ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 14 aprile 2017

Dalla paura al sacro timore

Dalla paura al sacro timor di Dio fino all’Amor di Dio



Chi teme la sana paura?
Non è un gioco di parole ma lo stato attuale in cui versa la Chiesa e il mondo, che è davvero preoccupante perché, invece di affrontare certi argomenti, si preferisce, oggi, esorcizzare, ossia allontanare, scacciare certi argomenti e così credere di aver vinto le proprie paure. Ma non è così. Si è provato a farlo con la Morte. Oggi la Morte è esorcizzata con l’Halloween, con le feste mascherati da mostri, da scheletri, si ride e si balla, si fa festa, ci si ubriaca di effimero per non doverci pensare troppo. Oppure attraverso il cinema con film ultra fanta-scienza, di mistico panteismo pieno di eroi immortali, attraverso video giochi sempre più violenti, ma pieni di eroi, anche se qualcuno muore…
Oggi i funerali sono stati trasformati in orge di battimani, elogi, anzi, canonizzazioni ai defunti perché è ovvio, guai a pensare che qualcuno possa essere finito all’Inferno o in Purgatorio, macché, tutti in Paradiso, per diretto e per diritto. Si dice del resto “chi sono io per giudicare?” eppure non si fa difficoltà ad imporre la canonizzazione di qualche defunto che in vita ha dato falsa testimonianza sul vero Cristo, sulla vera Vita, sui Comandamenti, seminando la cultura della morte… oppure che si trova lì ai suoi funerali perché si è ucciso, o si è fatto uccidere in nome del dio eutanasia, e ti devi sentire emotivamente coinvolto, altrimenti sei un escluso dalla società, sei uno… sfigato! Fa pensare poi che laddove s’impone una via al Paradiso “per diritto”, ci si ostina però a negare l’Inferno e pure il Purgatorio, come invenzione della Chiesa per impaurire, assoggettare gli uomini.
Dunque il Paradiso “esiste” e ci si va, per taluni, troppi, per diritto… l’inferno è invenzione… e c’è del buono, paradossalmente parlando, in questo pensiero perché significa che l’uomo, anche tra i più peccatori incalliti, o il cattolico più modernista, tutto sommato non nega l’inferno a priori, lo nega PERCHE’ LO TEME, scatta un rifiuto al concepire che la nostra anima possa finire in una dannazione eterna. Ed è naturale questo, perché noi siamo stati creati per Amore e la dannazione non era per noi. Purtroppo però, negare l’Inferno, non aiuta ad evitarlo. Si denigrano le profezie e si vuol mettere a tacere la vergine Santa e i Veggenti, come avvenne per Noè e tutti i veri Profeti…. pur di non ascoltare la Verità sul nostro stato di salute.
San Francesco d’Assisi la chiamava “Sorella”, sorella Morte, perché questa, vinta dalla Risurrezione del Cristo, è diventata un passaggio che se affrontato, però, in grazia di Dio, ci porta fra le braccia del Cristo, non è che ci sono altre vie (Gv.14,6). I Santi non vedevano l’ora di morire non perché volessero l’eutanasia o perché odiassero vivere, ma perché avendo conosciuto la realtà del Paradiso – non amavano il mondo il cui “principe” è Satana – non vedevano l’ora di goderselo pienamente, vivere era per loro il “dolce tormento”: dolce perché sapevano di vivere “come” il Cristo, tormento perché vivere era per loro come un travaglio, un nascere alla vera Vita eterna, nel “grembo” di Dio.
La chiesa di oggi pare aver abbandonato la sua vera identità che la colloca nel mondo, innanzi tutto, quale segno di “contraddizione” proprio con le ideologie del mondo e le sue politiche. Questa chiesa moderna non è più “segno di contraddizione” ma di compiacimento, una chiesa che tenta di esorcizzare quanto ha insegnato da duemila anni. E qui è necessario distinguere bene quando parliamo di “La Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica” Sposa di Cristo, dalla chiesa (appunto minuscola). Una distinzione apparentemente scorretta perché noi non separiamo la Chiesa-Corpo mistico e Sposa del Cristo, dalla Gerarchia che la governa, tuttavia sono gli Uomini che nella Chiesa possono mutare certe condizioni che alla fine non appartengono affatto a “La Chiesa” che professiamo nel Credo. E poi abbiamo anche la famosa promessa di Gesù Cristo che “le porte degli inferi non prevarranno“, il ché significa che la Chiesa passerà una grave tribolazione,  tanto che sembrerà farla cadere, altrimenti questa promessa non avrebbe alcun senso!
