunto con i sei milioni di vittime dell’Olocausto.
Non è facile per me chiedere la rimozione di quella chiesa, ben sapendo che posso urtare i miei fratelli e sorelle Cattolici: sono un rabbino ortodosso che ha molto a cuore i rapporti interreligiosi. Quando, nell’aprile di due anni fa, i cristiani furono trucidati nel corso di un attacco ad un’università kenyota, la nostra congregazione newyorkese offrì la sua affettuosa vicinanza ai Cattolici di St. Gabriel, e io piansi con il Rev. John Knapp. Come rabbino devo avere un profondo rispetto per le persone, per i simboli religiosi e per i luoghi di culto di tutte le religioni, e lo provo in particolare nei confronti dei cristiani oggi ammazzati in Africa e in Medio Oriente, come sono stati gli Ebrei nel corso della storia. Ma ciononostante, bisogna dirlo: una chiesa non c’entra nulla con il più grande cimitero ebraico del mondo, Auschwitz-Birkenau. Ecco perché, nel 1995 (cinquantesimo della liberazione), ho condotto un sit-in durato un’intera giornata per chiedere il suo trasferimento. Alla fine fummo arrestati.
Ma adesso, con un diverso Papa, di sensibilità storica e grande senso di giustizia, come ho potuto toccare con mano a Buenos Aires, speriamo che la nostra supplica trovi infine accoglimento. Ogni anno sono sempre meno i testimoni dell’Olocausto: il più noto di tutti, Elie Wiesel, è morto l’anno scorso; presto ci resteranno solo i libri e gli edifici storici, muti monumenti alla memoria, che dovranno presentare la storia com’era, senza distorsioni di alcun tipo che possano dare alla memoria una forma che essa non ha. Il passato, il futuro, e i morti dell’Olocausto non meritano di meno.

(*) rabbino fondatore del Hebrew Institute of Riverdale (Bronx), della Yeshivat Chovevei Torah e della Yeshivat Maharat e autore di “Open Up the Iron Door: Memoirs of a Soviet Jewry Activist”.
 http://www.radiospada.org/2017/01/togliete-quella-chiesa-da-auschwitz/

Giorno della Memoria: Israele ha vinto!

Palinsesto televisivo di oggi (dal “Corriere”)
Sarà un’impressione, ma mi pare che quest’anno il “Giorno della Memoria” sia stato un po’ sottotono: niente gogna per il cattivone di turno (storico revisionista? antisemita “del web”? critico di Israele?), niente sovraesposizione mediatica dei rappresentati delle comunità ebraiche (anche dovuto alla dipartita del gaffeur di professione Pacifici); solo qualche leggera modifica dei palinsesti per renderli ancora più jew-friendly.

Cos’è successo? La risposta è tanto amara quanto semplice: Israele ha vinto. Non c’è più bisogno di fare hasbarà suscitando il vittimismo delle opinioni pubbliche italiane ed europee, dal momento che ormai siamo tutti convinti (consapevolmente o meno) che i problemi di Israele sono i nostri problemi.

Fino a pochi anni fa la situazione era diversa: la Palestina si portava su tutto (ricordate le kefiah e le bandiere?) e molti consideravano Israele una parte del problema mediorientale e non di certo la soluzione a esso (come emergeva da certi sondaggi imbarazzanti, che poi hanno smesso di fare).
Tuttavia in questi anni ’10 del nuovo secolo, molto è cambiato: le primavere arabe e la guerra civile in Siria hanno definitivamente separato la causa anti-imperialista da quella anti-sionista; gli attentati in Europa hanno consentito a Israele di accreditarsi come “modello” per la gestione delle minoranze arabe; infine, il ritorno sulle scene dei curdi, da sempre pupilli di Israele, ha permesso di dimenticare la tragedia palestinese senza troppi sensi di colpa.
 Gli ebrei italiani non hanno neppure bisogno di organizzare il teatrino dell’anno scorso contro l’Iran: ormai la “linea” è passata, Israele è severo ma giusto, gli arabi sono tutti potenziali sostenitori dell’Isis e i palestinesi solo delle teste calde da tenere a bada.

