Ma il card. Mueller ha letto “Amoris Laetitia”?
In una intervista al “Timone” il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede risponde a una domanda con queste parole:
" D. – L’esortazione di san Giovanni Paolo II, "Familiaris consortio", prevede che le coppie di divorziati risposati che non possono separarsi, per poter accedere ai sacramenti devono impegnarsi a vivere in continenza. È ancora valido questo impegno?
R. – Certo, non è superabile perché non è solo una legge positiva di Giovanni Paolo II, ma lui ha espresso ciò che è costitutivamente elemento della teologia morale cristiana e della teologia dei sacramenti. La confusione su questo punto riguarda anche la mancata accettazione dell’enciclica "Veritatis splendor" con la chiara dottrina dell’"intrinsece malum". […] Per noi il matrimonio è l’espressione della partecipazione dell’unità tra Cristo sposo e la Chiesa sua sposa. Questa non è, come alcuni hanno detto durante il Sinodo, una semplice vaga analogia. No! Questa è la sostanza del sacramento, e nessun potere in cielo e in terra, né un angelo, né il papa, né un concilio, né una legge dei vescovi, ha la facoltà di modificarlo."
Non soltanto qui si esprimono alcune convinzioni che non sono affatto “magistero acquisito”, bensì forzature recenti nella dottrina comune, ma si citano solo i lavori sinodali e si ignora il testo di AL. Non sono infatti “alcuni padri sinodali” che hanno esposto teorie stravaganti a proposito del rapporto tra Chiesa e matrimonio, ma è il testo stesso di AL ai nn. 72-73 che parla rispettivamente di “segno imperfetto” e di “analogia imperfetta” per definire la relazione tra il sacramento del matrimonio e le nozze tra Cristo e la sua Chiesa. Lo fa apertis verbis e in tal modo permette di considerare, dottrinalmente e pastoralmente, non solo il “bene massimo” del matrimonio, ma anche il “bene possibile”. Rileggiamo i due testi, che il Prefetto sembra non conoscere. Sottolineo in neretto le espressioni più significative:
72. Il sacramento del matrimonio non è una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno. Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché « la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi». Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un discernimento vocazionale.
73. « Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. […] Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù ». Il sacramento non è una “cosa” o una “forza”, perché in realtà Cristo stesso «viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri ». Il matrimonio cristiano è un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’Alleanza sigillata sulla Croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi. Unendosi in una sola carne rappresentano lo sposalizio del Figlio di Dio con la natura umana. Per questo «nelle gioie del loro amore e della loro vita familiare egli concede loro, fin da quaggiù, una pregustazione del banchetto delle nozze dell’Agnello». Benché «l’analogia tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-Chiesa» sia una «analogia imperfetta», essa invita ad invocare il Signore perché riversi il suo amore dentro i limiti delle relazioni coniugali.
Possiamo osservare che:
- nessuno parla di “vaga relazione”, ma di “analogia imperfetta”. Questo non esclude affatto un rapporto di “rappresentazione reale” e di “efficacia” tra sacramento e vita ecclesiale, ma distingue accuratamente e precisamente questa rappresentazione dalla “ripresentazione eucaristica”. Proprio questa “identità” sarebbe una forzatura della tradizione, alla quale sembra inclinare la interpretazione massimalistica avanzata dai 4 cardinali e che il Prefetto Mueller sembra condividere;
- la “legge della continenza” per le famiglie in seconde nozze è una soluzione provvisoria e parziale, che oggi è ancora possibile, ma non è più necessaria. Su questo, a me pare, la idealizzazione del sacramento coincide con una sfigurazione della antropologia. Ed è curioso che la sua formulazione sia stata “inventata” da Familiaris consortio mentre il Prefetto la presenta come una “verità costitutiva della teologia morale e della teologia dei sacramenti”. Trasformare un elemento positivo in struttura speculativa è sempre molto pericoloso. E tanto più lo è se si pretende di farlo ignorando il testo di una Esortazione Apostolica;
- far passare per “opinioni di alcuni padri sinodali” le esplicite parole di una Esortazione Apostolica può compiacere i lettori del Timone, ma non rende un servizio alla verità. Su questo punto il ministero di un Prefetto di Congregazione dovrebbe evitare di creare confusione e registrare la evoluzione di una disciplina, aiutando a comprenderla, piuttosto che fingere di ignorarla.
Mi pongo, infine, alcune domande: perché il Prefetto non legge con la dovuta attenzione i documenti del papa? E perché sposa superficialmente le tesi di cardinali che non vogliono applicare AL, mentre critica apertamente quei Vescovi che si sono messi dentro un serio percorso di recezione del documento? Anche su questo Mueller sembra ignorare che è AL stessa (nn.2-3) a chiedere ciò che il Prefetto censura: infatti un processo di recezione sinodale non è una infrazione al centralismo ecclesiale, ma il rimedio alla sua patologia.