LA PAURA!
La paura è una emozione primaria del nostro istinto che però è anche positiva perché ci permette di attivare le difese. Se non provassimo alcuna paura, il rischio grande sarebbe quello di morire per un nonnulla, o di farci del male seriamente e, cosa ancor più grave, arrivare a  fare del male agli altri. Certo, la paura , come tutte le emozioni positive, non deve superare i limiti della sua stessa cognizione, altrimenti diventano FOBIE altrettante pericolose, subentra l’ansia soffocante, la depressione e persino il terrore. Ci vuole equilibrio come in tutte le cose che sperimentiamo.
Prima di dare la Sua vita per noi con l’esempio, Gesù da vero Maestro qual’è dice: ” In verità, in verità vi dico: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà…”(Gv.12,24-26). La dinamica è la seguente:
– noi, come i chicchi del grano, se vogliamo produrre frutti, dobbiamo morire a noi stessi, ossia all’orgoglio, alla superbia, all’ego;
– in questo contesto, amare la propria vita qui Gesù intende quell’amare in modo egoistico, e dunque una vita che non produrrà alcun frutto mentre, se la “odiamo” nel senso del peccare in questo mondo, allora saremo pronti per meritare la vera vita eterna nella gloria;
– la lezione di Gesù si conclude  ora nel concetto della DONAZIONE e dunque con il premio. Usare la propria vita offrendola a Colui che può farla fruttare. Si tratta in fondo di riconoscere il nostro DONATORE, Colui che ci ha dato questa vita e liberamente ridonata, e Lui la arricchirà di frutti eterni, e così la nostra vita sarà onorata, leggasi i Santi.
In questo contesto, la paura sana, gioca il ruolo primario. Vediamo ad esempio la Vergine Maria quando le appare l’Arcangelo Gabriele nell’Annunciazione: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio….»(Lc.1,28-38). Una paura sana che mette subito in allerta la Vergine Maria in quel giusto “turbamento” che è il vero “sacro timor di Dio”. Chiariti alcuni punti spiegati dall’Arcangelo, allora Maria supera lo stadio del timore e liberamente si mette completamente nelle mani di Dio, scatta il “Fiat”, e l’Angelo partì da lei, la sua missione si era conclusa nel migliore dei modi.
Potremo fare molti altri esempi, intanto cerchiamo di capire il cuore del problema e perché è bene vivere una sana paura e come dobbiamo reagire perché non si trasformi o in fobia, oppure in un completo menefreghismo, un abbandono delle nostre responsabilità, l’indifferentismo. Del resto il non provare alcuna emozione, davanti agli eventi umani e divini, non è segno di buona salute… laddove sono condannabili estremismi, fondamentalismi o fobie, è condannabile anche l’indifferenza, il pressapochismo, esorcizzare i problemi ridendo e scherzando, trasformando le cose serie (o sacre) in carnevalate, feste, maschere e balli….
Il “chicco di grano” è anzitutto Gesù stesso che, come rammenta la Scrittura e professiamo nel Credo: “discese dal Cielo”, venne in terra, per un compito specifico, morire per salvarci. Chi ama Gesù si lascia immettere, si lascia innescare (io sono la vite, voi i tralci…), sulla stessa strada, significa che se l’uomo non passa attraverso la trasformazione che viene dalla fede e dal battesimo, se non accetta la croce, ma rimane attaccato al suo naturale modo di essere e al suo egoismo, tutto finirà con lui, la sua vita va ad esaurimento. Giovinezza, vecchiaia, morte. Se invece crede e accetta la croce in unione con Cristo, allora gli si apre davanti l’orizzonte del divenire “come Dio”, diversamente vivrà una eternità dannata. Ma questa attività non è affatto pacifica! Subentra la paura! Ed è una emozione del tutto naturale che però dobbiamo superare e non esorcizzare.
La Vergine Maria, superato il primo “turbamento” ne riceve un’altro durante la Presentazione di Gesù Bambino al tempio, quando le sarà predetto che “una spada ti trafiggerà l’anima“(Lc.2,35). Sfidiamo chiunque a non provare paura davanti ad una profezia del genere! Maria reagisce con un atteggiamento che la caratterizzerà in tutti i Vangeli: “conservava tutte queste cose nel suo cuore”. Maria non si lascia sopraffare dalla profezia, non la denuncia come falsa, non la denigra, non la contesta, ma la contestualizza nella vita del Figlio, attendendone ogni compimento, cercando di maturare, nel proprio cuore, ogni possibile evoluzione e sviluppo. In un certo senso Maria “usa questa sana paura, turbamento, sacro timor di Dio” per crescere  e maturare la propria adesione nel Figlio.