Perciò oggi bastano giusto un paio di filmetti, tanto per prolungare ancora un po’ questa estenuata e malinconica liturgia della memoria.

Oscar Gold, il film più triste sull’olocausto

Tra le tante pellicole sulla Shoah che verranno trasmesse nel “Giorno della Memoria”, consiglio a tutti la visione di Oscar Gold, definito dalla critica “il film più triste di tutti i tempi”.
È la storia di un ragazzino ebreo mentalmente ritardato e affetto da alcolismo, che nella Polonia del 1939 trova il coraggio di affrontare la vita grazie all’amicizia con un cagnolino, il quale per disgrazia morirà prematuramente.


Sì, questa cosa avrei potuta risparmiarmela (almeno oggi), ma in realtà la polemica ci può stare. Non contro il filone olocaustico in sé (che, oltre ad averci regalato dei capolavori, ci ricorda quanto sono cattivi i tedeschi), ma contro questa specie di “licenza di antisemitismo” che viene conferita a certi “intoccabili”.
Oscar Gold è infatti uno spezzone tratto da un episodio (“Tearjerker/Strappalacrime”) del cartone animato americano American Dad!, trasmesso regolarmente durante le ore pomeridiane da Mediaset (Italia 1) e Sky (Fox). Assieme all’altra serie animata, I Griffin, ideata dallo stesso autore, è forse l’unico programma in onda sulla tv italiana in cui si possono sentire battute apertamente antisemite: gli ebrei vengono ritratti secondi i peggiori stereotipi, affamati di soldi, poco dediti all’igiene personale, affetti da migliaia di nevrosi e dal carattere insolente e arrogante. Anche la Shoah viene spesso ridicolizzata attraverso i suoi simboli più significativi (per esempio Anna Frank).

Ora, certe cose potrebbe pure essere adatte a un pubblico americano, ma in Italia non hanno molto senso, considerando quanta attenzione è posta dalle nostre comunità ebraiche nel censurare qualsiasi forma di antisemitismo.
Non vorrei che questo silenzio un po’ sospetto fosse dovuto a una sorta di conformismo, che impedirebbe di scagliarsi contro taluni per non apparire “bigotti”.
Come si può facilmente intuire, il primo bersaglio di questi cartoni resta il cristianesimo, che viene oltraggiato in modo ancora più crudele dell’ebraismo. È chiaro che oggi i cattolici non possono (e non vogliono) dire nulla contro chi si fa beffe di Cristo: ma l’Ucei, essendo autorizzata a criticare qualsiasi cosa, potrebbe finalmente prendersela non con il solito capro espiatorio (magari già preventivamente lapidato dalla stampa), ma contro qualche avversario decisamente più scomodo da affrontare.
D’altronde il gesto non condurrebbe in automatico alla censura, che in fondo non è nemmeno necessaria (quella la riserviamo solo agli storici revisionisti o ad Ariel Toaff), ma in sé sarebbe apprezzabile, perché dimostrerebbe la volontà di vivere in una società più giusta e tollerante verso tutti, e non semplicemente dominata dai professionisti del vittimismo.
https://materialismosacro.blogspot.it/2017/01/oscar-gold.html

