Echi dell’incontro di martedì 10 gennaio in Sala Stampa vaticana per la presentazione del nuovo settimanale de “L’Osservatore Romano”, con il Sostituto Segretario di Stato Angelo Becciu e il direttore Giovanni Maria Vian. In sala anche il prefetto della Segreteria per la comunicazione vaticana Dario Edoardo Viganò.
Lugete o Veneres Cupidinesque/et quantum est hominum venustiorum/passer mortuus est meae puellae… Calma, ragazze e ragazzi: non siamo ancora a questo punto. Se Catullo piangeva la morte del passero della sua morosa, non è ancora il caso di mettersi in gramaglie per il trapasso de “L’Osservatore Romano” come è universalmente conosciuto, anche se…il rischio incombe minacciosamente. Quello cioè che il glorioso quotidiano cartaceo della Santa Sede venga ridotto in quanto tale ai minimi termini, quelli delle poche decine di copie per edicole e Congregazioni attorno a piazza San Pietro.
E allora il titolo sul “trapassò”? Sappiamo che “trapassare” può significare defungere oppure “passare al di là, da un luogo a un altro, da una condizione a un’altra”. Proprio in quest’ultimo senso va interpretata la decisione di pubblicizzare con un incontro in Sala Stampa Vaticana il potenziamento, meglio: la trasformazione, dell’ormai quasi settantenne settimanale in lingua italiana de “L’Osservatore Romano” in una rivista graficamente attraente e dai principali contenuti di pura impronta bergogliana: testi di Francesco, cura della casa comune, ricerca della pace, dialogo ecumenico ed interreligioso, grande attenzione al ruolo della donna. Diciamo pure: se l’editore fosse il Segretario generale dell’Onu nessuno se ne sorprenderebbe, tanto la rivista appare congrua a quel tipo di ‘società fluida’ amata dal potere finanziario, politico e culturale che ci governa.
Il fatto è che la deriva onusiana del settimanale de “L’Osservatore Romano” va di pari passo con la riduzione progressiva dell’importanza del quotidiano. Come ha rilevato in Sala Stampa vaticana il direttore Giovanni Maria Vian, ormai chiudono sempre più edicole, mentre i canali di distribuzione si rarefanno: la tiratura, poi, è sempre stata il “punto debole” de “L’Osservatore”, che ebbe il periodo di maggior gloria negli Anni Trenta (fu una delle poche voci libere rimaste) e, nel secondo dopoguerra, una punta di quasi ventimila copie giornaliere nel periodo conciliare e post-conciliare sotto la direzione di Raimondo Manzini (1960-78). Oggi la tiratura giornaliera è già inferiore alle diecimila copie e del resto nei nove anni di direzione Vian l’organico è diminuito “per via naturale” del 30%. Dunque non è azzardato prevedere che - nell’ambito della riorganizzazione, “razionalizzazione”, “risparmio” voluti dalla grande riforma della comunicazione vaticana guidata dal prefetto Dario Edoardo Viganò (presente in sala, ma silente) – “L’Osservatore” cartaceo a breve sarà reperibile, come detto, solo per gli intimi di piazza San Pietro.
Del resto lo stesso Viganò rilevava tra l’altro in una nostra intervista del 2 aprile 2016 per questo stesso sito www.rossoporpora.org : “Come sa, l’Osservatore Romano - che ha un suo portale - ha una distribuzione per lo più per abbonamento. Con le attuali disposizioni delle poste in Italia l’abbonamento del quotidiano non ha alcun senso perché il rischio, non possibile ma certo, è quello di ricevere l’edizione del lunedì pomeriggio il venerdì successivo. Pertanto le strade che intravvedo sono: da un lato una stampa più veloce e meno dispendiosa della rotativa (magari modificando il formato) per le Congregazioni e le edicole attorno al Vaticano e, dall’altro, la valorizzazione del settimanale che, non essendo legato all’attualità, può essere letto dilazionandolo nel tempo”.
“L’Osservatore” invece sarà, come già adesso, presente sul web e tuttavia è presumibile che una buona parte dei lettori affezionati del quotidiano cartaceo del computer non vogliano saperne.
