LA PRIMIZIA DELLA PENTECOSTE
Maria, primizia della Pentecoste. Maria è colei che per prima è stata riempita dallo Spirito Santo. La maternità di Maria va molto oltre il concepimento di Cristo: lei è madre dell’umanità redenta, è la nuova Eva
di Francesco Lamendola
L’atto di nascita della Chiesa è riconoscibile nella discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, nel cenacolo, il giorno della Pentecoste. Ma c’è qualcuno che già aveva ricevuto il dono dello Spirito Santo, e che ne era stato colmato: Maria Vergine, la futura madre di Cristo, allorché l’arcangelo Gabriele le era apparso e le aveva annunziato il concepimento miracoloso del Figlio di Dio, salutandola con le parole che generazioni di cristiani ripetono, da secoli e secoli, quando recitano la preghiera dell’Ave Maria: Ti saluto, o Maria, il Signore è con te; egli ti ha colmata di grazia. Maria, quindi, è colei che per prima è stata riempita dallo Spirito Santo; ella è la primizia del Paraclito, del Consolatore, che Gesù avrebbe poi mandato ai discepoli, e che continua ad effondersi sui suoi fedeli e sulla sua Chiesa, attraverso l’azione dei Sacramenti.
Vi sono pertanto una stretta relazione e un evidente parallelismo fra Maria e la Chiesa.
Maria è “piena di grazia” e viene ricoperta dall’ombra dell’Altissimo; la Chiesa riceve lo Spirito Santo nella persona degli apostoli, uno per uno, sotto forma di lingue di fuoco che si posano sul capo e che infondono loro, immediatamente, un dono soprannaturale: la conoscenza delle lingue. Gli apostoli si mettono a parlare nelle varie lingue dei Giudei che vengono da ogni parte del mondo, dalla Media e dalla Cirenaica, da Creta e dalla Mesopotamia, e ciascuno si sente interpellare nella lingua del proprio Paese. Lo Spirito soffia liberamente, generosamente, e mostra agli apostoli la via da seguire, quella – del resto – già indicata loro da Gesù: andare sino agli estremi confini della terra e annunciare, battezzando, il suo Vangelo, il suo Lieto Annunzio. Come Maria è divenuta il tempio vivente di Dio che si è fatto uomo per portare la salvezza, così ora gli apostoli diventano gli strumenti della ulteriore diffusione di quell’annunzio di salvezza: strumenti l’una e gli altri, strumenti resi ancor più docili e perfetti dall’effusione sovrabbondante della grazia. La missione di Maria preannuncia la missione della Chiesa: abbandonarsi interamente a Dio e offrire se stessi per collaborare al suo progetto di redenzione dell’umanità dal peccato.
Su quest’ultimo punto si direbbe che molta teologia contemporanea sia divenuta stranamente reticente. Non si parla molto del peccato, quindi non si insiste troppo sul concetto della redenzione; e a quel punto, naturalmente, non si capisce bene che cosa sia venuto a fare Gesù, né per quale motivo Maria sia stata scelta per concepire il Redentore, né per quale ragione Egli abbia fondato la Chiesa e l’abbia affidata a san Pietro, con l’espresso potere di sciogliere o meno i peccati degli uomini. Che cosa è venuto a fare, dunque, Gesù sulla terra, se non si parla più del peccato, né della redenzione? Se non si parla più del Peccato originale, e nemmeno dei peccati individuali degli uomini? Pare quasi che gli uomini possano redimersi da soli; oppure, che basti un atto di contrizione, dopo aver peccato, e tutto ritornerà al suo posto. Non così, per favore; non tanto in fretta. Dio perdona, certamente: Egli è misericordioso. Nondimeno, il peccato non viene cancellato con l’atto del pentimento; le sue conseguenze permangono, e sono conseguenze dolorose. Se uno calunnia qualcun altro, se ruba, se uccide, e poi si pente, beninteso se si pente intimamente e profondamente, allora Dio, certamente, lo perdona; ma le conseguenze della calunnia, del furto, dell’omicidio, rimangono, non sono cancellate. Nessuno, nemmeno Dio, potrebbe cancellarle. Chi è stato calunniato, chi è stato derubato, soffrono; e chi è stato ucciso non tornerà in vita, e i suoi parenti, i suoi figli, i suoi amici, continueranno a soffrire. Dunque, il peccato è una cosa terribilmente seria; e, dopo aver peccato, non è sufficiente il pentimento, ci vuole anche la disponibilità all’espiazione. Se non c’è la sincera volontà di espiare, anzi, si può dire che non vi sia neppure autentico pentimento. E se non c’è autentico pentimento, non c’è nemmeno il perdono di Dio. Dio perdona, ma non si fa prendere in giro: è buono, non è buonista. Ed ecco Maria come mediatrice di grazia e di perdono: come dice Dante (Paradiso, XXXIII, 14-15), qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali. Maria, allora, non è solo la Madre di Dio; ella è anche la Madre della Divina Grazia.
