Le sciocchezze di Padre Sosa, generale dei Gesuiti,
sull'inesistenza del Diavolo. Si tratta dell’eresia che rende gli uomini di
Chiesa (religiosi, teologi e vescovi) del tutto indifferenti e insofferenti al
dogma. Tolto di mezzo il dogma, ogni opinione è ugualmente possibile, purché
ottenga il consenso di chi ne vede l’utilità pratica. Dove vanno a parare le
argomentazioni pseudo-teologiche dei modernisti? Essi dipendono tutti dalle
dottrine luterane sulla rivelazione e la fede.
Le sciocchezze dette recentemente da padre Sosa non sono più risibili di quelle dette da lui stesso qualche tempo addietro, e nemmeno sono più scandalose di quelle. Che il preposito generale dei gesuiti abbia tante idee (certamente) sbagliate in materia di fede assieme a qualche idea (probabilmente) sbagliata in materia di politica, non fa più scandalo perché ormai la dottrina della fede viene negata o rinnegata da (quasi) tutte le istanze che nella Chiesa dovrebbero averla a cuore: anzitutto i vescovi, con a capo il Papa, poi i teologi e le istituzioni teologiche di livello accademico, e infine gli strumenti della comunicazione sociale che furono creati da persone sollecite del bene comune ecclesiale e pertanto desiderose che l’informazione cattolica raggiungesse le masse portando dappertutto la verità del dogma e della morale, con le loro necessarie applicazioni ai problemi del mondo di oggi.
Insomma, quello che padre Sosa ha detto ultimamente sull’esistenza del demonio e su altri argomenti attinenti alla fede è scandaloso ma per nulla sorprendente, dati i tempi che corrono nella Chiesa: da quando è stato eletto come preposito generale dei gesuiti, Sosa è andato ripetendo i soliti discorsi che io sento fare da decenni e ai quali mi sono inutilmente opposto, non solo con interventi giornalistici (molti sulla Nuova Bussola Quotidiana) ma anche con analisi teologiche approfondite (è uscita da poco la terza edizione aggiornata del mio trattato su Vera e falsa teologia, edito dalla Leonardo da Vinci).
Inutilmente, dicevo, perché troppo potenti sono i mezzi di cui dispongono i cosiddetti «operatori della pastorale» oggi impegnati in una dissennata campagna di demolizione dell’identità religiosa del cattolicesimo. L’obiettivo prioritario di questa campagna mediatica mondiale è l’abolizione del dogma, ossia della «regula fidei», che serve a fornire a ogni fedele il chiaro criterio di discernimento per sapere qual è la fede della Chiesa, che cosa ognuno deve credere e a chi deve dare ascolto.
Questi «cattivi maestri» e «falsi profeti», come inutilmente li ho chiamati (non certo per insultarli ma solo per mettere in guardia i fedeli) hanno in odio la dottrina cattolica, che comprende le verità da credere «in rebus fidei et morum». Padre Sosa lo dice espressamente nell’intervista al El Mundo: «Dottrina è una parola che non mi piace molto, porta con sé l’immagine della durezza della pietra. Invece la realtà umana è molto più sfumata, non è mai bianca o nera, è in uno sviluppo continuo».
La frase è illogica in ogni sua parte (il fatto che la realtà sia in sviluppo continuo non toglie che la si possa comprendere solo attraverso concetti e leggi fisiche, psicologiche, morali e religiose), ma la campagna di demolizione della fede non ha bisogno di ragionamenti logici, si accontenta, come ogni campagna pubblicitaria, di slogan che suscitano nelle masse una qualche emozione e spesso, purtroppo, anche un cero consenso alla “linea”. E questa linea – sentimentale nelle argomentazioni ma estremamente lucida nel perseguire lo scopo finale – si ritrova tale e quale nei discorsi di tutti i testimonial della campagna contro la dottrina, i quali parlano a volte con un linguaggio semplicistico e apparentemente ingenuo (Arturo Sosa, Enzo Bianchi e altri), altre volte con un linguaggio più colto (Gianfranco Ravasi, Walter Kasper, Andrea Grillo, Bruno Forte e altri) oppure con un linguaggio decisamente specialistico e sofisticato (Karl Rahner e Hans Küng, con la pletora di discepoli e divulgatori del loro pensiero).