Un’altra domanda sorge spontanea: ma la “trasformazione radicale” (Vian dixit) del settimanale in italiano non sarà stata anche ispirata (oltre che dalle donne del mensile femminile, Vian dixit), anche dalla necessità di preservare posti di lavoro? E’ una necessità certo ben comprensibile, per non rovinare presente e futuro delle famiglie interessate. Tuttavia il direttore, quasi dando l’impressione che quest’altra nostra domanda fosse a dir poco indelicata, ha risposto perentoriamente: “Non ci stiamo inventando nuovi posti di lavoro. Il settimanale non è un escamotage per salvare posti di lavoro”. Rivendicando nel contempo la “novità” dei contenuti della nuova iniziativa, fondata sull’ “apertura”, così da “arrivare a mondi che erano lontani o addirittura estranei alla Chiesa”. Vedi – l’esempio è sempre di Vian – l’entusiasmo suscitato nelle cerchie ambientaliste dalla lettura dell’enciclica Laudato sì.
Ne è conferma clamorosa la ripubblicazione nel primo numero del nuovo settimanale dell’articolo “Semi per Aleppo”, apparso giorni fa in prima pagina de “l’Osservatore Romano” a firma di Carlo Triarico. Il quale, come ha riferito Magister in ‘Settimo cielo’, è il presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica, “metodo di coltivazione inventato un secolo fa dall’esoterista austriaco Rudolf Steiner, basato su un rituale di concimazioni omeopatiche, con tanto di corni di vacca e vesciche di cervo maschio, che dovrebbero far confluire le forze spirituali, cosmiche e astrali nelle piante, rinvigorendole”. Nell’articolo di Triarico si legge che bisogna liberare Aleppo anche “dai cambiamenti climatici che qualche anno fa spinsero le donne e gli uomini a migrare dalle campagne” con conseguente “destabilizzazione degli equilibri demografici” e inizio “delle prime rivolte siriane”, seguite “dalla guerra”. Insomma, annota il presidente biodinamico Triarico, “serve a tutti un movimento per una nuova agricoltura contadina”.
Altra nostra domanda, derivata dal fatto che giustamente il direttore Vian aveva definito “L’Osservatore” quotidiano e cartaceo “un giornale molto particolare”. Sarà così anche per il nuovo settimanale oppure esso rischia di essere solo una rivista cattolica in più, che racchiude contenuti analoghi se non identici a quelli di una miriade di riviste cattoliche già esistenti e generalmente periclitanti (dal punto di vista degli equilibri finanziari)? Che cosa potrà spingere un lettore cattolico a preferire il nuovo settimanale? Risposta del direttore: “La testata”. Ma se una testata non ha dentro di sé contenuti originali, risuona come un cembalo vuoto. E di lettori nuovi non ne attira… anzi rischia di far scappare i vecchi, almeno quelli non convertiti al verbo onusiano.
Un’altra osservazione: all’incontro in Sala Stampa vaticana c’era anche l’arcivescovo Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, cui competono la responsabilità editoriale e di indirizzo ‘politico’ de “L’Osservatore Romano”. La presenza del presule - che ha aperto l’incontro, felicitandosi in particolare per l’ “apertura al mondo” del nuovo settimanale – non era certo casuale, ma voluta per dimostrare pubblicamente che “L’Osservatore” – pur oggettivamente ridimensionato - non è morto e continua a essere sostenuto dalle alte sfere vaticane.
Un’ultima annotazione: nella sezione “Internazionale” del nuovo settimanale avranno una rubrica in alternanza il laico di sinistra Luciano Violante e il cattolico conservatore Antonio Zanardi Landi, già ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede e oggi rappresentante del Sovrano Militare Ordine di Malta presso lo stesso Stato Vaticano. Ci viene spontaneo presumere che la collaborazione di Zanardi Landi possa costituire un segnale di pace nella spiacevole e nota diatriba esplosa in queste settimane all’interno dell’Ordine e tra il Gran Maestro e Santa Marta (che agisce attraverso la Segreteria di Stato).
E L’ OSSERVATORE TRAPASSO’… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 10 gennaio 2017
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