Osservava Raniero Cantalamessa nel suo libro Maria. Uno specchio per la Chiesa (Milano, Editrice Àncora, 1989, pp. 206-208):
Maria, che Luca ci ha presentato negli Atti perseverante nella preghiera in attesa dello Spirito Santo, è la stessa che l’evangelista ci presenta, all’inizio del suo Vangelo, come colei sulla quale è asceso lo Spirito Santo. Alcuni elementi fanno pensare a uno stretto parallelismo fra la venuta dello Spirito Santo su Maria nell’Annunciazione e la venuta sulla Chiesa a pentecoste, sia tale parallelismo VOLUTO dall’evangelista, sia DOVUTO alla corrispondenza oggettiva tra le due situazioni.
A Maria, lo Spirito Santo è promesso come “potenza dell’Altissimo” che “scenderà” su di lei (cf Lc 1, 35); agli apostoli è promesso ugualmente cime “potenza” che “scenderà” su di essi “dall’alto” (cf Lc 24, 49; At 2, 8). Ricevuto lo Spirito Santo, Maria si mette a proclamare (“megalynei”), n un linguaggio ispirato, le grandi opere (“megala”) compiute in lei dal Signore (cf Lc 1, 46-49); ugualmente gli apostoli, ricevuto lo Spirito Santo, si mettono a proclamare in varie lingue le grandi opere (“megaleia”) di Dio (cf At 32, 11). Anche il Concilio Vaticano II mette in rapporto tra loro i due eventi, quando dice nel Cenacolo “vediamo Maria implorare con le sue preghiere il dono dello Spirito, che all’Annunciazione l’aveva presa sotto la sua ombra”(“Lumen gentium”, 59).
Ma tutto questo ha importanza relativa, rispetto a quella affermazione chiara che si legge nel Vangelo, rivolta a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (Lc 1, 35). Accanto a questa affermazione precisa, possiamo cogliere, nel Vangelo di Luca, un altro fatto indicativo. Tutti quelli ai quali è mandata Maria, dopo questa discesa dello Spirito Santo, sono, a loro volta, toccati, o mossi dallo Spirito Santo (cf Lc 1, 41; 2, 27). È certamente la presenza di Gesù che irradia lo Spirito, ma Gesù è in Maria e agisce attraverso di lei. Lei appare come l’arca o il tempio dello Spirito, come suggerisce anche l’immagine della nube che l’ha coperta della sua ombra. Essa infatti richiama la nube luminosa che nell’Antico testamento, era segno della presenza di Dio o della sua venuta nella tenda (cf Es 13, 22; 19, 16).
Matteo conferma questo dato fondamentale che riguarda Maria e lo Spirito Santo, dicendo che Maria “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1, 18) e che quello che fu generato in lei veniva “dallo Spirito Santo” (Mt 1, 20).
La Chiesa ha raccolto questo dato rivelato e lo ha collocato ben presto nel cuore del suo simbolo di fede. Fin dalla fine del II secolo, è attestata, nel cosiddetto Simbolo apostolico, la frase secondo cui Gesù “è nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine”. Nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli del 381 – quello che definì la divinità dello Spirito Santo -, tale articolo entrò anche nel simbolo Niceno-Costantinopolitano, dove si legge di Cristo che è “Incarnato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine”.
Si tratta dunque di un dato di fede accolto da tutti i cristiani, sia d’Oriente che d’Occidente, sia cattolici che protestanti. È una base sicura e non è piccola. Maria appare legata allo Spirito Santo da un vincolo oggettivo, personale e indistruttibile: la persona stessa di Gesù che insieme, anche se con apporti assolutamente diversi, hanno generato. Per tenere separati tra loro Maria e lo Spirito Santo, bisogna separare lo steso Cristo, nel quale le loro diverse operazioni si sono concretizzate e oggettivate per sempre. Si voglia o no chiamare Maria Sposa dello Spirito Santo, come hanno fatto sa Francesco d’Assisi e altri dopo di lui, resta che Gesù ha unito Maria e lo Spirito Santo più di quanto un figlio unisca tra loro il padre e la madre, perché se ogni figlio, con la sua semplice esistenza, proclama che padre e madre sono stati uniti un istante secondo la carne, questo figlio che è Gesù proclama che lo Spirito Santo e Maria sono stati uniti“secondo lo Spirito” e perciò in modo indistruttibile. Anche nella Gerusalemme celeste, Gesù risorto resta colui che fu “generato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine”. Anche nell’Eucaristia, riceviamo colui che fu “generato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine”.
