Omosessualismo e tradizione
Ingemuit totus orbis et homoereticum se esse miratus est (libero adattamento da san Girolamo).
Se si modifica il quadro intellettuale, cambia non solo la valutazione della realtà, ma anche la sua stessa percezione. Succede così che persino le azioni oggettivamente più disgustose e degradanti che un essere umano possa commettere siano considerate legittima espressione di un’opzione fra le tante. Questo è dovuto, in parte, a una tendenza all’astrazione che scarta a priori la considerazione dei comportamenti concreti a vantaggio di presunti “valori”, in parte a una distorsione del processo cognitivo che fa percepire in modo positivo anche ciò che, di per sé, è quanto di più ripugnante ci sia. Per provocare l’una e l’altra, per decenni è stata attuata una strategia sottilmente invasiva che ha appunto modificato il pensiero collettivo perché una condotta che era universalmente rigettata fosse non solo considerata normale, ma addirittura indice di eccellenza.
La prima risorsa di tale strategia è il conio di nuove parole con cui far penetrare l’inaccettabile nel linguaggio corrente. Ora, però, già il solo termine omosessualità (con la correlativa distinzione dall’eterosessualità) è un’assurdità linguistica e concettuale: la sessualità, per definizione, non può essere esercitata se non tra due partner di sesso diverso, in quanto la sua stessa natura richiede una complementarietà. In altre parole, essa non può essere altro che eterosessuale, motivo per cui anche quest’ultimo neologismo è superfluo e fuorviante. Di conseguenza la divisione dell’umanità in due categorie (omo ed etero) è contraria alla realtà. Se si ammette questo principio, oltretutto, non c’è ragione di fermarsi a due sole forme di sessualità: di fatto, secondo l’ideologia gender, le si può moltiplicare a piacere, ma questa è semplicemente un’aberrazione. Dal punto di vista scientifico si può parlare unicamente, quando è il caso, di malformazioni organiche o di disfunzioni ormonali, mentre sul piano psicologico esiste il fenomeno dell’attrazione verso persone del medesimo sesso (omofilia), ma si tratta ovviamente di un problema affettivo che esige soluzione.
Se passiamo all’ambito morale, i comportamenti omoerotici, insieme alle altre forme di perversione sessuale, sono una sfida all’ordine naturale nonché un gravissimo affronto alla dignità dell’essere umano e, di conseguenza, a Dio stesso, del quale l’uomo è immagine e che di quell’ordine è autore. È per questo che il catechismo annovera i peccati impuri contro natura (cioè tutti i peccati sessuali che non rispettino la natura unitiva e feconda della sessualità) fra quelli che gridano vendetta al cospetto di Dio, reclamano cioè a gran voce riparazione e castigo. Essi, oltre a degradare le persone nel modo peggiore, le avviano verso la sterilità e l’impotenza, perché sganciano il piacere sessuale (che nelle giuste condizioni non è un peccato in sé, ma un fatto naturale che stimola l’uomo a riprodursi) dal fine proprio dell’atto, concentrando su di sé tutte le aspettative. Tutti sanno però che qualsiasi tipo di piacere, a lungo andare, stufa, specie se perseguito senza freni; di conseguenza la soglia del godimento si alza sempre di più, fino a che diventa impossibile ottenerlo.
Il problema più grave è però la deformazione antropologica e spirituale indotta dal permissivismo attuale. L’uomo non vive per il piacere, fatto effimero e superficiale, ma per il Bene, realtà eterna che sola può appagarlo. Il Bene, inoltre, ha un volto, è cioè di natura personale: con Lui, dunque, si può intessere una relazione. Tolto Lui dall’orizzonte, l’esistenza si trasforma in un incubo, in un tunnel oscuro senz’altra uscita che non sia il suicidio. A parte le devastazioni fisiche, psicologiche e morali causate dall’omoerotismo, che qualsiasi medico o psicoterapeuta onesto conosce fin troppo bene, esso risucchia le persone in un abisso di degradazione che non può sfociare se non nella più assoluta disperazione. Quante anime – soprattutto di giovani – si perdono in questo modo? Nel cosiddetto ambiente omosessuale il tasso di suicidio è altissimo; non vanno considerati soltanto gli atti con cui ci si toglie palesemente la vita, ma pure molti di quelli classificati come decessi per overdose o come incidenti stradali, per non parlare delle malattie terribili che si possono contrarre. In poche parole, l’omoerotismo è la peggiore delle armi di cui Satana si serve per separare gli uomini da Dio e trascinarli all’Inferno.