Avrete comunque compreso che non intendiamo fare un trattato sulla paura, ma offrire piccoli spunti provenienti dai Vangeli. Il valore funzionale della paura è la sopravvivenza, ma noi vogliamo andare oltre agli studi scientifici, o ad una sopravvivenza psicologica per vivere sani sulla terra. La Vergine Maria già ci offre un atteggiamento valido  e vittorioso. C’è anche tutta la storia degli Apostoli narrata nei Vangeli e poi negli Atti, che ci dimostrano i vari stadi di paura che essi stessi hanno sperimentato, e come li hanno superati. Psicologicamente parlando, per superare la paura di qualcosa è necessaria la familiarizzazione con ciò di cui si ha paura! Gesù lo ha detto bene: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»(Gv.8,31-32)
“Elementare, Watson!”… come direbbe Sherlock Holmes! Eppure non pensiamo mai che è Gesù stesso a spingerci verso questa soluzione, è Lui che è venuto a renderci “familiare” quel Dio che, diversamente e nelle sue immense incognite, ci appare come una delle più profonde “paure”, paure perché non lo conosciamo, o meglio, non lo conoscevamo. Potremo fare l’esempio di quelle religioni che hanno usato la divinità per incutere paura, per compiere sacrifici umani. Ci rammenta nulla la richiesta di Dio ad Abramo di sacrificargli l’unico figlio che aveva?(Gn.22,1-24). Dio è il nostro più grande pedagogo, e Gesù Cristo l’unico grande Maestro e Medico di vita, sarà Lui quel Figlio da sacrificare, quell’Isacco da immolare. Ma Lui è anche Dio vivo e vero, come dimostrerà con la tempesta sedata: «Maestro, non t’importa che moriamo?». Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?»(Mc.4,35-41).
E’ interessante notare i due passaggi, dalla paura al sacro timore, provati dai Discepoli: la paura è quell’emozione naturale che si prova in stato di pericolo, poi subentra il timore sacro “chi è costui?”, ascoltandolo, accogliendolo, la paura passa.
Purtroppo non abbiamo molto spazio per affrontare l’argomento integralmente. Ciò che ci interessa è farvi entrare nel cuore del tema e approfondirlo in modo evangelico, da battezzati. Dunque, per superare la sana paura occorre familiarizzare con la causa. Attenzione però, dal momento che spesse volte la causa è il demonio, è ovvio che qui non si deve familiarizzare con lui, ma piuttosto con Colui che lo elimina, che elimina la causa, mentre l’effetto sarà la nostra buona battaglia che dobbiamo combattere per poterne uscire vincitori. Ecco l’esempio: un giorno Santa Caterina da Siena uscì esausta da un combattimento contro le tentazioni, era sfinita, e vedendo Gesù sorridente non ne sembrò molto convinta e, quasi a riprenderlo, gli disse: “Gesù mio! Mi avevate promesso di rimanere sempre con me durante la battaglia, mentre qui sono rimasta sola…” Gesù le sorrise dicendo: “Ma figlia mia! Ero in fondo al tuo cuore! Se io non fossi rimasto lì, tu non avresti vinto alcuna battaglia…
Ecco con chi dobbiamo familiarizzare! La Fede vera, anche fosse poca o piccola come un granello di senape (Lc.17,6), esce sempre vittoriosa e fa passare ogni paura perché vincente. Nella nostra vita di Cristiani e Cattolici, è facile scoraggiarsi, perdersi d’animo, provare paura (pensiamo ai tanti fratelli e sorelle martiri oggi, in tutto il mondo, in odio alla Fede…) e Gesù ci insegna che per superarla non c’è bisogno di chissà quali grandezze, ma porta l’esempio del seme più piccolo, perché basta davvero poco per vincere. NON dobbiamo “guarire” dalla paura, piuttosto imparare a conoscerne le cause (conoscere la Verità, la Via e la Vita) e in Cristo affrontarle perchè… “senza di me non potete fare nulla”(Gv.15,8)
San Gregorio Magno nei suoi Dialoghi spiega che Dio stesso spinge l’uomo ad una conversione che avviene senza dubbio a causa della “paura”. Provare una certa “paura” spiega san Gregorio, è bene per l’uomo, perché così egli si umilia, abbassa la sua superbia e riconosce in Dio il Suo Creatore e Salvatore. Credere in Cristo per paura di andare all’Inferno, è un bene, dal momento che siamo spesso accecati dalla superbia. Ma al termine del tempo della prova che è la “paura”, occorre subito passare alla seconda fase, spiega San Gregorio Magno, che è la COMPUNZIONE, ossia, l’afflizione dell’animo, la presa di coscienza del PENTIMENTO perché peccando si offende innanzi tutto Dio, buono e misericordioso. Quindi amare Dio non più per “paura”, ma per Amore, per aver compreso che Egli è Amore. Pensiamo ad un bambino che si sveglia in piena notte per la paura, la sua prima reazione emotiva è il pianto, subito implora il nome che ha imparato a conoscere quale supporto di amore per lui “la mamma”, la sua ancora di salvezza e tra le cui braccia riprenderà a dormire… e se grandicello, saprà ascoltare anche i consigli che le mamma gli saprà dare.