Shoah: una memoria (in)finita

Il “Giorno della Memoria” sta per concludersi e chiudiamo anche noi con qualche considerazione finale.
La Memoria (ipostatizziamo tutto con la maiuscola, così è più semplice) non è la forza che regola la Storia: al contrario, è l’Oblio a governare il tutto. Questa è una riflessione amara, forse tragica, anche se non saprei dire a quale tipo di tragicità appartenga (Hegel avrebbe detto a quella greca, visto che nel suo antisemitismo negava alle tragedie ebraiche ogni consistenza).
Con queste cerimonie pubbliche si tenta di fare della Shoah un evento metastorico, al di sopra e al di là della Storia; è un tentativo disperato di procrastinare l’inevitabile esclusione dell’olocausto ebraico della supremazia nella “Memoria”.
Tuttavia, una volta che anche i riti collettivi avranno esaurito la loro energia, si dovrà per forza passare alle “maniere forti”.
Finora ne abbiamo avuto un’avvisaglia, nei tentativi di reintrodurre il reato d’opinione attraverso quei provvedimenti “contro il negazionismo”. È una deriva allarmante, della quale mi occupo spesso, nonostante non sia così ingenuo da credere a una libertà di ricerca assoluta e indipendente da ogni contingenza: semplicemente, penso si tratti di una distorsione dei principi che, bene o male, tutti abbiamo accettato.
Senza troppi giri di parole: se io volessi scrivere un libro per dimostrare che Gesù Cristo è un fungo allucinogeno, come fece John Marco Allegro nel 1970, potrei farlo senza essere indagato, processato, arrestato. Se volessi invece affrontare una tematica come la Shoah con gli stessi metodi, finirebbe male. Forse l’esempio può sembrare estremo, ma per rimanere coi piedi per terra (anche se stiamo sempre parlando di un’assurdità), con le leggi anti-revisionismo vigenti oggi in Paesi come Francia e in Germania, da quelle parti rischierebbe la galera chi compilasse uno studio sull’olocausto che escludesse completamente le testimonianze dei sopravvissuti dalle fonti. È una manipolazione? Può darsi, ma ad ogni modo non è lecito controbattere con un paio di manette.
Non è insomma accettabile (e mai lo sarà) considerare il revisionismo come un crimine, anche perché persino la stessa ricerca sulla Shoah ha potuto trarne un indiretto giovamento (almeno fin quando era legale), depurandosi di quelle incrostazioni mitiche effettivamente create dalla propaganda di guerra (come, per esempio, la leggenda dei cadaveri degli ebrei utilizzati per fabbricare saponette, bottoni, carne in scatola e coprilampade – che tuttavia viene ancora ripetuta in alcuni testi divulgativi –).
Una considerazione finale, forse la più importante: associando continuamente al “Giorno della Memoria” la necessità di repressione si rischia di resuscitare quelle liturgie novecentesche alle quali paradossalmente tali iniziative vorrebbero rappresentare un’antitesi o addirittura una “cura”.
Non vorrei nascesse uno strano cortocircuito con la frastornante propaganda a favore dello Stato di Israele, che viene sempre propinata invalidando la potenziale universalità della “Memoria”, perché (è sgradevole ricordarlo) un “culto dei martiri” peculiare alla propria natura è sempre stato una delle condizioni di possibilità del fascismo come lo abbiamo conosciuto.
 

2 commenti:

  1. feteci caso,quasi tutti gli ebrei sono per il meticciat delle razze.
    Ma l unica razza che non si mischia è la loro.

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  2. E' da quando sono alta una spanna che sento e risento dell' olocausto. Portate pazienza, sarò cattiva, ma non ne posso più. Intendiamoci, mi spiace per quello che è successo.Ma io sono cattolica e mi piacerebbe un pochettino che i nostri cattolici parlassero un po' di più dell'olocausto di Nostro Signore,dei cristiani a centinaia di migliaia che sono morti nelle prigioni, nei campi di concentramento sia nazisti che comunisti. Nelle foibe di titina memoria,nei gulag russi, nei campi di rieducazione cinesi, nelle fedite galere vietnamite, nelle carceri cubane. Dei preti missionari trucidati ( forse gli sta bene visto che andavano per fare proseliti per il regno dei Cieli ), delle suore uccise, dei cristiani crocefissi alle porte delle case in Sudan.La persecuzione ai cristiani è ancora ben attiva e straziante. Quindi sarebbe meglio che i leccapiedi cattolici piangessero i nostri morti invece dei morti altrui. Noi possiamo e abbiamo compassione per le sofferenze degli altri, ma...... jane

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