Cantalamessa, classe 1934, cappuccino, docente universitario, teologo, predicatore, volto assai noto anche alla televisione, ultimamente sempre più defilato dal pubblico in favore di un orientamento verso la vita contemplativa, è stato protagonista suo malgrado, in occasione di una predica tenuta nel Venerdì Santo del 2010, di un famoso “incidente” con alcune comunità ebraiche. La sua “colpa” era stata quella di aver fatto riferimento alla lettera di un suo amico ebreo, nella quale si paragonava la campagna diffamatoria condotta dai media contro la Chiesa cattolica, prendendo a pretesto alcuni casi di abusi sui minori, all’antisemitismo. Non l’avesse mai fatto! Le indignatissime reazioni di entrambe le parti, le comunità ebraiche e le associazioni di vittime della pedofilia, lo costrinsero a chiedere prontamente scusa alle une e alle altre, profondendosi in umilianti chiarimenti e giustificazioni, e ribadendo tutta la sua solidarietà tanto a queste che a quelle. E si noti che Cantalamessa aveva preso lo spunto, per la sua predica, proprio dalla lettera di un suo amico ebreo: che quel parallelismo, cioè, non veniva da lui, ma da un ebreo! Niente da fare: in quella occasioni si è visto fino a che punto un cattolico può spingersi a dire ciò che pensa, e dove si deve arrestare: la dittatura del politicamente corretto si è talmente stabilita e consolidata, che nessuno può sperare di sottrarvisi, in alcuna maniera. Il cappuccino, in particolare, ha dovuto precisare che il papa, Benedetto XVI, nulla sapeva del contenuto della sua predica. Essendo divenuta, la sua, una voce semi-ufficiale del Vaticano, tale chiarimento era necessario per sottrarre il papa da una ulteriore campagna di delegittimazione, quale già aveva subito, e non una volta sola, ad esempio in occasione di una vecchia intervista mandata in onda, sulla televisione svedese, di monsignor Williamson, al quale, insieme ad altri tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, era stata appena revocata la scomunica comminata loro insieme a monsignor Lefebvre.
Basterebbe questo episodio per renderci simpatico padre Cantalamessa, anche se crediamo che non sarebbe male, se, qualche volta, davanti a simili provocazioni e a così sfacciati ricatti, gli esponenti del mondo cattolico si ribellassero e mostrassero un po’ più di fierezza e di coscienza di rappresentare una grande, antica tradizione, che non deve chiedere scusa ad ogni angolo di strada, solo perché ceri poteri occulti vogliono far pesare la loro dittatura, cogliendo ogni minimo pretesto per umiliare e mortificare i cattolici che hanno il “difetto” di pensare con la loro testa e di non nutrire particolari complessi di colpa nei confronti dell’Olocausto e nei confronti di qualsiasi altra minoranza che abbia subito, o che ritenga di aver subito, violenze e discriminazioni nel corso della storia. Delle quali, chi sa perché, il vero ed ultimo responsabile, se non altro morale, sarebbe sempre la Chiesa cattolica. Finché i nemici della Chiesa vedranno i cattolici così timidi, così remissivi, così disposti ad assumersi colpe immaginarie, solo per placare il loro rancore e per blandire la loro perenne ostilità, essi non desisteranno mai dal loro atteggiamento e non sospenderanno mai i loro continui attacchi; anzi, li intensificheranno sempre di più, spingendoli ogni volta un poco più in profondità.
Comunque, tornando alle riflessioni svolte nel brano sopra riportato, appare come Cantalamessa abbia colto ed evidenziato il parallelismo fra la discesa dello Spirito Santo su Maria e la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel cenacolo, a porte chiuse, cinquanta giorni dopo la Pasqua, e dopo che Gesù era asceso al cielo. Anche in questo senso, pertanto, si può dire che Maria è Madre e protettrice amorevole della Chiesa: come è stata la Madre del Cristo, così ella è anche la Madre e la protettrice di tutti i credenti; e come lei ha mostrato la via da seguire, farsi totalmente “sì” al disegno di Dio, così anche i credenti trovano in lei un modello perfetto, e, nello stesso tempo, una mediatrice ed una ausiliatrice amorevole. La maternità di Maria va molto oltre il concepimento di Cristo: lei è madre dell’umanità redenta, è la nuova Eva che ha reso possibile ristabilire la relazione amorevole e diretta fra Dio e gli uomini, che l’altra Eva, la prima, aveva interrotto, insieme ad Adamo, disobbedendo a Dio e ricambiando con l’invidia e l’ingratitudine gl’immensi doni da Lui ricevuti. Nel Paradiso terrestre, Eva ha disprezzato la grazia di Dio e ha voluto, per gelosia e per orgoglio, rendersi simile a Lui, inducendo in peccato anche il suo uomo, Adamo; nella condizione dell’umanità decaduta, dell’umanità immiserita dalle conseguenze del Peccato originale, Maria, la nuova Eva, ha meritato d’esser colmata dalla grazia di Dio, divenendo la Panargia, la Tutta Santa. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae…
Maria, primizia della Pentecoste
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