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domenica 14 maggio 2017

Si dice..


L’inferno di Fatima che convertì Salvador Dalí


Accanto alla presenza consolatrice di Maria, a Fatima Lucia, Francesco e Giacinta sperimentarono anche l’orrore dell’Inferno. Una visione che decenni più tardi avrebbe ispirato – e si dice convertito – anche Salvador Dalí.

«Essa ancora una volta aprì le Sue mani, come aveva fatto i due mesi precedenti. I raggi [di luce] apparvero per penetrare la terra e noi vedemmo come un vasto mare di fuoco e vedemmo i dèmoni e le anime [dei dannati] immersi in esso». Inizia così, nelle sue Memorie, la descrizione che suor Lucia fa della visione dell’Inferno così come mostrato dalla Vergine a lei, a Francesco e a Giacinta. Proprio quest’ultima, che al tempo aveva solo sette anni, fu particolarmente colpita dall’orrore di quanto le era apparso. Anche Lucia avrebbe in seguito ricordato come «deve essere stata questa visione a farmi piangere, come dice la gente che mi udì […]. Questa visione è durata solamente un attimo, grazie alla nostra buona Madre Celeste, che nella sua prima apparizione aveva promesso di portarci in Paradiso. Senza questa promessa, credo che saremmo morti di terrore e spavento».


L’esperienza dei tre pastorelli, insieme a quelle di molti altri santi, contribuì a spronare le riflessioni sull’inferno – apparentemente tutt’altro che vuoto – in seno alla Chiesa, ma anche a stimolare la creatività degli artisti di ogni epoca. A decenni dalle apparizioni di Fatima, proprio la visione di Lucia, Francesco e Giacinta avrebbe influenzato profondamente il surrealista spagnolo Salvador Dalí, spingendolo a dipingere uno dei suoi quadri meno noti, “Visione d’Inferno”. Un’opera con una storia propria, della quale a lungo si persero le tracce e in seguito misteriosamente ricomparsa nel 1997, nell’80esimo anniversario delle apparizioni di Fatima.

Commissionata a Dalí da un ormai anonimo seminarista e dall’Apostolato Mondiale di Fatima (all’epoca “Armata Blu”) di mons. Harold Colgan, l’opera, iniziata nel 1960 e completata due anni più tardi, attinge a piene mani alle apparizioni mariane portoghesi e alla tradizione artistica dei quattro Novissimi. Al centro del quadro è rappresentato un corpo trafitto da sette forconi, a simboleggiare i sette peccati capitali o forse il tetro dinamismo dei dannati – «lanciati in aria dalle fiamme e poi risucchiati di nuovo, insieme a grandi nuvole di fumo» – così come descritto da suor Lucia. Del corpo, morbido come nelle prime opere di Dalí, si possono scorgere una parte del petto, il braccio sinistro e la testa. E naturalmente il sangue.

Sullo sfondo dell’opera compaiono le rovine di una città distrutta dalla guerra e consumata dal fuoco. Tributo all’orrore atomico e ai timori suscitati dalla Guerra Fredda che allora minacciava il mondo, ma anche ad una delle rappresentazioni più famose dell’Inferno, il pannello destro del trittico quattrocentesco del Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch. Da lì sono tratti la bandiera a brandelli e soprattutto la struttura rettangolare dalla quale emanano quattro raggi di luce. Finalmente, quasi ai margini della composizione, la Vergine, speranza di un mondo che si è condannato all’autodistruzione, non più rassomigliante alla moglie di Dalí, Gala, come già per la Madonna di Port Lligat, ma che da quest’ultima riprende il modo di giungere le mani.

Per Dalí, artista del quale si ricordano spesso soltanto gli eccessi, l’opera segnò una doppia ed intima conversione. Una artistica, con il ritorno ai soggetti occidentali e ad uno stile che riprende le sue prime opere e che in quegli anni gli valse l’accusa di essere “accademico”, “religioso” e “mistico”. Ma anche ben più importante conversione spirituale, con il recupero del Cattolicesimo materno e la ripresa della pratica della fede, accompagnata dalla realizzazione di alcune opere di carattere religioso ed ecclesiastico, fra le quali spicca Il Concilio Ecumenico in omaggio al Vaticano II. Proprio mentre buona parte dell’Europa e del mondo cedeva alle lusinghe del paradiso artificiale proposto dal Comunismo e alle sirene della contrapposizione globale.

Nell’immagine: Salvador Dalí, Visione d’Inferno, 1962.


http://www.caffestoria.it/linferno-di-fatima-che-converti-salvador-dali/
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