Pensiamo un momento ai tre Pastorelli di Fatima: Lucia, Giacinta e Francesco, tre bambini. Nell’Apparizione del luglio 1917 la Vergine Santa fa vedere loro l’Inferno, restano atterriti che così descriverà la scena Suor Lucia: “Questa visione durò un istante. E siano rese grazie alla nostra buona Madre celeste, che in antecedenza ci aveva rassicurati con la promessa di portarci in cielo durante la prima apparizione! Se non fosse stato così, credo che saremmo morti di paura e di terrore…” Giacinta che aveva solo otto anni e Francesco dieci, dopo questa visione muteranno completamente la propria vita iniziando digiuni e sacrifici, preghiere e rosari ininterrotti per salvare quante più anime era possibile dall’Inferno, Lucia stessa che vivrà fino a novant’anni superati, di cuore si consacrerà a Maria per portare quante più anime possibile al Suo Cuore Immacolato.
E’ sempre Gesù che ci insegna alcuni passaggi. Naturalmente Gesù, essendo Dio, non temeva l’Inferno, neppure aveva problema con la superbia o l’orgoglio, insomma Lui era senza peccato, noi sì! Ma è fondamentale ciò che insegna a noi, leggiamo infatti che, entrato nel suo Getsemani: «presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni cominciò a sentire paura e angoscia» (Mc 14,33; cf. Mt 26,37). Che questa emozione fosse autentica lo si capisce dalle stesse parole di Gesù che dice «La mia anima è triste fino alla morte» (Mc 14,34; Mt 26,38). Egli si esprime nel linguaggio dei Salmi «La mia anima è triste» (cfr Sal 43,5) e la definizione «fino alla morte», poi, richiama una situazione vissuta da molti degli inviati di Dio nell’Antico Testamento, che invocano la morte quale sollievo alle ostilità incontrate nella missione affidata loro da Dio (cf. Nm 11,14-15). Giovanni esprime i fatti da un’altro aspetto, dice Gesù: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). Si direbbe che qui troviamo “la soluzione” che è quella familiarizzazione con Dio e dunque il passaggio successivo, riconoscere che siamo dentro un progetto divino e che fare la volontà di Dio sarà l’unica arma vincente a superare angosce e paure, a vincere ogni turbamento.