Poco importano comunque le differenze di forma, perché nella sostanza si tratta sempre di discorsi che non sono funzionali alla prassi dei buoni pastori (che sono sempre in missione «de propaganda fide») bensì alla prassi dei poteri politico-ecclesiastici (che hanno interesse alla diffusione dell’eresia), dai quali i falsi profeti e cattivi maestri ricevono non censure o richiami ma protezione, coperture e addirittura “scatti di carriera”. Il caso di padre Sosa è emblematico. I cattolici ingenui si domandano: ma perché il Papa, che ben lo conosceva, lo ha voluto a capo dell’ordine dei gesuiti? E perché, dopo tante esternazioni dal contenuto ereticale non lo ha pubblicamente ripreso?
A questa domanda dei cattolici ingenui rispondo (pregando Iddio che mi capiscano bene): papa Bergoglio non censura padre Sosa perché costui dice esplicitamente quello che lui stesso dice implicitamente, e che comunque fa pensare che sia il suo pensiero (il ricorso che Sosa fa alla metafora della “pietra” è chiaramente mutuato dai documenti magisteriali di papa Francesco). Lo stesso è successo con il cardinale Kasper, che il Papa elogia pubblicamente come grande e pio teologo, incurante del fatto che nei suoi libri ci sia più di un’eresia (sulla divinità di Cristo, sull’Eucaristia, sulla nozione stessa di fede cristiana).
Parlo di eresia e faccio anche nomi e cognomi, sine ira et studio, avendo considerato le cose alla presenza di Dio, misurando le parole, avendo a cuore l’unità della Chiesa e prendendo anche sul serio quella «diaconia della verità» e quella «parresia» che san Giovanni Paolo II nella Fides et ratio raccomandava a tutti i Pastori e a tutti i teologi. La verità della fede va professata in ogni occasione, anche e soprattutto quando chi dovrebbe fare opera di catechesi ed evangelizzazione diffonde invece le opinioni di una qualche setta che allontana dall’adesione all’unica fede, quella della Chiesa (“eresia” è un termine dell’antichità cristiana che significa appunto “separazione”).
Dato l’ambiente che si è venuto creando all’interno della Chiesa cattolica, ci sarà chi giudicherà le mie parole “esagerate” e “divisive”. E ci sarà anche chi tirerà fuori la solita sfilza di domande retoriche: “Chi sei tu per giudicare un tuo fratello? Chi ti dà l’autorità per etichettare un’opinione come eresia?”. Ho risposto mille volte a domande come queste, fin dai tempi nei quali intervenivo a contrastare (invano) le eresie misticheggianti che Enzo Bianchi pubblicava dappertutto, anche su testate come Famiglia Cristiana, Iesus e Avvenire. Ora, chi volesse una risposta esauriente e rigorosamente teologica a quelle domande può leggere i discorsi precisi e articolati che faccio nel libro Teologia e Magistero oggi (Leonardo da Vinci, Roma 2017).
Qui basterà ricordare (a chi dovrebbe saperlo) o insegnare (a chi senza sua colpa non è mai stato istruito in materia) che “eresia”, nella Chiesa cattolica, è qualunque pubblica affermazione che risulti in diretta e insanabile contraddizione con il dogma, ossia con i contenuti certi e irreformabili della fede cattolica. Indipendentemente dal fatto che l’autorità ecclesiastica intervenga a censurare con un atto formale una proposizione eretica, qualsiasi fedele capace di discernimento teologico può dire e dimostrare che un certo discorso è (almeno materialmente) eretico.
Nel caso di padre Sosa è difficile pensare che egli non si renda conto di quel che dice, ma si può anche pensare che non abbia quella preparazione teologica elementare che consente a chiunque di accorgersi che ciò che va dicendo contraddice direttamene la dottrina cattolica. Infatti, chiunque abbia una preparazione teologica elementare sa che la Chiesa insegna da sempre (e anche oggi, come si può verificare aprendo il Catechismo della Chiesa Cattolica) che il demonio c’è e agisce, e che tutti noi dobbiamo «stare in guardia» per evitare che ci induca in peccato (cfr Lettera di San Pietro), Inoltre la Chiesa ha istituito anche la funzione dell’esorcistato per allontanare il demonio dalle persone che egli ha posseduto e dai luoghi che egli ha infestato.
Per di più la Chiesa ci consegna la Sacra Scrittura assicurandoci che è davvero Parola di Dio, dotata di assoluta inerranza. Tutta la Bibbia, a cominciare dal Libro della Genesi, parla dell’esistenza degli angeli ribelli, della loro cacciata dal Cielo e della loro azione volta a impedire l’amicizia dell’uomo con Dio. Poi, il Nuovo Testamento completa la rivelazione di questo mistero con i fatti della vita di Cristo e con le sue le parole, presentando la redenzione operata de Cristo come liberazione degli uomini dal «potere di Satana». Certo, si può conoscere bene il dogma cattolico e la dottrina presente nella Scrittura e non crederci. Ecco allora dove sta il punto. Chi si dedica a demolire con l’eresia la fede del popolo di Dio è uno che non l’ha mai avuta egli stesso o la sta rinnegando per interessi mondani.