Ora, visto che quasi tutta la società, ipnotizzata dalla propaganda, non percepisce più questa realtà spaventosa, ma attraverso una lente ideologica la vede tinta di rosa, c’è da chiedersi seriamente se le manifestazioni pubbliche dei cattolici tradizionali possano ancora ottenere un effetto positivo o non siano alla fine controproducenti. Non parlo per ignavia, codardia o tatticismo, bensì mosso dalla preoccupazione che si renda effettivamente, a Dio, l’onore che Gli è dovuto e, all’uomo, il servizio di cui ha bisogno. Il contesto socio-culturale, nel giro di pochissimi decenni, si è talmente corrotto che il semplice fatto di affermare nelle strade la pura verità ottiene l’effetto contrario, perché non provoca altro che reazioni di vilipendio verso il Creatore e di scandalo da parte di chi si sente offeso. È paradossale, ma è così. Anche noi rischiamo di non cogliere la realtà di fatto perché la guardiamo con il filtro delle nostre convinzioni – che sono in sé sacrosante e inoppugnabili, ma non devono per questo accecarci.
Se poi, per giunta, ci si mettono di mezzo giornali e televisione, la frittata è fatta. La macchina mediatica è un mostro che divora qualsiasi cosa, comprese le forme di opposizione. Se queste ultime sono troppo imponenti (come il raduno romano del 30 gennaio 2016) e non può ignorarle del tutto, le sminuisce e deforma il più possibile; se invece sono fatti più modesti, o le ignora o le usa a proprio vantaggio. Il solo confronto numerico, schiacciante, è stato usato per mostrare l’irrilevanza della posizione contraria: i cattolici in preghiera erano poche centinaia, i manifestanti a favore diecimila. Ciò non può non indurre le masse ottuse a concludere che la rivendicazione dei cosiddetti “diritti omosessuali” sia cosa buona e doverosa, visto che gli unici oppositori sono un pugno di fanatici guidati da preti che sembrano usciti dal museo delle cere… Dobbiamo pur tener conto della “civiltà dell’immagine”. Così la compiaciuta soddisfazione di aver attirato telecamere e fotografi deve tramutarsi in amara costatazione di essersi fatti fregare per l’ennesima volta: la riparazione è stata ribaltata a conferma dell’omoeresia e a riprova delle sue “ragioni”. Giova questo alla causa? Abbiamo una vaga idea del nemico che abbiamo davanti?
È innegabile che lo scandalo peggiore sia l’assenza e il silenzio, su tutta la linea, della gerarchia ecclesiastica (se non addirittura l’appoggio, tacito o manifesto, al pensiero dominante), fatto che inevitabilmente, agli occhi del mondo, riduce l’azione dei fedeli impegnati a espressione di un drappello di esaltati. D’altra parte i pochi Pastori coraggiosi sono stati estromessi o squalificati. Dobbiamo per questo gettare la spugna? Ovviamente no, bensì sforzarci, ancora una volta, di aprire gli occhi sulla realtà di fatto in tutta la sua gravità: quella attuale è un’emergenza di natura davvero apocalittica, che rende l’uso dei mezzi ordinari del tutto inadeguato. Combattere con “armi convenzionali”, nell’odierno contesto, è insufficiente, quando non dannoso. Ci vogliono le “bombe atomiche” dei mezzi straordinari. Nell’estate del 1918 Padre Pio si offrì a Dio come vittima perché finisse la guerra; il 20 settembre ricevette le stimmate visibili (un calvario che durò fino alla morte, cioè cinquant’anni), ma un mese e mezzo dopo la guerra cessò. Ci vogliono anime disposte a immolarsi, in unione con Cristo crocifisso, per la salvezza dell’umanità. Se mi guardo intorno, non ne vedo – a cominciare da me. Ma il cattolicesimo tradizionale… è anche questo.
Pubblicato da Elia
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