Ognuno di noi passerà, nella sua vita, il personale Getsemani e, per vincerlo, non potrà che essere superato assumendo in noi le parole del Cristo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non sia fatta la mia, ma la tua volontà»(Lc.22,42). Qui avviene il mutamento che conduce alla vittoria: «”Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”» (Gv 12,28), come vediamo non è una resa incondizionata, ma è la più viva com-partecipazione: il Figlio accetta il progetto del Padre su di sé, e il Padre riconferma la glorificazione di sé nel Figlio. E’ quello che accadrà poi a Maria con il Figlio ai piedi della Croce: quella spada le trafiggerà l’anima rendendola Corredentrice, con il Figlio, dell’umanità. E’ ciò che è accaduto a coloro che abbiamo imparato a conoscere come Santi, Martiri… Non c’è altro modo per superare la paura! Gesù è giunto a sudare sangue per superare questo tormento, e ha vinto anche per noi, perché con Lui potessimo vincere. Giacinta e Francesco di Fatima hanno superato le proprie paure offrendosi per “i poveri peccatori”, per noi oggi. La Madonna li aveva avvisati che sarebbero andati “presto” in Cielo, la reazione non è fare gli scongiuri, esorcizzare la morte come purtroppo avviene oggi persino dentro la chiesa, ma è stata un assumersi la responsabilità di ricevere “il premio promesso”, entrambi i due bambini moriranno  fra molti dolori, ma felici e sereni di aver collaborato al progetto di Dio accogliendo la Sua volontà: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano»(Mt.7,13); «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.» (Lc 13,24)
Vogliamo concludere con un altro accorgimento sulla paura. Quella paura che affrontata nel modo sbagliato, piuttosto, ci porta e ci conduce a rinnegare Dio. Ci pare una paura che ha pervaso la pastorale della chiesa di oggi che preferisce compiacere il mondo, avere approvazioni dal mondo, dai Media, piuttosto che “sudare sangue” nel proprio Getsemani ad imitazione di Cristo! Per spiegare ciò vi lasciamo allora con le parole integrali di San Gregorio Magno per una onesta e fruttuosa meditazione sulle possibili soluzioni (conversioni) personali, che ognuno di noi, nel proprio ruolo, deve attendere.
«…Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo che è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio. Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56,10), e fa udire ancora il suo lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13,5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi. Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele… Chiunque accede al sacerdozio si assume l’incarico di araldo, e avanza gridando prima dell’arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual è, come farà sentire la sua voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito» (Regola pastorale, Lib. 2, 4 PL 77, 30-31).
«È pure necessario che la guida delle anime esplichi una vigile cura perché non la spinga la bramosia di piacere agli uomini, e quando si dedica assiduamente ad approfondire le realtà interiori o distribuisce provvidamente i beni esteriori, non cerchi di più l’amore dei sudditi che la verità; e quando sostenuto dalle buone azioni sembra estraneo al mondo, il suo amore di sé non lo renda estraneo al Creatore. Infatti è nemico del Redentore colui che, attraverso le opere giuste che compie, brama di essere amato dalla Chiesa in luogo di Lui; ed è così reo di pensiero adultero, come il servo per mezzo del quale lo sposo manda doni alla sposa ed egli brama di piacere agli occhi di lei. Poiché quando l’amor proprio si impadronisce della guida delle anime, talvolta la trascina a una mollezza disordinata, talvolta al contrario ad un aspro rigore. Il suo spirito è portato alla mollezza dell’amor proprio quando, pur vedendo i sudditi peccare, non trova opportuno castigarli per non indebolire il loro amore verso di lui, e non di rado accarezza con le adulazioni quegli errori dei sudditi che avrebbe dovuto rimproverare. Perciò è detto bene, per mezzo del profeta: Guai a coloro che cuciono cuscinetti per ogni gomito e fanno guanciali per teste di ogni età, per rapire anime. Porre cuscinetti sotto ogni gomito è confortare con blanda adulazione le anime che vengono meno alla propria rettitudine e si ripiegano nei piaceri di questo mondo. Ed è come accogliere su un cuscino o su un guanciale il gomito o il capo di uno che giace, quando si sottrae il peccatore alla durezza della punizione e gli si offrono le mollezze del favore, così che chi non è colpito da alcuna aspra contraddizione giaccia mollemente nell’errore. E le guide delle anime che amano se stesse, senza alcun dubbio offrono di queste cose a coloro che temono gli possano nuocere nella loro ricerca della gloria mondana. Infatti esse opprimono con l’asprezza di un rimprovero sempre duro e violento quelli che vedono non avere alcuna forza contro di loro, e non li ammoniscono mai benignamente ma, dimentiche della mitezza del Pastore li terrorizzano in forza del loro potere… Dunque, chi presiede deve applicarsi a farsi amare per potere essere ascoltato; e tuttavia non deve cercare amore per se stesso, per non essere trovato come chi, nell’occulta tirannide del suo pensiero, si oppone a colui che per via del suo ufficio sembra servire. Ciò suggerisce bene Paolo quando ci manifesta gli aspetti nascosti della sua dedizione, dicendo: Come anch’io piaccio a tutti in ogni cosa. E tuttavia dice di nuovo altrove: Se piacessi ancora agli uomini non sarei servo di Cristo. Dunque, Paolo piace e non piace perché, nel suo desiderio di piacere, non cerca di piacere lui, ma che agli uomini piaccia la verità attraverso di lui» (Regola pastorale, II, 8, pp. 95-98).
Laudetur Jesus Christus

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