PROTESTANTI, AMORIS LAETITIA: MÜLLER A TUTTO CAMPO SU IL TIMONE. “LA VERITÀ NON SI NEGOZIA”.
Ne “Il Timone” di febbraio il cardinale Gerhard Ludwig Műller, prefetto della Congregazione per la Fede, risponde alle domande in materia dottrinale e pastorale da Riccardo Cascioli e Lorenzo Bertocchi. Un’intervista molto chiara, che sembra sgombrare il campo da ogni possibile equivoco sulle sue posizioni in materia. Sono dichiarazioni di grande interesse e importanza, nel momento in cui la confusione in ambito cattolico sul tema del matrimonio e dell’eucarestia ai divorziati risposati persiste, anche in assenza di una risposta da parte del Pontefice ai “Dubia” espressi da quattro cardinali, e condivisi in forma più o meno esplicita da molti altri cattolici, dai porporati ai semplici fedeli.
Le dichiarazioni del titolare del più importante dicastero vaticano toccano in particolare due ambiti oggi soggetti a un aspro confronto interno: i rapporti con i protestanti e la dottrina cattolica sul matrimonio. “Senza dottrina non c’è Chiesa”, si apre il “lancio” de “Il Timone; e all’interno le sei pagine dell’intervista sono introdotte da un titolo che appare eloquente: “La verità non si negozia”.
Sui rapporti con i protestanti: “La riforma protestante non deve essere semplicemente intesa come una riforma da alcuni abusi morali, ma bisogna riconoscere che andava a incidere sul nucleo del concetto cattolico di Rivelazione”. Allora “si può sempre riformare la vita morale, le nostre istituzioni, università, le strutture pastorali, è necessario anche sbarazzarsi di una certa ‘mondanizzazione’ della Chiesa: tutto questo possiamo accettarlo dalle istanze della riforma protestante, ma dobbiamo dire che per noi ci sono errori dogmatici fra i riformatori che mai possiamo accettare”. Perciò “per cercare l’unità non possiamo accettare di ‘regalare’ due o tre sacramenti, o accettare che il Papa sia una specie di presidente delle diverse confessioni cristiane’”.
Sull’esortazione post-sinodale ‘Amoris laetitia’: “Noi siamo chiamati ad aiutare le persone, a poco a poco, per raggiungere la pienezza del loro rapporto con Dio, ma non possiamo fare sconti”. Ancora: “Non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando Amoris laetitia secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del Papa. Questo non va nella linea della dottrina cattolica”.
Dogma e sviluppo: “Ciò che è definito dogmaticamente non può essere smentito in alcun modo: se la Chiesa ha detto che ci sono sette sacramenti, nessuno, nemmeno un concilio potrebbe ridurre o modificare il significato di questi sacramenti. Chi vuole unirsi alla Chiesa cattolica deve accettare i sette sacramenti come mezzi di salvezza”.
Infine: “La Chiesa ha chiaramente espresso il riconoscimento del matrimonio come una unione indissolubile tra un uomo e una donna (…) In questo le parole di Gesù sono molto chiare e la loro interpretazione non è un’interpretazione accademica, ma è Parola di Dio. Nessuno può cambiarla. (…) La Chiesa non accetta di secolarizzare il matrimonio. Il compito di sacerdoti e vescovi non è quello di creare confusione, ma quello di fare chiarezza”.
Ricordiamo che “Il Timone” è venduto solo in abbonamento (inoltre si può trovare in numerose parrocchie italiane, elenco completo sul sito www.iltimone.org ). Per informazioni contattare abbonamenti@iltimone.org o il numero telefonico 02/69015059 . Da questo numero “Il Timone” si può sfogliare online, a pagamento, su www.iltimone.org il giorno stesso dell’uscita della rivista cartacea.
Marco Tosatti
Riguardo la prima obiezione il riferimento ai padri sinodali anzichè al testo stesso , potrebbe essere un escamotage del cardinale per tenere insieme le giuste osservazioni col ruolo che riveste. In sostanza non smentisce i problemi oggetto dei "dubia" ma forse "propone a suocera affinchè nuora intenda".
RispondiEliminaRiguardo la Familiaris Consortio , il punto messo in discussione da AL (tramite la famosa nota a piè di pagina) sarebbe l’84 , dove si richiama a motivo del diniego proprio la Sacra Scrittura. Appare diffcile considerare questa un’invenzione wojtyliana:
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html