Prima ho detto che forse padre Sosa non ha quella preparazione teologica elementare che consente a chiunque di accorgersi che ciò che va dicendo contraddice direttamene la dottrina cattolica. Ma si capisce che è un’ipotesi che ho tirato fuori per dovere di misericordia, cercando qualche attenuante generica. In realtà, sapendo degli studi che si fanno nella Compagni di Gesù l’ipotesi più realistica è che abbia ricevuto una preparazione teologica elementare, media e superiore irrimediabilmente inquinata dall’eresia modernista.
Si tratta dell’eresia che rende gli uomini di Chiesa (religiosi, teologi e vescovi) del tutto indifferenti al dogma, o anche insofferenti nei suoi confronti. Per questo diceva san Pio X che il modernismo è il «coacervo di tutte le eresie», perché tolto di mezzo il dogma, ogni opinione è ugualmente possibile, purché ottenga il consenso di chi ne vede l’utilità pratica. Il fatto è che già da un secolo la Compagnia di Gesù alleva al proprio interno e promuove anche alle massime cariche ecclesiastiche uomini di Chiesa che demoliscono sistematicamente la fede della Chiesa. Ha cominciato il francese Pierre Teilhard de Chardin, che negli anni Cinquanta del Novecento proponeva un «meta-cristianesimo» incentrato sulla nozione di Cristo come “Punto Omega” dell’evoluzione cosmica. Poi è venuto il tedesco Karl Rahner, ispiratore e maestro di tutti i teologi di orientamento modernistico, cui giova molto la sua visione trascendentalistica (ossia, soggettivistica) della coscienza morale e quindi della fede, visione che porta direttamente alla teoria dei «cristiani anonimi».
Papa Bergoglio non fa direttamente sue le posizioni ereticali dei suoi mastri gesuiti, ma nemmeno le critica, anzi talvolta le cita favorevolmente: vedi l’enciclica Laudato sì, con un accenno positivo al pancosmismo di Teilhard de Chardin, subito rilevato dal gesuita padre Antonio Spadaro nelle pagine della Civiltà Cattolica per dimostrare che le censure ecclesiastiche contro il paleontologo-teologo si potevano considerare «superate».
Per capire dove vanno a parare le argomentazioni pseudo-teologiche dei modernisti va rilevato che essi dipendono tutti dalle dottrine luterane sulla rivelazione e la fede. I maggiori teologi cattolici della seconda metà del Novecento, sull’onda dell’ecumenismo, hanno “creduto” ai luterani e ne hanno accettato il pregiudizio anti-metafisico e anti-dogmatico. Così, il Magistero della Chiesa non è più la norma prossima della fede, anzi va censurato come sopruso del potere papale e dittatura ideologica sulle coscienze (al posto del Magistero, che per statuto ecclesiologico deve essere fedele alla Tradizione e al dogma, i modernisti aspirano a essere loro nella «stanza dei bottoni», per poter instaurare quella «dittatura del relativismo» che tanto paventava papa Benedetto XVI).
Tolto il Magistero, restano la «sola Scriptura» e il «libero esame»: ma così, logicamente, la Bibbia non è più adoperata come riferimento obbligato della rivelazione divina garantita dalla Chiesa ma come strumento retorico per sostenere le proprie tesi, quali che siano. Il teologo e filosofo luterano Karl Jaspers diceva infatti: «Nella Bibbia non c’è una dottrina: il cristiano vi trova tutto e il contrario di tutto». E un altro teologo luterano, Rudolf Bultmann, diceva che l’uomo moderno non può capire né tanto meno accettare la dottrina del Nuovo Testamento e che quindi bisogna “de-mitologizzarlo”, togliendo dalle sue pagine tutto ciò che non piace alla mentalità scientifica moderna: la creazione, i miracoli, la divinità di Cristo, la sua resurrezione eccetera.
E infatti anche il cardinale Walter Kasper sia convinto anch’egli che i miracoli di Cristo e la sua resurrezione siano un’invenzione della primitiva comunità cristiana per giustificare la propria immagine di Cristo come Figlio di Dio. Non sorprende che anche padre Sosa tiri fuori la storiella che il demonio sia un’invenzione dei cristiani superstiziosi. La realtà vera sarebbe che il demonio è un simbolo del Male: l’astratto per il concreto, secondo il paradigma idealistico che regge tutta la teologia protestante (dipendente da Hegel e da Schelling) e tutta la teologia modernistica.
05-06-2017
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